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mercoledì 15 ottobre 2014

Tutte le carte vaticane contro il vescovo di Giorgeni HOROZCO y Cuvarrruvias



 

 

 

Vita di Don Giovanni Horosco Covarruvias Vescovo

 

di Girgento da tre anni in quà ch’è in

 

questa Diocesi

 

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1. -  la sua persona una conditione che per il soverchio pasto che fà et per il bevere una volta il giorno et una la notte lansa (?) et per questo effetto ne succeddono molti inconvenienti circa l’amministratione et cura d’Anime che non sa dove sia nè tampoco quello che fà che vive peggio di un animale, onde li medici concludono che un giorno sarà che con il vomitare tanto spesso che fà, lo soffocarà il pasto, per attendere tanto al cibo che tutto il giorno stà sonnachioso et quasi semihuomo et non sà far altro che dormire.

 

2. -

 

Scandaloso et scommunicato

 

Alle visite de monasterij s’hà dimostrato molto inesperto à tale officio, non sapendo cosa sia visita di prelato nè tampoco letto ma letto si bene cose d’huomini morti nell’inferno come come appare nel suo studio che non tiene eccetto libri d’historia onde in quelli facendo visita la vigilia di S. Pietro all’Abbatia grande si pose in una camera di moniali facendo venire collatione et in presenza di tante moniali et huomini in sua presenza si pose a fare collatione nel detto monastero et fatta collatione si faceva dare da bere dalla più bella monacha che si trovava nel monasterio ponendoci la sua beretta sopra il capo, toccandola con la mano in faccia, alli mascilli, diceva: questa è grande amica mia.

 

Et doppo fatto questo si pose à dormire nella propria camera et altri suoi creati stavano nel monasterio, non convenendo. Alla risvegliata si fece venir acqua dalla sopradetta; si lavò le mani e la faccia; dimandò l’orinale; orinò inante tante monache ad un canto di camera, non convenendo à suo officio farlo.

 

Disobediente et lascivo

 

3.- In Xacca fece cose mirabili. Mangiò et fece collatione come di sopra  pigliandosi presenti, contra le declaratione fatta in Palermo alli monasterij moniali, non poter li monache far presenti, pigliando amicitia con certe monache, partendosi partendosi li soleva scrivere. Accapitò una lettera di risposta d’una monacha al detto Vescovo in mano d’un Religioso. Facendola leggere in confessione ad alcuni canonici , si vidde in quella grandissimo animo male et lascivo alle cose dedicate al Signor, onde la tenne riservata con molta antia. Et certi sacerdoti molto di buona vita di quelle parti dicono cosi mirabili et in  mezo della piazza si parlava et mormorava publicamente. Dicevano che non conveniva farlo prelato ma farlo far monaco, che magnasse et dormisse come è il suo solito et doppò lansa che il pasto et attende che alla crapula come è il suo intento.

 

4. -

 

Scandaloso

 

Il detto, venendo furfanti che saltavano in banco, si li faceva venir al suo Vescovado et illà recitavano cose profane non convenendo recitare d’innante ad esso prelato et di sua persona lo carnevale faceva vestire un suo paggio di donna. Quale dormiva innanti il suo lettoet doppò lo faceva ballare, ond’esso alle volte faceva la sua parte. Et questo impara a suoi creati in presenza di molti cavaglieri. In una farsa esso teneva la guida di detta farsa come haversi stato comediante; far  ripresentare comedie lascive in sua casa publicamente, essendo proibito à prelati questo.

 

5. -

 

 Scandaloso nano. 

 

Il  detto, convitando la città il Giovedì santo, et  il capitolo ancora, et doppò haver fatto solenne apparato et banchetto, non convenendo farlo, infine della mensa dove doveva fare inessortatione et predica, come conveniva à Prelato à tal giorno, havendosi seppellito et postosi al monumento  N. Sig.re,  al contrario, fece pigliare un suo nano buffone, con suo vestito quartiato di bianco e di turchino, con un capoccio in testa à modo d’una simia - cosa ridicolosa à vederlo - sopra detta mensa, et con le sue proprie mani  ci sonava una tavola, et lo fece ballare sopra la detta mensa, facendoci fare cacatombi (sic). Et le voci andavano sino al ciel et li risi grandissimi, con molta admiratione di cui fù presente et lo seppe.

 

 

 

6. -

 

nano scandaloso

 

Un Giorno, facendo il detto ordinationi generali, essendo vestito Pontificale, si pose il mastro notaro à chiamare quelli che dovevano esser ordinati, infrà li quali fece mettere il suo nano buffone la soprapelliccia è farlo chiamare come ordinante. Et comparso il nano buffone mezo l’ordinanti, che parce più tosto come comedia che ordinatione, et furno tanti li risi et gridi che fecero  gl’ordinanti che per un pezo non si sentiva nessuno. Arrivato il detto nano buffone innanti d’esso, ci levò la soprapelliccia et  li tagliò con li forfici il tuppo della fronte.

 

 

 

7: -

 

Homicidio

 

 Concorse il detto alla morte di Luciano lo Messinese, che per haverci ammazzato il suo sergente, in compagnia con il s.r Michel la Seta, Gioseppo Xaxa et suo genero, che li compagni del detto bandito l’havessero ammazzato, come fù , mandandoci signali ch’era la sua volontà, come ci mandò il suo annello delle mani, promettendoci il viato, come ad istanza del detto Michele la Seta l’hebbero, declarando essi banditi inanti ad alcuni amici come Monsignore ci lo fece fare.

 

8.-

 

Disobediente della Sede Apostolica.

 

 S’imagina  exssere Papa et Rè: fà quel che vuole et non obedisce nè consig. nè moti proprij nè tampoco determinationi di Cardinali, delli quali si vede che ordina li suoi creati innati li tre anni contro quelli Capitoli del sacro Concilio Tridentino, che «incipit Episcopus familiarem suorum &», come al licentiato Ferdinando l’ordinò sudiacono et Diacono innanti il sudetto tempo; et anco ordinò D. Mario di Palermo sudiacono con non haver stato à pena un’anno0 senza patrimonio et benefitio, nè tampoco sà leggere si hà supplicato al detto che quando teneva carcerati alcun’huomini constituti in dignità, che ci desse cercere competente al grado suo, come è stato dichiarato dall’Ill.mi Cardinali alli Canonici di Messina, et esso non hà voluto eseguire, anzi ponerli in inferiore loco alli carceri maggiori della città di Girgente.

 

9. -

 

Concurso à laici.  

 

Il detto, per i  grandissimi aggravij che   ha fatto alli poveri prosecuti indegnamente et à tanto per non voler eseguire i suoi falsi mandati, gl’hà processato et quelli havendo ricorso al metropoli di gravaminis trasmettendoci gl’atti et fattoci suppliche protestatorij  in lettre con grandissime spese del Metropoli, quelli non hà voluto esseguire, et appellando detti prosecuti alla Santità di Papa Clemente vjjj et alla santa Sede Apostolica, ci denegò il recurso à detta Sede Apostolica, consultandola con la Regia Monarchia, dando altro superiore a S. Santità, come appare alle scritture di Don Francesco Navarra Canonico Agrigentino.

 

10. -

 

Contra il Motu proprio di Sisto.  

 

Il detto ha ordinato persone poenitus ignoranti che non sanno tampoco leggere nè scrivere il suo nome contra il motu proprio della fe: mem: di Papa Sisto et di quel Capitolo “contra male promotos”, n’hà ordinato infinitissimi, come per sua Diocesi et extra.

 

 

 

11.- Il detto hà ordinato persone irregolari et certi chierici prosecuti di Naro con grandissimo scandalo et romore, doppò che l’hebbe ordinato.

 

 

 

12. - Il detto hà huomini di malissima vita, li quali lo consigliano; hanno campato et campano come secolari, tenendo puttane in casa et extra, facendoci figli maschi et femine. Li quali li maritano publicamente, essendoli detti sacerdoti et constituti in dignità. Et esso gl’ha fatto visitatori di monasterij moniali, mandandoli lupi tra li pecore et delli monaci cui è guardata di quà et di là, cosa certo pessima ad intendersi da tutti, et le povere monache parlando sopra di questo che non conveniva nè tampoco era buono, furno poste carcerate come appare nel monastero grande di Girgenti, et quelli tenevano le chiavi di dette monache hor cogitate.

 

13. -

 

 Usurpatore.

 

Il detto hà tenuto et tiene l’intrate et pensioni che deve alla chiesa, non curandosi di scommunica, di poi ch’è venuto. Et quella detta chiesa stà per cadere per essersi fatte alcune fessure, come hanno dichiarato i capi mastri del Regno che caderà frà poco tempo con scritture publiche fatte di sue proprie mani, che non basteranno, se lei cade, da numero di sessanta mille  scudi. Et esso non n’hà  voluto far niente anzi c’hà  tenuto li sudetti et poco si cura di questo et chi ni parlasse gl’era nimico capitale et lo poneva carcerato.

 

 

 

14. -

 

 Usurpatore.

 

Il detto, havendosi ricuperato 300 et tante oncie dalla Regia Corte per la morte del q- Don Francesco del Pozzo della pensione dell’Episcopato che deve 500 scudi, l’hanno applicati alla detta fabrica ecclesiastica, il detto sol l’hà pigliato senza scrupolo di censuirla et spenderseli à suo modo et alla detta Chiesa senza spenderci un quattrino, come appare per polize fatte al Thesoriero di tali dennari.

 

 

 

15. -

 

 Usurpatore.

 

Il detto si prese un thesauro ecclesiastico  dove stavano le robbe della detta Chiesa et lo volsi “loco mutui” per un’anno sinchè si faceva il suo studio et hora son passati tanti tempi, onde la Chiesa patisce rt hà patito tanti danni, perdite et maltrattamenti di robba, essendo gittati trà lochi stretti et non conviene maltrattare detta robba stando con bona conscienza, pigliandosi giucali, tovaglie, paramenti di calici, candilori, calici et  patene d’oro, pigliandosi reliquarij aprendoli auctoritate propria del Thesauro  oro, argento; levandole messe della Chiesa dell’obligo per sparagnare non tenendo capellano et se la fà dire entro il suo Episcopato.

 

 

 

16. - Li suoi creati et praecisè il suo confessore passato, huomo di grandissima malavita, essendo monaco fuori della sua Religione, che non potendo havere (sendo carnale) donne per sfogare il suo male appetito quelle faceva processare li riduceva carcerate in una carcere et ivi redotte sotto l’auttorità della giustitia le violavano publicamente la notte e’l giorno.

 

 

 

 

 

17. - Il detto suo confessore frà Giovanni era tanto lascivo della carne ch’era la notte incontrato con la mula di Mnsignore che andava un di Petra sua puttana et quella attaccava dietro la porta. Diceva la messa ogni mattina con grandissimo scandalo. Di più lo detto teneva li dennari dell’elemosina et li poveri andavano un di esso et esso per fama publica si diceva per la città haver profanato molte vergini figliole ch’andavano à domandarci l’elemosina. Come s’è visto che una donna povera di conditione nobile andò al detto frà Giovanni et espose la sua necessità che teneva una figliola;  quel tempo era d’haverla collocata et per non potere per essere povera donna supplicò sua Reverenza trattare con  Monsignore li volesse dar la charità. Il detto Episcopo li mandò à dire che ci voleva dare oncie 5. et il buon Padre le disse: «ho fatto quanto havete voluto. Monsignore vi dona oncie cinque et oncie cinque vi dono io et lasciatemi colcare con vostra figlia inanti che si marita, altrimenti non haverete nè l’uno nè l’altro.» Et la donna lo incominciò à riprendere et lo seppe Monsignore dallì à tempo et non ne fece niente, anzi disse che non era vero come fù  vero, essendoci testimonij degni di fede.

 

 

 

18.- Vi fù un monaco suo theologo dell’ordine di S. Augustino il quale si chiamava P.dre Honofrio, quale Monsignore mandava spessisime volte delegato. Arrobava publicamente essendo essaminatore con il Vicario generale. Passò certi ignoranti che à pena sapevano leggere della Licata et se ne presero oncie dodici facendo simonia. Et da certi altri ordinanti certi cantari di formaggio et cascicavalli. Et facendosene parole di questo intrà la sala sopravenne Monsignore. Volse sapere ciò si trattava; li fu detto il tutto et Monsignore disse: «io tengo carta che quelli ci lo diranno in faccia», et  dicendo tiri spagnuoli tra essi l’un l’altro si posero molto à ridere et non se ne trattò più.

 

19. -

 

Gio: Dios

 

Di più, portò un huomo con esso da Spagna, chiama[to] Gio: Dios, il qual di subito ch’arrivò à Girgente, lo fece visitare et sopra di delegato in Diocesi. Et si partì et conferisi nella città di Sambuca. Incominciò ad arrobbare publicamente che furno costretti ricorrere all’Arcivescovo di Palermo, et in fine al Vicerè, onde venute molte lettere che Monsignore ci lo mandasse in Palermo acciò desse conto del tutto: come stava che buoi, giomenti, muli, porci, frumenti, orzo, formagio et robbe tutte queste così rubbatole. Et vedendosi così affrontato il detto Monsignore lo fece imbarcare per Malta per non essere affrontato. Et doppò che fù arrivato in Spagna il detto Gio: Dios incominciò à dir male de l’ Episcopo che ci fece fare in sua diocesi, et doppò non fù  habile favorirlo, onde lo seppe suo cognato; fattoci lettere di riprensioni grandissime; se queste cose havessero arrivato all’orecchie, di subito l’haveria prohibito del suo beneficio, ond’esso con grandissima malitia investigò et scrisse che Jan Dios non è venuto per esso chiamato da S. E.; ma fù mentita perch’esso l’haveva prosecuto.  Essendo qua esso sindi fuggito, il che non fù vero et havendo havuto questa nuova, di subito voleva dare testimonij alcuni canonici con dire che Jan Dios era adultero et si godea Donna Petronilla sua criata. Li fù detto che non ne sapevano niente et se esso lo sapeva lo doveva castigare et proseguire quando era qua et non hora che è andato.

 

 

 

20. -

 

Gio: Dios

 

Senza nulla saputa del Capitolo fece fare una una lettera approbatoria del Consiglio falsa per la risposta, fatta di Spagna et curò ? con diligenza che Monsignore si prese il sigillo del Capitolo; sigillò la lettera confidandosi al Cancellere. Et questo si fece per non si sapere sua malavita. S’ha accompagnato con questi huomini delli quali sindi spagna (?) et lo portano dove vogliono essi che hanno rovinato questa povera Diocesi; che li poveri preti non possono più; se ne vanno fuori ad altra diocesi, finchè N.S. li provederà dal Cielo, cosa che non s’ha saputo à tempi antichi quello che si fà oggi.

 

Il detto frà Giovanni et frate Honofrio, per le gran lettere che vennero di Palermo dall’Arcivescovo et da S.E. che li volesse mandare di sua casa, che non conveniva à Prelati tener huomini così di mala vita, come non li mandò.

 

 

 

21.-

 

Fra Antonino.

 

Teneva uno in casa sua qual’era apostata reuscito (?) della sua Religione, chiamato nell’habito frate Antonino d’Amore dell’Ordine di Santo Domenico; prete, si faceva chiamare D. Francesco d’Amore, il quale lo fece molte volte delegato et fece tanti miracoli che altro. Xacca, il Burgio, Caltavellota et Chiusa tutto il giorno et notte non predicano, nè si può scrivere che si non era chiamato da questa Santa Sede Apostolica, come molti furno chiamati, di quest’habito haveria stato una gran rovina. Et era come un orso traditore: peccava di malo vitio et per questo effetto stette sette anni in galera; et non v’era peccato che non l’havesse adoperato. Monsignore, tutto così, lo favoriva.

 

 

 

22. -

 

Creati.

 

Il detto Monsignore hà proseguito molti suoi creati delegati et quelli mandandoli à pigliare à posta et provandoci con testimonij cosi mirabili, arrobamenti et sopra questi officij si facevano chimarare la tale et la tale donna per causa di testimonij, et doppò che erano ridotti nelle loro case, le violavano con andare li sudetti delegati di notte con liuti, tenendo gioco di carte nelle case loro. Quelli li pose carcerati et voglio fare et voglio dire con farci inventario di tutta la loro robba, pigliandoci quanti dennari havevano et dippò di là à pochi giorni erano tristi. Li fece delegati et sono al presente che dove passano ardino largo.

 

 

 

23. -

 

Homicidio.

 

 Et per essere costoro ignoranti se bene malitiosi et astuti al male, à molte parti fecero inciuntione à donne maritate, su pena di oncie dieci et della frusta che non dovessero pratticare con li tali et anco alla persona sospetta. Pervenendo questo a l’orecchie di mariti et parenti, da subito l’ammazzorno, come in Caltavillotta, che il marito ammazzò una donna honesta, senza peccato: non convenendo à persone far inciuntione per il gran pericolo dell’homicidio, come hà successo. Tutto ciò è stato causante il detto Monsignore che doveva mandar delegati huomini dabene et non figlioli tristi et di mala vita, onde che alle volte, senza peccato mortale, si partiro delegati à tarì quaranta, ad instanza del fisco, come fosse giudice della gran corte.

 

 

 

24. -

 

Usurpatori.

 

 Si dice che le giornate che fanno li delegati se le piglia Monsignore et per questo vanno tanti delegati il giorno che fanno un Perù et questo si verifica quando morì un beneficiale, esso si piglia tutti li frutti non toccandoci et lo povero beneficiale che viene vuol pagare duoi annate della pensione che deve della sua pensione, come si vede in Girgente alla parochia di S. Pietro, che se la riscote tutta esso et lo povero benefitiale non hebbe niente et si moria di fame.

 

Il simile ha fatto per la morte de l’Arciprete di Raxhalmuto di detta terra.

 

 

 

 

 

25. -

 

Disobediente della Sede Apostolica.

 

Il detto Monsignore per la gran cupidità  di dennari che tiene in gabelle li giorni festivi per tutta la sua diocesi et per queste donò, modo et causa, à quelli che tal gabella prendono d’arrobare essendo tant’alto il prezzo che c’impongono, non potendo esso Vescovo ingabellare tali giorni, stante esser così provisto dalla Sacra Congregatione de’ Cardinali. Et di quelli non si cura poichè quelli giorni festivi si devono esseguire da l’ordinarij delli luochi et dalli ad opere pie. Ma esso se l’imborsa.

 

 

 

26. -

 

Subornatore.

 

Il detto Vescovo suole suducere testimonij con darvi à mangiare et bere et offerirci dennari per sostentare loro famiglia  et giurassero quello che dice esso, come fece con Vincenzo Cillebba che lo fece giurare contra certi sacerdoti et canonici  dandoci à mangiare nel suo Vescovato in un suo camerino, mandandoci il mangiare con frà Gio: suo confessore. Et giurò come volse esso Vescovo. Promettendoci che da subito lo voleva scarcerare, lo lasciò un giorno carcerato: esso s’imaginò esser tradito; incominciò dire publicamente inanti tanti carcerati nel castello le carezze et l’intento che teneva lo sopradetto. Et doppò l’indomani l’uscìo et se lo portò à sua casa, tenendolo per servitore et creato, onde commessi certi delitti et fù appicato ad istanza di S.E. nella città di Girgenti. Et inanti ch’havesse morto, facendosi scrupolo di tal fatto, essendo in potere delli bianchi et di molti sacerdoti, canonici et secolari, declarò esso confitente che non fù mai quel che giurò  esser la verità ma bugia, dimandando perdono à chi haveva offeso, che ci fù fatto fare. Et quello diceva per sgravare sua conscienza.

 

 

 

27. -

 

Scommunicato.

 

Il detto Vescovo, essendo in Roma ad effetto per essere approvato Vescovo di Girgente, come fù, ottenne lettera dalla Sacra Congregatione delli Ill.mi Cardinaliche li frutti della Sede vacante si dovessero reversare al nuovo successore, qual portò sigillata more solito. Come fù in Palermo l’aprì et la presentò alla giurisditione temporale, facendola essecutoriare in Regno senza saputa del Capitolo et di subito il Capitolo, dandone di questo avviso, mandò in Palermo  à lor procuratore et da subito inviaro à S.S.tà, dal quale ottennero un breve da mons. Giusto che Mons. non movesse li canonici fin tanto che si determinasse in Curia et provassero l’horatori immemorab.e. Esso di subito fece intimare capitolo ad istanza sua mandando  il suo Vicario generale. Espose la sua volontà che voleva tre mille scudi della sede vacante, onde alcuni Canonici, havendo coscienza mala essendo huomini di mala vita et tenendo figlij et puttane come ci fossero moglie, campano come preto greci et per questo si contorno pagare come mancia seicento scudi. Alcuni Canonici volendone per la giurisditione capitolare spettare la sentenza di sua B.ne et doppò pagare quello toccava giusto et li sopradetti Canonici, quelli che ci davano tali dennari per questo e davano quest’offerte acciò non facesse indulto della loro mala vita passata et non se ne trattasse di niente, come fù, tenendoli al suo palazzo per consigliere, facendoci fare mille errori il giorno et agl’altri ci cominciò à processare, come appare per suppliche fatte all’Arcivescovo di Palermocome Metropoli, che per non consentire alla partedi questa sede vacante et fece questo aggravio à processare. Onde doppò con tutti haverli processato et esserci escarcerati da detta Metropoli, li compose et sequestratoci cosi debiti non obstante ancora esser deffinito il negotio in Roma dalla Santità di Papa Clemente Ottavo come supremo dittatore (?) et quelli se l’hà tenuto et tiene per forza.

 

 

 

28. -

 

Scandaloso.

 

Si desidera sapere se il diavolo  può celebrare et dir messaet se il Prelato se ne può servire famigliarmente come consultore et quel che dice esso si fà et facendolo  à chi sia tenuto.

 

 

 

29. -

 

Scandaloso.

 

Anco si desidera sapere se uno sacerdote constituto in dignità accettasse esserci dato il titolo dal diavolo et fare suo officio et di quello  si avanta tenendosi gloriosissimo appresso delli popoli; se esso può dir messa et se può tenere beneficio ecclesiastico. Et vedendo li popoli dir messa da lui, dicono il diavolo del Vescovo dir messa modo molto male et lo lascio considerare à cui spetta et provedere à chi può.

 

 

 

30. -

 

Cupido.

 

Il detto Vescovo non usa quelli termini paterni verso li prosecuti et contra di quello che dispone il sacro Concilio Tridentino et il Sinodo Diocesano, onde che à questi si deve fare prima, seconda e 3^ monicione inanti che li processasse; ma esso da subito prosequisce et quelli mette carcerati come appare nel Erario Fiscale essere ingarcerato. Et così si fà pagare à cui oncie dieci, a cui venti, à cui trenta, à cui quattro, et à chi tre, talchè  niuno mai è castigato ma si castigano burli et li popoli dicono mormorando: «non peccamo et esso se ni piglia li denari sui ledendo l’autorità sua.»

 

 

 

31. -  Il detto Vescovo, venuto che fù in Girgenti di fresco alla Chiesa, incominciò à mandar fuori del choro di detta chiesa molte persone che erano venute per ascoltare gl’officij divini, dicendo - esso Vescovo - che non conveniva los picaros con los nobles nè tampoco i prosecuti star inanti d’esso et l’inviavano carcerati, come fù una mattina vedendo la predica di quadragesima Don Natale Muserava et il medico Lauricella. Questi essendo carcerati à sua istanza dicevano: «noi tornamo carcerati per haver veduto la predica, non havendo lor fatto delitto». Et quello andando attorno, ogn’uno temeva venire alla detta Chiesa et si perse la frequentatione di detta Chiesa.

 

 

 

32. -

 

Pazzia

 

Il detto Vescovo, trattandosi di non si che atto di giurisditione della fera sopra le cosi comestibili et potabile, diede esso Monsignore ordine   sub poena di scommunicatione che nissuno si volesse traperre (?) alla fera, pigliandosi l’autorità temporale adesso non auditi (?) li   ..[giurati (?)] della città che erano soliti dar  la metà sopra le cosi sopradette acciò non arrobassero li poveri che vanno et vengono in detta fera, havendo l’occhio alli poveri mandano in Palermo à S.E. dove fù previsto  dal Real Patrimonio li giurati haver di far questo et  non il Vescovo come appare per lettere executoriate nella detta città. Da subito li Giurati fecero exeguire quanto ci fù imposto. Il detto Vescovo, doppò haver veduto questo, si mosse et disse li Giurati c’erano incorsi in excommunicatione: così infamò la città di Girgenti, fugendo sin à Caltafaraci, loco molto vile, dove si dava herba à cavalli à tempo de state. Et doppò un esserli supplicato, chiese che se ne volessero venire, seppe che la città se ne voleva venire à pigliare in forma di città . Esso Vescovo se ne fuggì al Chiuppo ad una mandra in mezo d’huomini di fori svilendo sua dignità. Illà concorsero molti gentilissimi cavaglieri et Canonici ad espronarlo che se ne volesse venire. Et illà, in campagna, tra case private, sopra tavole et buffetti che servivano da mangiare, faceva dir messa come se fosse stato Papa. Onde  et inde era scandalo molto non vi essendo chiesa né oratorio à tal effetto. Et quelli non volendo ascoltare, il sopradetto se ne fuggì à Cammarata à stare à S. Jo:, onde fù costretta la città farne di tutto consapevoli. Mandò duoi giurati con grandissime spese in Palermo à S. Ecc.a et fattoli ad indendere il tutto si fece assemblea di diverse parti, concludendo Monsignore haver il torto et li giurati non haver incorso in scommunica. Et in quella sua mala opinione, si partiro li giurati con grandissimo honore. Il Vicerè, come luoco tenente di S. Maestà, hebbe molte lettere acciò l’informasse perchè causa s’è partito da sua casa et lasciato sua residenza; se qualche inconveniente havesse stato illecito contra esso, voglia far esperienza di giustizia. Li rispose, per esser infermo voglìa mutar aria simulando perchè spettava la venuta del Duca di Machina che vuol rovinare tutti li giurati con grandissimo animo et odio. Li suoi creati questo publicaro in una processione. Onde si tiene huomo et prelato di molto poca conscienza et poco sapere. Da subito il Vicerè fè lettere al Vescovo con il regio patrimonio, che di queste cose vili che faceva n’erano per scrivere à S. Maestà, onde tre Canonici da bene et molti amati dalla città ci  disposero haver sentito questo farlo venire acciò non si sapessero queste calamità et miserie. Trattano in somma la pace con la città et con il Vescovo et fatta la detta per lettere, da subito se ne venne, onde la città ci fece tanti regali che non gl’ha fatto giamai à nissuno prelato. Con un’entrata pomposissima mandò la città otto cavaglieri fin à Cammarata, duoi giurati con molta compagnia di cavaglieri fino alla metà del camino, facendoci un solenne banchetto. Vi fù il Barone di Rafadali come Capitan d’armi in guerra et vennero in compagnia molti ss.ri Canonici et preti, facendoci  battagliare inanzi che lo incontrassero. Doppò fattoli la debita riverenza, se lo posero in mezo; gridavano con lagrime: «Iddio sia lodato che s’è fatta questa pace.» Li sacerdoti et clerici erano in processione;  per spatio di sei miglia si vedeano un’esercito di clerici. Onde, doppò, nescì il Sig.r Barone di Cianciana con il sig.r  Buvalandro, Barone di Montechiaro, Jurati in forma di città et li fecero tanto honore che non l’hanno fatto à nessun Vescovo.

 

Di poi haver scorto per spatio d’un miglio un corpo di vita pontificale, con molta compagnia di cavaglieri, con li maschi, trombette et tabale lo ricevero sotto Santo Petro et li fecero profondissima riverenza, non guardando à sua ingratitudine et infamia che l’haveva dnato ma all’’obedienza apostolica et à quella havendo l’occhio. All’entrata della città vi si trovò l’infanteria con sue bandiere spiegate et tabale. Facendo segno d’humiltà, sparavano et s’inchinavano spettando al prelato, non à sua persona - che non lo meritava. Inanti ch’entrasse la porta, sparò molti maschi che mai fù tale preparatorio. Et così lo condussero per tutta la città con grandissimo honore, facendo salva nell’entrata del vescovato. Li popoli dicevano. «Iddio sia laudato che habbiamo fatto raccogliere il Vescovo». Et di tutto questo  murmoro et mal’essempio fù lui causa. Et passando pochi giorni, quelli poveri Canonici che fecero fare questa pace non li potè più vedere. Si servì, come si servì, di quelli che ci consigliavano che non c’havessero venuto acciò havessero esseguito loro mala conscienza et stare senza timore, dimostrando alli poveri clerici et sacerdoti essere tali lupi affamati. Tutto questo fece la città per dare loro intendere, ad esso et à tutto il mondo, ch’erano catholici come sono et come diceva esso che pigliava le cose al contrario, onde il Vicerè con il Real Patrimonio  l’hebbe molto à caro et se bene l’haveva maltrattato tuttavia l’accettavano come padre et pastore et non come persona odiosa.

 

 

 

33. - Il detto Vescovo, facendo la visita, conferito che fù à Chiusa  per li mali huomini che teneva et tiene, tenendo cresima in la maggiore Chiesa, li suoi creati stando alle porte, festeggiando certe nobili donne, s’avvidero li parenti, dove vi fù tumulto di popoli; sonorno campane all’armi et se non si salvavano in detta chiesa l’haveriano ammazzato dove era esso. Onde un suo creato dalla bocca per spatio di molti giorni mandava sangue et esso come levantino et subito interdisse la terra. Onde recorsero in Palermo li detti popoli, hebbero la gratia et con suo affronto sonaro le campane all’arme, facendo festa. Lo tennero et tengono per volubile et quasi pazzo et per questo s’ha  visto esso che doveva far guerra non và più in visita et per questo manda li suoi visitatori.

 

 

 

34. -

 

Usurpatore

 

Il detto Vescovo per tutta la sua Diocesi hà levato molti beneficij semplici con molto scandalo come fù per S. Stefano. Levata l’entrata alli padri di S. Domenico senza esser intesi, spogliò dove fù grandissimo rumore et scandalo di popoli havendosi ribellato, levando il pan di tanti servi di Dio per conferirlo ad un figliolo che non sà scrivere il suo nome. Così ha levato molti altri beneficij con obligo di messe conferendoli à suoi creati, dicendo che ci sono troppo messe in questa chiesa. Et così fà dove và facendosi cognoscere per  huomo odioso. Et proprio ad ogni terra che ciò fà guerra et scandali molti che non si possono scrivere.

 

 

 

35. -

 

Pazzo

 

In Xacca ci furno fatti molti regali et bellissimi banchetti da molti cavaglieri et genti illustri. Et come fù al fine del mangiare, promise portare et transportare la sede episcopale in Xacca, onde incominciò à disegnare l’episcopato dicendo quà è buono stare l’episcopo  che lo regalano muccio. Il simile fece in Naro, voleva trasportare la sede et illà voleva a S. Maestà che havria fatto quanto esso havrebbe voluto contandoci proragia. Quelli ss.ri vedendo questo cui ci offerse casa di tre mille scudi et cui dennari; la città ci offerse non sò quanti dennari contanti. Esso respondeva: «Io son obispos di Naro et non di Xuvento perchè  quelli sono heretici», alli quali publicamente li chiamava et l’infamava. La cui è stata et è sempre Catholica patria, onde per le parole sue connobbero essere huomo molto leggiero et inhabile à tal dignità dicendo queste parole inanti tanti ss.ri Baroni et sacerdoti honorati et discorse molte parole contra S. Maestà Catholica come appare dalli Giurati di Girgenti, havendo scritto à S. Maestà Catholica, contra di cui ci diede il pane standone tutti attoniti et meravigliati, non solo essi cittadini, ma anco tutto il popolo.

 

 

 

36. -

 

Disobediente

 

 Per il mal’essempio che hà dato di sua vita e stato mirabile, le  cose ch’ha fatto non potremo noi altri Cavaglieri esplicarle nè narrarle con bocca, ma li diciamo esser bisogno che fossimo lettori un paro d’anni per legerci  cose nuove et stupende, onde negli altri - come hò detto di sopra - non  obedisce nessuno , non stà à legge. Ha fatto nel suo cortile fare guioco del toro con la ... in mezo cen..(?), dalli santi Dommi et ecclesia prohibito et esso stare ad una finestra che dava al detto cortile et ordinava come dovevano fare, ridendo dosirdinato, onde ne fù  causata molta meraviglia et scandalo.

 

 

 

37. - La vita sua la spende con huomini vili et con quelli mangia, come per la città, che da molti si è visto trasere che à sua dignità non conveniva, dimandando di fare colatione et smersare (?) alli casi di barbieri vili et dicralij (?) di detta corte, essendo persone vili, facendoci collatione. Anzi alla sua tavola si vidde una sera à Pinnavaijra, fossaro vile, vestito di lana, in compagnia del Capitanio et di molt’altri, et il detto fossaro lo burlava alla tavola; diceva à detto Vescovo: «Monsignore mio, vivi et con la bocca ci faccio il pidico (pidito ?)». Saputosi la mattina per la città  conclusero essere huomo vile, indegno, immeritevole di tanto bene. Andando à star fuora come si vide alla vigna di edtto Pinnavarija, si pose che all’hora havendo finito di mangiare, fece collatione con il pane di Pinnavajra et notorio nigro come un panno, fomaggi, radici et cipolle zuppe ad un fiasco che fù spasso per tutta la città et ogn’uno s’ammormora di tal fatto.

 

 

 

38. -

 

Scandaloso

 

S’hà visto molte volte con il suo nano buffone  mandare à chiamare ad una giovinetta, mogllie di un suo creato choamato Roderico, giovane molto bella: quella con sua madre suole entrare nel Vescovato fin alla sua camera dove stà esso, in presenza di molti, onde non si hà potuto sapere quel che facevano, sebene dava molto scandalo et murmuro, che ci doveva parlare publicamente fuor dal vescovato, non andandoci occulto: Ma alla fine del Vespro all’hora che li parrini andavano à detta chiesa, havendo molte vesti nobili di drappi di seta, essendo essa vilissima et povera, s’imagina che esso ci l’habbia fatto con molto scandalo.

 

 

 

39. -

 

Sordido.

 

Delle cosi delli paramenti dell’Altare n’è indevoto che si vedono le tovaglie lordissime, standosene li mali suoi sporchi paggi, tenendoci piatti da mangiare di sopra, vedendosi tovaglie svoltate et strapazzate, pendendo una merà in terra et l’altro per aria, lo pariete dell’Altare stando nudo, il paraltare stracciato, non essendo suo ma della chiesa maggiore, con haverci così mala cura che ci dormono li daini la notte, animali sporchissimi, non convenendo à tal luoco.

 

 

 

40. -

 

Cupido.

 

Soleva publicamente in Santa Maria delli Greci far cavare un thesoro chiamato Bradamanti sotto un campanaro, facendo una cava tanto grande che per il gran peso del campanaro fece moto di cadere onde à N.S. non piacque. Soleva partirsi dal Vescovato solo in detta chiesa, facendosi dar le chiavi, con timore delli confrati, per cavare quella moneta, contra la pragmatica ch’all’hora v’era, con grande scandalo.

 

 

 

41. -

 

Cupido.

 

Soleva anco andare allo steri con donne vili et far cavare, volendo trovare il thesoro delli Chiaramonti credendo pure à sonni. Et quando si dicevano gl’offitiali divini, ch’esso non poteva andare, per non essere visto mandava il suo confessore fra Gio: et doppò finiti gl’officij, per essere la chiesa fuori di conversatione, andava esso et non era visto eccetto da duoi cittadini et forestieri, onde li suoi creati facevano molti peccati con certe donne. Et si diceva per la città: «Il Vescovo fà cavare una moneta nel steri et per questo ne pervenne morte». Havendo  andato una donna à veder questo li fù imputata che Christoforo, suo nigromante, che hebbe conservatione carnale. Et lo diceva la predicatora ad alcune donne. Lo seppe lo marito et la mandò fuori di questa vita, come appare in quella Città di Girgenti notizia di tutti.

 

 

 

 

 

42. -

 

Cupido.

 

Il suo nigromante Christofaro andò à cavare per sonni di questa donnamaga, chiamata la predicatora, sopra la Favara et trovò li signali che disse essa. Esso Vescovo cavalcò, andò via, con grandissimo scandalo, dando credito à sonni.

 

 

 

 

 

43. -

 

Scandaloso

 

Si diceva che il suo nigromante faceva fare il lapis philosophorum per i sogni che si vedevano scandalosi, onde lo ingannò: si prese molti denari et se ne fuggì, lasciandoci appresso il popolo malo nome di Prelato, attendendo alla pecunia et con mala coscienza con quelli pratticava.

 

 

 

44. -

 

Cupido - Archimista.

 

Fece venire un distillatore che distillava notte et giorno. Ci voleva far far acque à proposito per fare oro et argento: voleva far fare quinti essenze quali Dio non volse farvi recusare. Restò burlato  et ne vennero molti scandali, mali inconvenienti et murmuri delli popoli.

 

 

 

45. -

 

Cupido - Archimista.

 

Si prese un argentero per far plattas et aniglios à sua persona, onde mai potero forgiare et finire una borstta. Si dice per la città che faceva l’archimia, non convenendo à prelato.

 

 

 

46. -

 

Scandaloso

 

Il detto è stato murmurato, essendo prelato et non convenendo alla  sua decenza ch’inanti il suo letto dormisse un paggio sbarbato per guardia.

 

 

 

47. - Il detto Monsignore fece il suo vescovato macello publicamente. Si faccia vacche, bovi, iuvenchi et vitelle contra il ben commune, che v’è prammatica Regia non si poter sfare vitelli acciò il Regno augumentasse li bestiami et si potesse seminare con facilità. Et esso publicamente quelli sfaccia molte il giorno facendo perdere al prossimo la gabella delle carni alli gabellotti Regij et quelli lamentandosi di questo li voleva carcerare, ricorsero à S.E. . Vennero lettere  riprensive  che non doveva far questo stante che l’officio del prelato non essere bucceri et cupido di dennari onde  non ne fece più in sua casa et li faceva sfare in  [...]

 

del suo diavolo per non essere soggetto à nissuno, nè vennero pur lettere et si quietò.

 

 

 

48. - Teneva à questo effetto un huomo di pessima vita chiamato Mattheo Tauro che in Xacca se ne predica. Et huomo così malo non s’hà saputo et quando questo non arrobbava diciva che hò dar guadagno con mangiare la sua casa di carne franca ce lo pneva carcerato. Et questo diciva molte volte inanti li Canonici dicendo: «se vuole che arrobbi che voi che faccia.» Fù accusato à S.E. ; vennero lettere che l’havessero per le mani et il detto Vescovo lo fece fuggire et non si sà s’è vivoo morto per non si sapere quanti furti fece, trovando robbati molti bistiami in Xacca. Ebbe molte scopettate alla Sambuca, molte ferite mortali et guarì facendolo delegato. Ebbe questo et per passare charitativamente inanti, stette molt’anni carcerato con haver tratti di corda, tre anni con ferri à piedi. Homo molto di poca conscienza che per un tarì  haveria ammazzato cui voleva esso. Diceva il detto vescovo «costui  è hombres mirables che fugge gl’huomini da bene.»

 

 

 

49. -  Questo se verifica che fuggì al Sr Decano, huomo molto di santa vita, come sua fama sia per tutto il mondo, con il sig.r D. Raymondo Canonico Theologo et predicatore, huomo di molti beni, essendo sua vita esperimentata à servire Iddio. Et anco il sig. D. Vito Belguardo canonico, huomo da bene, intiero alla s.ta Chiesa et da bene alle cose dello spirito et molti altri canonici  che seguitano. Cotesto SS.ri s’ha ributtatp et non li vuole vedere come son fatti. Per dirci la verità et ammonendolo di alcune cose che non convengono à prelato, l’ha voluto male. Si serve d’huomini di pessima vita facendo il suo diavolo fiscale acciò sapesse tutte cose di tutto. Si diletta ininfamar il prossimo, natare fra peccati et sapere la conscienza di questo et di quello di d. Thomaso di Leto, il quale doppò ch’è sacerdote et canonico  è stato et stà con figli mascoli et femine, maritandole publicamente in sua casa et quella inanti di tanti parlava con consarci la gulera del collo come se fosse stata moglie vivendo da parete greco. Non dice mai messa, eccetto le feste mobili. Gl’altri li tace meno acciò, quando à Dio piacerà trovassero cose stupende; che in Ginevra non si fanno tal cose. Questi abbraccia et di questi si serve con il suo Vicario Generale, facendoci entrare gran dennari arrobbati.

 

 

 

50. - Costui dona credito à sonni et cose d’incantesimo che essendoci detto che in S. Nicola c’era un thesoro et per apriresi l’incanto ci voleva il Vescovo vestito  à modo come diceva messa et doppò bisognava ragliare à modo d’un asino et così s’apriva l’incanto et si pigliava lo thesoro et così havevano l’intento. Dicevano che vedevano nell’aria certe sperone d’oro con [oro e soldi?].  Gli fù adivertito d’un huomo da bene et così si stette.

 

 

 

51. -

 

Scandaloso

 

Con grandissimo scandalo, in vista et in sua città Agrigentina, li tempi prohibiti della S.ta Chiesa come la quadragesima, quattro tempi, et viglia, mangiava carne non essendo ammalato et con molto scandalo com’era in mezzo del pasto mangiava  tunnina, sovra pesce, olive, cappari, minestra delicata, ova et anco cose di latticinij. Si ammalato era, non haveria mangiato cose delicate. Li boni [?] contemplativi dicono che non ci crede, overo per gustare lo mangiare et di là à poche hore ributtava. Ributtato ch’era, dimandava da smorsare per  quetar il corpo. Alla sua bocca non si ci può accostare per l’odor di l’agro pasto indigesto, quando mangiava. Queste cose erano puclichissime in presenza de’ nobili et ignobili, canonici et sacerdoti.

 

 

 

52. - Il detto Vescovo diede al suo licentiato oncie 40 acciò perseguitasse et facesse uscire con delgato da S.E. contro certi innocenti  come fù che venne li testimoij, l’haveva fatto pigliare esso Vescovo come volse. Fece subdurre [?] un suo mozzo di stalla chiamato lo Sardo che un povero notaro voleva scalare il Vescovato et voleva ammazzare lo licentiato et pigliarsi certi dennari, nel quale non c’era quattrino. Lo posero carcerato con certi altri et questo fù, diceva il suo notaro Gio. Turano per non haver voluto deporre contra li chiusaleni del rumore che fecero li suoi creati et per dimandarci le sue fatiche degl’atti che si fece della gabellatione del Vescovato si composero molti testimonij come sà esso povero notaro. Venne il delegato detto pigliarsi li testimonij per essi; li repete parte citata; li pose alla corda; detto notaro per essere ammalato confessò quel che non era  et li altri suoi compagni furno negativi, onde il detto delegato di subito fece far le forche, ponendole in loco sacro et perchè si vidde  la irregolarità di sopra, si compone che non l’impedisse ma lo mandasse in galera, come fù. Lo frustorno et lo manderno in galera per anni dieci onde esso notaionon haveva commesso delitto et quando li testimonij giurorno che esso voleva far questo delitto ci diede testimonio ch’era ammalato in letto con lo medico, non bastente l’andar in galera. Et doppò il detto Vescovo ordinò il suo licentiato di questa mala  causa con grandissimo murmuro.

 

 

 

53. - Si desidera sapere se il licentiato persequendo iniustè, è irregolare  et se può ascendere à cura d’anime.

 

 

 

54. -  Anco si desidera sapere se il Vescovo lo poteva ordinare sapendo che era irregolare.

 

 

 

55.-

 

Irregolare

 

Anco si desidera sapere se il Vescovo può con buona conscienza sborsare  li cento scudi à far proseguire li sopradetti, dando agiuto al liceniato et consiglio, farli andare alla corda et in galera.

 

 

 

56.-

 

Homicidio

 

Il detto Vescovo dandosi  ad intendere che li compagni del bandito che fece ammazzare per causa non ci haver venuto lo criato per molti giorni si fece venire molti greci con sue scopetteinserragliate, carricati et bulogni caduti. Dava gran timore alli popoli et le povere donne si spagnavano di disertarsi alcuno. Dicevano onde  «Volemo andare à S. Gerlando frà tanti greci cui sà che succederà». Et esso tra la sua sedia si voltava verso loro stendendo il braccio con la mano serrata come ci havesse voluto dire: «state forte» et quelli mettevano le mani  all’armi dandoci  animo di far male. Quando n’usciva  per la città, pareva un bargello di campagna et un caporale di sbirri che un prelato, facendosi mormorare et doppò venuto il viato [?], vennero li banditi nel suo Vescovato. E.L.m. molte volte accompagnarlo con scopette et così diede licenza alli greci.

 

Hor vedete  se questa è vita di prelato o di fuoruscito. Si crede essere più presto pazzo per haver letto tante historie.

 

 

 

57. - Hà tenuto molt’huomini letterati onde al presente tiene uno chiamato il letterato et quello tramuta l’emblemi di suo zio di lingua spagnola in versi et  in prosa. Essendo posti in luce se l’attribuisce à se stesso per darsi fama et per il salario di costui   l’hà posto in un’Abbatia per confessore, sparagnandosi  il salario. Ci levò il sig.r Decano molto di santa vita, il quale per molt’anni l’haveva servito. Et li monaci il detto litterato non volendo. Il detto Mons.r andò co’l suo diavolo. Et il sig.r D. Thomaso, huomo castissimo come il Venere et carcerò molti vergini udendo: «vogliamo scrivere à S.B. del torto li faccia». Er ogn’uno si spagniava onde furno costrette quello accettare contra sua voglia, non potendo combattare contra un leone affamato et contra il suo diavolo, on potendoci andare d’inanti. Onde si giudica che le povere monache, per quel che si vede, non frequentano bene i santissimi sacramenti come facevano per il passato raffreddando lo spirito. Et in somma  fà quel che vuole; dice male di tutti; non conosce nessuno pe superiore et fa un fico à tutti.

 

 

 

58. -

 

Disobediente

 

Di puù, il Vescovo non osserva i decreti della Sacra Congregatione sopra Vescovi applicando à sè le [spremute ?] pene, essendo stato ordinato et determinato che le sopradette pene s’applicano à luoghi pij, spendendosi et distribuendosi per deputati. Et di più ha affittato et affitta l’officio di mastro notaro facendosi pagare molto esorbitante et l’Indulgenze le quali nostro Sig. in omnibus et per omnia etiam ad scripturam omnia gratis et pro Deo concede et fà gratia, se ne fà pagare per l’essecutione.

 

 

 

59. - Tiene un’appetito et conditione mirabile di dennari ch’è cosa meravigliosa à dirsi nè si può esplicare et quelli ci sono veri amici ch’arrobbano et fannoci entrare dennari come si vede hoggi il giorno à Caltavillotta delegato il licentiato et anco à Xacca contra cittadini, à Bivona et à Cammarata D. Giovanni Gamez, à Naro D. Diego et alla Licata D. Thomasso di Leto, huomo santissimo dell’Inferno. Il Padre don Cipriano fà la visita.

 

Hor vedete se queste cose possono persistere. Et sopra il visitatore duoi altri visitatori à vedere quel che hà fatto il visitatore tirando dupla visita.

 

 

 

60. -  Tiene una persona tanto mala et iniqua che con la sua bocca lo  tiene et lo nomina il diavolo, come si vede che quando vuol far giustitia dice il detto: «chiamatemi il diavolo» et quello che dice esso diavolo si fà. et con questo ch’è così di mala vita si confessa publicamente et lo tiene per suo confessoreet li popoli dicono il Vescovo confessarsi co’l diavolo, non convenendo à tal officio nè à persona tale tenerlo in casa sua dando molto scandalo allo popoli.

 

 

 

61.  - Un giorno il detto volendo  far ordinationi, il diavolo ci consigliò che non la faceva, ma la doveva far per trè ò quattro, fra li quali ci approbò et nominò un clerico di Caltaniscetta. Et dissero ch’era ricco et laureato et il detto Episcopo rispose: «Costui deve essere ben assortato et avventurato  poichè lo favorisce il diavolo», dando intendere alle persone devote che la fortuna et buona sorte sia al diavolo et non à Nostro Signore da cui dipende ogni bene, in presentia di tanti canonici et sacerdoti.

 

 

 

 

 

 Multa quidem et alia fecit, quae non sunt scripta in libro hoc. 

 

 

 

Da Palermo il  di 13 di xbre 1597.

 

 

 

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              Ill.mi et Rev.mi Sig.ri

 

 

 

Essendo il Vescovo di Giorgente chiamato da questa Congregatione per il fumo [?] et cause rilevanti per il suo òamlgoverno con grandissimo danno di quella povera diocese, si escusa dicendo esser querelato per difender la giurisditione della chiesa. Il che non è come si vede chiaramente per sup.ce presentata à Mons.r  Morra, autentica, decretata del detto Vescovo. Dicendo habbia recorso alla Monarchia del Vice Re di Cicilia, negando l’autorità pontificia, che per assai  manco di questo, il Vescovo di Lecce è stato travagliato in questa Corte di Carcere et sta tuttavia. Dice anco per voler castigar, et reformare il suo capitolo, il che non hè vivendo m.ti di quel capitolo tanto scandalosamente e in publico concubinate con m.ti figli per uno, dotandole publicamente  matrimoniali presentati in poter di Mons. Morra. Si supplica le SS.VV. Ill.mi  vogliano provedere à tanti ecessi è chiarirsi di questi et m.ti altre cose più d’importanza, anzi scandalosa nella persona del Vescovo praticando in case di sospette, che mancando persona di qui intiera e di buona mente, libereranno quella povera Città et Diocese di tanti furti, confr.ne et estorsione che hanno fatto li suoi creati delegati che tutto sarà opera grata, et acetta. Iddio,

 

 

 

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Che essendo chiamato qui il Vescovo di Girgento per la causa del suo mal governo, si scusa esser querelato per haver difeso la Giurisditione della Chiesa , il che non è poichè anzi esso è ricorso alla monarchia di Sicilia, come appare da una supplica presentata. Dice anco detto vescovo voler riformare  il suo capitolo e pur consta che vi sono alcuni canonici che hanno figli e vivono in concubinato, come appare da un contratto matrimoniale presentato. Dice ancho che detto Vescovo prattica in case di persone sospette. e .. Supplica la S. Congregatione volere provvedere in tanto inconveniente d’uno vescovo con mandar persona di buona mente a liberar quella città di molte estorsioni.

 

 

 

 

 

All’Ill.mi et  Rev. Sig.ri Cardinali sopra Vescovi e Regolari

 

                                         Per ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ill.mi et Rev.mi Sig.ri

 

 

 

Don Francesco Navarra canonico di Giurgento humilmente fà intendere à questa Sacra Congregatione che in detta Cathedrale sono dui canonici Don Jacomo Menga, et don Tomasso di Leto, quali per esser l’uno Fiscale, l’altro capo notaro della corte episcopale, tengono tal vita licentiosa, che in dispregio delle sacre leggi, et del decoro sacerdotale in gravisimo scandalo del publico tengono continuamente nelle proprie case loro la concubina, et di esse ne hanno figlioli, et figliole et le maritano, come si vede per publica scrittura de partibus, quale si essibisce:  et maritano ancora le istesse concubine et poi repigliano le altre moderne, per non star senza: et inoltre per poter  meglio mantenere dette concubine, et governare et maritar le  figliole ci mandano spesso commissari delegati per la diocese, dove procedono tanto rigorasamente che in ogni cannuccia benchè minima, tanto contra preti e religiosi, quanto contra laici, fanno pagare grosse pene: oltre che loro godono la provisione di quaranta tarini il giorno deputate à detti commissarij. Et così rovinando detta diocese, la quale reclama di tanto ingiusto procedere. Et il Vescovo non ci hà mai provvisto, nè il suo Vicario, anzi questi sono li loro favoriti. Per tanto l’oratore in benef.° publico e di detta diocese, et massime de poveri oppressi et per quiete di tutti, et per decoro della vita sacerdotale  supplica le ss.vv. ill.me et Rev.me à rimediare à tanti inconvenienti, che oltre sarà opera pia, riceverà per gratia etc.

 

 

 

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Die XIJ° Maij viiij^ Ind.is 1596.

 

 

 

Pro felici et prospero Matrimonio in Dei nomine feliciter contracto disponsato  asubarrato, in facieme Eccl.e praecessis prius debits  denunciationibus juxta formam et dispositione Sacri Concilij tridentini infra Catherinellam filiam Joannellae Palamango sponsam ex una parte et Baldassarem filium legitimum et naturalem quondam Mariani lu Ginduso et Margaritae viventis, olim jugalium sponsum parte ex altera, cogitos notario praesentes, coram nobis modo et in scriptis raedapto secundum tenorem, formam infrascriptorum capitolorum per eos ad invicem scriptorum et firmatorum mihi presentatorum tenor quorum in omnibus et pro omnia talis est ut infra sequitur VL. ...........

 

 

 

Capituli dello felici et  prospero matrimonio in Dei nomine feliciter contrahendo secundo la costumi del rito et Consuetudine di greci secus Verius secundo li liggi et ragioni communi ditti vulgarmenti alla greca, fatti prima li debiti denunciationi et solemnità conformi alli sacri Canoni infra Catherinella figlia di Joannella Palamengo, virgini in capillo, spusa di una parte et Baldassaro figlo legittimo et naturali de lo quondam Mariano Lo Ginduso et Margarita viventi olim jugali, spuso del altra parti secundo la forma delli infrascritti capituli. V.L.

 

 

 

Per contemplacioni et decorationi dello quali felici matrimonio Don Thomasi di Leto Canonico Agrigentino dotau et dota et per titulo et causa di doti constituio et constituisce ad essa Catherinella spusa et per essa ad esso Baldassaro spuso unzi cinquecento del piso generali del modo et forma infrascritti. V.L.

 

 

 

Item unzi cento in prezo di tanti porchi, vitellazi, et ginizi quali ditto donanti si obliga consignari a ditto spuso ad ogni sua semplici requista nello territorio della Pitrusa quali porchi, vitillazi si digiano estimari per dui Communi Amici comunimenti da eligersi in pace .........   _/ 100.

 

 

 

Item unzi cento del piso generali in prezo di tanti gioij di oro et argento laurato da estimarsi per dui Comuni argenteri comunimenti da eligersi, quali oro et argento laurato detto dotanti si obligau et obliga consignarsi  a detto spuso ad ogni pura et semplici requesta di detto spuso, inguagiata prima detta spusa et non altrimenti. In pacem ..........  -/ 100

 

 

 

Item unzi dui cento in tanta robba bianca et arnesi exstimati per dui Comuni Amici comunimenti da eligersi juxta la forma della consuetudini di questa città di Girgenti con lo debito della terza parti di più, quali unzi duicento in robba detto dotanti si obligau et obliga consignari a ditti spusi incontinenti inguagiati che sarranno. In pacem ......  200

 

 

 

 

 

Et per li altri unzi cento restanti in denari a compimento delli ditti unxi cento di dota ditto donanti per esso et soi heredi et successori in solutum detti et dona, vindio et sugiugau  et sugiuga et pro titulo et causa di detta in solutum dationi et subiugationi cum patto et cartagiura di recattari come appresso si dirrà, concedio et concedi al detto Baldassaro spuso stipulanti con la authorità et consensu, interventu di Geronimo Gallo suo curatore presenti et se contentanti et la sua authorità  prestanti a detto Baldassaro  stabilitanti et consulenti per esso et soi heredi e successori unzi dechi annuali censuali, rendali, franchi et liberi et exempti da qualsivoglia dono, nova impositione seu colletta, dicunti et da pagarsi ogni anno per detto dotanti et soi heredi et successori in perpetuum per tutto lo misi di agusto.

 

onzi 10 di rendita subiugati et in solutum ut supra ditto dotanti et subjuganti per esso et soi heredi et successori in perpetuum constituio, impossi et assecurau constituisci, imponi et  assecura allo ditto spuso stipulanti  con l’authorità di detto suo curatore per se et soi heredi et successori specialmenti et expressamenti sopra una vigna existenti nelli territorij  di questa Città di girgenti con soi terri et arbori nello territorio di Racalmari[1] con soi stancij, fontana, et altri in quello existenti, confinanti per livanti con li terri et chiusi delli heredi del quondam m.° Stanto di Carlo artium medicinae doctoris, per mezo jorno con li terri del territorio di Racalmari et similmenti per ponenti et con lo fegho di li Cummatini.

 

 

 

Item sopra lu ditto territorio di Racalmari posito nelli territorij di questa preditta terra di Girgento confinanti per levanti con la vigna et terri di Marco et Bartholo Fanara, per punenti et tramontana con lo fegho delli Commitini, mezo jorno con li detti terri di detti di Fanara.

 

 

 

Item sopra uno tenimento di casa di esso dotanti consistenti in corpi decisette quali olim erano dello quondam Caloijro di Liuni et di Blasi Failla con lo sua Cortiglio di abaxo et un altro cortiglio della altra parti con dui cisterni et tri puzi in questa Città di Girgenti, in contrata della Ecclesia della Consulacioni, confinanti per levanti et ponenti con la via publica, tramontana e con li casi di Mattheo di Oliveri, mezo Jorno con li casi di Blanca .....

 

 

 

Item sopra altri salmi quattrodechi di terri con suo jardino, chianta, fontana in detto territorio di Girgenti et agregati con ditto territorio di Racalmari, confinanti  per livanti con la via publica, punenti et mezo giorno con li terri dello fegho di Cummitini, tramuntana con li terri dello fegho delli Grutti rt altri confini.

 

 

 

Item sopra un altro suo tenimento di casi consistenti in corpi quattordechi con suo astraco, dui cisterni, dui puzi con lo baglo per livanti existenti in questa Città di Girgenti et contrata della Ecclesia di santa Maria di greci, confinanti per livanti et punenti con la via publica, et tramontana con lo tenimento di casi di don Rogeri Salamone, mezo Jorno con li casi di Don Jacopo Mengha et altri confini.

 

 

 

Et generalmente sopra tutti singuli altri soi beni mobili et stabili inclusi dinari, nomi di li debitori, ragioni et actioni, universi, presenti et futuri .

 

 

 

Li quali quidem predij territorii et beni ut supra specialmenti et generalmenti obligati et qualsivoglia di loro in solidum ditto donanti per esso et soi heredi et successori subiugao et subiugao et subiuga, submisi et submitti, obligao et hipotecau, obliga et hipoteca detto spuso per esso et soi heredi in detti unzi dechi di rendita ut supra subiugati et in solutum dati juxta la forma, tenuri et menti della bulla Apostolica di Papa Gregorio xiij et regia pragmatica sopra li subiugationi ordinati.- Ita quod la preditta speciali et expressa obligacioni subiugationi et hipoteca la prefata et infrascritta generali non geroga ne per contra ma à l’una per l’altra si corrobori et confirmi ac è converso et che si possi variari et mutari della generali alla speciali et e contra.

 

 

 

Delli quali quidem -/ 10 di rendita ut supra subiugati et in solutum dati detto dotanti per esso et soi heredi et successori dona la possessione lel quasi detto spusu stipulanti per se et soi heredi et successori del primo di settembre del anno viij ind.nis sequentis et hora pertanto et è converso inanti possa ditto spuso tenerli, possederli vel quasi exigere, consequitare et havere.

 

 

 

Et per questa causa ditto dotanti per esso et soi heredi et successori in virtù delli presenti si obligao et obliga ad esso spuso per esso et soi heredi et successori detti unzi dechi ogni anno pagarsi per tutto lo misi di agusto incominzando la prima paga per tutto lo misi di agusto dell’anno sequenti viij ind.s 1594 et cossì successive sequitarsi di anno in anno in pacem al quali annali pagamento detto dotanti per esso et soi heredi volsi essere tenuto et obligato come in casu di pesti, guerra et fami et ogni qualsivoglia altra sterilità di tempo, il che Iddio non permetta.

 

 

 

Ordinando detto dotanti a magio cautela a tutti singuli  persune che gabbelliranno de terriranno et possediranno detti beni, territorij, predij, obligati che ogni anno per tutto agusto hagiano et digiano pagari a detto spuso a soi heredidetti unzi dechi ita che sia convento (?) di gni anno una paga circa li q. persuniet lor beni et heredi ditto dotante per esso et soi heredi cedio et cedi a ditto spusu per esso et soi heredi stipulanti et recipienti non con animo di vidiri li ragioni ma con  pota.no di variariri come apresso si dici tutti singoli ragioni et actioni reali et personali, utili, diretti, misti, taciti et expressi et altri qual singola speranza et exercitio di quelli li quali havi, teni, po' et spera di haviri in detti onze 1o di rendita subiugati et in solutum dati ut supra alla sua annua exacioni et conventioni et vitioni et defensioni in ogni causa in virtù di qualsivoglia contratto et semptare constituendolo procuratori alla sua causa et mettendolo allo suo loco in questa parte etc.

 

 

 

Quali quidem doti, denari, robba, gioij, renditi et altri ut supra expressati et dotati siano et si intendano dotati a detta spusa per quella integra parte ad essa spusa toccanti come donatario di detto don Yhomasi dotanti di tutti et singoli quelli beni mobile et stabile, terri et altri contenti et expressati nello atto di donationi fatta per esso don Thomasi a detta spusa et a Francesco et Andrea et altri fratelli di detta spusa nelli atti di Notar Gian Domenico Bertuglia die 29 Aprilis p.^ Ind. 1588 et per la integra parte toccanti a ditta spusa di quelli beni et gioj consignati per detto Di Leto dotanti a Joannella Palamengo in virtù di atto di consignationi celebrato nelli atti di detto di Bertuglia die 2° Maij p.e Ind.s 1588 et ancora in virtù di altro atto di ratifica con incerto tenore fatta per detta Joannella Palamengo nelli atti di Notaro Antonino Aronica di Caltanixetta die 16 octobris iij^ ind.is 1589,  et per tutte si voglia altri ragioni ad essa toccanti  et per ragioni di alimenti et cossi ancora ad esso Baldassaro spusu di quelli si contentau et contenta tanto per esso come ancora per nome et parte di detta Catherinella spusa per la quali esso Baldassaro con l’authorità et consensu di detto di Gallo suo curatore presente et permetti di arato iuxta la forma dillu ritu della Regia Gran Corte et  quoniam detta Catherinella spusa sarà di età di anni 18 compliti di presenti capituli et contratto da farsi matrimoniali ratificherà accettirà et confirmirà et si contentirà di tutti licosi nelli presenti capituli contenti per atto publico in margine o per altro notaro con lo inserto tenore di quelli altrimenti si possi procedere juxta la forma del detto  .. contra esso Baldassaro li quidem unzi deci di rendita ut supra dotati et in solutum dati ditto dotanti per esso et soi heredi promisi et si obligau et obliga ad ditto spusu stipulanti per esso et soi heredi  a detti beni specialiter et generaliter obligati sempri et ogni futuro tempore legitimamenti defendere di qualsivoglia molestanti persona etc. et di qualsivoglia evicioni esseri tenuto etc.

 

 

 

Item ditto spusu constistuixi a ditta spusa per ragione di dotario et antefato unzi quaranta del peso generali in denari quali ditta spusa possa consequitari supra li beni di detto spusu tanto si fanno figli quanto ancora senza figli ex fatto.

 

 

 

Item processi di patto che detta spusa possa in arcticulo mortis per una volta tanto disponere unzi cinquanta della somma di detti doti in denari et ancora in sanità quando li piace per una volta tanto a sua volontà et a cui li piaci.

 

 

 

Item processi di patto che detti doti ut supra dotati siano et si intendano dotati con questa condicioni che detto spusu haggia e deggia campare pacificamenti et quietamenti da vero et perfetto christiano et non perpetrari nè committeri delitto alcuno in crimine lesae maiestatis divinae et humanae nè qualsivoglia altro delitto per lo quali succedisse lo casu di confiscationi di beni altrimenti succedendo tal causa detti doti ut supra dotati  ... in denari, robba, et renditi come in gioij ut supra expressati siano et si intendano acquistati alli figli di detti spusi da nasciri del presente matrimonio et in defetto che non havessero nati figli si intendano restituiti. In detto caso et ex nunc pro tunc et è concesso alla ditta Catherinella spusa come sua dota per mesi sei innanti la perpetrationi et comiso delitto tali casu et condicioni che dopoi impetrata et obtenta venia siano et si intendano un’altra volta dotati conforme alli presenti capituli et non altrimenti stanti che esso dotanti volse et vole che sempre restino detti dote inlese et intatte et reservate per la ditta Catherinella spusa et soi figli legittimi et naturali di patto etc.

 

 

 

Item cum per ornamento del presente matrimonio detto Baldassaro spusu con l’authorità et consensu di geronimo Gallo suo zio et curatore presenti et quillo authorizanti portau et porta nupcias la integra parte di esso spuso toccanti di tutti beni mobili stabili renditi ragioni actioni universi lassati dopo la morti del detto quondam Mariano Ginduso suo padre in virtù di suo testamento fatto manu publica die etc. et specialmenti di quelli renditi ogni anno che si devono per donna Francesca et don Micheli Morreali sopra la baronia di Castrofilippo et altri beni, in virtù di publici contratti manu publica die etc.

 

 

 

Item processi de patto che in casu di separatione del presente matrimonio quali forte succedisse per morte di essa spusa quali forte morisse senza figli del presente matrimonio o con figli legitimi et naturali et quilli nati et morti in minuri seu maiuri età et senza figli legitimi et naturali et in ogni et qualsivoglia altro casu di restitutione detto spuso sia tenuto et cossì si obligau et obliga  in detto casu et hora per tando et è convento con l’authorità di detto suo curatore presente etc. ditti doti restituire a Francesco, Andria et Eufemia di Leto frati et sorodi detta spusa et loro figli legitimi et naturali et qualsivoglia persone vennero che succedendo lo casu di detta restitutione di dote  vivente detta spusa si digiano ditti doti restituire a ditta spusa cioè li denari in denari li renditi in renditi et in detto lo prezo et la robba pezo per pezo come si troverà una con lo ditto antefatto et quilla robba che mancasse sia obligato ditto spusu restituirla et pagarla conforme alla stima et consuetudini preditta di questa Città di Girgenti etc.

 

 

 

Nello quali caso di restitutione et è converso detto spuso con l’authorità di detto di Gallo suo curatore presenti etc. per esso et soi heredi et successori specialmenti et expressamenti  obligau et obliga, hipotecau et hipoteca ad esso dotanti, stipulanti et a cui ditta restitutione si doveva fare. Io notaro stipulanti per essi detti et singuli soi predetti beni, mobili, stabili, renditi et ragioni ut supra per esso propter nuptias apportati li quali tutti et singuli in dittu casu et hora per tando et è converso si li constituero et constituixi per constitutum per nome et parte di quelli alli quali si doveva fare detta restitutione, io notaro stipulanti per essi et hora per tando etc. tenioli et possedioli li quali stiano in ditto casu et da hora per tando  inanti vinculati et vinculo restitutionis subiecti per lo retto casu di restitutione di detti doti.

 

 

 

Item cum patto che volendo ditti spusi stari alla casa di detto dotanti ipsu dotanti sia tenuto dari a ditti spusi una loro citella et cum garzuni et anni tri di tavola franca.

 

 

 

Item etiam cum pacto che volendo stari ditti spusi et habitari nellu tenimentu di casi che era di caoiro Liuni et Blasi Failla et uno appartamento di detti casi che vi possano habitari per quanto tempo vorrà ditto spuso di anni deci senza pagari  loeri ex pacto etc.

 

 

 

Item cum pacto che detto spuso sia obligato detta spusa ingiagiare et desponsare in faciem Ecclesiae juxta la forma delli sacri Canoni et che delli presenti  capituli se ni diggiano fari publico contratto con quelli patti clausoli  cauteli obligationi et altri che in quelli si requedino et requesta di l’una et l’altra parti.



[1]) scrive Giuseppe Picone  in Memorie storiche agrigentine - pag. 414: Rahal-Mari (11) ad otto miglia a nord-est; dal qual sito sgorgano le acque , che incanalate per una tubatura di ghisa, fin dal 29 ottobre 1865, arricchiscono Girgenti.
 

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