Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo.
GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre
1919 (foglio interno)
I gravi fatti di Riesi
Conflitto fra
dimostranti e forza pubblica.
Sette morti e numerosi
feriti
«Pervengono da Riesi
notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che
sarebbero di una gravità eccezionale.
Pare che le locali
agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e
propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne
avrebbero avuto la peggio.
Da persona scappata dal
luogo riesco a sapere che stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari
e contadini si siano ribellati alla
forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati
quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno
giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti.
La notizia divulgatasi
in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura automobile sono
partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore capo cav.
Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione cav. Tartari
. Sono altresì partiti per ordine del
Prefetto comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con
il commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto.
Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. »
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Abbiamo visto come è sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto
notare l’esaustività e la precisione del periferico giornalista del Giornale di
Sicilia. La dinamica dei fatti viene così rappresentata.
Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno clima
elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato avvento
del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu trapasso
che spiega furori popolari e mene partitiche.
Tanti dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma
anche mestatori, teste calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano
scompostamente ed entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine.
Il corrispondente ci dice che si tratta di “carabinieri” (ai
quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare ordini; e aquell’epoca
il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente comandabili
da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che può concertare ma non
dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere anche qui un qualche atto
inconsulto del Mesana.
La furia di un popolo in rivolta desta paura. Vi sono
facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano persino di “disarmarla”. Crepita,
sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana,
non citato che presumo persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità
né l’autorevolezza in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane
ufficiale, che sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro,
e addirittura - nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una
carneficina di un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è
stata avanzata e addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia,
di postuma denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente
dell’impetuoso Li Causi).
Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico
di sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche, divenire
indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di Stato. Non si
infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere
il COLPEVOLE artefice di quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza,
almeno a mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti.
LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA”
SUI FATTI DI
RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919.
Data la mia deformazione
professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi esperire in
tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per farne
rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza ispettiva
presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia.
Così parto dall’esordio,
come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione, acquisendo i bilanci
annuali del passato.
Per il gr. uff.
comm. Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui è partito
il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario stragista di Stato
nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti all’ottobre del 1919.
Tutti
parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo professore Casarrubea, forse
vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre del 1919.
Accedo alla
Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi ingolfo nella consultazione
di illeggibili bobine dei microfilm dei due giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia.
Con strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono differenze
sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente molta sensazione.
Iniziamo
dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo quello che aveva pubblicato il
Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi appunti:
«L’ORA – 9
ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti feriti. [….] Dopo
l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe --- L’esigua forza impotente a fronteggiare la
grandissima moltitudine…”»
Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919.
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A
Riesi torna la calma, Caltanissetta 10 notte.
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All’alba di stamani truppe con agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso
e del maggiore dei carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare
resistenza alcuna.
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Nel
conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi
e circa 50 feriti .
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Della
truppa è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di
Villarosa e due soldati sono stati feriti.
-
Aperta
una inchiesta dal Procuratore del Re e il Giudice Istruttore.
-
Venne
trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.»
Come primo
assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50
feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice
malefico il Messana resta un mistero.
Quello che
in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è il fatto che in tante
postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e paludati testi di
storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di commemorazione e di omaggio
a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del 76° Fanteria il giovane
MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere
che era quello di mantenere l’ordine pubblico – chiunque governasse, in quel
tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una qualche medaglia, non so se Villarosa
ha reputato di onorarlo e ricordarlo come eroe.
La cinica cronaca
di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei modesti militi che furono
feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto ricerche. Erano semplici
militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi, zolfatai e contadini che
trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che uccidevano, ferivano fratelli Noi
diremmo “compagni”.
Fiumi di inchiostro
sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per
questi soldati che per un magro soldo
mettevano a repentaglio la loro vita.
Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare, crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.