Lillo Taverna
A chi mi chiedeva ragguagli sul ROBERTO-PENSIERO avevo risposto riservatamente
così:
Credo che voglia dire: Sciascia avrebbe ritenuto tutta questa polemica sul congiungimento di Racalmuto con Grotte, "una cosa da cretini". Ma Sciascia andava capito. Mai avrebbe detto che la industrializzazione della Sicilia era una cosa da cretini. Ha scritto certi pezzi mirabili di segno opposto. Bisogna vedere come gli si porgeva una domanda. Del resto Sciascia non era un affabulatore. Stentava moltissimo a parlare. Ci doveva pensare molto. Nelle more poteva scappargli qualche grossa minchiata.
Mi sono sbagliato?
Credo che voglia dire: Sciascia avrebbe ritenuto tutta questa polemica sul congiungimento di Racalmuto con Grotte, "una cosa da cretini". Ma Sciascia andava capito. Mai avrebbe detto che la industrializzazione della Sicilia era una cosa da cretini. Ha scritto certi pezzi mirabili di segno opposto. Bisogna vedere come gli si porgeva una domanda. Del resto Sciascia non era un affabulatore. Stentava moltissimo a parlare. Ci doveva pensare molto. Nelle more poteva scappargli qualche grossa minchiata.
Mi sono sbagliato?
Roberto Salvo
Io non so se gli è scappata una minchiata, ma eravamo almeno in quattro qualdo
alla noce lo affermò.
Lillo Taverna
Lillo Taverna Sempre minchiata resta. Contrapporrei un articolo sulle speranze
dell'iniziata industrializzazione della Sicilia apparso addirittura su un
giornale economico. Ma Sciascia si sa: contradisse e si contraddisse. Mi
riferisco all'ubbriacatura ermeneutica dell'Ambroise, che osa magari esordire
nella sua intervista a Sciascia: tra i vari approcci ai tuoi libri ... il più
convincente mi pare la tua volontà di fare della morte un'esperienza
narrabile". Sia chiaro: Sciascia non accetta una minchiata del genere, una
domanda a minchia cioè e infatti risponde, sornionamente: Tutte le
interpretazioni delle cose da me scritte ... mi si insinuano suggestivamente e
finiscono col convincermi. In ciò - debbo ammetterlo - c'è anche della pigrizia
- o qualcosa di simile. Sto parlando dei libri ... che una volta pubblicati,
non mi interessano più". La "inutile questione" che avrei
sollevato con il dottore Butera, mi ha costretto a leggere e rileggere come
legge lo spagnolo Montalban Sciascia. Mi pare un altro Sciascia rispetto a
tutti i cultori, specie nocini, che mi hanno stordito in tanti anni.
Ora ecco, lo Sciascia che vive la distanza tra realtà e ragione, E così, incidentalmente, resto colpito da affermazioni come le seguenti:: " il suo [di Sciascia] atteggiamento morale e la sua architettura letteraria si identificavano, nell'insieme formale, con un accanito smascheramento di fondo della condotta individuale e sociale, partendo dall'inquietudine, addirittura dall'angoscia, procurata dalla scoperta che definitivamente le apparenze ingannano e che percepiamo le ombre di una realtà guidata da centri di emissione non controllati da noi ma da qualcosa che potremmo chiamare potere, il quale ci implica, ci adopera e ci integra in un gioco dalle carte truccate."
Non posso qui dilungarmi oltre. Mi pare che viene fuori dalla lezione montalbaniana un "altro" Sciascia, quello "suo" non "mio" né di nessun altro, men che meno quello "nocino". E mi piacerebbe che codesta per ora inutile Fondazione racalmutese si trasformasse in una sorta di scuola alternativa, ove Sciascia venga studiato da quest'altra angolazione, come dire non iperrealista all'Agnello, non "nocina", non "familistica". Ma in totale contrapposizione. CONTRA OMNIA. In una scuola cioè che elargendo magari qualche decimale di punticino ai tanti precari e precarie in cerca di una sistemazione permanente nell'insegnamento statale, porti avanti approcci diversi contrapposti della storia più o meno locale, a cominciare magari dal buon Ettore Messana malgrado MALGRADOTUTTO. Banalità? inutili cretinerie? Forse che sì; ma voglio credere preminente il "forse che no".
Ora ecco, lo Sciascia che vive la distanza tra realtà e ragione, E così, incidentalmente, resto colpito da affermazioni come le seguenti:: " il suo [di Sciascia] atteggiamento morale e la sua architettura letteraria si identificavano, nell'insieme formale, con un accanito smascheramento di fondo della condotta individuale e sociale, partendo dall'inquietudine, addirittura dall'angoscia, procurata dalla scoperta che definitivamente le apparenze ingannano e che percepiamo le ombre di una realtà guidata da centri di emissione non controllati da noi ma da qualcosa che potremmo chiamare potere, il quale ci implica, ci adopera e ci integra in un gioco dalle carte truccate."
Non posso qui dilungarmi oltre. Mi pare che viene fuori dalla lezione montalbaniana un "altro" Sciascia, quello "suo" non "mio" né di nessun altro, men che meno quello "nocino". E mi piacerebbe che codesta per ora inutile Fondazione racalmutese si trasformasse in una sorta di scuola alternativa, ove Sciascia venga studiato da quest'altra angolazione, come dire non iperrealista all'Agnello, non "nocina", non "familistica". Ma in totale contrapposizione. CONTRA OMNIA. In una scuola cioè che elargendo magari qualche decimale di punticino ai tanti precari e precarie in cerca di una sistemazione permanente nell'insegnamento statale, porti avanti approcci diversi contrapposti della storia più o meno locale, a cominciare magari dal buon Ettore Messana malgrado MALGRADOTUTTO. Banalità? inutili cretinerie? Forse che sì; ma voglio credere preminente il "forse che no".
Maria Pia
Calapà Una" relatività generale" quella di SALVO, che fa
letteralmente a pugni con la "meccanica quantistica" di TAVERNA.
Roberto Salvo
Caro Lillo, credimi! Non ho nessuna intenzione di polemizzare né con te né con
altri, ma lasciami credere che l’affermazione di Sciascia non è per niente una
minchiata ma una lucida ed intelligente riflessione. Pensi veramente che la
Sicilia abbia bisogno di industrie tipo le raffinerie che hanno inquinato ,
distrutto parte del nostro territorio e fatto ammalare tanti siciliani,
causando anche nascite di bambini deformi? Forse dovremmo riflettere
sull’intelligente affermazione di Joe Castellano nel suo blog “LA SICILIA PUO’
VIVERE DI TURISMO, ARTE E CULTURA”. Penso che le bellezze naturali e la storia
di questa terra valgono più di mille industrie. Abbiamo dodici mesi di sole
l’anno, spiagge e mare da fare invidia alle Seicelle, basterebbe non versarvi
direttamente le fogne, un patrimonio artistico e culturale da fare invidia a
chiunque. Non credi che Sciascia pensasse proprio a questo? Buona serata.
Lillo Taverna
Carissimo Roberto, polemizzare serve e serve a tutti. Non dobbiamo avere mai
paura di polemizzare. E tra persone intelligenti quali siamo si può dir tutto.
Tutto del resto è nobilitato dalla stima profonda che si nutre tra contendenti
intelligenti. Tutto purché l'imbecillità, che staziona in varia misura in tutti
noi, non superi l'intelligenza. Nella mia trasmissione di una decina di anni fa
Le Parrocchie di Girgenti citavo appunto un articolo se non ricordo male su
Sole 24ore in cui Sciascia plaudiva alla industrializzazione mineraria
racalmutese. Che vuoi che ti dica , sarà stato un articolo ben pagato. Ma il
pensiero economico di Sciascia non fa testo. Non era affar suo. Scendendo dal
pero e parlando ora tra noi, ti dirò che un conto era la corsa
all'industrializzane nel tempo in cui visse Sciascia, un conto oggi dopo,
giustamente, l'esodo cinese. Oggi nessuno invoca in Italia alcuna forma di industrializzazione:
l'industria inquina, quindi regaliamola ai cinesi. Anch'io non più tardi
dell'altro giorno ho predicato che occorre smantellare tutte le grandi
raffinerie di Milazzo, per esaltare le quali, come dipendente della Banca
d'Italia, avevo elevato auspici e plausi.
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