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venerdì 2 gennaio 2015

Cattedrale di Cremona



La cattedrale di Cremona fu eretta nel XII secolo, periodo di grande prestigio della città, collegato a una serie di successi in campo militare e a condizioni di benessere economico. Il luogo scelto per la costruzione era il punto più alto della città medioevale, non lontano dal centro dell'originario castrum romano, al riparo dalle alluvioni del Po che all'epoca scorreva molto più vicino al centro storico rispetto ad oggi. In questo luogo, in precedenza, sorgevano due chiese, dedicate a Santo Stefano e a Santa Maria, che furono demolite per dare inizio ai lavori di costruzione del tempio principale. La data di posa della prima pietra è nota: 26 agosto 1107[1].

Durante la reggenza del vescovo Oberto da Dovara, il devastante terremoto del 3 gennaio 1117 sconvolse il Nord Italia e danneggiò gravemente anche la nuova cattedrale cremonese, che venne pertanto ricostruita, praticamente in toto, nei decenni successivi. Un documento redatto dal vescovo Sicardo attesta la ripresa dei lavori di costruzione nell'anno 1129, quando furono ritrovate, sotto le macerie, le reliquie di Sant'Imerio Vescovo[1]. Nel 1190 avvenne la consacrazione, presieduta dal vescovo Sicardo.

La cattedrale eretta nel XII secolo si presentava molto diversa dall'attuale. Innanzitutto aveva una facciata a salienti, come dimostrano alcune raffigurazioni (tra cui un sigillo comunale, ora conservato presso l'Archivio di Stato), e la pianta era basilicale, senza transetto. Il progetto originario prevedeva inoltre che la facciata venisse affiancata da due torri laterali, sul modello delle grandi cattedrali delle città imperiali d'oltralpe (westwerk). Tale idea non fu però messa in pratica, forse anche a causa dell'erezione, a lato della facciata, di una ben più alta torre campanaria (il Torrazzo).



La facciata della cattedrale nel 1645

Durante i secoli XIII e XIV furono aggiunti i due bracci del transetto, conferendo alla chiesa una planimetria a croce (non propriamente a croce latina, in quanto la lunghezza del transetto supera quella del corpo principale).

Ulteriori interventi si susseguirono nei secoli successivi, concentrati soprattutto all'interno della chiesa. Tra le modifiche operate all'esterno, vi è in primo luogo il rifacimento della parte superiore della facciata, realizzato nel 1491 dall'architetto Alberto Maffiolo da Carrara, che vi conferì l'aspetto attuale con le nicchie dei santi, il timpano, le volute e la guglia centrale[2]. Nel medesimo periodo, l'architetto Lorenzo de Trotti realizzò parte del nartece (di forme bramantesche) che collega il Duomo al Torrazzo, completandolo all'inizio del secolo successivo con la costruzione della loggetta rinascimentale denominata Bertazzola[2].

Nel XX secolo l'intervento più significativo riguardò la sistemazione, in termini urbanistici, dell'area attorno alla cattedrale, al Torrazzo e al Battistero. Nel 1931 furono demolite le case che si addossavano al lato settentrionale del duomo, creando quello che è oggi Largo Boccaccino.





La facciata principale

Il complesso costituito dal Duomo, dal Battistero e dal Torrazzo risulta completamente staccato dal resto del tessuto urbano, essendo circoscritto da vie e piazze (dopo una serie di demolizioni effettuate nella prima metà del XX secolo).

La facciata principale, affiancata dal Torrazzo, guarda su Piazza del Comune (antica Platea Maior della città medievale), esattamente di fronte al Palazzo Comunale. Rivestita di marmo bianco di Carrara e rosso di Verona dai maestri Campionesi, è caratterizzata da un grande rosone centrale, opera di Giacomo Porrata da Como (secolo XIII secolo). Il fronte è alleggerito da una loggia a due piani, interrotta nel mezzo dall'elegante protiro sormontato da una loggetta a tre arcate, che accolgono le statue di Sant'Imerio, la Vergine Maria e Sant'Omobono. I due leoni che reggono le colonne del protiro sono opera di Giovanni Bono da Bissone.

Gli interventi rinascimentali riguardano soprattutto la parte superiore della facciata; Alberto Maffiolo da Carrara, nel 1491 vi innalza un attico con quattro nicchie.

I due bracci (settentrionale e meridionale) del transetto terminano anch'essi con una facciata. Quella del braccio settentrionale fu completata nel 1288 ma ripresa nel 1319 per riparare i danni di un terremoto, mentre quella del braccio meridionale fu terminata nel 1374. Entrambe le facciate hanno la forma a capanna, con la cuspide alleggerita da una galleria ad archi a tutto sesto, un grande rosone centrale e due rosoni laterali leggermente più piccoli.

L'intero edificio è sormontato da numerose guglie, di ispirazione nordica. Tre sovrastano la facciata settentrionale, tre la facciata meridionale, due il complesso absidale e due la facciata principale, per un totale di dieci. La facciata principale ne possedeva in origine tre: le modifiche apportate in epoca rinascimentale hanno comportato l'abbattimento della guglia centrale, e la costruzione dell'attuale torretta.


Le statue del protiro



Il rosone


La facciata del transetto nord



Le absidi




Interno

L'interno della cattedrale è a tre navate separate da due serie di massicci pilastri alternatamente e cruciformi circolari, i quali sostengono severe volte gotiche a sesto acuto. Al di sopra delle navate laterali, si aprono i matronei, che guardano sulla navata principale attraverso ampie bifore. Le campate della navata maggiore sono coperte da volte a crociera, a sesto acuto, impostate nel secolo XIV al posto delle originarie volte romaniche.

La navata maggiore termina in una grande abside semicircolare, nel cui catino fu realizzato un notevole affresco raffigurante il Redentore. Anche le due navate laterali terminano in absidi semicircolari, di dimensioni più ristrette, entro le quali sono ricavate due cappelle riccamente decorate: la cappella del SS. Sacramento, al termine della navata destra, e la cappella della Madonna del Popolo, al termine della navata sinistra.

Il coro ligneo è opera di Giovanni Maria Platina del 1484.

Sotto il presbiterio si apre l'ampia cripta, scavata in epoca romanica ma rinnovata nel 1606 da Francesco Laurenzi, al quale subentrarono Giuseppe Dattaro e Giovanni Battista Maiolo dopo il rovinoso crollo della volta. La cripta è a tre navate, e conserva l'Arca dei santi Marcellino e Pietro, del 1506[3].

Arca dei martiri persiani[modifica | modifica wikitesto]

L'abate del monastero dei Padri Olivetani di San Lorenzo a Cremona, Antonio Meli, nel 1480 affida l'incarico di terminare l'ornamentazione allo scultore Giovanni Antonio Amadeo che scolpisce "otto formelle", poi riutilizzate in Duomo nel 1813 per adornare due pulpiti ottocenteschi. L'anno dopo i fabbricieri del Duomo, bene impressionati, gli commissionano un rilievo di "S. Imerio elemosiniere" per il frontale dell'arca di S. Imerio in cui riecheggia lo stile del Mantegazza. Ancora a Cremona nel 1482 il canonico del Duomo Isaac Restalli lo incarica di scolpire "l'arca di S. Arealdo". La data del 1484 con la sua firma sta su quattro rilievi marmorei della smembrata Arca, ossia "S. Gerolamo penitente", "S. Francesco stigmatizzato", "Noli me tangere", "Gesù alla colonna".

Nel palazzo del Comune di Cremona il "portale rinascimentale" della Sala del Consiglio reca sculture ornamentali con le statue della "Giustizia" e della "Temperanza" che rivelano il suo stile.




Affreschi medievali nella cattedrale

La decorazione pittorica della navata maggiore della Cattedrale, realizzata da vari artisti nei primi due decenni del XVI secolo, rappresenta uno dei più importanti episodi della cultura figurativa lombarda del periodo, tanto da derivare al duomo l'appellativo di "Cappella Sistina della Pianura Padana". Iniziò i lavori Boccaccio Boccaccino, artista per il quale si è ipotizzata una formazione ‘prospettica’ milanese arricchita successivamente dal contatto con il proto-classicismo emiliano e i cromatismi dell'area veneta, durante il soggiorno presso la corte estense di Ercole I (1497-1500). Tornato a Cremona, tra il 1506 ed il 1507 il Boccaccino affrescò il catino absidale con il Redentore tra i Santi Marcellino, Imerio, Omobono e Pietro esorcista, protettori della città, l’Annunciazione sull’arco trionfale e due volte, purtroppo perdute. L’affresco del Redentore sembra evidenziare l’assimilazione delle novità veneziane non solo di Giorgione ma anche di Durer, che hanno fatto ipotizzare un soggiorno lagunare dell'artista. Il programma pittorico degli arconi delle campate della navata centrale prevedeva il ciclo delle Storie della Vergine per la parete sinistra, e delle Storie della Passione di Cristo per quella di destra. Spettò ancora al Boccaccino intraprendere la decorazione dei primi affreschi con episodi della vita di Maria nei primi quattro arconi, completati tra il 1512 ed il 1516.

L'artista fu affiancato da altri pittori a partire dal 1515, quando Giovanni Francesco Bembo iniziò a dipingere l'Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio nel quinto arcone, mentre Altobello Melone, dall'anno successivo, affrescava la Strage degli Innocenti e la Fuga in Egitto nel settimo (la sesta campata è occupata dalla monumentale cinquecentesca cassa intagliata e dorata contenente l'organo "Mascioni" del 1984), per poi affrescare sulla parete di destra altre due campate a partire dal presbiterio con episodi della Passione. Le novità stilistiche introdotte dai due artisti impressero un'evoluzione anche al Boccaccino, che mostra un passaggio da un calmo stile narrativo ad una visione meno simmetrica e centrata della composizione. La decorazione del Duomo di Cremona è infatti di grande interesse per l'apporto di alcuni dei maggiori degli artisti 'eccentrici' dell'Italia settentrionale, che sperimentano soluzioni formali alternative rispetto al linguaggio del classicismo.



Il Pordenone, Crocifissione (ca. 1520-1521), affresco sulla controfacciata

Nel 1519 i due arconi successivi della parete destra furono affidati al bresciano Girolamo di Romano, detto Il Romanino, che vi rappresentò Cristo davanti a Caifa, la Flagellazione , l'Incoronazione di spine e l'"Ecce homo". Tuttavia i nuovi Massari nel 1520 gli ritirarono la commissione, preferendogli Giovanni Antonio de Sacchis, detto il Pordenone, che, reduce da un'esperienza romana, poté concludere la decorazione con un linguaggio considerato più avanzato perché aggiornato sulle novità di Raffaello e, soprattutto, Michelangelo. La massima intensità stilistica raggiunta dall'artista appare nella controfacciata, dove il Pordenone dipinse una drammatica Crocifissione e uno stupendo Compianto, dipinto in uno spazio architettonico fittizio, con il corpo del Cristo deposto in scorcio. Il ciclo venne concluso nel 1529 da Bernardino Gatti detto "il Soiaro", che dipinse la "Resurrezione di Cristo" nella zona inferiore sinistra della controfacciata. Il presbiterio fu inoltre impreziosito da affreschi dei Campi in seguito all'apertura delle due finestre absidali che comportarono la distruzione di preesistenti affreschi del Boccaccino. Nelle navate minori dell'esteso transetto è notevole un ciclo quattrocentesco pittorico di affreschi raffiguranti episodi veterotestamentari, la cui attribuzione è tutt'oggi incerta. Il ciclo, in origine esteso alle navi minori del corpo centrale, in quest'ultima zona è stato nascosto da sovrapposizioni pittoriche a partire dal XVII secolo.

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