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sabato 3 gennaio 2015

La critica storica non si addice alla Cernigoi per quanto attiene al questore Messana


Stralciamo dalla sentenza di assoluzione del Casarrubea queste pregevoli citazioni giurisprudenziali:

"La Corte di Cassazione, con giurisprudenza ormai costante in tema di diffamazione a mezzo stampa, distingue il diritto di critica da quello di cronaca “in quanto, a differenza di quest’ultimo non si concretizza nella narrazione di fatti, bensì nell’espressione di un giudizio e, più in generale, di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica non può che essere fondata su un’interpretazione necessariamente soggettiva dei fatti. Ne deriva che quando il discorso giornalistico ha una funzione prevalentemente valutativa, non si pone un problema di veridicità delle proposizioni (pag. 21) assertive ed i limiti scriminanti del diritto di critica, garantito dall’art. 21 Cost., sono solo quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione, con la conseguenza che detti limiti sono superati ove l’agente trascenda in attacchi personali, diretti a colpire su un piano individuale la sfera morale del soggetto criticato, penalmente protetta”. (Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 2247 del 02.07.’04).
Per altro per la Suprema Corte è “giudizio di mero fatto quello avente ad oggetto la qualificabilità di una data manifestazione del pensiero come cronaca o come critica, fermo restando che nella seconda di tali ipotesi il limite del diritto di critica è segnato solo dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e dalla correttezza delle espressioni usate”. (Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 20474 del 14.02.2002).
La Corte è inoltre intervenuta più volte nell’individuare i confini del corretto esercizio del diritto di critica storica, riconoscendo una più ampia tutela alle affermazioni contenute in un’opera storica, in virtù del principio della libertà dell’arte e della scienza, sancito dall’art. 33 Cost.: infatti “in tema di diffamazione a mezzo stampa (art. 595 cod. pen.), l’esercizio del diritto di critica storica postula l’uso del metodo scientifico che implica l’esaustiva ricerca del materiale utilizzabile, lo studio delle fonti di provenienza e il ricorso ad un linguaggio corretto e scevro da polemiche personali. Ne deriva che il giudice, al fine di stabilire il carattere storico dell’opera, oggetto di contestazione, deve accertare l’esistenza – quanto meno sotto forma di indizi certi, precisi e concordanti – delle fonti indicate e utilizzate dall’autore per esprimere i propri giudizi, con la conseguenza che è illegittima la decisione con cui il giudice di perito pervenga alla affermazione di responsabilità il ordine al delitto di cui all’art. 595 cod. pen., da un canto, limitando il diritto della difesa alla controprova e, in particolare, impedendole di pervenire alla prova storica dei fatti posti a fondamento della tesi sviluppata nell’opera suddetta e, dall’altro, pervenendo ad una valutazione di offensività di alcune frasi estrapolandole dal contesto, il cui vaglio è (pag. 22) necessario per pervenire ad un giudizio obiettivo e completo e, quindi, per stabilire se l’opera in contestazione ricada sotto la tutela dell’art. 21 Cost. o sotto quella più ampia dell’art. 33 Cost.” (Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 34821 del 11.05.2005).
Anche condivisibile giurisprudenza di merito ha individuato “i limiti scriminanti del diritto di critica, che si fonda non solo sull’art. 21 Cost. che tutela la libertà di manifestazione del pensiero, ma anche sull’art. 33 Cost. che garantisce la libertà di creazione artistica e di ricerca scientifica, non coincidono con quelli del diritto di cronaca, non potendosi pretendere il requisito della verità richiesto per la sussistenza di quest’ultima scriminante, proprio perché ogni ricostruzione di fatti passati è necessariamente soggettiva” (Tribunale di Milano, 29 marzo 1999)."


E così ci domandiamo, facendo un po' Cicero pro domo sua:

Può la Cernigoi permettersi di giubilare in questo modo il comm. di San Maurizio e San Lazzaro Ettore Messana:



In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona [il Messana], denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.
Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505),

Quindi assumendosene tutta la responsabilità affermare che il Messana risultava :

perseguibile per " crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.


e non notare neppure che il questore Messana finché stette a Lubiana (giugno 1942) non poteva commettere reati, neppure a volerlo, ai sensi dell'articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944.

Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Se poi si aveva voglia di echeggiare infamie come le seguenti:



Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
--- non c'era il dovere di sapere come questo fazioso castello accusatorio era stato sbriciolato presso il competente SIS di Roma? Non ne sapeva nulla la Cernigoi? Bene e allora perché non solo non ha concesso udienza ma mi ha minacciato di stalking per il mio insistere sul fatto che a me non professionista era stato facilissimo trovare la smentita a quanto sopra presso l'Archivio Centrale di Stato di Roma?



Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.

Sì! Ma chi era questo ispettore Ricciardelli? Non era finito a Dachao e subito rilasciato? Non aveva fatto parte della "politica" in pieno regime fascista" a Trieste? A che titolo redasse quel rapporto? Ma è poi davvero finito a Roma per il processo Messana? ma ci fu un processo Messana per Lubiana? E se non ci fu, perché? Alla Cernigoi non salta in mente che i Ricciardelli era in quel tempo incorporato nella questura di Trieste  territorio indipendente e che quindi il Ricciardelli credeva che potesse togliersi dalle scarpe qualche sassolino contro l'invidiato suo superiore Messana? Ma poi cosa poteva sapere il Ricciardelli sul Messana questore a Lubiana? Nulla per diretta conoscenza. Ed infatti riporta voci, dicerie, maldicenze: nessun fatto. E non si incrimina qualcuno quale criminale di guerra perché magari ha un cattivo carattere  o perché per qualche inquisito per crimini gravi commessi il questore Messana non era stato indulgente e pertanto non poteva essere che di  "cattivo animo". Noi siamo certi che poi il Ricciardelli rientrato sotto la giurisdizione del Viminale ebbe a pagare il fio di tante maligne e improvabili insinuazioni. Dice bene la giurisprudenza: occorre fare critica storica, basata su fatti e sempre che vi siano almeno elementi certi, comprovati e concordanti. Alla Cernigoi non sembra vero di abboccare alla giara del livore di un subordinato del Messana. del quale Messana, proprio per il periodo in cui era stato a Trieste e quindi conosciuto di persona da tale Ricciardelli, a detta proprio del suo massimo denigratore  "non aveva effettuato operazioni di polizia degne di rilievo".  La Cenigoi peraltro sa che appena si costituisce la RSI il questore rimettendoci anche lo stipendio lascia Trieste e si rifugia a Roma in attesa che arrivino gli americani e ritornare, con onore, agli alti incarichi al Viminale che gli competono.

 

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