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venerdì 20 febbraio 2015

reiterando reiterando chiossà, forse qualche briciola di verità indigesta verrà a galla.

L'avvocato Luigi Restivo Pantalone è mio cugino; è avvocato davvero abile, intelligente, colto già aduso alle esplorazioni informatiche. E' anche giornalista capzioso. E' stato sindaco di Racalmuto. Ne è uscito indenne. Ha difeso due racalmutesi dalla taccia di essere infiltrati della mafia e li ha fatto assolvere. Altri quattro racalmutesi estromessi dalle competizioni politiche per almeno cinque anni, due dei quali sicuramente innocui, stanno subendo la gogna della incandidabilità che forse avrebbero evitata se si affidavano alle abili e frastornanti difese dell'avvocato Luigi Restivo Pantalnone.
Il politico Gigi Restivo considera i miei scritti qui nel mio FB come miei divertimenti senili che però non avrebbero alcun peso specie in questo momento di ribollimenti di sedicenti candidati VERI alla carica di Sindaco di Racalmuto. Aggiungo qui: contento lui contento anch'io. Se mio cugino considera caffè hag i miei strali politici, come dire cose che non agitano i nervi, conciliano il sonno, e lasciano il tempo che trovano, io mi sento sollevato. Però colui che i miei buoni amici e compagni Baffetto Minimo e Bisteccone consideravano il Borgomastro peraltro eternamente assente, mi pare inidoneo a cogliere la forza accusatrice e ammonitrice dei miei scritti di politica paesana.
Ma inoltre mio cugino sembra rubarmi il mestiere ispettivo: non lasciandomi mai parlare e addirittura minimizzando il mio ruolo nel caso Sindona, tende ad estorcermi carte segretissime che potrebbero consentirgli scoop giornalistici ad alto interesse pubblicistico. Ho voglia di dirgli che certo che avevo carte e documenti, che molte copie di questi documenti li ho distrutti (o me li hanno distrutti) per motivi di autotutela nei confronti di una magistratura milanese che non mi andava a genio, ma in fin dei conti tra processi milanesi contro Sindona e una chiacchierata inchiesta parlamentare svoltasi  a San Mancuto, tutte quelle carte hanno perso di significato.
Non mi lascia manco dire che Sindona è stato un utile idiota, tanto più utile quanto più idiota; che la tesi di due ispettori (Calogero Taverna e Enzo de Sario) artefici di una gran bella figura contro un colpevole Carli è una gran minchiata, una tesi di comodo di certi politici dell'epoca tra cui io metto Emmanuele Macaluso. E se gli dico che Michele Sindona fu "suicidato", che Ambrosoli, ragazzuolo senza alcuna competenza bancaria, finì come finì non perché Sindona poteva davvero avere voglia e interesse a ucciderlo ma per essere stato incauto nel non sapere gestire il conto Nuova Scotia e soprattutto quanto ebbe ad affluirvi a seguito o per la speculazione in cambi; che la faccenda di trasformare tutto il caso Bancunione/PrivataFinanziaria (ci sarebbe la terza banca milanese che però la fece stranamente franca) in una diabolica storia di mafia orchestrata e voluta dal Sindona è una grande stronzata, mio cugino, che subdolamente tende a carpirne chissà quali carte, non mi lascia manco parlare. Ostenta assoluta incredulità a quel che dico e provocatoriamente mi dice che senza documenti occulti le mie tesi sono risibili. Io fingo di arrabbiarmi e lo costringo ad arrivare alle tesi che mi stanno a cuore. Capovolgono un trentennio di storia bancaria italiana. Non sono certo cose ormai attuali. Ma se la storia è magistra vitae, forse la veritas ripristinata quest'anno 2014 in cui ricorre il quarantesimo anniversario, un qualche ammonimento sociale potrebbe averlo. Tre sono le grandi tsunami bancarie italiane: il caso Sindona (1974), il caso Calvi della Banca Ambrosiana (dieci anni dopo) e in atto il caso MPS (la cui drammaticità viene distorta per necessità scandalistiche dei mass media e di certe trame della politica deteriore). Il giornalista Luigi Restivo Pantalone riuscirà, provocandomi e indispettendomi) a sollevare certi veli impietosi, desueti sotto il profilo personale ma attuali sotto quello delle malefatte politiche e persino religiose (del tipo di Mons. Marcinkus )? Spero di sì', ed ecco perché fingo di cadere ingenuamente nelle trame aggiranti di mio cugino l'avvocato, giornalista ed ex sindaco di Racalmuto, Gigi Restivo.
 
Ma tanto per stare al gioco, rispolvero qui alcune mie incazzate esplosioni in CONTRA OMNIA RACALMUTO, il mio blog di successo mondiale.  
 
 
 
LOMBARD e LOTTA CONTINUA - SOLDI TRUCCATI



Inopinatamente, improvvisamente, inspiegabilmente LOTTA CONTINUA nell’ultimo trimestre del 1979 sfodera questa inchiesta su Sindona, svelandone giochi e corruttele, intrecci di fissati bollati e compiacenze ministeriali, politiche persino in zone insospettabili della più pulita e massonica finanza. Intrecci con INPS e dintorni. Poi un libro SOLDI TRUCCATI di LOMBARD. Chi era Lombard? A distanza di una decina di anni dalla sua morte posso svelarne i dati anagrafici. ROMANO GATTONI, in ultimo ispettore di Vigilanza della Banca d’Italia, apparteneva ad una buona famiglia della media borghesia napoletana. Era entrato in Banca d’Italia vincendo un concorso a a segretario in esperimento. Quasi barbone, orbitante nel clan Boato-De Aglio-Mimmo Pinto era non molto gradito alla perbenista dirigenza dell’istituto di emissione. Veniva tenuto d’occhio ma non fu scomunicato. Emulo del trio Micossi-Frasca-De Mattia – la 127 delle mie ironie; primo secondo e se...ttimo in un’alta graduatoria di elevati al rango dell’alta dirigenza BANKITALIA, Gattoni ne fu del tutto escluso ed anche se dell’estrema sinistra si arrabbiò davvero. Finì in Vigilanza ma distaccato presso Vigna a Firenze. Un male incurabile alla testa lo stroncò ancora giovane.
Certo molte delle cose scritte o firmate a Lotta Continua o nei SOLDI TRUCCATI non poteva saperle di suo. Si disse che fummo sodali, ma non ebbi mai a confermarlo neppure dinanzi ai giudici. Una cosa è certa:quell’inchiesta e quel libro cambiarono la storia economica finanziaria e bancaria d’Italia. Il libro ebbe fulminante successo. Ma dopo pochi giorni la Feltrinelli lo ritirò ed oggi è libro pressoché introvabile.

A seguito delle insolenze calunniose di una sagristanella quel post del gennaio va integrato con quest'altra nota addirittura di ieri. Spero che la dessa sia servita di barba e capelli.

 
Inopinatamente, improvvisamente, inspiegabilmente LOTTA CONTINUA nell’ultimo trimestre del 1979 sfodera questa inchiesta su Sindona, svelandone giochi e corruttele, intrecci di fissati bollati e compiacenze ministeriali, politiche persino in zone insospettabili della più pulita e massonica finanza. Intrecci con INPS e dintorni. Poi un libro SOLDI TRUCCATI di LOMBARD. Chi era Lombard? A distanza di una  decina di anni dalla sua morte posso svelarne i dati anagrafici. ROMANO GATTONI, in ultimo ispettore di Vigilanza della Banca d’Italia, apparteneva ad una buona famiglia della media borghesia napoletana. Era entrato in Banca d’Italia vincendo un concorso a a segretario in esperimento. Quasi barbone, orbitante nel clan Boato-De Aglio-Mimmo Pinto era non molto gradito alla perbenista dirigenza dell’istituto di emissione. Veniva tenuto d’occhio ma non fu scomunicato. Emulo del trio Micossi-Frasca-De Mattia – la 127 delle mie ironie; primo secondo e settimo in un’alta graduatoria di elevati al rango dell’alta dirigenza BANKITALIA, Gattoni ne fu del tutto escluso ed anche se dell’estrema sinistra si arrabbiò davvero. Finì in Vigilanza ma distaccato presso Vigna a Firenze. Un male incurabile alla testa lo stroncò ancora giovane.
Certo molte delle cose scritte o firmate a Lotta Continua o nei SOLDI TRUCCATI non poteva saperle di suo. Si disse che fummo sodali, ma non ebbi mai a confermarlo neppure dinanzi ai giudici. Una cosa è certa:quell’inchiesta e quel libro cambiarono la storia economica finanziaria e bancaria d’Italia. Il libro ebbe fulminante successo. Ma dopo pochi giorni la Feltrinelli lo ritirò ed oggi è libro pressoché introvabile.  
 Pubblico qui sotto due facciate di lotta continua. La locandina del libro SOLDI TRUCCATI la trovate nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO: visitatelo





  • «Racalmuto è il paese di Sciascia, ma – diversamente da come lo scrittore ama presentarlo – non è avvolto da nessun velo di onirica malinconia; umidiccio, con case disfatte intonacate di bianco, esso è disseminato lungo un declivio che si sperde tra calanchi e fiancate di colli minerari.

    «A Michele Sindona questo squallido scenario apparve, improvvisamente, all’uscita di un’ennesima curva davanti al muso del suo traballante “dodge”.

    «Proveniva da Patti. Affari arditi spingevano il giovane nell’entroterra agrigentino: approvvigionarsi di frumento in tempi di proibizionismo granario, compiacente il governo militare alleato, l’Amgot, per poi rivenderlo, a prezzi lucrosi, alla stessa Amgot. Era il 1944.

    «Se nella vita dei santi, i segni precorritori si colgono in tenera età, i segni precoci della valentia affaristica del futuro finanziere si hanno evidenti ed avvincenti fino dalla prima giovinezza. Giunto a Racalmuto, Sindona aveva un personaggio preciso da incontrare: Baldassare Tinebra. Costui era sindaco imposto nel 1943 dalle truppe americane, su segnalazione di don Calogero Vizzini.

    «Don Calogero Vizzini, di Villalba, accreditato – fino dal fascismo – come capo carismatico della mafia, ebbe a ritirarsi a Racalmuto, dopo il 1926. Si associò al Tinebra nella gestione della miniera di zolfo, la “Gibillini”, al confine con Montedoro, il luogo natale dell’onorevole Calogero Volpe, altro rispettato “notabile”. Labbro enfiato e pendulo, sempre seduto al sole con neghittosità e trascuratezza, don Calogero Vizzini s’industriava ad apparire insignificante – almeno agli occhi dei racalmutesi.

    «In realtà, don Calò godeva di molta considerazione negli ambienti italo-americani tanto da essere prescelto come interlocutore privilegiato, i primi giorni del luglio ’43, quando le truppe alleate iniziarono la loro conquista rapida ed indolore della Sicilia.,

    «Dimostrazione affettuosa fu quella elargita al vecchio socio d’affari, il Tinebra. Il quale, grassoccio, piccolo e volgaruccio di parola, fu il primo sindaco di Racalmuto, scacciato il predecessore dell’epoca fascista che medievalmente s’indicava come “podestà”.

    «Baldassare Tinebra – insediatosi al Comune – un compito lo svolse bene: quello di dare protezione agli affaristi locali e no, che commerciavano al mercato “nero” della principale risorsa del paese, il grano. Protezione non del tutto disinteressata, a dire dei malevoli. Vi fu atto di corruzione da parte del Sindona nei confronti del neo-sindaco degli “alleati”? Non può più chiedersi ad alcuno. Sindona è oggi esule negli Stati Uniti [eravamo nel gennaio del 1980, ndr.]. Il Tinebra è finito morto ammazzato, un anno dopo la vicenda che si narra [o forse pochi mesi, ndr], in pieno centro, fra la gente. Ne fu incolpato un tipo del paese, conosciuto con la”’ngiuria” (nomignolo) di “Centeddeci”. Indiziariamente, fu condannato. Il figlio lavorava presso la miniera “Gibillini” [pare però che solo vi cercasse lavoro, ndr,] che sappiamo essere stata di Tinebra e Vizzini. Cercò di far luce sul delitto, convinto dell’innocenza del padre. Finì in un forno “Gill”, liquefatto tra lo zolfo. “Disgrazia grande fu” – si disse in paese.»
    Questa pagina è identica sia ne' La Donna Del Mossad che in Soldi Truccati. I Soldi Truccati vennero pubblicati nel 1980 (invero il manoscritto un mese prima fu da me consegnato), La Donna del Mossad, otto anni fa. Lombard mai e poi mai poteva scrivere di Racalmuto di Baldassaro Tinebra ... di 110. La saccentona che mi accusa di appropriazione indebita, se mistica come pare, vada a confessarsi. Ha peccato contro lo spirito santo. Non si spara sul prossimo se non si hanno elementi sicuri. Penso che dovrebbe scusarsi pubblicamente. Non lo farà mai. I cattolici son così. CALUNNIANO E NON SI PENTONO. (diciamo bah! quelle di paese). Da questo punto comincia la mia partecipazione alla stesura del libro Soldi Truccati e finisce prima delle conclusioni finali. Invero, ad un attento lettore non può sfuggire che vi sono tre tesi diverse sino al contrasto. Quella dell'introduzione, quella dell'ampio nucleo centrale e quella delle considerazioni finali. La prima e l'ultima hanno sapore giornalistico, intingono del brodo delle polemiche antidemocristiane dell'epoca. Più compassata quella di Romano Gattoni (doveva difendere il posto in Banca d'Italia; che la moglie non abbia mai saputo la verità delle cose è pur comprensibile: mica Romano gliele andava a raccontare; rischiava forte, da padre di famiglia doveva essere più prudente, ma allora era davvero rivoluzionario con tanto di barba. Poi dovette calmarsi. Comunque non ebbe guai giudiziari. Non così il sottoscritto che dovette vedersela con Imposimato e con Colombo.)-Molto ardita e spumeggiante quella di Deaglio. In fondo io dissentivo. La mia fonte ero io stesso. Io avevo fatto l'ispezione alla Banca Privata Finanziaria. Forse mi deciderò a rendere pubblico l'intero rapporto che del tutto incompreso sta agli atti giudiziari. Qualcosa ne ho già scritto in ARTICOLO 21. Cara saccente sagristanella mia critica, che ne sa di queste cose? Nulla! Ed allora perché ciancia tanto?






sabato 2 novembre 2013


DEPLORO E STIGMATIZZO .. IO LA CANCELLIERI NON LA CONDANNO


Sia chiaro: io non condivido un bel nulla. Una volta si sarebbe anzi detto: deploro e stigmaatizzo. Se quelli che ricevono in confidenza quello che i confidenti ricevono a loro volta in confidenza  e vai giù o sù come ti pare fino ad arrivare dove almeno taluni informati sappiamo, attaccano la povera Cancellieri, questa è bella e bruciata. A suo tempo l'avevano idolatrata come miracolo prefettizio fino quasi a volerla presidentessa del Consiglio, ora invece hanno bisogno di mandarla al macero. Apparentemente tutto per una anodina telefonata una di quelle telefonate che un banale ministro riceve a tutte l'ore. Già, ma qui c'era la questione del figlio? Ma già del figlio la raccomandata diceva cose poco carine per avere pagato (prego dovuto pagare) fior di buonuscita. A me, una volta frequentatore dei meandri della finanza bancaria ambrosiana,  la Li Gresti appare una "poveretta" giostrata dai grandi "giochi di potere" -  questi sì - come pirla (non so se si possa dire pirla) delle grandi manovre del capitale italiano,  meglio ambrosiano,  che è molto più intrigante; insomma un altro caso di "utile idiota tanto più utile quanto più idiota" come tutto sommato fu don Michele Sindona che manco lo facevano entrare nel consiglio di amministrazione, di cui sulla carta era presidente, quando si dovevano decidere ad esempio le miliardarie operazioni speculative in cambi (del resto don Michele che ne poteva sapere di outright che si chiudevano per modo di dire con swap i cui spot chiudevano gli outright ma i cui foward invece li riaprivano  generando perdite spaventose. Allora i magistrati milanesi nulla ne capirono. crucifissero don Michele e lasciarono libero ed indenne un qualcuno che poi divenne a dir di Geronzi padre padrone della mpsiana AV padovana.) Debbo essere sincero: vedo a naso molte analogie tra la fine di don Michele e la carcerazione della figlia del siculo Li Gresti, a parte la defunzione pseudo suicida e per fortuna l'atto di misericordia di una ministra che ad onta di tutti, sia i miei amici di Racalmuto sia i sospetti signori del quotidiano fatto, comincio ad apprezzare. La faccenda Cancellieri però restare un'altra chiassata diversiva. Ma lo sappiamo tutti che ormai, specie con la faccenda Berlusconi che non ci sta a farsi cacciar via dal Senato a voto palese, il governo Letta è già bello e fritto: vanno tutti a casa, telefonata compiacente o meno della Madre di Tanto Peloso. Quanto a Peloso, torno a ribadire, cretino o non cretino, pacta sunt servanda. Certo erano pacta nati e pasciuti per quelle astutissime e sotterranee modifiche di un paio di articoli del codice civile da parte di due, specie allora, astutissimi e Cicero pro domo sua, Berlusconi e Castelli. Ne scrivo, ne riscrivo nei miei blog e non mi va qui di ritornare a spiegare cosa furono sono e mi auguro non saranno le buoneuscite per anzianità convenzionali. Quel che mi fa specie è che mentre per il Peloso si cerca di fare questi gran can can (un po' tartufescamente da certi miei amici paesani) nulla si dice dei confessati 32 milionì di euro in undici mesi per riliquidare un vero boiardo dello Stato bancario ed assicurativo. Forse perché quello certa stampa la foraggia ancora. Quanto a quell'epiteto di LADRA  che spunta purtroppo nella mia bacheca, mandai a suo tempo a quel paese un mio paesano questurino con coda applaudente di una visionaria mariana per una "vacca" affibbiata ad una degna e innocua signora e   quindi chissà che dovrei dire ora per questo epiteto abilmente non specificato ma sempre a gentile sigora dovrebbe riferirsi. Deploro e sigmatizzo, comuque.

lunedì 2 settembre 2013


Qualcosa ne ho già scritto in ARTICOLO 21. Cara saccente sagristanella mia critica, che ne sa di queste cose? Nulla! Ed allora perché ciancia tanto




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