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lunedì 2 marzo 2015

altra roba di chiesa


L’arciprete «risiede ed amministra la cura dell’Anime per se stesso e li suoi coadiutori sono il rev.do sac. D. Francesco Torretta ed il rev.do sac. D. Leonardo La Matina cui le si somministrano onze 12». Due chieri sono inoltre al servizio della Matrice, a pagamento.

Ancor oggi sono godibili i libri parrocchiali, in definitiva per l’amorevole cura dell’arciprete Algozini, guarda caso: non era neppure racalmutese. Trattasi dei seguenti libri: «parrocchiali, cioè de Battezati, de Matrimonij, dello stato dell’Anime (invero, al momento v’è un salto delle numerazioni delle anime passandosi da quella del 1654 a quella del 1755), de morti, osservando il metodo prescitto dal rituale romano con alfabettarsi; libri de confermati non si ha ritrovato per quante diligenze abbia fatto.»

“Sermoni pastorali” ogni domenica e tutte le feste comandate; la dottrina cristiana viene insegnata il dopo pranzo di tutte le feste dall’arciprete  che si serve “della dottrina di Bellarmino in volgare per li figlioli" ” del "catechismo romano" per gli adulti. Una menda: “non v’è scola per la dottrina”.

Ancor oggi ammiriamo il primo libro delle “denuncie da farsi al popolo” che è proprio dell’Algozini: ivi «ogni domenica si denunciano tutte le feste e vigilie e si pubblicano gli editti del vescovo e del S.to Officio”. Quest’ultima denominazione – che avrebbe fatto drizzare le orecchie di Sciascia – resta solo un flatus vocis, visto che nulla di orripilante è dato di rintracciare nel citato volume parrocchiale. Leggiamo, ad esempio, questo tediosissimo bando (come si vedrà non vi è nulla degno della Santa Inquisizione, almeno nella versione ormai corrente): «Avendo pervenuto alla notizia del Procuratore Generale de’ Santi Luoghi di Gerusalemme che molte persone abbiano detenuto, impedito, occupato, sottratto, et in altro uso  convertito l’elemosine, legati, denari, ed altri, in qualsivoglia modo spettanti a detti Santi Luoghi, essendovi anche di tal occupazione, detenzione, sottrazione et impedimento scienti alcune persone i quali per rispetto umano non vogliono rivelarlo, per ordine di Monsignore Ill.mo vescovo di Girgenti si fa canonica monizione a tutte le suddette persone che dovessero rivelare, e ciò fra il termine di giorni 15, cinque de’quali se l’assegnano per il 1° termine, 5 per il 2° e 5 per il 3°, quale spirato e non fatti li suddetti riveli si procederà da esso Mons. Vescovo e Sua E.C.V. alla fulminazione della sentenza della scomunica contro li scienti e non revelanti li detinenti, occupanti, impedienti e sottraenti l’elemosine dìsuddette. – 1731 Xa ind. Ottobre.»  L’avrà spegato l’arciprete Algozini a quei basiti contadini racalmutesi, tutti alla messa della domenica? Se no, davvero avevano poco da capire. Così come anche noi stentiamo a scoprire le ragioni che spingono il “devoto e santo vescovo” Gioieni a quelle veementi minacce di scomunica … contro ignoti. A meno che, dopo l’interdetto, erano proprio i preti locali ad accaparrarsi i proventi della vendita delle bolle della crociata; in questo caso erano davvero faccende interne e prudenza voleva che si si facesse scandalo. Avrà l’Algozini farfugliato qualcosa per non disobbedire al vescovo ed al contempo non disorientare i suoi parrocchiani, i nostri antenati?
In quel periodo approda a Racalmuto M° Filippo Agostino Bianco ed intende sposare “Marca Peri, schetta, figlia legittima e naturale di M° Rosario e Vita Peri di questa suddetta terra di Racalmuto.» Il cognome Bianco fu celebre anche ai miei tempi per la spiccata personalità di don Pasqualino. Il Pepi è patronimico scomparso da Racalmuto a  memoria d’uomo. Mastro Filippo Bianco era stato davvero un girovago e fu fatica improba per l’amanuense della Matrice trascrivere tutti quei toponimi esteri in cui il nubendo aveva dimorato più o meno a lungo: dalla Plagia del Marchesato di Brandeburgo alla terra di Aisein, ove si recò quando aveva 29 anni; «indi andò a travagliare da lavorante» in un paio di città estere e dopo finì a Proohoki per approdare a Vienna, passare in

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