se un pittore, o
un appaltante o un banchiere camuffato da chierico, non si sa. Se in un primo
tempo, Sciascia lo voleva famiglio del Sant’Ufficio, dopo lo scrittore si
ricredette e lasciò padre Alessi nell’imbarazzo della scelta, scrivendogli che
degli antichi ricordi gli era rimasto un segno tanto sbiadito da non ricordare,
tutto sommato, più nulla. Certo, Pietro d’Asaro un gruzzoletto se l’era fatto,
ed anche se proveniente da famiglia non poverissima (è dubbio se fosse di
antica origine racalmutese) un bel salto nella scala dei valori sociali il
pittore, cieco di un occhio, l’aveva bellamente compiuto. Ecco un suo “rilevo”:
389 - Rivelo che
il Cl. Don Pietro d'Asaro, clerico coniugato di questa terra di Racalmuto
presenta con giuramento nell'officio del signor D. Giacomo Agliata capitano
d'arme del Regno nella nuova numerazione delle anime, e facultà in virtù di
bando d'ordine di d. sig. cap.no d'arme in detta terra a 25 novembre Va ind.
1636 [cfr. Maria Pia Demma: Percorso biografico ed artistico, in Pietro d'Asaro
«il Monocolo di Racalmuto» - Racalmuto 1985, p. 23 e pag 30 - "Archivio di
Stato di Palermo - Tribunale del Real Patrimonio, Riveli del Comune di
Racalmuto, anno 1637, vol. 607, f. 389 r.]
Anime
m Cl. d.
Pietro d'Asaro c. di casa d'anni cinquantasette
o Vincenza
moglie
m. Michel
Angilo d'anni dodici
m.
Gio:battista d'anni quattordici
o. Rosalea
o. Dorothea
o. Ninfa figli
o. Gioanna
madre
m. e. Giuseppe
di Beneditto d'anni diecidotto discepolo
m. Angilo Lo
Sardo garzone d'anni dodici
o. Caterina e
o. Natala
zitelle
Beni
stabili
Una casa in
otto corpi solerati e terrani in questa terra, quartieri di S. Giuliano
confinante con la Casa di Pietro di Giuliana e via publica dove habita, quale
un anno per l'altro franca di conti si potria locare onze quattro che à 7 per
100 il capitale di cinquantasette e quattro........................ 57. 4
Una casa
terrana in un corpo di detta terra,
quartieri predetto,confinante con la casa di Pietro di Giuliana e via
pubblica, quale un anno per l'altro
franca di conti l'hà soluto e suole locare tarì quindici che à 7 per
cento. il capitale onze 7 e tarì
quattro............................................. 7. 4
Altra casa
terrana in tre corpi in detto quartieri confinante con la casa di Giovanni Lo
Sardo quale un anno per l'altro franca di conti l'ha soluto e suole locare onza
una e tarì 12 che à 7 per 100 il
capitale onze 21 e tarì 12 ..........................21.12
Una vigna di
cinque migliara nella contrada del Serrone territorio di questa predetta terra
confinante con la vigna di Giacomo Xibetta e vigna di Francesco di Laurenzo,
della quale un anno per l'altro ricava botti quattro di musto che ragionato ad
onze 2.18. la botte importa onze diece e tarì dodici delli quali deduttine onze
sette per tutti conti a ragione di onze 1.12. per migliaro restano onze tre e
tarì dodici che à 7 per cento. il capitale onze quarantotto e tarì sei
.....................................48.6
[390]
Terra
lavorativa salme due con migliara sei di pianta infruttifera dentro nella
contrata della Montagna territorio predetto confinante con la Chiusa di Stefano
d'Agrò, e chiusa di Giuseppe Casuccio quale ragionata ad onze 2.20. la salma
importa onze cinque e tarì diece che à 7 per 100 il capitale
settantasei e tarì
cinque..............................................76.5
e più terra
lavorativa salma una nella contrada di Garamoli territorio predetto confinante
con la terra di Salvatore d'Acquista e con la Chiusa di Giuseppe Ferraro, quale
ragionata come sopra importa onze due etarì venti che à sette per cento il
capitale onze trentotto e tarì due ........................38.2
Rendite
Dà Mario
Morreale di questa predetta terra onze tre e tarì quindici iure sub.nis s.a una
sua vigna e chiusa nella contrata di la fico territorio di detta terra che à 10
per 100 il capitale onze trentacinque
.........................................35.
Dalle
infradette persone di d.a terra onze due e tarì quindici sopra l'infrascritti
loro beni in detta terra e suo territorio iure subiug.nis cioè onze 1.2 da
Francesco la Matina sopra una sua vigna
e chiusa et tt. 28 da Maria Macaluso rel. del q.m Vincenzo sopra una sua chiusa
e tt. 15 dà Pietro Sferlazza Marramao, su una sua vigna che à 10 per 100 il capitale onze
venticinque................................................25.
--------------
onze [/'] 308.3
====================
Beni
mobili
Prezzo di
detta pianta infuttifera importa onze trenta ...30
Una giumenta
di sella di pelo baio di prezzo onze 8 ...... 8
frumento
seminativo dentro la suddetta prima chiusa
tt.na
[tummina] dudici che ragionata ad onze 4.26 la
salma importa
onze tre e tarì venti........................3.20
--------
41.20
=========
Gravezze
stabili
Paga ogni anno
s.a tutti li suoi suddetti beni onze sei e tarì sei iure prop.tis all'Ill.mo
conte di detta terra che à 7 per cento il capitale onze ottantasette e tarì due
...................87.2
e più paga
sopra detti beni iure subiug.nis cioè onze 1.18 alla Cappella della SS.ma
Nunziata tt.24 alla Cappella del SS.mo Sacramento e tt. 18 alla Compagnia del
Suffraggio che a 10 per 100
[391]
il capitale
importa onze trenta.........................30.
-------
onze 117.2
===============
Gravezze
mobili
Deve onze
ducento a Leonora d'Asaro di detta terra re: dal q.m Bartholo d'Asaro per causa
et compenso delle sue doti assegnatele per testamento di d.o q.m Bartholo in
notaio Simone d'Arnone di detta terra di
onze....................................200
===============
Ristretto
Maschi
d'età 1
d'altri 4
femine 7
_____
anime 12
======
Giumente di S.
.....1
Beni stabili
.........308.03
Beni
mobili........... 41.20
----------- 349.23
gravezze
stabili......117.2.
gravezze
mobili.......200
----------- 317.2.
----------
liq. onze 32.21.
===========
(Trombino)
Terra
Racalmuti die 14 dicembris V ind. 1636
A) Le chiese di Racalmuto nella
ricognizione dei visitatori regi.
Sulle visite del De Ciocchis attorno agli
anni Trenta del 'Settecento v'è ampia letteratura.
Mi diffondo sull’argomento perché indottovi da alcuni
documenti trovati presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma sui poteri
inquisitori della Monarchia della Sicilia sullo stato delle chiese. Basilare,
in ordine al diritto ecclesiastico di Sicilia, appare la visita di Mons. De
Ciocchis che si svolse tra il 4 maggio
1741 (data iniziale dell’incarico ricevuto da Carlo III a Portici) e il 27
giugno 1743. Il De Ciocchis fu un visitatore molto diligente, sino forse alla
pignoleria. Le risultanze di quella visita devono trovarsi a Palermo, ma non
posso escludere che in gran parte siano finite a Napoli, presso la corte
borbonica. Molti suoi provvedimenti saranno stati raccolti in processi lasciati
presso le varie curie vescovile. Mi pare che il prof. Manduca abbia trovato
qualcosa ad Agrigento, tra i documenti dell’Archivio Vescovile. Ma è certo che,
data l’importanza delle varie disposizioni del De Ciocchis - considerate valide
sino all’unità d’Italia -, si è proceduto nel 1836 alla pubblicazione in due
volumi del materiale di quel visitatore regio. Nel primo volume dedicato alla
Valle di Mazara, alle pagine pp. 235-372, si parla della diocesi di
Agrigento. Là, di certo, v’è molto materiale
sulle chiese di Racalmuto. Per le tue ricerche vi possono essere spunti
preziosi. L’opera s’intitola: DE CIOCCHIS, GIOVANNI ANGELO: SACRAE REGIAE VISITATIONIS PER SICILIAM ACTA DECRETAQUE OMNIA, Palermo 1836, Diari
Letterarii .
L’opera è praticamente introvabile fuori della Sicilia. Riscontro in una
pubblicazione specializzata “CLIO” che una copia trovasi presso la Biblioteca
Universitaria di Messina. Ma qualche copia deve pure essere disponibile in
Palermo. Guarda, dunque, un po' se puoi procurarti le fotocopie almeno delle
pagine che riguardano Racalmuto.
Per le vicende di Santa Rosalia, andrebbero consultate le visite dei
predecessori del De Ciocchis. Secondo quel che ne leggo in un importante libro
del 1846 (GALLO AVV. ANDREA CODICE
ECCLESIASTICO SICOLO - PALERMO DALLA STAMPERIA CARINI - 1846 VOL. 1 E 2 - )
essi sarebbero:
- Pietro Pujades
«Si elegge un visitatore di tutte le Chiese di Sicilia, al quale si
conferisce la potestà di far decreti relativi al culto divino.
L'imperatore Carlo V re di Sicilia - A Pietro Pujades Ab. del Monistero di Noara dell'Ordine di S.
Bernardo. Bruxelles 22 dicembre V Ind. 1516 apud Di Chiara de regio Sacram.
Visit. per Sicil. jure; Mantis. monument. num. III, pag. 5».
- D. Nicolò Daneo
«Si elegge altro Visitatore di tutte le chiese regie di Val di Mazara e
di Valdemone, con gli incarichi come sopra. M. Antonio Colonna Vicerè di
Sicilia.
Nel nome del re al rev. D. Nicolò
Daneo ab. di s. Maria di Terrana, Palermo 19 maggio VII ind. 1579 apud cit. Di
Chiara n. VI pag. 10 (pag. 135)
DIPLOMA CCXXI
... vi eligemo, deputamo, e nominamo visitatore, e commissario generale
delle Prelazie, Abbatie, Commende, Priorati, ed altri beneficii del jus
patronato regio, i quali siano fondati nelle Valli di Mazzara, e Demini, et
anche etc. .. e delli loro membri, pertinentie, grancie, acciocché abbiate a
provvedere ...
Datum Panormi die 19 Maii 7
ind. 1579»
- D. Lupo del Campo
«Si nomina un visitatore delle chiese di regio patronato, per la
reintegrazione dei beni usurpati ed alienati in danno di dette chiese, al quale
si conferiscono pieni poteri.
Filippo II re di Sicilia.
A Lupo del Campo. Madrid 24
febbraio 1588. apud. Cit. Di Chiara n. VII pag. 12.
DIPLOMA CCXXII
... tibi dicto Doctori D. Lupo del
Campo commictimus, praecipimus, et mandamus etc. ....
Datum Matriti die 24 mensis februarii anno a nativitate Domini 1588 - YO EL REY».
Ma stando agli studi di Virgilio Titone (Origini della Questione
Meridionale - Riveli e Platee del Regno di Sicilia - Milano 1961, pag. 56)
abbiamo un elenco completo di codesti Visitatori Regii (ad eccezione invero di
d. Lupo del Campo di cui sopra, anno 1588).
Il Titone a pag. 56 dice sul Puyades: «Le sacre visitazioni di cui
abbiamo memoria, hanno inizio quasi nello stesso tempo dei riveli. La prima
sembra essere stata quella di Pietro Puyades, abate di Nohara, negli anni 1511,
1514, 1516, e parecchie se ne ebbero nel corso di quel secolo.. Ma dal 1580 al
1743 se ne ricordano solo due, l’una fatta nel 1603, l’altra iniziata, ma non
compiuta, nel 1683.»
Il Titone ci indica anche dove si trovano gli atti a Palermo. Aggiungo, da parte mia, solo che ho riscontrato nella “GUIDA GENERALE
DEGLI ARCHIVI DI STATO ITALIANO” 1986 - N - R nella parte riguardante Palermo a
pag. 303 la seguente voce che ci conduce agli atti di quelle visite:
CONSERVATORIA di REGISTRO. Al suo interno, trovo: <VISITE
ECCLESIASTICHE>. Queste ultime contengono sicuramente i documenti del Vento
(1542, n. 1305-07); dell’Arnedo, anno 1552, nn.° 1308-10; del Manriquez, anno 1576, n.° 1314-17;
dell’Afflitto, anno 1579, nn.° 1310 e 1319; del Daneo, anno 1579, nn.° 2015-16;
del Pozzo, anno 1580, nn.° 1326-29; dello Iordio, anno 1603, nn.° 1330-34; di
Fortezza e Manriquez, anno 1683, nn.° 1337-39.
Il Titone non dà estremi d’archivio per il Puyades perché la sua visita è
antecedente alla raccolta di Palermo che come si è visto parte dal 1542.
Per il De Ciocchis, il Titone -
non so perché - si limita a citare soltanto il libro del 1836 (quello
per me introvabile qui a Roma).
b) la possibilità di reperire
alcuni documenti su Diego La Matina
La vicenda di fra Diego La Matina sta diventando una mia ossessione;
reputo la questione molto falsata da Leonardo Sciascia nel suo libro “Morte
dell’Inquisitore” per preconcetto anticlericalismo.
Sciascia scrive: «Volentieri ci daremmo al diavolo con una polisa, se in
cambio potessimo avere quel libro che fra Diego scrisse ”di sua mano con molti
spropositi ereticali, ma senza discorso e pieno di mille ignoranze...”». (pag.
219 dell’edizione Laterza 1982)
Quel libro - semmai fu scritto - difficilmente si troverà. Bruciato da
Caracciolo, forse, nel rogo del 27 giugno 1782 ([1])
Forse qualche accenno alle eresie - se mai queste vi siano state - poteva
trovarsi in un manoscritto del Consultore del Santo Officio, il Matranga, tanto
citato e tanto bistrattato da Leonardo Sciascia. Consultando il Mongitore della
“Biblioteca Sicola”, la mia attenzione si è soffermata su questo passo: «Pre
parata reliquit haec opera, quae in Bibliotheca
S. Joseph Panormi servantur, nempè: «Fidei
Acropagum, in quo propositiones innumerae quas ferrea nostra aetas, aut
temerè vomit, aut callidè evulgandas protulit, subtilissime examinantur, et nota theologica incrementur;
plurimaeque reorum causae ad Tribunal S.
Inquisitionis spectantes referentur; Criminum qualitas, et circumstantiae
expendentur, deque iis judicium fertur». [vedi
Biblioteca op. cit. pag. 281 -
ove Girolamo Matranga viene segnato
come palermitano chierico regolare, nato nel 1605, che prese l’abito il
25.3.1620. Fu per 40 anni consultore del S. Ufficio, censore oculatissimo.
Esaminatore sinodale dell’arcivescovado di Palermo. Conosceva latino, greco ed
ebraico. Morì in Palermo il 28 agosto 1679 all’età di 73 anni.]
Mi ero chiesto se in quel FIDEI ACROPAGUM fossero riportate anche le tesi
che avrebbe sostenuto fra Diego La Matina
e quali contradeduzioni avesse addotto l’erudito Matranga. Sciascia, che
ha fatto (e per quel che mi risulta, ha fatto fare) indagini sul nostro frate
di Racalmuto, non accenna a questa opera
del Matranga. Resta da vedere che cosa intendeva il Mongitore riferendosi alla
“Biblioteca di San Giuseppe di Palermo” ed eventualmente dove sono andati a
finire i manoscritti che quest’ultima conteneva. In ogni caso bisognerebbe
vedere che fine ha fatto il manoscritto del Matranga citato dal Mongitore.
In un primo momento, ho ritenuto che il tutto fosse reperibile nella
Biblioteca di Palermo o nell’Archivio di Stato di Palermo. Per quest’ultimo, la
consultazione della relativa Guida mi porta ad escludere manoscritti
provenienti da quella Biblioteca di S. Giuseppe. Resta la Biblioteca del
Comune. Investigazioni fatte qui a Roma in proposito, purtroppo mi sono tornate
infruttuose.
Quanto a fra Diego La Matina, non è da escludere che nella sezione del
“Tribunale del S. Ufficio” dell’Archivio di Palermo (vedi Ricevitoria ed anche
Carceri 1604-1765, vol. 8 <pag. 315 della Guida generale citata>) possa
ritrovarsi qualche cosa. (La pubblicistica su questa sezione dell’Archivio è,
nelle mie conoscenze, limitata a Notizie Archivi di Stato NAS 1954 pp. 79-81 e
Rassegna Archivi di Stato RAS 1971 pp. 677/689).
Le date su cui concentrare l’attenzione potrebbero essere queste:
- 1644 fra Diego la Matina commette un reato che ricade sotto la
giustizia ordinaria, ma viene rimesso al Sant’Uffizio (Sciascia op. cit. pag.
195, ma dai Diari del D’Auria );
- 1645 “fra Diego è di nuovo davanti al sacro
tribunale” (sempre Sciascia, pag. 199);
- 1646 - ritorna per la terza volta sotto il giudizio del Santo Officio
che ne “volle punire l’ostinazione se non l’eresia” (Sciascia, pag. 200);
- 12 gennaio 1648 fra Diego «usci allo spettacolo la seconda volta
assoluto, e tornò in galera» (Auria, citato da Sciascia ibidem);
- 7 agosto 1649 «sedusse alcuni forzati di galera» (ibidem. pag. 201);
- 1650 «uscì per la terza volta allo spettacolo ... condannato e recluso
murato in perpetuo in una stanza»
(ibidem);
- 1656 «Dallo Steri fra Diego evase nel 1656: aprì con meraviglia di chi
vide il loco, ed il fatto udì, delle segrete Carceri fortissimo muro (Matranga)
e fuggì con il laccio della tortura, quale trovò in certo luogo (Auria)»
Sciascia, pag. 202);
4 aprile 1657 - «Si seppellì - annota Auria (Sciascia, pag. 176) - ...D.
Giovanni Lopez Cisneros, inquisitore [morto per le molte percosse dategli da]
fra Diego La Matina della terra di Ragalmuto, dell’ordine della Riforma di s.
Agostino, detti li padri della Madonna della Rocca..»;
- 2 marzo 1658 Matteo Perino annuncia per il 17 marzo 1658 lo Spettacolo
Generale di Fede, nel piano della Madre Chiesa (Sciascia, pag. 208);
- 17 marzo 1658 - Si abbandona «fra Diego al suo destino infernale ...
(bruciato vivo sopra un) mucchio di
legna, nel piano di S. Erasmo» (Sciascia, pag. 212).
c) la questione dei “maragmeri”.
Il Titone scrive (op. cit. pag. 58 nota 8): «Maramma val quanto fabbrica:
masse e maramme si chiamano quindi le amministrazioni delle rendite destinate
al mantenimento e restauri dei sacri edifizi». Il termine “maramma” è
dialettale, ma risale a data antica (lo ritrovo in un diploma del 15 luglio
1489). E’ termine giuridico, tant’è che trovo un intero titolo del Codice
Ecclesiastico Sicolo di Andrea Gallo (libro III, pag. 121 e segg.) dedicato
appunto alle maramme. Stando ad alcune disposizioni del De Ciocchis, emergono
la seguente terminologia e le seguenti locuzioni:
« XIV. Della riparazione delle
chiese, delle Maramme e degli spogli dei prelati.»; « introitus Maragmatis»;
«reditus Maragmatis administrantur
antiquitus per duos Maragmerios qui a rege tamquam Ecclesiae Patrono eligebantur»;
«.. hi duo Maragmerii non ecclesiastici a solo Senatu [eletti]»; «Caeterum quod expensiones, quietantiae,
mandata syngraphe de recepto, ac omnes quicumque actus, ab utroque simul
Maragmerio fiant sub poena nullitatis»;
«capsa depositi Maragmatis, servetur in thesauro Ecclesiae»
Ferdinando II di
Castiglia Re di Sicilia e per lui Ferdinando di Acugna Vicerè di Sicilia
sancisce che «niuno officiale marammiere
che ha incarico della costruzione di una Chiesa, vi possa apporre, dipingere o
scolpire le sue armi gentilizie.» [ Palermo 15 luglio 1489. Prag, Regni
Siciliae Tom. II. tit. 42. pragm. Unica pag. 404].
Da quanto sopra mi pare che emerga che il “marammeri” o “marammiere”
(alla latina “maragmeri”) più che un tecnico simile al nostro “geometra” era un
amministratore (religioso, ma qualche volta laico) di istituzioni per la
costruzione o la conservazione di edifici sacri (Fabbrica, massa , maramma,
dice il Titone).
Quanto a Racalmuto, trovo tra i miei appunti questo passo del registro
della “Fabrica” della Matrice:
2 31.8.1677 A m.°
Vincenzo Picone mandato di maramma
onze setti, e tarì dudici per haver fatto altri ripari alla matrice chiesa,
cioe per fare lo Campanaro per gisso, mastri, petri et acqua, et altri -/ 4 -
per molti adobbi al solo della chiesa -/ 1. per mettere tre legnami ... per gisso et altre -/ 2.12. come per
mandato spedito, et apoca in d. notaro a 15. 8bre p.ma Ind. 1677 dico -/ 7 12
Alla luce delle precedenti puntualizzazioni, debbo quindi ritenere che il
Picone non era ‘marammieri’ ma soltanto destinatario di incarichi da parte
della “maramma” della Matrice. E ciò a rettifica di quanto un tempo ritenevo.
Spostiamoci di
qualche decennio. A Racalmuto si ruba, si fa dell’abigeato. Del resto, accanto
ai poveri in canna, v’è gente che possiede varie terre, ha frumento, ha casa in
paese, possiede capre, si permette persino “una mutanda”. Tale Lorenzo
Pitruzzella è uno di questi. E’ preso di mira dai paesani poveri – e ladri – e
se ne dispera. Ricorre al vescovo: spera che una delle tante “monitoriali”, con
la comminazione di gravi pene religiose, di plateale scomunica, possa
commuovere il protervo ladro, sicuramente un vicino senza beni di fortuna. La
Monitoriale arriva: i beni rubati - siamo sicuri – no.
Die 11 agusti 1643
Factae
Monitoriales directae rev. Archipresbytero terrae Racalmuti ... Semo
stati significati da parte di Lorenzo
Pitruzzella di ditta terra qualmenti ci sono stati sgarrati novi bestioli,
rubati salmi mutanda nella sua casasei
di furmento nel suo magazeno, rubati dui crapi, una naca afforata alla Menta …»
Correva l’anno
del Signore 1686: il francescano Francesco Maria Rini dominava la diocesi di
Agrigento. Racalmuto sembra preso da un empito religioso, e, quel più conta, ha
voglia di subordinarsi fino all’inverosimile alle autorità ecclesiastiche del
capoluogo. Nella chiesa di San Michele – poi divenuta il Collegio per
sopraffazione degli arrampanti Tulumello, più o meno in veste di neo-baroni –
si vuole una sorta di perenni Quarantore: vi suol conservare il Santissimo in
perpetuo. L’uomo “pio” è il racalmutese arciprete Vincenzo Lo Brutto, la cui
ladipe funerea giace nell’abside dell’estreneo S. Giovanni Bosco in Matrice,
almeno finché il calpestìo delle locali beghine – ed il loro furore
postmestruale – lo consentiranno. Vi era in S. Michele la confraternita del
Purgatorio: ve l’aveva dirottata l’autoritaria pietà di Donna Beatrice Del
Carretto, nata Ventimiglia, sfrattandola dalla chiesuola di Santa Rosalia. Il
vescovo francescano ha stima di quei “frati” laici e gratificandoli della
“salute sempiterna nel nome del Signore” (Dilectis nobis in Xhristo filiis
devotis Gubernatori e confratribus Venerabilis Societatis animarum S.ti
Purgatorii fundatae intus venerabilem Ecclesiam S.cti Michaelis Arcangeli
Terrae Racalmuti … salutem in Domino sempternam) gli affida nientemeno che l’
«augustissimum Eucaristiae Sacramentum.» La chiesa era, del resto, decenti muro
et in loco satis ad hoc comodo constructa, reddittum dives, iocalium omnium
bene ornata, lampadam diu noctuque accensam habens.» Era il 17 giugno del 1686.
Firmava il provvedimento il vescovo fr. Franciscus Maria Episcopus
Agrigentinus. Controfirmava il canonico Lumia. Rogava il notaio Vincenzo
Calafato.
Qualcosa di
analogo avveniva nella Chiesa del Monte ove era insediata la più coriacea confraternita
di Santa Maria del Monte. Intermediario il solito arciprete Lo Brutto. Quando
assistimiamo impotenti all’agiografico osannare il padre Signorino, pur
meritevole prete racalmutese ma del settecento, ci viene in mente questa
lapidaria descrizione della Chiesa del Monte risalente alla metà del Giugno del
1686: «ecclesia – vi si dice - decenti
muro et in loco satis ad hoc comodo constructa, reddittum dives, iocalium
omnium bene ornata, lampadam diu noctuque accensam habens», che sarà stata
stantia formula rituale ma qualcosa di vero doveva pure contenere.
Forse è annotare
che in tempi tanto calamitosi, con miseria e pessima nutrizione, con tanti
braccianti alloggiati ancora in grotte o in case “copertae palearum” come ai
tempi del’esattore papale, l’arcidiacono Du Mazel, tanta voglia di esporre il
Santissimo in troppe chiese – sontuose al confronto del circostante ludibrio
abitativo – appare irridente, forse addirittura sacrilega.
*
* *
Francesco Lo Brutto aromatario
Scrivevo qualche mese fa:
Non sono
disponibili dati anagrafici su Francesco Lo Brutto. Riteniamo che fosse molto
più anziano del sac. Santo Agrò e gli sia premorto, ragion per cui non può
avere sostenuto le spese di miglioria della nuova matrice, specie quella a tre
navate che sappiamo operante solo dopo il 1662. Nella numerazione delle anime
del 1660, il nominativo non figura per nulla e quindi era deceduto da tempo.
Una recentissima consultazione del Rollo Primo del
Suffragio apre qualche spiraglio sulla identità di questo speziale del seicento
tramandatoci dal Pirri. Ai fogli 72 e seguenti abbiamo la cronistoria di un
legato di don Gaspare Lo Brutto alla Confraternita del Santissimo Suffragio
delle Anime dei defunti fondata nella Matrice. La lettura degli atti ci
consente di stabilire che il sacerdote è figlio di Antonino Lo Brutto e che
l’aromatario Francesco Lo Brutto era un suo fratello. Gli atti risalgono al 20
ottobre 1616 ed al 3 ottobre 1617.
Da qui è piuttosto agevole risalire al nucleo
familiare secondo quel che emerge dal Rivelo del 1593. Non vi dovrebbero essere
dubbi che il “fuoco” in questione sia il seguente:
604
|
2
|
224
|
LO BRUTTO ANTONINO
|
CAPO DI CASA DI ANNI 48 - CONSTANZA SUA MUGLERI - VINCENZO SUO
FIGLIO DI ANNI 18 - GIAIMO SUO FIGLIO
DI ANNI 17 - FRANCESCO SUO FIGLIO DI 15 - JOSEPPI SUO FIGLIO DI ANNI 10 -
GASPARO SUO FIGLIO DI ANNI 5 - ANTONELLA SUA FIGLIA - NORELLA SUA FIGLIA
|
L’aromatario del Pirri dunque nacque a Racalmuto
attorno al 1578 da Antonino e Costanza Lo Brutto. I suoi fratelli, oltre al
sacerdote che morì molto giovane (il 4 ottobre 1617 secondo il Liber c. 2 n.°
31), furono Vincenzo (nato attorno al 1575), Giaimo (nato attorno al 1576) e
Giuseppe (nato il 19.1.1585); le sue sorelle: Antonella (nata il 26.9. 1581) e
Norella.
Quest’ulima si
sposò con un fratello di Pietro d’Asaro:
23 10 1622 D'ASARO BARTOLO di GIOVANNI q.am e di
GIOVANNA con LO BRUTTO Leonora di
Antonino q.am e di Constanza. Testi: Curto cl. Panphilo e Sferrazza Mariano.
Sacerdote: Sanfilippo don Gioseppe Trattasi del fratello del Pittore . Bartolo era nato il
10.12.1597.
Don Gaspare Lo Brutto morì dunque all’età di 29 anni
come dal seguente atto e fu sepolto a S. Giuliano:
4
|
10
|
1617
|
Lo Brutto
|
don Gasparo
|
S. Giuliano
|
per lo clero
|
gratis
|
Ecco come è ricordato nella visita del 1608:
cl: Gasparo Brutto an: 20 cons. ad duos p. min. ord.
die 19 maij 1606 Panormi
Un giorno prima di morire fa testamento e dispone il
seguente legato in favore della Cappella del Suffragio delle Anime del
Santissimo Purgatorio fondata nella Matrice chiesa:
Est sciendum
qualiter iner alia capitula donationis mortis causa condite per condam don
Gasparem Lo Brutto in actis meis infrascripti sub die iij octobris prime ind.
1617 extat capitulum pro ut infra:
Item dictus
donans donavit et donat legavit et legat Confraternitati SS.mi Suffragij
Animarum SS.mi Purgatorij fundate in Hac Terra Raclmuti tt.os viginti quatuor
redditus de summa supradictarum unciarum trium anno quolibet debitarum per
dittum Don Antoninum Capoblanco ad effetum celebrandi missas viginti quatuor de
requie pro animas defunctorum anno quolibet in perpetuum scilicet: missas
duodecim in quolibet nono die mensis novembris cuiuslibet anni et missas
duodecim hoc est in die lune cuiuslibet mensis unam missam in perpetuum quoniam
sic voluit et non aliter.
Ex actis meis not. Natalis Castrojoanne
Racalmuti.
Il 20 ottobre del 1616 don Antonino Capobianco era
ancora chierico. Egli è costretto a sistemare una intricata vicenda giudiziaria
proprio con don Gaspare Lo Brutto. Questi è però già infermo e manda al suo
posto proprio l’aromatario ricordato dal Pirri, Francesco Lo Brutto appunto. Il
resoconto trovasi nell’atto del Rollo del Suffragio (f. 72)
Die xx
octobris XV ind. 1616
Notum
facimus et testamur quod Franciscus Lo Brutto Aromatarius huius terre Racalmuti
tamquam commissariatus D. Gasparis Lo Brutto eius fratris a quo dixit habere
tale specialem mandatum ... sponte quo supra nomine pro heredibus et
successoribus dicti D. Gasparis in perpetuum vendidit et alienavit .. clerico Antonino Capoblanco eiusdem terre
Racalmuti ... unam vineam de aratro arboratam cum eius clausura in duabus
partibus cum suis puntalibus domo torculari limitibus maragmatis gessi et alijs
in ea existentibus sitam et positam in feudo predicto Racalmuti et in contrata
Garamolis secus vineam Hyeronimi Capoblanco ex una et secus aliam vineam dicti
clerici Antonini emptoris et secus vineam heredum quondam Nicolai Capoblanco
minoris et secus vineam Antonini Curto Bartholi et alios confines; et eademmet
bona quae possidebat Nicolaus Capoblanco maiori, dictoque don Gaspari uti
ultimo emptori et plus offerenti predicta bona liberata per primum et secundum
decretum et actum possessionis inclusive redactum penes acta curie dicte Terre
Racalmuti diebus etc. banniata et subastata ad instantiam quondam Antonini Lo
Brutto et pro ut melius est expressatum et declaratum in dictis decretis
superius calendatis ad quae in omnibus et per omnia plena habeatur relatio et
me refero et non aliter nec alio modo.
Totam
dictam vineam cum omnibus supradictis etc. subiectam dictam vineam cum
arboribus ... cum eius solito onere census proprietatis et directi dominii
debiti et anno quolibet solvendi ill.i Comiti dicte Terre Racalmuti a quo ill.e
proprietario prefati contrahentes ad invicem proprio eorum nomine licentiam
auctoritatem et consensum reservaverunt et reservant cum debita et solita
protestatione mediante
Et hoc pro
pretio unc. triginta quatuor p.g. de pacto et accordio inter eos absque
estimatione ... de quibusquidem unc. 34 quoad uncijs quatuor dictus clericus
Antonius dare realiter et cum effectu solvere promisit et promittit dicto d.
Gaspari absenti ..
Et pro
alijs uncis triginta ad complementum dictarum unc. 34 dictus clericus
Antonius vendidit et subiugavit dicto d. Gaspari Lo Brutto uncias tres redditus
censuales et rendales .. super dicta vinea
Item in et
super quamdam aliam vineam sitam et positam in dicta contratasecus supradictam
vineam et secus dictam vineam Antonini Curto de bartolo et secus vineam
dictorum heredum quondam Nicolai Capoblanco
Item in et
super duabus domibus terraneis existentibus in dicta terra et in quarterio
Fontis secus domos heredum quondam Vincentij Mannisi ex una et secus domos
dicti Hieronimi Capoblanco ex altera
Testes
Franciscus Manueli D. Michael Barberi et Joannes Franciscus Pistone
Ex actis
meis not. Simonis de Arnone.
In
actis curie juratorum ..Grillus mag. not. Franciscus
Anche don Antonino Capobianco ebbe breve vita.
Crediamo che sia una delle innumerevoli vittime della peste del 1624. Già il 22
novembre 1626 risulta deceduto. Naturalmente la cappella del suffragio si fa
parte diligente nella riscossione del legato. Tocca al solerte don Santo
d’Agrò, nella sua veste di deputato della Cappella del Suffragio delle anime
del santissimo Purgatorio, fondata nella chiesa Maggiore, di sollecitare gli
eredi, come dalla seguente carta notarile
(Rollo Suffragio f. 75):
Die XXII novembris X ind. 1626
Fuit per me notarum infrascriptum ad instantiam don
Sancti de Agrò deputati Capelle Suffragij animarum S.mi Purgatorij fundate in
maiori ecclesia huius terre Racalmuti ... intimatum et notificatum Vincentio et
Vito Capoblanco fratribus heredibus universalibus quondam don Antonini
Capoblanco Sacerdotis olim eorum fratris presentibus et audientibus contractum
de summa illarum unc. trium redditus annualium per ipsos de Capoblanco dicto
nomine debitarum anno quolibet heredibus quondam don Gasparis Lo Brutto
subiugantium per dittum quondam don Antoninum dicto quondam don Gaspari vigore
huiusmodi contractus subjugationis facti in actis not. Simonis de Arnone die XX
octobris XV ind. 1616, habeant et debeant anno quolibet solvere dicte Capelle
Suffragij eiusque deputatis tt. 24
redditus e sunt pro alijs dette Cappelle legatis per dittum quondam don Gasparem
in eius donatione causa mortis fatte in attis meis not. infr. die iij octobris
p. ind. 1617 et nemini alteri solvere sub pena anno quolibet .... unde
Testes
Antonius Curto martini et Franciscus Curto Joseph
Ex actis
meis not. Natalis Castrojoanne.
*
* *
Giaimo Lo Brutto morì pure giovanissimo, appena
ventiquattrenne, ed era ancora scapolo: non può quindi essere quello del noto
processo dei Savatteri che rivendivano il beneficio del Crocifisso in quanto
eredi del nobile Giaimo Lo Brutto:
1
|
9
|
1600
|
Lo Brutto
|
Giaimo
|
Antonino
|
Carmino
|
per lo clero
|
La madre fu al contrario piuttosto longeva: morì nel
1636 e venen sepolta nella chiesa che il figlio aromatario avrebbe abbellita:
27
|
6
|
1636
|
Lo Brutto
|
Costanza
|
m. del q.m Antonino
|
Matrice
|
sepulta in questa magior
eclesia.
|
Su Leonora (Norella) Lo Brutto, sposatasi con Bartolo
d’Asaro, possiamo piluccare qualche dato: Nel 1636 era già vedova. Le
amministra i beni il pittore Piero d’Asaro che li include nel suo rivelo come
sue “gravezze”. Dichiara il 25 novembre 1636 nel documento intestato:
Rivelo che il Cl. Don Pietro d'Asaro, clerico
coniugato di questa terra di Racalmuto presenta con giuramento nell'officio del
signor D. Giacomo Agliata capitano d'arme del Regno nella nuova numerazione
delle anime, e facultà in virtù di bando d'ordine di d. sig. cap.no d'arme in
detta terra a 25 novembre Va ind. 1636
tra le altre, la seguente “gravezza”:
Gravezze
mobili
Deve onze ducento a Leonora d'Asaro di detta terra
relicta dal q.m Bartholo d'Asaro per causa et compenso delle sue doti
assegnatele per testamento di d.o q.m Bartholo in notaio Simone d'Arnone di
detta terra di onze....................................200
Ella morì a 74 anni nel 1663 come dal seguente atto:
8
|
2
|
1663
|
D'Asaro
|
Leonora
|
74
|
uxor q.
Bartholomei
|
Matrice
|
presente
clero
|
Agro'
Libertino
|
MANSIONARI 1690
[DALL’ARCHIVIO VESCOVILE DI AGRIGENTO -
REGISTRI VESCOVI 1689-1690 - F. 898 E
SS.]
“Racalmuto - Concessione di insegne corali
pei 12 mansionarii”
Nos frater don Xaverius Maria Rhini ex ord.
min. reg. observantiae Sancti Principis nostri Francisci Dei et Sanctae
Apostolicae sedis gratia Agrigentinus Regiusque Comitus etc:
Dilecto in Cristo filio Ill.ri Domino nostro
D. Hieronimo del Carretto principi
comiti terrae Racalmuti huius nostrae agrigentinae dioecesis et salutem in
Domino et nostram episcopalem benedictionem.
Perillustres hae imperialis familiae, et
antiquissimae nobilitatis genus, multiplica servitia, quae ad suorum
perillustrium Antenatorum imitationem, invictissimo nostro Catholico
Hispaniarum Regi in muneribus militaris campi ad bellum in revolutionibus
Civitatis Messanae, et in bello regio Galliae evidenti cum tuae vitae periculo
in fonte inimicorum tuis maximis dispensiis manutendo societates militum
siculorum, alemannorum et calabriensium, et vicarij generalis prius in civitate
neti, et postea in hac Civitate Agrigenti, eamque repartimentis toto d. belli
et revolutionum tempore contra Gallos ad singularem benefitium, et huius regni
hi tamen prestiti, et in diem prestare non curans (?), quorum intuitu à predicto
invictissimo Rege pias (?) ceteras mercedes habuisti munus Pretoris predictae
Siciliae regni et clavem auream uti illius eques; aliaque innumera
laudabilia merita nobis satis superque
cognita nos inducunt, ut te specialibus favoribus, et gratiis prosequamur.
Praemissa igitur prae oculis habentes in exequtione provisionis de ordine
nostro factae in domo tuae suppicationis, tenore pretium Bullarum perpetuo
valiturum concedimus facultatem, Reverendissimum Archipresbyterum et duodecim
Mansionarios, et Chorales distributionarios à nobis eligendos, et qui pro
tempore erunt in Sacra distributione de numero duodecim iam ex nostra facultate
erecta et fundata pro divini cultus incremento, et Sanctissimi Purgatorii
anumarum suffragio, per alias nostras Bullas expeditas sub die 12 Januarii
currentis posse deferre capuccium sive Almutium sericum, quò ad rev.m
Archipresyiterum et Vicarium nigri, et subtus rubri colorum, et quò ad alios
nigri, et subtus violacii colorum..
Mandantes
etc. ....
die
13 januarii 1690
Officiati
1.
Santo d’Acquista
terrae Racalmuti (ex 12 coristi);
2.
don Antonio de
Amico;
3.
don David Corso;
4.
don Vincentio
Casuccio Racalmuti;
5.
don Francesco
Pistone;
6.
don Nicolao
Carnazza;
7.
don Filippo
Cino;
8.
don Giovanni
Sferrazza;
9.
don Francesco
Savatteri;
10.don Pietro Casuccio;
11.don Vincenzo Castrogiovanni;
12.don Santo la Matina.
1.
don Caetanus
Cirami (un casu vacationis mansionarium);
2.
don Fabritio
Signorino (de suprannumerariis);
·
don
Sthefanus Faija (soprannumerario della sacra distribuzione);
·
don
Calogero Cavallaro ( ‘’ ‘’ ‘’
‘’ );
·
don
Pietro d’Agrò ( ‘’ ‘’ ‘’
‘’ ).
E saltiamo al Settecento. Il
Settecento fu un secolo di grandi sconvolgimenti per Racalmuto: uscito dalle grinfie
dei Del Carretto – ormai totalmente decaduti per morti precoci e per debiti
devastanti – il paese subiva uno dei più grossi grovigli giuridici del tempo e
cadeva nell’ipocrita racapità dei Gaetano. Abbiamo già detto dell’ineffabile
Macaluso, una scialba signora che si presta alle truffe feudali del duca di
Naro. Patetico quel patrizio – che con Racalmuto non aveva avuto mai nulla a
che spartire – quando, con impudenza tutta nobiliare, afferma che egli era
niente meno che “mosso da pietà per i suoi vassalli” nel reclamare le due salme
di frumento per ogni salma di terra coltivata Siamo nel 1738 allorché sorse
quella strana controversia feudale, esemplare per la storia del nostro paese.
Ci si mettono pure i monaci di Milocca (dopo Milena): imbrogliano codesti
feudatari in abito talare ed inventano privilegi da parte del vescovo di
Agrigento che, anche se con l’avallo sacrilego della curia grigentina, sono il
segno della protervia degli sfruttatori dei lavoratori racalmutesi con quelle
aberranti pretese di terraggio e terraggiolo. In pieno Settecento, il retaggio
barbarico dello schiavismo perdura ancora a Racalmuto. E gli ecclesiastici non
ne sono certo immuni, come dimostra una controversia tra il Convento di S.
Martino delle Scale ed il duca Gaetani. A noi, ivero, importa di più questa
altra lamentela del neo conte di Racalmuto: abbiamo ragguagli di prima mano
sullo stato economico e sociale del paese a cavallo del Settecento: Racalmuto
era, dunque, quel centro oppresso, angariato e pieno di debiti che il seguente
documento finisce per tatteggiare:
Ecc.mo Signore
il Ill.mo duca d. Luiggi Gaetano possessore
del Stato e terra di Recalmuto N.bus nelle sue scritture dice a V.E. che il
sudetto stato si ritrova in deputazione ed amministrazione da più anni, il cui
giudice deputato ed amministratore attualmente si ritrova l’illustre Preside d.
Casimiro Drago, e con tutto che la gabella corrente di detto stato si trova
nella più alta somma che giammai non fu il pagato, tuttavia li creditori
suggiogatarij non hanno potuto giammai ottenere l’intera annualità, anziche
nemmeno l’intera mezza annualità, tanto perché le suggiogazioni apo.te
trascendono di gran lunga l’introiti dello stato sudetto, quando ancora perché
consistendo la maggior parte delli introiti
da ... molini situati in parte di lavanchi ki ricercano ogni anno spese
considerevoli per riparo di esse lavanche oltre le vacature che si bonificano
alli gabelloti di detti molini; per quei tempi che non macinano, motivo che
riflettendo oggi il supplicante ed anche le grosse spese di salarij ed altri
che cagionando da detta deputazione, ed amministrazione onde ha considerato
l’esponente come possessore di detto stato di Regalmuto, intervenendo prima che
la maggior parte dei creditori suggiogatarij sopra detto stato gradualmente
fare abolire che a detta deputazione ed amministrazione in circostanza anche di
non potere questa sussistere a tenore degli ordini di S.E. in data 16 agosto
1735 per il quale si stabilì come la deputazione che non possono pagare a
creditori l’annualità ed offerire a detti creditori suggiogatarij per conto
delle di loro respettive suggiogazioni, di pagarli il 60 per 100 ogn’anno per
l’importo di anni dieci; nel qual tempo però si devono consentire che
l’amministrazione di detto stato resti e si faccia per l’esponente, con che per
il consenso prestando dalla maggior parte di detti creditori suggiogatarij non
se li possa dare nè inserire per detti dieci anni dalla minor parte di detti
creditori suggiogatarij veruna sorte di molestia talmente che li detti
creditori suggiogatarij in siffatta maniera vengono a conseguire ogni anno durante la suddetta decennale amministrazione dell’esponente non solamente
l’intiera mezza annualità in due .. di decembre e maggio di ogni anno, che non
hanno mai conseguito, ma anche vengono a conseguire un’altra sesta parte oltre di detti pagamenti, ed inoltre tengono
la futura speranza di conseguire doppo la suddetta decennale amministrazione
maggior somma; per il che possedendo l’esponente senza deputazione il sudetto
stato independentemente d’ogni altro potrà facilmente invigilare all’augumento
delli introiti del medesimo in beneficio anche di essi creditori, onde in vista
di tutto ciò, considerando l’esponente che abolirsi la sudetta deputazione ed
amministrazione e contentarsi la maggior parte di detti creditori suggiogatarij
.. samministri su detto stato di Recalmuto per detti anni dieci del .. con
l’obbligo di pagare a detti creditori suggiogatarij il 60 per 100 come sopra
ogn’anno e durante la sudetta decennale amministrazione dell’esponente viene à
resultare anche in beneficio delli sudetti creditori suggiogatarij. Pertanto
ricorre a V.E. e la supplica si segni servita provedere ed ordinare che
prestandosi prima il consenso della maggior parte delli creditori suggiogatarij,
che non solo si abolisca la detta deputazione, ma anche che la minor parte
delli creditori suggiogatarij, che forse non interverrà a prestare il medesimo
consenso, fosse tenuta ed obligata a concorrere colla maggior parte di detti
creditori suggiogatarij dalli quali si presterà il consenso nel modo e forma di
sopra espressati, ed acquiescerà e starà alla decennale amministrazione in
persona del supplicante con l’obligazione come sopra per il medesimo senza che
dalla detta minor parte di detti creditori suggiogatarij se li possa dare, a
riflesso del consenso forse prestando
dalla maggior parte di detti creditori suggiogatarij per il spazio di detti
dieci anni, nessuna sorte di molestia nè cancellare l’atti fatti per la
medesima deputazione seu amministrazione, come s’ha pratticato per l’altre
deputazioni fin oggi abolite; vel ... si
vorrà ordonare che sopra l’abolizione suddetta interverrà il consenso della
maggior parte delli creditori suggiogatarij ed obbligare a detta minor parte
delli creditori suggigatarii di concorrere ed acquiescere come sopra, come il
tribunale della R.G.C. della Sede Civile, a cui spetta doversi provvedere
vocatis creditoribus e in vista del consenso che si presterà per publici
documenti della maggior parte dei creditori suggiogatarij, per resultare in
beneficio delli medesimi. E ciò non ostante quasivoglia cosa che in contrario
l’ostasse o potesse ostare, etiam che fosse tale che .. se ne dovesse farre espressa ed
individuale menzione quale s’habbia ..
per la sussistenza della presente, qualmente al tutto disponendo V.E. de
plenitudine potestatis et ex certa scientia ... Datun Primo Junij 1736 ex parte
G.S.d. Joseph Chiavarello .. vocatis
creditoribus per sp: de Paternò: Die sexto settembris 1736.
Jesus Maria
Abbiamo prima
ragguagliato sull’interdetto del 1713, ora ci pare opportuno riportare alcune
annotazioni disseminate nei registri parrocchiali della Matrice.
1713 (Morti dal
1714 al 1724)
Dopo il 28
agosto 1719:
L’interditto fu
imposto dall’Ill.mo e Rev.mo Signor D. Francesco Remirens Arc. E Vesc. di
Girgenti con il consenso della S. Sede nella Chiesa Cathedrale di Girgenti e in
tutta la Diocesi fu sciolto la domenica di Agosto al dì 27 [1719] dell’ora
vigesima seconda dal rev.mo Sig. Dr. D. Giuseppe Garucci (?) Can. Teo. E Vic.
Generale Apostolico con l’Autorità della S. Sede.
Morti 1707-1714 (Die 3 7bris 1713 VII Ind.)
Vigilia Sanctae
Rosaliae hora vigesima fuit affixum interdictum generale locale in hac terra
Racalmuti.
Battesimi
1711-1716 - pag. 450.
Ad perpetuam rei
memoriam Die tertio septembris septimae inditionis 1713 Vigilia Sanctae
Rosaliae nostrae Patronae hora vigesima, fuit affixum interdictum in Civitate
Agrigenti et in eiusdem Dioecesi ab Ecc.mo et rev.mo D.no D. Francisco Remirens
Episcopo dictorum
Archipresbitero
D.re D. Frabritio Signorino 1713.
***********
***************************
Il Lo Brutto fu
personaggio di spicco; arciprete, in simpatia delle varie autorità vescovili,
di famiglia presso l’ultimo conte Del Carretto, dispensatore di benefici e di
mozzette clericali, finì – come si disse – sepolto in Matrice, osannato da una
lapide a spese del nipote dottor Antonio
:
Matrice ex
Cappella dell’Annunziata.
Monumentum hoc
mortalitatis, quod jure sacelli propriis sibi facultatibus ascito, ante aram
Virginis huius templi patronae, familia Brutto paraverat, doctor don Antonius
Pistone, hic situs, velut optimus heres, honorifico lapide, qui suos suorumque
cineres decentius conderet, exornatum curavit, votumque expletum est. -
Kalendis Septembris MDCC - Post eius obitum anno
sexto.
(Stemma -
Pampini - leone alato ... elmo chiomato
del milite)
Il notaio Angelo Maria Cavallaro
Nella seconda
metà del XVIII secolo si afferma una nuova grande famiglia a Racalmuto, i
Cavallaro. Muore giovanissimo, ma in tempo per lasciare ampie tracce di sé
Angelo Maria Cavallaro, notaio.
All’archivio di
stato di Agrigento diversi tomi di atti notarili lo riguardano ed al contempo
forniscono un quadro della vita paesana racalmutese, particolarmente suggestivo.
Era il 1767 e
con bella calligrafia viene chiosato l’esordio del repertorio del Cavallaro.
«Jesus Maria Joseph – abbiamo nell’intestazione – Nota minutarum mei D. Angeli
Mariae Cavallaro Notarii Racalmuti, anni primae inditionis 1767 et 1768
Regnante Serenissimo Invictissimo et Potentissimo D.no Nostro Ferdinando, Dei
gratia, inclito Siciliane, Hyerusalem Regi Infante Hispaniarum, Duce Parmae,
Placentiae Castri etc. Magno Haereditario, Etruriae Principe etc.» [2]
Il 12 novembre
del 1767 don Francesco Vinci bussa alla porta del giovanissimo notaio; ha da
redigere un atto con mastro Stefano Rizzo e, come dicevasi allora, “consorti”;
oggetto una compravendita di tre mondelli ed una quarta di terre bonificate (vi
sono venti alberi diversae speciei intus).
Il podere è sito nello “stato” di Racalmuto, in contrada “Perdicis” (Pernici)
vicino a certe terre di Calogero Barberi. Censi ve ne sono: tarì 1 e grana 17
annuali da corrispondere al feudatario, al conte di Racalmuto iure proprietatis. Il valore del cespite
è di 5 onze e tarì uno, giusta la stima effettuata dall’estimatore mastro
Giuseppe Maria Fusco.
Il notaio
Cavallaro è diligente; raccoglie persino un certificato di buona fede redatto
dall’arciprete del tempo don Strefano Campanella.
Il successivo
giono 15 è la volta di un notabile ancora più in vista, il barone dr
Nicolaus Antonius Grillo. Questa volta si tratta di un complesso inventario a
titolo di eredità. Il de cuius è il
quondam D. Nicolaus Tirone; gli eredi: D. Rosa Spinola e Tirone vedova di d.
Stefano Tirone ed il figliolo di questa d. Nicolò Tirone. E’ il gota
dell’epoca. Oggetto dell’eredità: «in primis, due muli uno maschio di pilo baio
castano et l’altra femina di pilo bajo, che trovansi in società con Gaetano e
Salvatore Pillasi; un baldoino pizzato, due maratarazzi di linazza, due coltre
di lana sfiloccate, una allarama di Genova e l’altra alla stella; salmi quattro
e tumuli dieci di frumento; salmi quattro di tomminia; salmi dodici di orzo;
salme sette di fave; cinque stipe con duodeni botte di vino d’entro; sei
vombari; uno zappollore; due zappolle; una cascia di legname segata; tre
bisaccie longhe di lana; una pegnata di ramo; un palo di ferro; due piconi; un
ferraiolo; una giammerosa; un cappello e finalmente dieci e nove resti di
fico.»
Nello stesso
giorno viene stilato un documento di grosso risalto per la storia feudale del
paese. Actus gravaminis, viene denominato ed è redatto a richiesta ed a tutela
di un gabellotto dell’epoca, don Gaspare Farrauto. «Io sottoscritto D. Gaspare
Farrauto – possiamo tra l’altro leggere – offerisco alla gabella del mosto che
si sta bandiando nella piazza di questa terra di Racalmuto con tutte le sue
pertinenze, annessi e connessi, onze 150 da pagarsi cioè l’incirca medietà dopo
che si termina la cima del mosto, che si dovrà fare in questa terra casa per
casa, e l’altra incirca medietà all’ultimo di agosto venturo prima ind. 1768.
Col patto che la cima del musto la devo fare io gabellato immediate, dopo che
stipulerò il contratto di d.a gabella in depondenza casa per casa col patto che
qualora a Dio piacendo verrà l’ora dell’esigenza che sarà al primo di luglio
ventuto prossimo 1768, io infrascritto gabellato dovrò esigere la detta gabella
secondo la cima che o hatto ora, servendomi del braccio baronale senza alcuna
dipendenza. Col patto che la Sgrezia di questa mi deve difendere la sudetta
gabella, ed io la cautelo colle chiuse di terre che ho in questo stato ed altre
pleggerie. E mi sottoscrivo: D. Gaspare Farrauto.» Racalmuto, all’epoca,
apparteneva all’ill.ma donna Raffaela Gaetani e Buglio, duchessa di Val Verde.
Suo governatore risultava D. Antonio Grillo.
Un altro
Farrauto, il sacerdote don Lorenzo, frattanto (21 novembre 1767) riusciva ad
aggiudicarsi dal Principe di Pantelleria il vicivo feudo di Nadorello. Uno
scambio di terre (appena un tumulo ed un mondello in contrada Pernice) avveniva
tra Francesco Vinci e Stefano Lo Brutto. Si cercava di razionalizzare la
proprietà terriera, molto frazionata. Così, don Francesco Pomo si accaparra da
Maria Magno «modium unum et quartas tres
terrarum cum duobus centum sexaginta sex vitibus vineae et 4 arboribus
amigdalarum in c/da Mentae.» Il piccolissimo appezzamento di terra era
gravato da un censo di tarì 1 e grana 10, spettante, iure propietatis, al
venerabile Convento di S. Maria del Monte Carmelo. Antonino Fucà ne fu il
pubblico estimatore del valore in linea capitale (3 once, tarì 6 e grana 10).
Gli eredi del
quondam Giuseppe Martorana e Salvo Sentinella hanno bisogno del notaio, il 29
novembre 1767, per una divisione di asse ereditario. Calogero d’Ippolita
dismette delle terre (due tumoli) in contrada Lago, in faroe di D. Francesco
Vinci. Il 5 del successivo mese di dicembre, mastro Calogero Romano acquista da
Maria Rao e Russo «domum et catodium cum
antro parvo intus, contigua et collateralia existentia in hac predicta terra et
quarterio della Lavanca, quibus
cohesent domus ipsius de Romano, domus Calogeri Avarelli, domus Philippi Rizzo
et aliis.»
L’8 dicembre
1767, Antonino Tornabene viene messo a bottega presso il ciabattino (cerdo)
mastro Pietro Picone. Se ne redige atto pubblico in questi termini: viene
affidato a «magistro Petro Picone cerdoni
[perché usufruisca dell’] opera et servitia personalia» il minorenne
Antonino Tornabene di soli quindici anni. Il ragazzo «adiuverit artem cerdonis
et hoc pro annis 4 ab hodie numerandum … et hoc pro mercede granorum quorum
singulis diebus tam festis quam pro festis pro primo anno; pro secondo granorum
trium, pro terbio granorum quatuor; pro quarto tandem granorum quinque.» Il
Tornabene è però svincolato da ogni rapporto per i mesi di luglio ed agosto:
ovviamente dovrà seguire i suoi nella “campagnata”.
I La Matina,
gente facoltosa, ha problemi di divisione di terre facenti parte dell’asse
ereditario del quondam Francesco La Matina. Si tratta, fra l’altro, di «tumuli septem et modium unum terrarum cum
quibusdam terris rampantibus in eis inclusis in c/da S. Martae.» Vi insiste
un censo di 23 tarì e 9 grana. Nella parte scoscesa «fuit constructm calcatorium sive palmentum». Era l’ultimo atto del
1767 cui si accingeva il notaio Angelo Maria Cavallaro.
Il 1768 si
apriva con un atto dotale che val la pena di riportare per lo spaccato che vi
traspare. Filippa La Licata si fidanza con Vincenzo Schillaci ed ecco il
“piazzo” della futura sposa:
«Item bona
mobilia scilicet un matazarro ed un sacco di letto novo, un paro di linzoli
grossi novi, un lenzuolo sottile ingroppato novo, una culta bianca usata, un
vantiletto usato ingroppato, un spongiatore ingroppato novo, due para di piomazzi,
cioè un paro usati ed un paro novi, due para di piumazzelli novi, due para d’
imbesti di facciletti ingroppati novi, un padiglione usato ingroppato, una
cascia usata, tre tovagli di faccia novi, una culta di lana e filato novi, un
paro di cervelli d’oro prezzo ventiquattro tarì, quali si trova all’orecchi
sud.a sposa, un chippone in tocco di lilla, un manto di scotto novo, una
falcetta per la messa in tocco di canni due di saja, tre camicie di donna novi,
tre bocciatori cioè due di filodente, ed uno d’Olanda ingroppato novi, un spito
ed una candela di ferro e finalmente la zita vestuta per la casa, come si
trova.» Deliziosa quella «zita vestuta per la casa, comu si trova».
Vi sono pure dei
beni immobili, poca cosa, che comunque rendono un poco più giustificabile il
ricorso al notaio per una dote che oggi neppure verrebbe presa in
considerazione. Alla sposa va «medietas
vineae cum terris uti vulgare dicitur “lavorativi” … in contrada Perdicis,
[nonché] domus terranea in quarterio Ss.
Crucifixi pauperum apud domum Filippi d’Ippolita, domum d.i Ignatii dotantis et
alios ..»
Un «domunculum
terraneum existentem in quarterio S.i Joseph» compra il 16 gennaio 1767
Calogero Taibi Corbo da Giuseppe Milazzo Sorcillo: i soprannomi – molti dei
quali ancor oggi in uso – sono consuetudinari, come si vede.
In contrada Noce
- anche all’epoca, prestigiosa – Francesco Scimé riesce a farsi vendere dal
notabile d. Francesco Pomo «tumulos sex
et quartas duas terrarum cum quinque millibus rt bis centum vitibus vineae et
erboribus diversae speciei in contrada Nucis.» L’atto, schematicamente,
precisa: «omnes vero summae harum
terrarum de lordo ascendunt ad dictas uncias septuaginta novem et tarinos
sexdecim.»
Dove e come abbia potuto il popolano Francesco Scimé
raggranellare quella enorme cifra, non sappiamo. Da lì, una nuova famiglia
assurge a vette di rispetto nell’angusta società racalmutese: nell’Ottocento e
nel Novecento gli Scimé sono di varia levatura economica. Un filone, però,
svetta, e domina sino ai nostri giorni.
Seguiamo, ora,
quest’altro atto dotale: Nicoletta Bufalino fa promessa matrimoniale a
Francesco Salvo. Il suo “piazzo” annovera:
«item due
matarazzi nuovi pieni di resca, tre para di piomazzi, tre para di faccioli, due
para di lenzuoli grossi, una cultra rossa alla gioia, un giraletto rosso, un
cortinaggio novo alla gangitana, una cultra con un giraletto tessuti all’onda
sfiloccati, un paio di lenzuoli sottili, un paro di piomazzi con suoi faccioli
sottili inguarnazionati, sei tovagli di faccia sottili, canni quattro di
tovagli grossi, un sponziatore sottile con guarnigizione, un manto, due
falcette, una di giambollottino nero, ed una altra rossa nova, un panno novo,
quattro gipponi, cioè uno di perpetecello azzolo, uno di pepeticello verde, uno
di benforte, ed un altro di spinno, cinque veli cioè tre di filindente, e due
d’Olanda, una cassa nova alla genovesa, e finalmente la zita vestita come si
trova.» Oltre alla “robba” alla sposa spettano 4 tumoli di terra con 700
viti ed alberi, siti nel feudo di Gibillini.
Don Francesco
Vinci riesce a fare una permuta di terre con Paolo Salemi. Antonino Scimé può
permettersi di comprare da Filippo Castiglione solo «modium unum terrarum cum biscentum quadraginta tribus vitibus vineae et
arboribus fici in c/da Fanarae.»
Un contratto
dotale avviene tra Rosalia Franco e mastro Carmelo Napoli. Rosalia Franco viene
data in isposa a soli 14 anni. La fidanzatina si distingue per un anello d’oro,
un paio di circelli d’oro ed una collana d’ambra. E’ il 30 gennaio 1768.
Il successivo 9
febbraio Ciro Rizzo compra da Lorenza Galifa una casa a S. Giuliano per il
prezzo di onze 4.13.14. Giovanni Carbone acquista da Giovanni Capitano e
consorti un mondello di terra ed una quarta. Francesco Lauricella da Lorenzo
Salvo una casa; Giovanni Tirone da Francesco Lo Brutto e consorti, tre mondelli
di terra a Rocca Russa; Francesco Marsala di Grotte scende a Racalmuto per un
contratto con Mario d’Arnone.
Siamo a fine
marzo del 1768: Anna Tulumello pensa all’anima sua e dona alla Cappella di S. Maria
del Suffragio «intus matricem» un tumulo di terra da estrapolare dai 5 che
possiede alla Menta. In cambio, i responsabili della Venerabile Cappella
debbono «celebrare facere missam solemnem
cum interventu et assistentia totius cleri et semel capere duas bullas.»
In quel marzo
qualche strana tassa sulle professioni dovettero inventare i Borboni: ecco che
Don Francesco Savatteri «nolle amplius
exercere officium aromatarii». L’avrà fatto dopo abusivamente.
Salvatore
Piccione compra da Giuseppe Milazzo una casa sita a S. Nicola per il prezzo di
onze 10.16.10; Filippo d’Ippolita la compra per onze 5.4.0 da Luciano Morreale
Campanella: è casa però diruta ed è posta in
quartiere ut dicitur della Rocca della za Betta.
Don Calogero
Tirone ottiene da Rosa Spinola e consorti domus
terranea existens in S. Maria Montis. Filippo Rizzo compra da Calogero La
Mendola e consorti tumoli 1 et quarte 2 con 800 viti e 2 alberi di pero in
Gibillini, contrada di Gargilata «apud terras dicti d. Rizzo, terras Calogeri
Palermo, terras Batoli Scimé. Dette terre sono soggette a onze 3 «singula salma
iure proprietatis debitis Ill.° Baroni d. feudi Gibillinorum». Il prezzo: onze
5.5.
«Calogero La
Mendola e Venera Diana, marito e moglie, campano poveri», attesta l’arciprete
D. Stefano Campanella; sono quindi facoltizzati a vendere quel po’ di beni
immobili che possiedono a titolo dotale.
Data all’11
aprile 1768 «testamentum Christophalae Baeri, uxor Raimondi Borsellino». Angelo
Tulumello compra terre da d. Gioacchino Lo Brutto per l’esorbitante cifra di
onze 7. E giungiamo al 22 di aprile del 1768 quando un antenato di Leonardo
Sciascia spitula un contratto societario di grosso momento. Si tratta del padre
del «nonno del nonno» dello scrittore, che non solo non viveva, come vorrebbe il
celeberrimo pro nipote, a Bompensiere, ma operava come conciatore di pelli
nelle nostre lande. L’atto [3] descrive
la singolare societas tra mastro Giuseppe Alfano e mastro Carmelo Bellavia che
conferivano «uncias quadraginta unam et tarenos decem et octo» per comprare 24
cuoi di bue e lavorarli, «in pretio vigenti quatuor coriorum bovum.» Da una
parte affiancava mastro Giuseppe Alfano mastro Pietro Picone, dall’altra era
proprio mastro Leonardo Sciascia che si associava a mastro Bellavia. Su tale Leonardo Sciascia troviamo in matrice
questi dati:
Il secolo dei lumi si chiude tristemente per Racalmuto:
necessita il paese dei vessatori mutui della locale Comunia della Matrice – cui
con sussiego accondiscende il famigerato vescovo Ramirez – onde i presoti
all’Annona racalmutese riescano ad approvvigionarsi delle più urgenti
vettovaglie.
XAVERIUS
Rever.
Archipresbitero et deputatis ...terrae Racalmuti, Salutem..
Ci rappresentano codesti Giurati,
Proconservatori, e Sindaco le gravi pressanti urgenze, che si sperimentano in
codesta Popolazione, a segno che si teme molto della furia della Popolo perché
pressato dalla fame, e dalla miseria. Onde sono in penziero di occorrere quanto
si può con mutui, eccedono, e chiedono che per conto di Codesta matrice Chiesa
vi sia nella Cassa una certa somma, che la reputano sufficiente ad impiegarla
nelle presenti istanze, bastevole a soccorrere la indigenza comune. Noi dunque
avendo in considerazione l'espressati sentimenti del Magistrato, e volendo per
quanto ci sarà permesso anche aiutare codesto Publico, venghiamo colle presenti
ad eccitare la vostra carità , il vostro zelo ed il vostro patrimonio acché
concorriate per quanto si può a sollevarlo nelle urgenti angustie e miserie.
Essendovi dunque nella Cassa la indicata somma, qualora si appronta una
sufficiente bastevole fideiussione di restituirla nell'imminente Agosto e
riposta in Cassa, potrete apprestarla a beneficio comune per distribuirsi in
mutuo secondo le intenzioni del Magistrato. Nostro Signore vi assista. Datum Agrigenti die 23 februarii 1799. =
Canonicus Thesaurarius Caracciolo Vicarius Generalis = Canonicus Trapani
Cancell. [4]
REGISTRO ANNO1802-1803
RACALMUTO N. 369
Licenzia pro
monal. Sr. Grazia Scibetta die 30 julii
1802..
Legato di
Antonino Morreale
Rev. mo Archipresbitero terre Racalmuti salutem.
Ci è stata
presentata la dispenza del matrimonio sciolto della R.M. cum .. in favor di Giuseppe Schillaci vedovo e
Giuseppa Taverna ... vogliate sopra li medesimi ricevere testimoni degni di
fed, esaminandoli bene sopra la causa della scienza, facendogli nominare li
nomi et cognomi delle persone che che formarono li gradi della parintela e di
quello possiedono di stabile, gli oneri che annualmente pagano e che gli resta
di limpito, nonche ancora il mobile
prezioso oro, argento, ... frumento, legumi, vino, ed animali il prezzo delli
medesimi, formandone anche voi di tutto ciò una fede giurata. Fratanto
viceversa il giuramento separato di ambi li sposi, che colla buona fede, senza
che avessero saputo che fra loro vi era canonico impedimento contrassero
sponzali, conversarono assieme, e per tale conversazione ne nacque sospetto di
avere avuto fra loro copula carnale benche falsa. Imporrete alli medesimi 1-
infrascritta penitenza cioè di farlo stari in ginocchio innanzi la porta di
cod.sta Chiesa madre con corona di spine e fune al collo per tutto il tempo che
durerà la messa cantata, e questa finita l'assolverete dalla cenzura giusta la
forma del Rituale Romano; imponendo alli medesimi di farli adempire 1 -
infrascritta penitenza salutare cioè di fare n.o 4 digiuni comuni, e nelli
giorni di digiuno recitare dieci poste di SS.mo Rosario innanzi il Divinissimo.
Terminata
la quanto di noi di sopra vi abbiamo
ordinato, ci rimetterete la vostra fede, una colla copia dei testimoni ...
Xaverius ..
Rev. Vic. For. Terre
Racalmuti salutem - Ritrovasi in questi carceri vescovili l'accolito Don
Salvatore Alfano di codesta. Perciò in vigor delle presenti vi ordiniamo di far
sapere a codesti Giurati l'obbligo, che hanno di contribuire al amntenimento
del sopra detto Chierico a tenor delle circolari su tal vincolo, mentre resterà
nelle carceri curerete di farvi passare a mano il denaro corrispondente, e
farlo arrivare a noi, per impiegarlo in alimento del sud.to ch. carcerato .
Tanto eseguirete con darcene conto .. Datum Agrigenti 9 9bris 1802. Car. Vicari
P. Vic. Generl. = Can. Trapani Cancell..
Agrigenti die 12
Novembre 1802
E.F. litterae
Dispensationis Matrimoni a Trib. R.M. et C.l. in favorem Josephi Schillaci et
Joseph Taverna Racalmuti super impedimento secundi in lin. Consanguinitatis in
formam solitam.
Xaverius
Ven. Vic. for. Terrae
racalmuti salutem - Il Sac. Don Marco Borzellino va in debito in onze 63.4 alla
Ven.le Cappella del SS. Sacramento, e per pagarli implora una larga dilazione
corrisponedente alle di lui forze; proponendo anche nella sua sipplica, volerne
compensare in prezzo di case assignandone alla d.a Cappella onze 30. Non
potendosi questi assegnare per essere le chiese proibite di nuovi acquisti,
incaricandoci delle circostanze, incarichiamo di fargli accordare da chi si
appartiene una dilazione proporzionata...
Nos d. Joseph Vicari P.V.G.
Dilecto nobis in Xristo filio Sac.ti don Josepho Tulumello Terrae Racalmuti salutem = Ex quo
per Rev. Archipresbiterum Racalmuti D.n Gaetanum Mantione luguntur sacri
Canones in hoc Collegio SS: Augustini et Thomae absens ea propter a sua
residentia et Te de Tulumello inOeconomum Parochialis Eccles. seu
administratorem elegit, idcirco Nos huiusmodi
.. rerum Oeconumum et admnistratorem illius Parochiali Ecclesiam durante
absentia, imo et electionem ..
confirmamus et approbamus , monentes Te, ut Oeconomi partes fideliter et
dilingenterque excerceas, ac quae sunt sui munera, omnino adimpleas. In
quorum omnium. Dat. Agrigenti die 14 dicembris 1802. Can Vicari P.V.G. . Can
Trapane Canc.
Xaverius
Per clericum d.
Salvatorem Alfano terrae Racalmuti non nulla delicta fuerunt patrata in eadem
terra ..
Atto
provisionale di Assessore in favor del d. Francisci Farrauto.
Francisci
Farrauto terrae Racalmuti, tenore presentis ... (eum) elegimus et nominamus ac
electum et nominatum volumus in Assessorem Curiae Foraneae eiusdem Terrae in ha
causa criminali tantum contra clericum Salvatorem alfano una cum Vicario
foraneo, et cum omnibus illis emolumentis, honoribus quoque et oneribus cum
munus predicti Assesoris debite spectantibus et competentibus. 15/12/1802.
Xaverius
Rev. Oeconomo
Matricis Eccl. Terrae Racalmuti salutem
Sottemetteste
con una supplica : il tetto della chiesa esser così rovinoso, che minaccia
pericolo di tutta la fabrica, esigge perciò un pronto, e celere riparo e non
essendo in istato la maramma di contribuire la spesa necessaria, relatata pro
once 21. 24 dal Capo M.ro Marammiere, domandaste che le Cappelle esistenti in
detta Matrice chiesa contribussero la necessaria spesa. (Si consente) die 22
dicembre 1802.
Il Sac. don
Carmelo Troisi viene nominato sostituto del Viacrio foraneo il quale cum ob
nonnullas causas se transferre debeat... durante absentia d.i Vic. For.
(altra dispensa
matrimoniale come quella dello schillaci per )
Nicolò Pirrera
ed Anna d'Asaro.... trovarono viceversa che li sposi non ebbero tra loro copula
carnale, ma solamente traspariva della loro libidine... stare in ginocchio
inanzi la porta maggiore della madrice chiesa con corona di spine e fune al
collo e candela nelle mani in giorno di festa per tutto il tempo della messa
cantata come pure 15 poste del SS.mo
Rosario, in ginocchio per tre giorni nelli quali dovranno digiunare in pane ed
acqua, ed allo sposo solo di visitare sette chiese con corona di spine e fune
al collo, accompagnato da un vostro ... .. et quindi l'assolverete entrambi
dalla censura giusta la forma del Rituale Romano
Xaverius
Rev.do Vic. For.
terre Racalmuti salutdem - Possiede codesta Sacra Distribuzione osia la
Venerabile Cappella d. S. M. del Suffragio dentro codesta madrice Chiesa due
piccole case nel q.o della Rocca della Zabbetta, vicino le case di Michelangelo
lo Sardo, e Francesco Ippolita, vacue, abandonate e quasi cadenti, entrambe
apprezzate dal Capo M.tro M.tro Alessandro Picone per la somma di once 6.21. e
non potendosi queste locare, o censirarsi ne tampoco dalla stessa Sacra
Distribuzione ripararsi, voi in nome di cod. Deputati ci avere sommesso
vendersi ed il capitale impiegarsi in favore della stessa Sacra
Distribuzione...Si approva... 19 aprile 1803.
F. 378
Xaverius
Nos Dilecto
Nobis in Xsto filio Rev. Sac. don Josepho Tulumello terrae Racalmuti salutem.
Nuper facta per
rev. Don Cajetanum Mantione Archipresbiteus renunciatione, quam Exmus et
Rev,mus Dominus Episcopus libenter admisit, acceptavitque ne inculae eiusdem
terrae detrimentum aliquod patiantur in Sacrorum administratione, et ne
Ecclesia rectore caveret, tenore presentis, et omni alio meliori modo, quo
possumus, Te predictum de Tulumello, eligimus, nominamus, et creamus in
Oeconomum predictae terrae facta tibi facultate sacra administrandi, et
praecipue Penitentiae et matrimonii, cum potestate substimendi Sacerdotes. Tibi
benevisum et nobis adprobatum pro assistentia Sacramenti Matrimonii, cum tu ex legitima causa absens, vel
infirmitate impeditus fueris, ac caetera administrandi, quae ad parochi
officium pertinent; idque cum omnibus honoribus, et oneribus, ac consueto
salario. Presentibus valimus usque
novam provisionem d.i Parochatus et ad novum beneplacitum. In quorum
omnium.. dat. Agrigenti die 12 Maji 1803 Can. Vicari V.G. . Can. Trapani
Cancell.
3 giugno 1803 f.
379 v.
ARCIPRETURA
Dilecto nobis in
xsto Filio D. Laurent io Fucà terrae Racalmuti ad presens Archipresbitero
Realimontis nostrae Agrigentinae Diocesis salutem.
Inter caetera
Pastoralis Officii debita, quae prestari cupimus, illud praecipue cordi est, ne
parochialibus ecclesiasticis, quaelibet rectiribus providendi sunt, Talis
Presbiteros preficeremus quo ministerio animarum cum laudabiliter et omni ... est diligentia satisfaciant. Laicum
vacare .... cum animarum cura terrae Racalmuti Agrigentinae nostrae Diocesis
per renunciationem a R. D. Caetano Mantioned ultimo et immediato
Archipresbytero ad scripta in actis Notar. Balthassaris Marsala die 21. Aprilis
1803, per nos acceptata die 12 Maij 1803, cuius electio et collactio ad
nos nostrosque Episcopos Successores
pleno iure spectat, et pertinet fuerunt
de nostra ....mediante ppco edicto
vocati omnes qui de decta vacante ecclesia provideri cupiebant.... infra terminum dierum decem in eadem M.C.
comparere debuissent ....
presentes bullas expediri mandavimus, quam .. de
Fuca' elegimus, et nominamus ac eligere et nominare volimus, et pronunciamur in
Archipresbyterum cum animarum cura predictae terrae Racalmuti, cum omnibus et
singulis iuribus ... redditubus.. caetersque universiis ad d.um Archipresbyteratm spectantibus et competentibus ...
DISPACCI 1824-1830
ARCHIVIO CURIA
VESCOVILE AGRIGENTO
REAL SEGRETERIA
E MINISTERO DI STATO PRESSO IL LUOTENTE GENERALE DE' REALI DOMINIJ al di là del
faro - Dipartimento degli affari ecclesiastici n. 1977 .
Ill.mo e rev.mo Signor
Dal Sig. Cons.
Min. di Stato -..... viene scritto il seguente rescritto.
Fra i diversi
oggetti contenuti nel rapporto del 19 dello scorso febbraio n. 266 trattò V.
Ecc. del permesso richiesto dal Vescovo di Girgenti di poter procedere
al'erezione di un beneficio ecclesiastico di mansionariato fondato da Gregorio
Melisenda nel suo testamento del 17 giugno 1822 nella madre chiesa del Comune
di Racalmuto con l'obbligo della recita del divino ufficio e della celebrazione
di alcune messe e con la riserva del patronato attivo in farore dei suoi eredi.
S. M. mi ha rassegnato
questo affare nel Consiglio Ordinario di Stato del di 20 del corrente mese di
agosto-
Accordare il suo
reale assendo perchè la Comunia della madre chiesa di Racalmuto si accresca di
un altro mansionario e manifestare il suo sovrano beneplacito perchè
l'ordinario del luogo usi delle sue facoltà per erigere il medesimo beneficio
ecclesiastico giusta intenzione del Pio istitutore Gregorio Melisenda.
Napoli 29 agosto
1829
Palermo 10
settembre 1829.
PREFETTURA DI
GIRGENTI ANNO 1875 INVENTARIO N. FASC.
Racalmuto, 28
novembre 1875 - ufficio di pubblica sicurezza del mandamento - giuseppe Matrona
Telegramma.
per seguito a
precedente corrispondenza le trascrivo qui appresso un telegramma spedito
stamani da sig. Matrona Gaspare di qui al sig. Lumia Francesco a Palermo.
"Macchinato
sciopero avvisato Matrona, Sferrazza, non avvenuto. Appellomi lealtà gentiluomo
coaudiuvarmi smascheramento tristi per bene 'Cimicia' - Significate Albanese
EUGENIO
NAPOLEONR MESSANA - RACALMUTO NELLAùSTORIA DI SICILIA - CANICATTI' 1969
FONTI CITATE :
A.S.P. CANCELLERIA 38, F.44 V. - MEMORIALE DI MESSINA "INTRU TUTTI NUN SI
TROVA UNU DINARU..."
A.S.P.
PROTONOTARO 1408 17, F. 122, 123, 130 (RIFERIMENTO VAGO ALLO ZOLFO)
A.S.P. R.
CANCELLERIA, LIBRI 1518, VII INDIZIONE FOGLIO 462 (pAG. 94 DELL'OPERA DI
MESSANA) "ERCOLE DEL CARRETTO NON SI OCCUPO' DI VENDICARE IL FRATELLO, LO
FECE INVECE SUO FIGLIO GIOVANNI III,
INVESTITO DELLA BARONIA IL 31.1.1519, VII INDIZIONE, IN SEGUITO ALLA MORTE DEL
PADRE..."
A.S.P. R.
CANCELLERIA V IND., FOGLIO 487 (OP. MESSANA PAG. 100) - "VENNE A MORTE NEL
1561 ED IL 20 DICEMBRE DELLO STESSO ANNO S'INVESTI' IL FIGLIO GIROLAMO I (DEL
CARRETTO).
A.S.P. R.
SEGRETERIA VIII IND. F. 458 (OP. MESSANA, PAG. 111) " ALLA MORTE DI DON
GIOVANNI IV DEL CARRETTO PRECISAMENTE PER LA INVESTITURA DEL 14 AGOSTO 1610 LA
CONTEA DI RACALMUTO PASSO' AL FIGLIO GIROLAMO II"
(OP. MESSANA,
PAG. 128 E APPENDICE N. 5 A PAG. 463.4) 1654-1647 - INCARTAMENTI REAL
SEGRETERIA ARCHIVIO STATO PALERMO: NELL'ARCHIOVIO DI STATO DI PELERMO, ABBIAMO
TROVATO SOLO DUE LETTERE DIRETTE AL VICERè, SCRITTE DA RACALMUTO, UNA DAL CONTE
DATATA 21 GIUGNO 1647 E L'ALTRA DELLA PRINCIPESSA DI VENTIMIGLIA DEL 22 DELLO
STESSO MESE DEL 1647"
A.S.P. R.
CANCELLERIA IX INDIZIONE F. 98 (OP. MESSANA PAG. 140) "DONNA BRIGIDA
SCHITTINI GALLETTI INTANTO S'INVESTI' DELLA CONTEA, CON CAPITOLO DI RE VITTORIO
AMODEO II, ADDI' 10 LUGLIO 1716..."
ASP R.
CANCELLERIA XIV IND. F. 89 (OP.CIT. PAG. 140) ".. I BENI DELLA CONTEA DI
RACALMUTO SE L'ERA AGGIUDICATA UNA TALE PAOLA MACALUSO DEL LUOGO NON
NOBILE"..(ANNO 1721 ?)
ASP 1515-45;
DISPACCI R.S. (OP. CIT. PAG. 145) "... SICCOME HO FIRMATO LE LETTERE
DELEGATORIALI SPEDITE IN PERSONA DEL DON NICOLA CIRO CRISAFULLI DI NARO, LE
QUALI MO HA RIMESSE UN RAPPORTO DEL 20 CORRENTE, COSI' LE RESTITUISCO A V. S.
PER L'ULTERIORE CORSO 27-8-1783' CARACCIOLO"
ASP DISPACCI
DELA REAL SEGRETERIA DELLA VAL DI MAZZARA N. 1515-16 5036 (OP. CIT. PAG. 146)
" DEL 27 LUGLIO, SEMPRE 1783 è INVECE UN RICORSO DI VINCENZO PETROZZELLA
(IL PRIMO ERA DEL 25 LUGLIO 1783 DA PARTE DI MASTRO GAETANO AMENTHIA)
A.S.P. Z.R.S.B.,
5035 (OP. CIT. PAG. 150) "NICOLO'
FONTAINE FU ESPLUSO DAL PAESE NEL 1799"
A.S.P. DISPACCI
DELLA REAL SEGRETERIA DELLA VAL DI MAZZARA, PAG. 209-1516 (OP. CIT. PAG. 161)
"IL VICERE' L'11 OTTOBRE 1783 CHIESE RAGGUAGLI AL VESCOVO DI GIRGENTI DI
ALLORA MONS. SEGRETO ED IL 3 NOVEMBRE INTIMO' PERENTORIAMENTE DI IMPEGNARE
L'EREDITà SECONDO LA PRECISA VOLONTà DEL DEFUNTO SACERDORE (PIETRO SIGNORINO).
ARCHIVIO STATO
AGRIGENTO (asa) 32- 261 (OP. CIT. PAG. 162) PER LA CONFRATERNITA DELL'ITRIA CHE
SAREBBE STATA FONDATA IL 26 LUGLIO 1759.
A.S.P.
INCARTAMENTI REAL SEGRETERIA 1512 (OP. CIT. PAG. 162) IL PIU' REMOTOM DOCUMENTO
SUL COLLEGIO DI MARIA RISALIREBBE AD UNA LETTERA DEL 1763 DI DON GIUSEPPE
TULUMELLO AL VICERE'
A.S.P. PAG. 95 TERGO DEL VOLUME DISPACCI REGAL
SEGRETERIA 1516 - 8SETTEMBRE 1783 (OP. CIT. PAG. 165) " CARACCIOLO AL
CAPITANO DI GIUSTIZIA DI RACALMUTO SUL PRECETTO PASQUALE".
A.S.P. REAL
SEGRETERIA BUSTA 5035 (OP. CIT. PAG. 187 E APPENDICE VI DI PAG. 465-6)
RELAZIONE AL MAARCHESE DI VILLALBA FATTA
DALLA GIUNTA DI P.S. DI RACALMUTO DEL 17.8.1820"
A.S.P.
P.I.S.R.R. 5035 (OP. CIT. PAG. 187)
ELEZIONE A DEPUTATO DI RACALMUTO DI DON NICOLO' SALVO.
ARCHIVIO STATO
AGRIGENTO - FASC. 222 CORR. DIVERSE 1820-22 (OP. CIT. PAG. 187) "
RELAZIONE DEL 5.11.1820 DELL'INTENDENTE DI GIRGENTI AL LUOG. GEN. DI MESSINA SU
RACALMUTO"
A.S.P. -
I.R.S.R. 5035 (OP. CIT. PAG. 191) "EPISODIO DATATO 5.7.1827 RIFIUTO DI
ARRESTARE DON RAFFAELE ACCAPUTO"
ARCH. STATO
AGRIGENTO - 4 - 225 CORRISPONDENZA DIVERSA 1833-43 (O.P. P. 192) "
RIMPROVERO A MASTRO GAETANO CAPITANO, ARCANGELO FICHERA E LEONARDO PALMIERI DEL
24 FEBBRAIO 1840"
ARCH. STATO
AGRIGENTO - FASC. 222 C. d. 1820-1837 (OP. IBIDEM) "LETTERA DEL GIUDICE
BAERI"
ARCH. STATO AGRIGENTRTO
- 4 - 454 OP. PUBBLICHE COMUNALI - "ASTA AGGIUDICATA A M. MICHELE
MARTORANA" (O. C. PAG. 192).
ARCH. STATO
AGRIGENTO - 4 - 372 ASSOCIAZIONI 1843 - 49 (PAG. 197 O. C.) 13 DICEMBRE 1842 -
SINDACO DON GIUSEPPE FARRAUTO
A.S. AGR. 4 - 94
- 95 (PAG. 215) 23 MARZO 1848
A.S. AGR. 4 -
226 - 1848 1849 (O.C. PAG. 217) "5
APRILE DEL 1848 GIUSEPPE CASTIGLIONE AVANZA RICHIESTA DI PENSIONE PER LA
SCIOPPETTATA DEI VASSALLO"
A.S.A. 4 - 94
CORR. DIV. 1848-49 (OP. CIT. PAG. 218 E APPENDICE N. 8)
ASA 4 - 95 (OP. C. P. 221) " CASINO DI COMPAGNIA
ASA 4 - 95 E 454
- (P. 221) SINDACO SAVATTERI - PITTORE SALVATORE PROVINZANO - NEL 1852 VENNE APPLICATA LA TASSA RADIALE -
ELENCO NOMINATIVO DI 55 FIRMATARI (OP. CIT. P. 223 NOTA)
ASA 4 - 120 -
121 (OP. CIT. PAG. 239) 10 APRILE 1860 LETTERA SU UNAùSERRATA DEGLI INDUSTRIALI
DI ZOLFO DI RACALMUTO (VEDI ANCHE PAGINE
SUCCESSIVE)
ASA - 32 - 277 E
337 (PAG. 258) SUL SINDACO GRILO E SU SERAFINO MESSANA NUOVO SINDACO -
ASA- 32 -
20 (PAG. 260) ELENCO CONVENTI DEL
SINDACO GRILLO DEL LUGLIO 1866
ASA 32 - 537
ARCHITETTO SCIASCIA (P. 262)
ASA 18 - 25
ELETTORI RACALMUTO (IBIDEM)
ASA 18 - 23 -
1868 LOGGIA MASSONICA DI GIOACCHINO SAVATTERI (IBIDEM)
ASA 18 - 23 -
P.S. 1870 SUI TRE PARTITI DI RACALMUTO (PAG. 264)
ASA 18 - 24 17
SETTEMBRE 1869 INDIVIDUI INFLUENTI (P. 264)
ASA 32 - 338 ...
ILLUMINAZIONE A FANTAUZZO E 1885 TAVELLI E BELLONI PITTORI
ASA 31 - 1 ...
MULINI AD ACQUA SCIME', FALCONE, BURRUANO
ASA 32 - 537 ...
TASSA SUI CANI (PAG. 268) E 338 BURRONE S. GREGORIO (IBIDEM)
ASA 32 - 186
GOZZOVIGLIE IN CASA MATRONA (P. 269)
ASA 32 - 537 -
18 MAGGIO 1875 TOMBA FAMIGLIA TULUMELLO-MESSANA (P. 271)
ASA 18 - 26 - 9
PARTITI AVANZATI (P. 273)
ASA PAG. 18 FASC. 26 CAT. 9 PARTITI AVANZATI
(PAG. 275)
ASA 18 - 24
LUGLIO 1873 ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE LAVORATORI (PAG. 276)
ASA 18- 26 - 9
PARTITI AVANZATI (TELEGRAMMA GARIBALDI CONTRO NALBONE) (PAG. 277)
ASA CAT. 18 FASC. 44 (41) (OP. CIT. PAG. 279)
" 15 SETTEMBRE 1875 . DUELLO MATRONA-TULUMELLO
ASA 32 - 332
MUTUO SOCCORSO (P. 285)
ASA 32 - 338 -
PICCIONE CALOGERA
ASA 32 - 5 - 539
- CONVENTO S. FRANCESCO
ASA 32 - 5 - 539
ROCORSO SACERRDOTI (OP. CIT. P. 288)
ASA 32 - 338 -
PIAZZA DEL MUNICIPIO (P. 289)
ASA 32 - 537
OPERE LIRICHE
ASA CAT. 18 - 44
- NOTA DEL DELEGATO P.S. MATRONA-SCIBETTA (PAG. 290)
ASA 31-1
ECONOMIA CIVICA
ASA 32 338 -
MATRONA - OPERE PUBBLICHE -(PAG. 293)
ASA 46 - 506 23
AGOSTO 1884 SAVATTERI MASTRANZA PER 80 M. AL CIMITERO (PAG. 296)
ASA 32 - 537
(PAG. 316) - LAORI SAVATTERI
ASA 32 - 737 (?)
- ATTENTATO ON. FILI'
ARCHIVIO DI STATO DI AGRIGENTO
Consultazione del luglio 1993
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Inventario n. 18 - fascicolo n. 42
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Prefettura di Girgenti - 31 - anno 1873 prot. gen. 419 - cat. 9 - marzo
TITOLO DELL'AFFARE - RACALMUTO:
SOCIETA' OPERAIA.
DOCUMENTO N. 1
ufficio di Sicurezza Pubblica n.
253 - risposta a nota n. 1532 del 16 giugno - Gab. - OGGETTO: Società operaje e
clericali in Racalmuto.
Alligati 3
Ill.mo Signor Prefetto di Girgenti.
Racalmuto 11 luglio 1873
Non avendo il sottoscritto trovato in quest'Ufficio la precedente pratica
che riguarda la statistica trimestrale delle Società Operaie, e altre,
esistenti in questo Mandamento, così onde adiempiere all'incarico ricevuto da
codesta Onorevole Prefettura, col foglio a margine, ha dovuto con non lievi
ostacoli richiamare l'elenco nominativo dei Socii di mutuo soccorso degli
operaj, ch'esiste in Racalmuto, insieme al relativo Statuto, che col presente
invia alla S. V. Ill.ma, pel dippiù di risulta.
La cennata Società è composta di elemento operaio della classe più
aggiata, e d'irreprensibile condotta, non rappresenta alcun colore politico, e
la sua esistenza, ove per l'avvenire continuasse in vita, non costituirebbe un
pericolo per l'ordine pubblico, mentre è ben vista dal colore progressista.
I mezzi di cui ha disposto, sono la contribuzione mensile, che i socii
han pagato.
Il Preside si è tal Tinebra Vincenzo, Cassiere Sferrazza Salvatore,
Segretario Orcel Giuseppe.
Sul proposito quest'Ufficio deve informare la R. Prefettura, che la
menzionata Società, se non trovasi sciolta di diritto, lo è di fatto per taluni
dissidj avvenuti fra i socii, in una ultima riunione, e perciò pel momento si
ritiene come non esistente.
Si trasmette ben pure un elenco nominativo degli affigliati alla nuova
Congrega Clericale sotto il titolo dell'Immacolata che non ha guari istituì in
Racalmuto, nella chiesa di Santa Chiara, il purtroppo noto ex Gesuita, Padre
Nalbone, oggetto del rapporto di quest'Ufficio, 25 Giugno pp. n. 224, e ciò
perchè la prelodataPrefettura ne abbia conoscenza.
I componenti tale Congrega la maggior parte sono massa ignorante, che
forse di buona fede, furono tratti dal Nalbone sotto ilpretesto religioso, e
cerca di tirarli ad un suo partito, vi sono pochi civili di principj clericali.
La esistenza della cennata Congrega sotto la direzione di quell'uomo, a
tutti noto, col tempo potrebbe divenir pericolosa al paese, e la classe
liberale, e pensante soffre di mal'animo tale nuova istituzione.
L'Ufficiale di P. S. in missione
Luigi Macaluso.
Documento n. 2
(Minuta del 10/8/1873) [Annotazioni:
Nalbone - Elezioni Comunali - ???]
N. 1532 - Prot. N. 773 - Gab. del
7 agosto 1873 - SOCIETA' OPERAJA DI RACALMUTO - Minuta dell'interno Gab. Roma
La società operaja e mutuo soccorso di Racalmuto veniva istituita alli 6
gennaio1873, e della stessa tenni già informato il Ministro nella statistica
del 1° trimestre ora scorso.
Nel suo nascere non spiegò tendenze politiche, limitandosi a provvedere
al bene dei socii coll'istruzione, col lavoro, col mutuo soccorso. Taluni dei
socii cercarono farla divergere dalo scopo per cui fu costituita, insinuando
messime reppublicane, altri internazionaliste, altri clericali; cosiché fini
con sciogliersi pei dissensi avvenuti fra i soci.
I promotori però, visto che tal padre Nalbone ex gesuita approffitando
dei malumori cercava fare entrare nel seno della società da lui istituita sotto
la denominazione Società dell'Immacolatataluni dei socii, adoperarono tutta la loro influenza e la
ricostituirono eliminando però tutto l'elemento clericale. Fu in tale occasione
che inviarono il telegramma al generale Garibaldi che rispose col seguente
...... (????)
Avuta la certezza che il padre Nalbone colle sue insinuazioni poteva
essere di pericolo all'ordine e sicurezza di Racalmuto l'ho invitato a
presentarsi a me, e gli ho ingiunto di allontanarsi da detto mandamento, al che
egli aderì di buon grado, promettendo di non più ritornarvi e così le cose
tornarono nel primitivo stato, e pel momento nulla havvi a temere per l'ordine
pubblico di quel paese in cui continuo a mantenere la più attiva vigilanza.
Il Prefetto
[N.B.: Questa prima versione della
minuta risulta cancellata. Segue il docucemto che si riporta che forse è però
un seguito. n.d.r.]
In tale frattempo avvennero le elezioni amministrative; ed il partito
clericale non lasciò nessun mezzo intentato per fare riuscire i suoi candidati
sia al consiglio provinciale che comunale. Accorse in Racalmuto in tale
circostanza il gesuita padre Nalbone Giuseppe, il quale tenendo delle congreghe
tanto in casa sua che in chiesa a porte chiuse ed in ore avanzate, fece ogni
sforzo affinché le lezioni sortissero a favore del partito clericale, ciò che
diede luogo a reclami ed a dimostrazioni che, stante l'attiva vigilanza
esercitata, non ebbero conseguenze di sorta.
Il Nalbone non pago delle tante brighe che avea fatte nelle elezioni che
non gli furono punto favorevoli, pensò istituire in Racalmuto una società sotto
il nome di M. Immacolata, raccogliendo in seno della stessa tutto l'elemento
più ignorante del paese all'infuori di pochi civili, come il Ministero potrà
rilevare dalla statistica che ho rassegnata colla riservata 8 agosto.
Per contraccolpo a questa istituzione clericale i promotori della società
operaia dopo la vittoria delle elezioni, non trovarono di meglio che
ricostituirlo proclamando a presidente onorario il Generale Garibaldi che
rispose col seguente telegramma
ritrascrivere
Intanto continuando i reclami contro il padre Nalbone che con ogni mezzo
ed artifizio cercava infondere le sue
massime in quella popolazione che mal lo soffriva, a segno che si aveano a
temere serie conseguenze, ho fatto in modo che il Nalbone si presentasse a me,
e l'ho persuaso ad abbandonare la residenza di Racalmuto pel bene dell'ordine
pubblico. Egli vi aderì e difatti venne tosto a stabilirsi a Girgenti.
Così cessarono colà i malumori, e pel momento posso assicurare il
ministro che nulla si ha da temere per l'ordine pubblico di quel paese sul
quale però faccio mantenere continua ed attiva vigilanza.
Prefettura di Girgenti - 31 - anno 1873 prot. gen. 419 - cat. 9 - marzo
FASCICOL. N. 31
TITOLO DELL'AFFARE - RACALMUTO:
SOCIETA' OPERAIA.
MINISTERO DELL'INTERNO
Gabinetto - 6773 - Società Operaia
di Racalmuto /Girgenti/
Ill.mo Sig. Prefetto di Girgenti
Roma 7 agosto 1873
Riservata 10
Dalla Stazione Telegrafica del Comune di Racalmuto, il giorno 4.
corrente, è stato spedito, dal Presidente di quella Società Operaia, Giuseppe
Romani, al Generale Garibaldi in Caprera, un telegramma del tenor seguente:
"Ricostituitasi questa Società Operaia dopo lotta accanita molti
gesuitanti, vi eleggeremo /giorno 3/ Presidente Onorario. Valga vostro nome,
una vostra parola tenerci saldi sulla breccia contro nemici tutta umanità"
Prego la S.V. di darmi riservate informazioni sulla cennata società,
sulle persone che la compongono e sullo scopo palese e reccondito che la
medesima si prefigge.
IL MINISTRO
(firma illeggibile)
MINISTERO DELL'INTERNO
Gabinetto - 7003 - Società Operaia
di Racalmuto
Ill.mo Sig. Prefetto di Girgenti
Roma 18 agosto 1873
Riservata 22 - n. 1592
Le dò atto e la ringrazio delle notizie che mi ha fornito sulla Società
Operaia di Racalmuto; e quando in seno o per opera della medesima succedesse
qualcosa degna dell'attenzione del Governo, gradirò di esserne informato.
p. IL MINISTRO
(firma illeggibile)
* * *
R. PREFETTURA DI GIRGENTI
n. 419 sub 1\6\75
Esposto dei soci del Mutuo
Soccorso di Racalmuto, del 31 maggio 1875
Al Signor Prefetto della Provincia
di
Girgenti
Signore
I sottoscritti componenti il Consiglio direttivo della Società del Mutuo
Soccorso degli Operai di Racalmuto, rassegnano alla S.V. Ill.ma quanto siegue.
La detta Società tende ad affratellare la classe lavoratrice pel
migliotamento morale e materiale della
classe stessa; fondata sin dal Gennaro 1873 con l'ausilio dei Signori fratelli
Gaspare
e Napoleone Matrona, il primo attualmente Sindaco di questa Comune, ed
il secondo fu quegli che il giorno dell'impianto della società pubblicò gli
articolati dello statuto per approvarsi, e diresse il tutto.
La Società, dopo un poco elasso di tempo, eleggeva a socii onorario i
predetti Signori Matrona, i quali ne significarono con lettera la loro
accettazione. Le relazioni tra il Signor Sindaco e la Società divennero or mai
più strette, tanto vero, che in tutte le feste Nazionali e religiose, ove
assisteva il Municipio, la Società era sempre invitata per assistere parimenti
a quelle solennità.
Lo mentre la Società era ligia ai voleri del Sindaco e volentieri
obbediva a tutti gli inviti dello stesso; la Società era progressista e
tendente all'ordine; onesti e liberali erano tutti coloro che la componevano;
se ne encomiava la condotta; si plaudivano tutte le sue operazioni, tutto era
armonia e serenità.. Quando, giorni sono, l'inaspettato scoppio di un fulmine
in ciel sereno, venne a spezzare le relazioni tra il Sindaco e la Società, a
disturbare l'armonia che li univa e ad abbuiare lo splendore che rischiarava il
tanto bene che si operava dalla stessa. La si fu l'arrivo di un numero del
Giornale intitolato Don Bucefalo,
che conteneva un articolo a carico del ridetto Sindaco, che la Società dietro
di aver udito la lettura in pubblica assemblea ( per come suole usarsi di tutti
i giornali diretti alla Società) l'assemblea medesima non sen incaricò e passò
a trattare delle faccende proprie.
Il Sindaco non si acquetò a codesto diportamento indifferente della
Società, volea tirare bracia alla sua pasta con le mani attrici, e fece sentire
a certi socii a lui dipendenti, che proponessero ed invogliassero la Società a
rispondere in contrario a quanto diceva il giornale. I Socii che si ebbero
questo incarico fecero noto all'assemblea, che era piacere del Sindaco, che la
Società si incaricasse dell'articolo in di lui carico e che si accingesse a
smentirlo; al che la Società peritosa sul da fare, adottò la norma che la
stessa siegue tutte le volte che un socio viene accusato nella condotta; e cioè
d'invitare il Socio accusato per legitimarsi in faccia della Società infra un
termine, sotto pena di venire cancellato, e così fece. Deliberò che il Sig.r
Gaspare Matrona come socio venisse a legitimarsi infra sessanta giorni del
carico che l'articolo gli addebita.= Cotesto deliberato fece montare nelle
furie il detto Signor Matrona, e concepì in cuor suo il disegno di vendicarsi a
qualunque costo e di fare sciogliere la Società. Ed in effetti non indugiò
tanto a far vedere i preludii; la sera del 28 spirante Maggio, quando il
consiglio era riunito, il Signor Napoleone Matrona si portò nell'ufficio della
Società, ed appena giunto si fece lecito bistrattare con ingiuriose parole
pronunziate con indicibile acrimonia contra gli assembrati, tanto che quei
buoni operai riuniti rimasero di sasso; chiese conto dell'operato alla Società
in riguardo all'articolo di cui è parola, e letto una proposta fatta da un
socio in proposito, che invitava l'assemblea a prendere in considerazione
quell'articolo a carico del Socio Gaspare Matrona, disse altre obbrobriose
parole per la società, ed invitando il consiglio a cancellarlo di socio
unitamente al di lui fratello Sig.r Gaspare, si appaltò.= Poco dopo di questa
scena, si videro presentare il Delegato di sicurezza pubblica accompagnato da
due reali carabinieri, chidendo la consegna del pezzo di carta ove era scritta
la predetta proposta. Gli assembrati gliela esibirono immantinenti, ed il
delegato se la portò con se.
Le diatribe e garralità che si sparsero, l'indomani, contro la Società,
sono indicibili Onorevole Sig.r Prefetto. Essa viene dipinta come una
associazione d'internazionalisti, come una banda di briganti; composta da gente
di galera e simili, tanto che han messo in allarme le famiglie dei socii;
ognuno crede arrivata l'ora di venire arrestato; di essere mandato in esilio o
a domicilio coatto; insomma si crede essere in quei tempi del medio evo, che
fece esclamare dal divino Alighieri.
O fortunati! E ciascuna era certa
della sua sepoltura.
Ecco Signor Prefetto, perché i supplicanti si rivolgono alla di Lei
giustizia, onde non dare credito a tutto quanto Le potranno esporre avverso
detta Società; mentre il fatto genuino è quanto si espone, e potrà informarsi
da onesti cittadini del Paese.
Racalmuto lì 31 maggio 1875.
Falletta Calogero - Romano Calogero
Salvatore Scimè - Lumia Gaetano
Agrò Rosario - Rossello Giovanni
Giuseppe Romano.
PREFETTURA DI GIRGENTI
REGNO D'ITALIA
MINISTERO dell'INTERNO
SEGRETARIATO GENERALE
DIV. 2^ SEZ. Gabinetto
N. 3296
oggetto: Circolare della Società di
mutuo soccorso di Racalmuto.
Signor Prefetto di Girgenti
/ n. 418 gab. 10/7/75 al Sig. Delegato S.P. di Racalmuto/
Roma, addi 7 Luglio 1985
Dalla Società si mutuo soccorso di Racalmuto è stata diramata la
circolare di cui trasmetto copia alla S.a V.a per le necessarie disposizioni di
vigilanza, e per quei provvedimenti che riterrete opportuno di adottare.
p IL MINISTRO.
(firma illeggibile)
/nella stessa lettera del Ministro,
viene aggiunto di pugno del prefetto per il delegato di S.P. di Racalmuto
questo codicillo:
"Vorrà poi manifestarmi il
motivo per cui ha omesso di informarmi della diramazione di tale circolare, e
della trasmissione di una copia della medesima"./
In allegato la copia che così
recita:
Società Mutuo soccorso degli Operai di Racalmuto - provincia di
Girgenti.
CIRCOLARE
Soci Onorari
Maurizio Quadrio
SAFFI Aurelio
Campanella Federico
Presidente Onorario
GARIBALDI
----------------
RECALMUTO
PREFETTURA DI GIRGENTI - N. 419
LUGLIO - Girgenti 13\5\76 - riservata minuta Oggetto: Reclamo della Società degli Operai di Racalmuto.
Girgenti 13 maggio 1976
Signor Delegato di P.S.
Racalmuto.
La Presidenza della Società di mutuo soccorso degli Operai di Racalmuto
ha diretto a S.E. il Ministro dello Interno l'unito memoria le contenente
addebiti contro codesto Municipio e specialmente contro il Sindaco il quale, si
dice, osteggi ed attraversi in tutti i modi quella Società.
Io trasmetto il reclamo a V. S. affinché assuma le più accurate
informazioni sulla verità dei fatti esposti e me ne riferisca categoricamente e
imparzialmente il risultato insieme alla restituzione del comunicato dovendo
farlo obietto di un rapporto al Ministro.
IL PREFETTO
(firma illeggibile)
R. PREFETTURA DI GIRGENTI -
Div. Gabinetto - n. 419 - Urgente - Oggetto:
Sollecitazioni per affari in ritardo - Al Signor Delegato P.S. di RACALMUTO
Girgenti 9 giugno 1876
Prego la S.V. trasmettere con tutta sollecitudine al mio foglio del 13 n.
° 1° maggio numero pari alla presente insieme al quale trasmettere un ricorso
del Presidente di codesta Società di mutuo soccorso rivolto al Ministero
Interni. IL PREFETTO.
DELEGAZIONE DI PUBBLICA
SICUREZZA IN RACALMUTO - N. 157 -
Riscontro alla Nota N. 419 Gabinetto, del 9 Giugno 1876 - OGGETTO: Intorno al ricorso della Società di mutuo
soccorso degli operai, in Racalmuto.
Ill.mo Signore Signor Prefetto della Provincia di Girgdenti.
Racalmuto addì 11 giugno 1876.
In riscontro alla riverita nota a margine citata, colla quale mi si
sollecitano le informazioni sul ricorso in oggetto indicato, mi faccio un
dovere significare alla S.V. Ill.ma, che non più tardi di giovedì prossimo, 15
corrente mese, Le farò pervenire le suddette informazioni col ritorno del
ricorso di cui si tratta, non potendolo far prima mancandomi ancora qualche
notizia. - IL DELEGATO (A. COPPETELLI).
DELEGAZIONE DI PUBBLICA
SICUREZZA IN RACALMUTO - N. 157 -
Riscontro alla Nota N. 419 Gabinetto, del 13 Giugno 1876 - OGGETTO: Intorno al reclamo della Società di mutuo
soccorso degli operai, in Racalmuto.
Ill.mo Signore Signor Prefetto della Provincia di Girgdenti.
Racalmuto addì 14 giugno 1876.
Prima ch'io imprenda ad informare la S.V. Ill.ma sulle cose esposte nel
reclamo della Società, in oggetto indicata, non sarà inutile lo accennare alle
fasi, che subirono i partiti Minicipali, in Racalmuto, a datare dall'anno 1860
a tutt'oggi.
Anteriormente alla rivoluzione dell'anno 1860, primeggiava in Racalmuto
la famiglia Farrauto, e pel
prestigio, che esercitava su questa popolazione detta famiglia, sebbene di principii
alquanto retrogradi, continuò pure ad avere ogni ingerenza in questa
Amministrazione Comunale, fino all'anno 1862.
Man mano che la famiglia Farrauto,
dall'anno 1860 all'anno 1862, era andata perdendo di prestigio per
l'opposizione, che le veniva facendo la famiglia Matrona, in allora composta di sette fratelli, la quale conoscendo
che vi sarebbe stato il suo tornaconto a secondare il governo nazionale già
instaurato anche in queste provincie, cercava di entrare a far parte di questa
Amministrazione Comunale. E da quì incominciarono i rancori e gli odii tra le
dette due famiglie.
Il territorio del Comune di Racalmuto, come in tutti gli altri territorii
dei Comuni di Sicilia, nell'anno 1862, era scorazzato dalle bande dei renitenti
e dei disertori delle due classi di leva militare degli anni 1860 e 1861, ed a
queste unitisi i latitanti per reati comuni, nel settembre 1862, invasero
questo paese commettendo atti vandalici, che non è mestieri ch'io rammenti alla
S.V. Ill.ma.
Non potrei dire con certezza, se per quella influenza, che ancora
esercitava la famiglia Farrauto o
per qual altra ragione, il Comandante della truppa, che venne spedito in
Racalmuto, per quella circostanza, fece eseguire l'arresto dei fratelli Matrona, come ritenuti complici nei
fatti del Settembre 1862.- Ma chiarita presto la loro innocenza, vennero quasi
subito lasciati liberi. In proseguo poi vennero arrestati taluni della famiglia
Farrauto, e qualche aderente di
quella, per lo stesso titolo pel quale furono arrestati i Matrona. Anche questi ultimi arrestati, dopo un lungo tempo,
vennero ridonati a libertà, perchè quanto loro si attribuiva, non potè essere
provato nelle vie giudiziarie.
In appresso le due famiglie Matrona
e Ferrauto vennero tra loro a
conciliazione, e per tal modo, ben presto riuscirono ad acquistare, in
Racalmuto una certa supremazia, da riuscire cosa facile l'entrare a far parte
di questa Amministrazione Comunale insieme ad altri loro aderenti, ciò che
continuò ad essere fino a tutt'oggi, e fino a tutto l'anno 1874 senza
incontrare ostacolo di sorta, se si eccettuano le guerricciole e gli screzii,
che si andavano manifestando tra il partito Matrona, che così chiameremo sin d'ora, e l'altro che andava
accentuandosi, capitanato dal Barone Sig.r Luigi Tulumello, giovine di qualche ingegno, e ricco per censo, ma di
poca esperienza nelle vicende dei partiti sì politici, che amministrativi.
Questi screzi si andavano manifestando per la ragione, che in paese si
facevano serpeggiare dei lamenti contro l'Amministrazione Comunale, per la
gravezza delle imposte comunali.
Le cose andiedero prendendo più vaste proporzioni, nei primi mesi
dell'anno 1875, ed allorquando per altre piccole differenze sorte tra i socii
dell'unico Casino di Compagnia, di
cui facevano parte quasi tutti i civili di Racalmuto, senza distinzione di
colore tanto politico, quanto amministrativo, una porzione di detti socii,
aderenti al partito del Tulumello, tra
i quali il Sig.r Giuseppe Matrona
fratello dell'attuale Sindaco, si staccarono da detto Casino di Compagnia, e ne fondarono un'altro, che ora conta una
quantità abbastanza rilevante di socii.- Quì le ire e gli odii tra questi due
partiti si accrebbero e ne nacque una completa rottura.
Intanto si avvicinavano le elezioni parziali amministrative dell'anno
1875, ed ognuno dei due partiti si adoperava per riportare la vittoria a
proprio favore.
In questo stato di cose, oltrecché gli animi erano esacerbati; un
proclama datato da Racalmuto, e pubblicato nel giornale, che viene in luce a
Palermo, L'Amico del Popolo, venne
ad aggiungere fiamma a fiamma. Perchè poi la S.V.Ill.ma ossa apprezzare la
sostanza di quel proclama, sebbene io sia persuaso, che non le giungerà nuovo,
pure quì unito glielo trasmetto contenuto nel suddetto Giornale, come pure
unisco altri due giornali nei quali trovansi le repliche a quel proclama.
Le Elezioni Amministrative ebbero il loro compimento, e riuscirono in
senso favorevole al partito del Matrona.
Questo proclama ebbe per conseguenza una sfida a duello, sfida che faceva
l'attuale Sindaco Sig.r Cavalier Gaspare Matrona al Barone Sig.r Luigi
Tulumello, creduto dapprima autore di quel proclama. Quel duello poi non ebbe
il suo effetto, poichè rimase sospeso dopo essersi ricorso allo espediente di
un giurì d'onore, di cui io non conosco il vero tenore, non essendomi riuscito
di trovarne un'esemplare.
In quella circostanza il Sindaco Sig.r Matrona, a mezzo dei suoi
aderenti, fece sentire alla Società di mutuo soccorso degli Operai in
Racalmuto, che sarebbe stato suo compito smentire per le stampe le cose
contenute in quel proclama a carico dello stesso Sindaco e dell'intera
Rappresentanza Comunale. Detta Società anziché aderire a quella proposta, fece
come suo quel proclama, e quindi la Società stessa invitò il Sig.r Sindaco
Matrona, come socio onorario a giustificarsi delle accuse, che gli erano state
fatte per quel proclama.
Questo procedere della Società Operaia diede luogo ad una scena, che in
seno alla Società stessa fece il Sig.r Matrona Napoleone altro fratello del
lodato Sig. Sindaco. La scena fu questa: il medesimo Sig.r Napoleone Matrona
recatosi alla sede della Società ov'erano radunati i socii, o furono fatti
radunare a bella posta, e colà appostrofò con termini non troppo convenienti i
socii, che vi si trovavano, facendoli aspra rampogna di quanto avevano operato
verso il fratello di lui Gaspare Matrona.
E quì non sarà fuor di proposito lo accennare al nascere e allo sviluppo,
che ebbe la Società Operaja in Racalmuto, e qual è al presente.
Istituita detta Società nell'anno 1873, e messo fuori il suo programma,
buona parte di questa cittadinanza vi si associò, tal che il numero dei socii,
in breve tempo, divenne abbastanza rilevante. Però dopo il fatto sovra esposto,
molti socii del partito del Matrona non vollero più appartenere a detta
Società, ed in quella vece vi entrarono parecchi soggetti, che per la loro
moralità e tristi precedenti, come si dirà in appresso, non le fa troppo onore,
tal che al presente la Società non conta, che il meschino numero di ottatre socii, compresi i socii
onorari.
Intanto il partito del Tulumello
colse questa favorevole circostanza per maggiormente far la guerra all'attuale
Amministrazione Comunale, incoraggiando la Società Operaia ad agire anche col mezzo della stampa
per raggiungere lo scopo qual era ed è di abbattere detta Amministrazione.
I socii onorari Piccone Ignazio, Picone Giuseppe, e parecchi altri furono
quelli che stigmatizzarono la Società Operaja nel suo nascere, propalando in
paese, che chi vi associava era scomunicato; che la Società Operaja era una
istituzione detestabile, e che non era opera di buon cittadino lo appartenervi.
Dicevasi questo perchè, allorchè fu istituita detta Società, questa era
sotto gli auspicii del Municipio; ma in contrario di quanto dicevano allora,
ora appartengono alla stessa Società per far guerra al Municipio.
Tolti Garibaldi, Campanella, Saffi
e Floretta che nulla sanno dello scopo e del personale della Società, e
tolti pure Savatteri Calogero, Romano
Salvatore, Tulumello Luigi, Picone Marco, Mendola Calogero, Travale Antonino,
Presti Giuseppe e Tinebra Salvatore, che trovansi nella Società, chi per
solo spirito di opposizione, e chi per idee più o meno spinte, pel resto però
detta Società, in sè, ha degli elementi non troppo buoni, come facilmente si
desume dai cenni biografici di quattordici di coloro che ne fanno parte, e sono
i seguenti:
1° S c i b e t t a Salvatore è autore dell'assassinio
commesso a danno di Sicorella Salvatore, e sotto tale imputazione fu per molto
tempo in carcere; e poscia per la sua scaltrezza venne prosciolto da quella
imputazione denunziando altri, e facendosi chiamare come testimonio. E questi è
il Presidente della Società di mutuo soccorso degli Operai di Racalmuto.
2° R o s s e l l o Giovanni, fu imputato di omicidio
mancato, in danno di Calogero Scimè; e non saprei dire con certezza se ne
riportò condanna.
3° M a r c h e s e Giuseppe Primo, è uomo di carattere,
irrequieto, ed abitualmente ubriaco.
4° L u m i a Gaetano,è persona che gode pesima fama
in Racalmuto; ma però non si conoscono precedenti, che stiano a suo carico.
5° G r i l l o Giuseppe figura nel novero degli
ammoniti di questo Comune.
6° F a r r a u t o Angelo riportò condanna per omicidio
mancato in danno di Rocca Calogero.
7° G i a r d i n a Pietro, ammonitofu imputato di tentata
estorsione di denaro mediante lettera minatoria diretta a Pinò Nicolò.
8° B e l l a v i a Elia, vecchio camorrista, e molto tempo
indietro fu anche sorvegliato.
9° L i c a t a Nicolò, è persona ritenuta capace di
commettere furti di destrezza.
10° S c i m è Salvatore, nel
1860, in Bonpensieri con altri compagni disarmarono molti cittadini,
appropriandosi le armi, e nel 1861 fu uno dei presunti autori dell'assassinio
in persona di Santo Cino Chillici.
11° F e r r a u t o Vincenzo ha delle imputazioni, di cui
ancora non si conosce l'esito.
12 G i a n c a n i Luigi è stato più
volte carcerato per varie imputazioni dalle quali riuscì ad essere prosciolto.
13 P a l u m b o Angelo viene ritenuto un
tristissimo soggetto, ma non si conoscono precedenti, che stiano a suo carico.
14 P a l u m b o Antonino, come al N.
13.
Tutti gli altri socii, salve pochissime eccezioni, appartengono
all'infima classe dei zolfataj, oltrecché non godano veruna fiducia in paese.
Questa Società però, almeno pel tempo in cui io mitrovo in Racalmuto, non
ha dato luogo a verun rilievo sul conto suo; avendo dovuto soltanto osservare
che, con quella pacatezza e disinvoltura accompagnata da un certo sussiego, con
cui nel giorno 10 ultimo scorso Maggio si recò al Cimitero Comunale per rendere
osservanza alla memoria di Giuseppe Mazzini, del pari il giovedì santo di
quest'anno si portò alla visita dei Santi Sepolcri nelle varie chiese di
Racalmuto, con alla testa la banda musicale e la bandiera della Società.
Tutto ciò premesso, ora imprenderò a riferire intorno agli adebiti, che
si fanno nel reclamo della Società Operaja di Racalmuto, a carico dell'attuale
Amministrazione Comunale.
Quel reclamo incomincia dal dire, che questo
Municipio fa ogni sforzo per disperdere la Società Operaja. A questo
proposito io non ho potuto rilevare altro, se non, che l'attuale
Amministrazione Comunale, non è amica della Società Operaia, del resto poi non
si conoscono fatti, che per parte di questo Municipio si faccia ogni sforzo per
disperdere, come dice il ricorso, detta Società.
Sullo stesso proposito, in altro punto di quel reclamo si accenna all'aver dovuto chiamare l'attuale Sindaco a
discolparsi come socio onorario. In questo punto il ricorso vuole
riferirsi su quanto ha relazione al proclama di cui ho riferito di sopra, cioè
quando la Società venne invitata a combattere quel proclama, ed invece se lo
fece suo. Dopo questo fatto, sussiste che il partito del Matrona cercò ed ottenne di far ritirare molti socii da detta
Società, altri però si fecero cancellare di propria iniziativa. Ma però
inutilmente ebbi a far pratiche per appurare, che si fossero posti in opera i
mezzi a cui accenna il reclamo per far ritirare dalla Società i detti socii.
Ciò che sussiste in realtà, si è che il Delegato Sig. Macaluso si recò
alla sede della Società, non saprei precisare con qual pretesto, e dagli atti
ivi esistenti, sottrasse tutte le carte, che si riferivano alla vertenza
passata tra il Sig.r Sindaco Cavalier Matrona, come socio onorario, e la
Società stessa.
Continua quel reclamo sempre allo stesso proposito, e dice, che dallo stesso Municipio si tentò per
varie volte e per mendicati pretesti di sfrattare la Società dalla Sala,
che dallo stesso Municipio gratuitamente
gli fu concessa per le ordinarie riunioni. A quanto mi è risultato, il
Municipio, su questo particolare, altro non fece, se non invitare per iscritto
il mio predecessore a chiamare il Presidente della Società operaja per
esortarlo a consegnare la chiave della detta Sala, perché il Municipio
abbisognava di quel locale per collocarvi il Distaccamento di Fanteria, ma il
medesimo Presidente essensodi rifiutato di ciò fare, le cose restarono quali
erano, e più non se ne parlò.
Finalmente in quel ricorso è detto, e sempre a proposito che il Municipio
cerca di disperdere quella Società, che si
negano le licenze di porto d'armi ad integerimi cittadini, che appartengono
alla Società Operaja, e che i relativi incarti giaciono polverosi sugli
scaffali municipali. Questo molti lovanno ripetendo, ma è tale un fatto
da non potersi credere, poiché gli aventi interesse, se non vogliono ricorrere
alla Superiorità per conseguire il permesso di porto d'armi, o almeno perché la
relativa pratica avesse il suo corso, io sono certo che avrebbero già ricorso
per ottenere la restituzione del vaglia postale, che insieme ai documenti
presentati vi si dovrebbe trovare il vaglia postale per l'ammontare della tassa
stabilita in £. 6=60, per ogni permesso di porto d'armi.
Aggiungerò poi, che tutte le investigazioni fatte in proposito riuscirono in senso
affatto negativo.
Inoltre in detto ricorso si accenna alle violenze che si esercitano alla vigilia delle Elezioni
Amministrative. Su questo particolare a quanto ho potuto appurare, mi è
risultato, che il partito Matrona ha
in tali circostanze cercato di riuscire nel suo intento, valendosi snche di
quella influenza, che ha sempre costantemente esercitata in paese, ma non mi è
riuscito di trovare un'elettore, che dichiari di aver subite violenze, ciò che
il partito contrario è andato e va dicendo tuttora, e come si è esposto nel
reclamo del quale si tratta.
Il medesimo ricorso accenna poi ad
opere di lusso fatte dal Municipio da dilapidare le ricche entrate del paese.
Intorno a questo punto tutti sanno, che l'Amministrazione Comunale spese forti
somme per la costruzione della Casa Comunale, per l'annessa Caserma dei
Carabinieri Reali, e per il teatro, ove tuttora si lavora per il compimento
dell'opera muraria, e che richiederà non poca spesa per condurlo a compimento.
Ma a che vale ora lamentare un fatto, che può dirsi totalmente compiuto,
e che riportò la sanzione del Consiglio Comunale, e quella Superiore? Certo
però si è che tali opere si potevano fare con meno sfarzo, ciò che sarebbe
ridondato a vantaggio di questi amministrati, poiché molte migliaia di lire si
sarebbero rsparmiate.
Lo stesso si dica circa ai lamenti, che fa quel ricorso intorno alla costruzione
della strada obbligatoria intercomunale Racalmuto Favara, essendo anche questo
ormai un fatto compiuto ed autorizzato a forma di legge; ma che però non manca
di essere gravoso a questi Amministrati, ciò che vanno ripetendo anche alcuni
amici del partito Matrona,
osservando che contemporaneamente si sta
costruendo altra strada pure obbligatoria tra Racalmuto e Montedoro, ciò che se
è vantaggioso dal lato di veder sviluppata, e presto, la viabilità
intercomunale, non è men vero, che costruendosene due ad un tempo, ciò viene ad
aggravare, e non poco, il Bilancio Comunale, e per esso questi Amministrati; e
perciò non mancano coloro che vanno lamentandosi della gravezza delle tasse
Comunali. E da ciò che in detto ricorso si grida all'arbitrio nelle deliberazioni di questo Consiglio Comunale, ed
alle flagranti violazioni della legge.
Quel reclamo finalmente accenna alla
mafia nell'avvenimento del 27 Agosto 1875, come lo si chiama in detto
reclamo, e segue quindi a dire, che la
Società Operaja, e che la pubblica opinione e l'Autorità giudiziaria seppero
rendere èpina giustizia.
In riguardo a ciò le cose passarono come appresso.
Dopo, che il novello partito del Tolumello
si era più scopertamente manifestato l'anno scorso, massime per varii
articoli pubblicati per i giornali, e dopo la fondazione del nuovo Casino di
Compagnia, come sopra si è accennato, e finalmente dopo tutti gli altri fatti
superiormente accennati che precedettero, accompagnarono e susseguirono le
Elezioni Amministrative di detto anno, i componenti la Società Operaja,
sembrava a quanto aseriscono gli avversari di questa e del partito del Tulumello, che facesse mostra d'imporsi
all'altro partito, ciò che si volle desumere dal vedersi alcuni socii di quella
Società passeggiare innanzi il vecchio Casino di Compagnia, in modo alquanto
burbanzoso. Per contrapporsi a questo fatto, il partito del Matrona valendosi di un nucleo di
persone dipendenti ed affezionate al partito stesso, la sera del 27 Agosto
1875, detto nucleo di persone si mise a passeggiare avanti il nuovo Casino di
Compagnia, in modo di motteggiare e quasi provocare i socii di detto Casino,
che colà trovavansi raunati. Di questo fatto se ne portò lamento a questo
Delegato di P.a S.a Sig.r Macaluso, ma al dire di coloro che portarono tali
lagnanze a quel funzionario, questi non ne avrebbe fatto verun conto, contegno
questo del Delegato Sig.r Macalsuo, che si vorrebbe attribuire a troppa
deferenza verso il Sindaco Sig.r Matrona Cavalier Gaspare. E siccome il fatto
anzidetto sembrava essere stato stabilito doversi rinnovare la successiva sera
del 28 detto mese, perciò alcuni socii del nuovo Casino, per evitare
quell'inconveniente, che avrebbe potuto avere delle triste conseguenze, questa
volta anziché rivolgersi al delegato di P.a S.a, si presentarono al locale
Pretore, e questi fattone parola al Delegato ed al Comandante la Stazione dei
Carabinieri Reali, perché cercassero di prevenire ed impedire al caso, che si
rinnovasse quell'inconveniente, che avrebbe potuto compremettere l'ordine pubblico,
ciò valse a scongiurare, che un tal fatto si rinnovasse la sera del 28 di detto
mese.
Ed è per questo, che in quel reclamo è detto, che l'Autorità giudiziaria, e la pubblica opinione seppedro rendere
piena giustizia.
Tutto quanto sopra ho esposto, non è che il risultato delle informazioni
che ho potuto procurarmi da persone, che possono meritare qualche fiducia, e
dico qualche fiducia, poiché è cosa assai difficile, trovare in un paese qual è
Racalmuto, persone totalmente indipendenti da poter avere notizie esatte e
spassionate, diviso, com'è, in due partiti, che sono formati dal ceto ristretto
delle persone civili, in confronto della massa ignorante dei campagnoli e dei
zolfataj, che compone la popolazione di questo Comune.
Da ultimo aggiungerò che le cose esposte nel ricorso, che quì unito
ritorno alla S.V. Ill.ma, non fanno che riprodurre i sentimenti, da cui è
animato il partito del Tulumello,
partito, che cerca tutti i mezzi, onde vedere sciolto l'attuale Consiglio
Comunale, sperando con questo mezzo di rompere l'attuale maggioranza del
Consiglio stesso, senza far questione sulla scelta del Sindaco, con la veduta,
come tutto giorno va ripetendo detto partito, di far economie sul Bilancio
Comunale, e senza essere alieni, a queste condizioni di riconciliarsi col
partito contrario, conciliazione, a parer mio, che potrebbe realizzarsi, quando
a mezzo di persone autorevoli, potesse ottenersi una sincera ripacificazione
tra il Sig.r Giuseppe Matrona ed i suoi fratelli; poiché una volta, che il
Sig.r Giuseppe Matrona si staccasse dal suo partito, sarebbe cosa facilissima
far scomparire le divisioni, che affliggono questo paese, poiché il ripetuto
Sig.r Giuseppe Matrona può ritenersi il capo del partito a cui appartiene,
tanto più, che il Tulumello è da
parecchi mesi, che ha preso stanza in Palermo insieme alla sua famiglia, e non
si sa, almeno per ora, che abbia intenzione di ritornare in Racalmuto. Certa
cosa poi si è, che una più attenta e ben ordinata Amministrazione, esclusa ogni
idea di personalità e di partito, potrebbe vantaggiare di molto la finanza
comunale, ciò che non andrebbe disgiunto dall'utilità, che ne risentirebbero
questi Amministrati, e tutto ciò non toglierebbe al Sig.r Sindaco cavalier
Gaspare Matrona, tutto quel merito, che ha nell'aver rialzato le condizioni
morali di questo paese, nell'aver non poco contribuito, col concorso di tutto
il ceto civile, a vantaggiare le condizioni della pubblica sicurezza in questo
Comune, messe in confronto, coi tempi, che precedettero la sua ingerenza nell'Amministrazione
Comunale, e finalmente coll'aver cercato di rendere lustro e decoro al paese
col compiere varie opere pubbliche, che i suoi predecessori avevano iniziate.
Il Delegato
A. Coppetelli
[1]) Trascrivo un’efficace pagina
del Gallo che mi pare illuminante su quegli eventi della soppressione del
Tribunale del Santo Officio:
« E la Sicilia tributa lodi di riconoscenza ad un
Marchese Caracciolo, per la cui opera il nostro sovrano Ferdinando III, con suo
Real Dispaccio, dato in Napoli il dì 16 marzo 1782, abolì ed estinse siffatto
Tribunale. Era allora inquisitor supremo e generale Mr. Ventimiglia già vescovo
di Catania e poi arcivescovo in partibus di
Nicomedia; quando a 12 marzo 1782, giorno del pontefice s. Gregorio, il
Consultor del Governo Saverio Simonetti si portò al Palazzo del S. Officio, una
volta chiamato Palazzo Steri che significa domum
cospicuam (Amico Lex. Topograph. t.I p. II, pag. 372) oggi de' Tribunali, e
sigillò l'Archivio. Nel dì 27 dello stesso Marzo, mattina del Mercoledì Santo,
il Vicerè Marchese Caracciolo si recò a quel Palazzo; entrò nella sala del
Segreto, in cui trovavansi riuniti lo Arcivescovo di Palermo, il giudice della
Monarchia, il Consultore ed il Segretario del Governo, tutto il Sacro
Consiglio, il Pretore ed il Capitano della Città. Preso ciascuno il suo posto,
dal segretario del Governo fu letto il Diploma dell'abolizione. Dopo tale
lettura il Vicerè entrò nell'Archivio Segreto stato sigillato nel giorno 12 dal
Consultor Simonetti, ed indi nelle carceri segrete, dando libertà a que'
meschini che vi si ritrovavano rinchiusi.
Nell'anno appresso, a 27 giugno, nel giardino
dell'alcaide barone Zappino, per ordine sovrano fu in presenza dello stesso
Vicerè dato principio all'abbruciamento di tutto l'archivio segreto, che durò
per due giorni sino a mezzodì, vigilia dei SS. apostoli Pietro e Paolo,
fintantochè col fuoco fu consumata ogni minima memoria del S. Officio, comprese
le mitre, abiti gialli, ritratti d'inquisiti, e qualunque altra minuzia
appartenente all'inquisizione: che anzi, per togliere qualsivoglia vestigio e
rimembranza del già abolito Tribunale, quel vicerè, la cui memoria ci sarà
sempre grata, con suo biglietto dei 3 luglio 1782 ordinò, come fu infatti
eseguito, che il Crocifisso, il quale trovavasi nella cappella della sala del segreto, si fosse trasportato nella
chiesa sotterranea della real cappella di S. Pietro nel regio Palazzo: Ved. il Parroco Alessi Miscell. Sicilient.
n. 485. MSS. che si conserva nella Bibl.
del Comune di Palermo .
98 ) Conc. Trid. sess. XXIII,....»
[2] )
Archivio di Stato di Agrigento – Distretto Notarile – Notaio Angelo Maria
Cavallaro – Inventario n. 6 – n° 10632.
[3] ) Archivio di Stato di
Agrigento – Atti Notarili – notaio Angelo Maria Cavallaro – inv. N° 6 - fasc. 10632, f. 165 ss.
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