Profilo

venerdì 29 maggio 2015

continua ...... appendici

I fatti del 1862

 

 

A meno di due anni dalla sbarco di Marsala, scoppia in Racalmuto un’esplosione di rabbia popolare - forse sobillata da taluni ceppi borghesi - segno di malessere diffuso, motivo di rimpianto per un passato (borbonico) migliore di un messianico presente quanto mai duro, repressivo, intollerabile. I Savoia erano venuti in Sicilia come conquistatori, come negrieri per sfruttare una colonia quasi africana. La rivolta pare sia stata ispirata dalla potente famiglia dei Farrauto. La famiglia Farrauto si era di molto arricchita nel Settecento. I suoi preti erano riusciti a locupletare più di quelli dei Tulumello o dei Savatteri.


Si guardi questa interessante tabella del 1760:

        ARCHIVIO STATO DI PALERMO - SARGENZIA A. 1760 =                                                                                                                                                                     

ECCLESIASTICI
MASCHI 18/50 ANNI
MASCHI ALTRE ETA'
FEMMINE
SOMMA ANIME
CAVALLI
JUMENTI
BOVI VECCHI D'ARATRO
VALORI BENI ALLODIALI
BENI MOBILI
SOMMA TUTTE FACOLTA'
GRAVEZZE STABILI
SOMME
RESTO LIQUIDO
AGRO' (D') SAC. GIUSEPPE
1
 
1
 
 
 
275,11
 
275,11
260,00
260,00
15,11
ALFANO CL. FILIPPO
1
2
 
3
 
 
 
281,04
 
281,04
111,20
111,20
169,14
ALFANO CL. VINCENZO
1
 
3
4
 
 
 
140,21
 -
140,21
100,28
 
39,23
AMELLA DIAC. NICOLO'
1
 
 
1
 
 
 
 -
 -
0,00
 
 
0,00
AVARELLO SAC. ALBERTO
1
1
3
5
 
 
 
421,19
 
421,19
340,20
340,20
80,29
AVARELLO SAC. VINCENZO
5
1
6
 
 
 
1185,07
 -
1185,07
420,05
 
765,02
BAERI DIAC. IGNAZIO
 
1
 
1
 
 
 
963,24
12,15
976,09
294,08
294,08
682,01
BAERI SAC. CASIMIRO
 
1
 
1
 
 
 
778,27
11,00
789,27
365,24
365,24
424,03
BARTOLOTTA SAC. ORAZIO
1
 
1
 
 
 
 -
 
0,00
 
 
0,00
BIONDI SAC. BALDASSARE
3
6
9
 
 
 
616,12
112,00
728,12
444,15
444,15
283,27
BRUCCULERI SAC. STEFANO
1
 
1
 
1
 
318,00
32,00
350,00
265,25
 
84,05
BUSUITO SAC. ANTONIO
 
1
 
1
 
 
 
387,12
 
387,12
302,18
302,18
84,24
BUSUITO SAC. FRANCESCO
1
 
1
 
 
 
392,28
 
392,28
304,00
 
88,28
CASTROGIOVANNI CL. LEONARDO
2
2
4
1
 
 
282,11
12,00
294,11
105,04
 
189,07
CASUCCI SAC. VINCENZO
1
2
3
 
 
 
 -
 
0,00
 
 
0,00
CASUCCIO SAC. GASPARE
1
 
1
 
 
 
571,08
 
571,08
414,20
414,20
156,18
CONTI SAC. GIROLAMO
 
1
2
3
 
 
 
358,14
16,24
375,08
279,07
279,07
96,01
CONVENTO AGOSTINIANO
12
 
12
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CONVENTO CARMINE
 
9
 
9
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CONVENTO S. FRANCESCO
7
 
7
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CONVENTO S. GIOVANNI DI DIO
2
 
2
 
 
 
 
 
 
 
 
 
FARRAUTO CL. FRANCESCO
1
3
4
8
 
 
 
111,20
 
111,20
95,05
95,05
16,15
FARRAUTO SAC. LORENZO
1
1
2
1
 
 
506,20
30,03
536,23
373,00
373,00
163,23
FARRAUTO SAC. SANTO
 
1
 
1
 
2
 
597,14
64,13
661,27
398,00
 
263,27
FERRERA SAC. GIUSEPPE
1
 
1
 
 
 
337,06
4,00
341,06
260,24
260,24
80,12
FUCA' SAC. PASQUALE
 
1
 
1
 
 
 
364,08
2,00
366,08
301,25
 
64,13
GRILLO CL. D. ANTONINO
1
 
 
1
 
1
 
386,11
14,00
400,11
97,90
97,90
303,02
GRILLO CL. SALVATORE
 
1
 
1
 
1
 
453,04
14,00
467,04
49,00
 
418,04
GRILLO SAC. FRANCESCO
1
 
1
 
 
 
497,11
 
497,11
401,24
401,24
95,17
GRILLO SAC. GIUSEPPE
 
1
 
1
 
 
 
1509,19
 
1509,19
1169,09
1169,09
340,10
GRILLO SAC. MELCHIORE
7
3
10
 
 
 
598,21
 
598,21
427,00
427,00
171,21
LA LOMIA SAC. ANTONINO
1
1
2
 
 
 
460,10
 
460,10
331,00
331,00
129,10
LO BRUTTO SAC. FABRIZIO
3
1
4
1
 
 
680,15
14,00
694,15
551,10
 
143,05
LUDOVICO SAC. ANTONINO
1
2
1
4
 
 
 
872,21
 
872,21
575,27
575,27
296,24
MANGIONE SAC. ANTONINO
1
 
1
 
 
 
534,16
 
534,16
399,22
399,22
134,20
MATINA SUD. PIETRO
 
1
 
1
 
 
 
318,03
 -
318,03
265,10
 
52,93
MONASTERO
 
 
27
27
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NALBONE SAC. BENEDETTO
1
 
1
 
 
 
274,13
 
274,13
266,20
266,20
7,23
PETRUZZEZZA CL. BALDASSARE
1
 
1
 
 
 
220,15
 
220,15
20,00
20,00
200,15
PICONE CL. IGNAZIO
 
1
3
4
 
 
 
149,27
 -
149,27
54,00
 
95,27
PUMO SAC. G. BATTA
 
1
1
2
 
 
 
421,28
 
421,28
339,04
339,04
82,24
PUMO SAC. IGNAZIO
 
1
1
2
 
1
4
 -
23,00
23,00
 -
 -
23,00
RIZZO SAC. ANTONINO
 
1
 
1
 
 
 
427,00
 
427,00
293,10
293,10
133,20
RIZZO SAC. VINCENZO
 
1
 
1
 
 
 
205,08
20,00
225,08
143,20
 
141,18
SAVATTERI CL. FRANCESCO
5
4
9
 
 
 
212,03
 
212,03
19,20
19,20
192,13
SAVATTERI SAC. GIOVANNI
1
 
1
 
 
 
 -
 
 -
 -
 -
 -
SAVATTERI SAC. MICHELANGELO
1
2
3
 
 
 
431,24
7,00
438,24
291,26
291,26
146,98
SCIBETTA DIAC. GIOVANNI
1
 
1
 
 
 
359,02
8,00
367,02
272,05
272,05
94,27
SCIBETTA DIAC. GIUSEPPE
1
 
1
 
 
 
347,14
 
347,14
262,10
262,10
85,04
SCIBETTA SAC. GIUSEPPE
1
 
1
 
 
 
368,06
9,15
377,21
269,20
269,20
108,01
SCIBETTA SAC. GIUSEPPE
1
 
1
 
 
 
291,11
 
291,11
253,13
253,13
37,28
SFERRAZZA SAC. GIROLAMO
1
 
1
 
 
 
449,15
 
449,15
277,00
277,00
172,15
SFERRAZZA SUD. FILIPPO
1
 
1
 
 
 
354,28
12,15
367,13
282,12
282,12
85,01
SPINOLA SAC. GIROLAMO
1
 
1
 
 
 
357,07
 
357,07
318,00
318,00
39,07
TULUMELLO SAC. MICHELANGELO
1
 
1
 
 
 
 -
 
0,00
 
 
0,00
VINCI DIAC. MARIO
 
1
 
1
 
 
 
335,00
2,00
337,00
267,18
267,18
69,82


I Farrauto detengono dunque, complessivamente, 1.214, 54 once di beni allodiali, 94,16 di beni mobili per un totale di 1.308,79, su cui gravavano pesi per 866,05 once; disponevano di un saldo liquido di 442,65 once, come da seguente prospetto:

 
VALORI BENI ALLODIALI
BENI MOBILI
SOMMA TUTTE FACOLTA'
GRAVEZZE STABILI
SOMME
RESTO LIQUIDO
FARRAUTO CL. FRANCESCO
111,20
 
111,20
95,05
95,05
16,15
FARRAUTO SAC. LORENZO
506,20
30,03
536,23
373,00
373,00
163,23
FARRAUTO SAC. SANTO
597,14
64,13
661,27
398,00
 
263,27
Totale
1214,54
94,16
1308,70
866,05
468,05
442,65

 


In ricchezza venivano superati solo dai patrimoni ecclesiastici dei Grillo (once 3.239,53 tra beni allodiali e beni mobili) e da quelli dei preti di casa Scibetta ( 1.529,61 once).

Alla fine del Settecento don Calogero Farrauto era un’importante autorità comunale: regio proconservatore. Ma la famiglia era di recente affermazione sociale: ancora nei primi del Settecento i suoi membri più cospicui  apparivano come immigrati dediti alla pastorizia. Ecco un atto rivelatore del 23 aprile 1702:

A 23 Aprilis x^ Ind. 1702

Emancipattione fatta con donatione ad titulum patrimonij da Santo Farrauto al clerico Laurenzo farrauto  figlio di 200 pecori nec non due giumenti di diversi pili, come pure due case terrane e solerate pose nel quartero di S: Margaritella confinante con Stefano d'Asaro e altri confini, come pure un loco con suoi case consistente di cinque corpi e con il suo baglio  consistente in salme 1. di terra con suoi arbori posto nel phego delli Gibbillini contrata della Mandra del Piano confinanti con la chiusa di m.° Petro Alcello e altri confini, soggetti in tt. 36 annui al Barone di detto phego. La posessione ci la diede la medesima giornata , quale fatta ad effetto d'ascendere l'ordine sacri e come meglio per detta mancipatione il di di sopra.

A 2 Augusto X^ Ind. 1702

Venditione fatta da  m.° Giuseppe Greco al clerico Laurenzo Farrauto di Santo d'una vignia consistente in due migliara con suoi arbori e palmento posta nel phego di questa contrata di Casalivecchio confinante con la chiusa del herede del quondam Gaspare Zaffuto soggetta in tt. 19.17.3 annuali per ragione di proprietà all'Ill.e Conte di questa; di più sogetta in tt. due e grana dieci annuali per ragione di suggiugatione al Venerabile Convento di S. Maria del Monte Carmelo. La posessione la diede la medesima giornata per il prezzo secondo sarà la stima e come meglio per detta venditione il di di sopra.

 

I preti Farrauto - ricchi quanto si voglia - non ebbero però gran peso in seno al clero locale (almeno sino mons. Salvatore Farrauto della prima metà di questo secolo) e appaiono più svagati clerici alle prese colle loro ‘riconte’ che non uomini di fede o ministri del Signore. 


Ecco, per l’eventuale curioso, la nomenclatura dei religiosi di casa Farrauto:

ANNO
NOME
COGNOME
TITOLO
1731
SANTO
FARRAUTO
MANSIONARIO
1731
FRANCESCO
FARRAUTO
CHIERICO CONIUGATO
1736
SANTO
FARRAUTO
ANNI 31 CAPPEL,S.ROSALIA
1736
SANTO
FARRAUTO
ANNI 21 CHIERICO  LICENZIATO
1748
SANTO
FARRAUTO
 
1758
SANTO
FARRAUTO
 
1758
LORENZO
FARRAUTO
 
1758
SAVERIO
FARRAUTO
 
1782
SAVERIO
FARRAUTO
 
1797
SAVERIO
FARRAUTO
A.62
1801
SAVERIO
FARRAUTO
 
1807
SAVERIO
FARRAUTO
A.79
1807
MARIA AGNESE
FARRAUTO
SUORA MONASTERO S. CHIARA
1807
MARIA CROCIFISSA
FARRAUTO
SUORA MONASTERO S. CHIARA
1924
SALVATORE
FARRAUTO
PARROCO
1934
SALVATORE
FARRAUTO
PARROCO  CHIESA MADONNA DELLA
1946
SALVATORE
FARRAUTO
 
1968
SALVATORE
FARRAUTO
PARRROCO CHIESA DEL CARMELO

 


Eugenio Napoleone Messana ci informa nelle sue Appendici XXIX  e XXX dei seguenti membri della schiatta Farrauto aasurti a ruoli egemoni nella gestione del Comune o in cariche provinciali:

          Giuseppe Farrauto sindaco dal 1841 al 1845;

          Alfonso Farrauto sindaco dal 1888 al 1889;

          Giuseppe Farrauto consigliere provinciale dal 1865 al 1866.

Si è visto don Giuseppe Farrauto affiancare nel 1848 i Messana nei fomiti antiborbonici; e dire che dopo i suoi eredi passeranno come borbonici per eccellenza. Ma era avvenuto un incidente gravissimo con tanto di ignomia per una infamante carcerazione. “Signori Farrauto, - apostroferà l’impudente barone Luigi Tulumello nella campagna elettorale del 1873 - che diremo di voi? La storia è a tutti palese, sembra da voi soli non rammentata!!!..”: un parlare per “ ’nnimmi ”; un bell’esempio di “jttari ‘nnimmi”, come direbbe Sciascia, « ... un parlare minaccioso - cioè - e ricattatorio che, ad eccezione della persona cui è diretto, può sembrare strano, strambo.» [30] Crediamo che il salace barone Tulumello si riferisse alle scudisciate che le famiglie Farrauto e Matrona - ora alleate - si erano inferte nel 1862, al tempo dei fatti del 6 settembre 1862.

Leonardo Sciascia quei fatti li dà in flash in Occhio di Capra (pag. 17) sintetizzando e rivisitando un capitolo di storia paesana che si trova in un’opera di un prefetto dell’epoca; Enrico Falconcini. «Da un prefetto ingiustamente “dispensato” - chiosa il grande scrittore racalmutese - (non destituito, tenne a precisare il ministro) sappiamo come è che anche a Racalmuto si tentò di non cambiare nulla nonostante il tutto che era cambiato (vedi Giuseppe Tomasi, principe di lampedusa e duca di Palma). Il prefetto si chiamava Enrico Falconcini, e della sua amara esperienza, sull’ingiustizia che lo aveva colpito, fece un libro che pubblicò in Firenze nel 1863. Un capitolo è dedicato ai fatti del 6 settembre 1862 a Racalmuto. Racconta che nel paese c’erano due partiti: quello dei Farrauto, che vestiva “in calzon corto ed in coda”, e quello dei Matrona, che “amava indossare la camicia rossa”. Quel giorno, il partito dei Farrauto pensò di “profittare dell’abbattimento che dal fatto di Aspromonte eniva alla parte sua rivale, per correre alle case dei Matrona ed appiccare con questi una volta di più accanita zuffa”. Si fanno rientrare in paese i renitenti alla leva, si bruciano gli archivi, si devasta la caserma dei carabinieri, si devasta il casino di conversazione, si svaligia il corriere postale e si dà fuoco alla corrispondenza; e si pone assedio alle case dei Matrona, che però validamente si difendono. Due giorni dopo arrivano a Racalmuto truppa, procuratore del re e giudice istruttore: e si arrestano i Matrona. Il prefetto Falconcini interviene energicamente a farli scarcerare: ed è molto probabile che anche questo intervento gli sia stato messo in conto nel provvedimento che lo dispensava dal servizio.»

 

*   *   *

 

La verità storica sulla ribellione racalmutese del 1862

 

L’indulgenza che Sciascia propina al forestiero prefetto Falconcini è sospetta per vari versi: ma forse Sciascia ebbe sotto mano solo qualche sporadica fotocopia dell’opera del Falconcini e non poté farsene un’idea precisa. Certe sortite di quell’ex deputato, impovvisato prefetto, stentiamo a credere possano essere passate inosservate la loico scrittore racalmuetse e - peggio - venire addirittura condivise. Si pensi che Falconcini ad un certo punto credeva fosse in sua mercé arrestare la gente sospetta per farla ‘cantare’ sotto processo: peggio di taluni eccessi della moderna antimafia - giustamente stilettata dal grande racalmutese.

Falconcini stette pochi mesi a capo della provincia di Girgenti. I suoi metodi dittatoriali, vessatori, improvvidi suscitarono campagne di stampa avverse e attacchi in parlamento, tanto da spingere Silvio Spaventa a destituirlo repentinamente, senza neppure chiedere una qualche giustificazione. La misura era al colmo. Il Falaride di Girgenti veniva detto sulla stampa. Ed a ragione, se diamo appena uno sguardo critico alle vicende racalmutesi in cui fu odioso protagonista.

Falconcini, umiliato ed offeso da provvedimento ministeriale, scrisse un libro a sua difesa - e sicuramente a sue spese - che si premurò di mandare in Parlamento nella speranza - disillusa - che potesse sortire un qualche effetto a suo favore. Stizzosamente, Ubaldino Peruzzi tagliava corto con tal cav. Boggio deputato al parlamento di Torino - in atteggiamento difensivo verso il defenestrato prefetto di Girgenti. Scrivendogli testualmente «egli [falconcini] è stato dispensato, non destituito, dalla carica di prefetto di Girgenti. Prendendo questa determinazione il ministero non ha inteso infliggere al signor Falconcini veruna punizione o biasimo, percché non ne abbia motivo.» Non era vero, ma la sortita burocratica era di quelle da tappare la bocca a chiunque. Non c’era però riprovevole dietrismo come lascia intendere Sciascia. Il prefetto era venuto in Sicilia ed in quella sperduta landa del sud convinto di avere a che fare con dei coloni africani cui raddrizzare le gambe.

Abbiamo il maligno sospetto che si sia lasciato guidare anche dalla malevola animosità contro taluni nuovi ceppi borghesi dell’oriundo avvocato Picone. Costui si era premurato di ospitare questa espressione del nuovo stato sabaudo a casa sua. Poi, pare palesamente pentito per i guai che ciò ebbe a procurargli. Stralciamo dalle sue Memorie.   « 13 agosto 1862- leggesi a pag. 658 -  Giunge il novello prefetto signor Falconcini. Il dopo pranzo giunge un generale con due pezzi di artiglieria di campagna ed altra truppa di linea, che la sera circonda la città. !4 agosto - La sera parte tutta la truppa, lasciando sparutissima guarnigione. Disertano taluni soldati, onde riunirsi a Garibaldi - 21.- Si pubblicano le copie dell’ordinanza di Cuggia, prefetto di Palermo, per le quali si proclama lo stato d’assedio in tutta Sicilia, le quali vengono lacerate. Il dopo pranzo si vedono parecchie pattuglie di soldati, le quali si ritirano ai reclami di taluni uffiziali della guardia nazionale, che trae a sé il peso della custodia dell’ordine. 22.- Giungono lettere che annunziano l’entrata di Garibaldi in Catania. 27.- Giunge un proclama di Garibaldi, per lo quale protesta a favore del re, e contra il ministero. 30.- Giunge al prefetto di Reggio Calabria un telegramma, che annunzia Garibaldi disfatto e ferito in Aspromonte. Lutto, sgomento, pianto nelle famiglie dei garibaldini. 31.- Si vuol fare una strepitosa dimostrazione contro il governo, ma non si giunge a farla. Il malumore aumenta. SETTEMBRE. 1 a 6.- Lo spirito pubblico eccitato. Risse e malumore per la novella moneta decimale. [ ...] 8.- Arrivano per la via di mare circa cinquecento bersaglieri, che si dicono essere di coloro che attaccarono Garibaldi. 9.- Si pubblica un’ordinanza di Cialdini, per la quale si dispone: “Che le bande armate che saranno trovate in campagna, saranno trattate come briganti, e che gli avanzi delle bande garibaldine, nel termine di cinque giorni, dovranno presentarsi, e saranno trattati quali prigionieri di guerra. Scorso quel termine lo saranno come briganti.” Gran malumore! 13.- Giunge il 32° di linea. [...] OTTOBRE. 1.- Per ordinanza del colonnello Eberhard è comandato il disarmo, proibita l’asportazione e la detenzione delle armi, sotto pena di fucilazione. 11.- Un vapore trasporta centosessanta detenuti di s. Vito. 12 al 25.- Giunge il 4° di linea. Innumerevoli arresti di ladri, di galeotti e di galantuomini alla rinfusa. [...] DICEMBRE. 14.- Si vede sulle mura delle case, lungo il corso principale scritto: Abbasso Falconcini. 17.- Mi si invia, per la posta, un biglietto che dice: “ Si prepara una combinazione, che sembra infernale, la quale se verrà ad effetto,la vostra casa andrà in fumo. Ciò si fa non per colpir voi, ma il prefetto.” Questi abita il quarto piano superiore al mio. [...] 1863 - GENNAIO. 13.- Proclama di Falconcini, che promuove una soscrizione contro il brigantaggio di Napoli. 6.- Egli con altro proclama, annunzia la sua destituzione. [...] FEBBRAIO. 12.- Arrivo del novello prefetto Bosi.»

Ma veniamo alla rivolta racalmutese. Tra la variegata documentazione Falconcini scegliamo per primo questo rapporto al Ministro dell’Interno che ci pare il più obiettivo. «Al Ministro dell’Interno. Il paese di Racalmuto è uno di quei luoghi ove malauguratamente ha regnato ben poco l’impero della legge e dell’autorità, per le dissensioni esistenti fra gl’individui delle due famiglie Matrona e Ferrauto, che atteggiandosi a partito politico si facevano lecito ogni azione che fosse creduta invisa al partito avverso.

«Così rima dell’arrivo di Falconcini, n.d.r.] dovè sciogliersi il consiglio comunale [...] Fu inviato un commissario nella persona del consigliere Di Catania [col compito anche ] di ricostruire la guardia nazionale.

«[...] niuno iscritto delle classi 40 e 44era stato obbediente alla chiamata [della leva]. [Racalmuto fu abbandonato] nella seconda metà di agosto dal distaccamento di truppe sotto gli ordini del generale Ricotti per operare nei dintorni di Catania [..]

«Il giorno 6 [settembre 1862] il paese cadde in preda ad un terribile disordine. I malviventi, i rei di omicidio e furti, tutti  latitanti alla giustizia, i coscritti renitenti e persone di mal’affare sopraggiungevano nel paese, quale orda invaditrice cui non opponeva resistenza la guardia nazionale sebbene eccitata e capitanata dal giudice di mandamento.

«Era saccheggiata la caserma dei carabinieri ... si appiccò il fuoco agli archivi del comune e della percettoria ed agli stemmi sabaudi; fu aggredito e saccheggiato il corpo di guardia della milizia nazionale; si saccheggiava il casino di compagnia, si aprivano le carceri ai detenuti, si aggrediva la vettura corriera, derubando i passeggeri  e bruciando in piazza fra l’orda popolare i dispacci postali, e così paralizzata l’azione di ogni autorità, gli abitanti si scambiavano fra loro secondo i partiti colpi di fucile che fortunatamente non produssero lacrimevoli effetti.

« [...] nella notte del 7 settembre una colonna andò sul posto per rimettere l’ordine, arrestare i colpevoli e fare eseguire in ogni parte il proclama del generale Cialdini sullo stato d’assedio.

« [...] Gli arresti furono eseguiti dalla truppa nel numero di sessanta circa.

«[....] molte delle persone compromesse nei disordini, costituiti in banda di circa 150 soggetti, tutti debitori di reati o renitenti alle leve, si accamparono in armi nei monti circostanti al paese quasi gettando una sfida alla truppa, che non poteva agire contro di loro, preoccupata come era nell’interno ad eseguire il disarmo, custodire gli arrestati e mantenere la quiete.

«Una compagnia di bersaglieri sotto gli ordini del maggior comandante il 6° battaglione, moveva da qui nella notte per dare la battuta ai briganti ricoverati nel monte detto Castellazzo [secondo Picone - per noi più correttamente - Castelluzzo [31] ] Difetto di preventiva intelligenza colla prefettura di Caltanisetta [sic], sebbene richiesta, fece sì che dato l’assalto dalla colonna i briganti retrocessero e non trovata altra truppa che li attaccasse a tergo poterono rifuggirsi isolatamente nella provincia suddetta, ma cessò la loro presenza d’infestare le campagne e minacciare di nuovo Racalmuto.

«Rimasta in questo luogo una compagnia di bersaglieri, che sembrò sufficiente a tenere in rispetto l’autorità del governo, ai 18 settembre fu eseguita la traduzione dei detenuti a Girgenti per disporne come di ragione; ed infatti molti sono stati già liberati dal potere ordinario, i veri colpevoli essendosi resi latitanti, ed altri in minor numero essendo rimasti in carcere come dediti a qualunque azione criminosa.

«Sebbene l’autorità giudiziaria non potesse raccogliere abbastanza prove per incriminarli, risultò da tutto l’insieme che causa dei fatti avvenuti era l’animosità fra le famiglie Matrona e Ferrauto che avevano diviso il paese. Allontanatesi quelle famiglie per timore di severe misure, la popolazione riacquistò quiete invidiabile che rimane inalterata.

«Girgenti, li 8 ottobre 1862. Il prefetto: Falconcini.»

Cattivo prefetto, pessimo profeta: i Matrona ed i Farrauto furono costretti all’esilio - a quanto sembra - ma la quiete a Racalmuto non arrivo; anzi i successivi fatti di gennaio mostrano un’arroventarsi del clima di contestazione. Il popolo di Racalmuto non era dunque quella misera cosa in mano agli ottimati corrispondenti ai Matrona ed ai Farrauto (famiglie solo di recente giunte a Racalmuto: nel settecento; i primi al seguito di un prete funzionario di conti succeduti ai Del Carretto; i secondi con armenti di pecore, come si sopra visto). Non erano costoro che potevano dominare il non irruento ma non succubo popolo di Racalmuto. Il prefetto era male informato. Abbiamo insinuato dall’avvocato Picone.

La nota è importante, poi, per la storia del circolo unione: preso di mira dal popolino, sichiamava ancora “circolo di compagnia”; la prosa prefettizia sembra avvolorare ciò oltre ogni ragionevole dubbio.

Non crediamo che, se Sciascia avesse letto davvero questo passo del libercolo del Falconcini, si sarebbe indotto ai sullodati apprezzamenti positivi.

Il circondario di Girgenti era piuttosto disarmato in quel periodo: tutto l’intero distaccamento bersaglieri, 6° battaglione, presidiava il derelitto Racalmuto e sicuramente ne insidiava le donne, con tanta rabbia dei barbuti - ed in gran parte latitanti - maschi del luogo, pregiudizievolmente renitenti alla leva dei Sabaudi. Come dargli torto?

Il patetismo di Eugenio Napoleone Messana è di sicuro sbracato, ma per taluni accenti coglie nel segno. «La goccia che fece traboccare il vaso dei malcontenti - scrive Messana a pag. 248 - e delle disillusioni .. fu l’estensione alla Sicilia della leva obbligatoria. [...] la ferma prevista per le prime leve era di anni cinque ed era estesa a tutti i giovani dichiarati abili dalla commissione di leva. Tale notizia giunse come una sciagura immensa. Cinque anni fuori dal proprio ambiente per le terre sconosciute del continente parevano una cosa insopportabile. E le proprie abitudini interrotte, le famiglie lasciate, le braccia lavorative che venivano meno alle famiglie? Cinque anni poi, dai 21 ai 26 anni assorbivano il cuore della gioventù di un uomo. Gli sposati dovevano lasciare le proprie mogli, gli innamorati dovevano rinunziare all’idea di sposare: questioni tutte che gravano eccessivamente sui giovani siciliani, dotati delle caratteristiche ambientali ben note, allora più marcate dall’arretratezza e dall’analfabetismo. Si cominciò a cantare nel tipico lamentoso motivo dei canti popolari siciliani, accompagnati dal singhiozzo dolce dello scacciapensieri: “la leva c’è in Sicilia e maritari nun ni putemo cchiù: com’hamma a fari?” »    Non sarà stato come dice Messana, ma la miscela dovette essere proprio esplosiva se il pacifico popolo di Racalmuto ebbe tanta irrefrenabile ira. Era pretestuoso pensare che un Matrona o un Farrauto potesse avere tanta forza da sobillare una comunità se non altro indolente per atavica acquiescenza. A noi non era mai capitato, nelle nostre ricerche storiche, di incontrarci una una ribellione di stampo militare come quella del 1862. I redentori sabaudi un miracolo, in un certo senso, erano riusciti a crearlo in Sicilia e proprio a racalmuto.

Il Falconcini, dopo, in piena irritazione per l’umiliante defenestramento, sui misfatti di Racalmuto torna ed ora con accenti più caustici e più offensivi. Scrive (cfr. il capitolo di pag. 55 intitolato: “Vandalici fatti consumati in Racalmuto”): «Da Canicattì  

Sottolineiamo subito quell’accenno al casino di conversazione; quella devastazione; quell’insolenza da parte della plebaglia (ma insufflata dai Farrauto). I “ddo”  racalmutesi finito in burla: inaudito; mai sotto i Borboni sarebbe successo! Deserte allora le sale in quel settembre nero?  C’è da esserne certi .. ma per il fatto che i galantuomini erano tutti nelle loro villette di campagna a godersi le splendide settembrate  dell’altipiano racalmutese. Quell’assalto al circolo - noi crediamo - fu più chiacchierato che reale. Del resto anche i Farrauto erano autorevoli membri del nobile sodalizio.

Sciascia non era nuovo nell’ingigantire il settembrino assalto al circolo dei galantuomini. In Parrocchie di Regalpetra [32] l’allora giovane scrittore - in vena quindi di visionarietà romantica - ebbe a scrivere quel passo sfottente che abbiamo sopra riportato.

La simpatia per il prefetto (toscano e crediamo noi con voglie filo massoniche con quel favorire i Matrona) crediamo sia dovuta al culto che Sciascia ebbe per la famiglia di don Gasparino - e fu un culto tanto inossidabile quanto sprovveduto. A distanza di anni, quando un certo tipo di passioni si era affievolito, ecco come la locale pubblica sicurezza ripercorre quelle oscure vicende. Siamo nel giugno del 1886 - quattordici anni dopo, dunque - ed il Delegato di S.P. A. Coppetelli così riferisce al prefetto:

«Riscontro alla Nota N. 419 Gabinetto, del 13 Giugno 1876 -

OGGETTO: Intorno al reclamo della Società di mutuo soccorso degli operai, in Racalmuto.

 

Ill.mo Signore Signor Prefetto della Provincia di Girgenti.

 

Racalmuto addì 14 giugno 1876.

 

Prima ch'io imprenda ad informare la S.V. Ill.ma sulle cose esposte nel reclamo della Società, in oggetto indicata, non sarà inutile lo accennare alle fasi, che subirono i partiti Municipali, in Racalmuto, a datare dall'anno 1860 a tutt'oggi.

 

Anteriormente alla rivoluzione dell'anno 1860, primeggiava in Racalmuto la famiglia Farrauto, e pel prestigio, che esercitava su questa popolazione detta famiglia, sebbene di principii alquanto retrogradi, continuò pure ad avere ogni ingerenza in questa Amministrazione Comunale, fino all'anno 1862.

 

Man mano che la famiglia Farrauto, dall'anno 1860 all'anno 1862, era andata perdendo di prestigio per l'opposizione, che le veniva facendo la famiglia Matrona, in allora composta di sette fratelli, la quale conoscendo che vi sarebbe stato il suo tornaconto a secondare il governo nazionale già instaurato anche in queste provincie, cercava di entrare a far parte di questa Amministrazione Comunale. E da quì incominciarono i rancori e gli odii tra le dette due famiglie.

 

Il territorio del Comune di Racalmuto, come in tutti gli altri territorii dei Comuni di Sicilia, nell'anno 1862, era scorazzato dalle bande dei renitenti e dei disertori delle due classi di leva militare degli anni 1860 e 1861, ed a queste unitisi i latitanti per reati comuni, nel settembre 1862, invasero questo paese commettendo atti vandalici, che non è mestieri ch'io rammenti alla S.V. Ill.ma.

 

Non potrei dire con certezza, se per quella influenza, che ancora esercitava la famiglia Farrauto o per qual altra ragione, il Comandante della truppa, che venne spedito in Racalmuto, per quella circostanza, fece eseguire l'arresto dei fratelli Matrona, come ritenuti complici nei fatti del Settembre 1862.- Ma chiarita presto la loro innocenza, vennero quasi subito lasciati liberi. In proseguo poi vennero arrestati taluni della famiglia Farrauto, e qualche aderente di quella, per lo stesso titolo pel quale furono arrestati i Matrona. Anche questi ultimi arrestati, dopo un lungo tempo, vennero ridonati a libertà, perchè quanto loro si attribuiva, non potè essere provato nelle vie giudiziarie.

 

In appresso le due famiglie Matrona e Ferrauto vennero tra loro a conciliazione, e per tal modo, ben presto riuscirono ad acquistare, in Racalmuto una certa supremazia, da riuscire cosa facile l'entrare a far parte di questa Amministrazione Comunale insieme ad altri loro aderenti, ciò che continuò ad essere fino a tutt'oggi, e fino a tutto l'anno 1874 senza incontrare ostacolo di sorta, se si eccettuano le guerricciole e gli screzii, che si andavano manifestando tra il partito Matrona, che così chiameremo sin d'ora, e l'altro che andava accentuandosi, capitanato dal Barone Sig.r Luigi Tulumello, giovine di qualche ingegno, e ricco per censo, ma di poca esperienza nelle vicende dei partiti sì politici, che amministrativi.

 

Questi screzi si andavano manifestando per la ragione, che in paese si facevano serpeggiare dei lamenti contro l'Amministrazione Comunale, per la gravezza delle imposte comunali. Le cose andiedero prendendo più vaste proporzioni, nei primi mesi dell'anno 1875, ed allorquando per altre piccole differenze sorte tra i socii dell'unico Casino di Compagnia, di cui facevano parte quasi tutti i civili di Racalmuto, senza distinzione di colore tanto politico, quanto amministrativo, una porzione di detti socii, aderenti al partito del Tulumello, tra i quali il Sig.r Giuseppe Matrona fratello dell'attuale Sindaco, si staccarono da detto Casino di Compagnia, e ne fondarono un'altro, che ora conta una quantità abbastanza rilevante di socii.- Quì le ire e gli odii tra questi due partiti si accrebbero e ne nacque una completa rottura.

 

Intanto si avvicinavano le elezioni parziali amministrative dell'anno 1875, ed ognuno dei due partiti si adoperava per riportare la vittoria a proprio favore. In questo stato di cose, oltrecché gli animi erano esacerbati; un proclama datato da Racalmuto, e pubblicato nel giornale, che viene in luce a Palermo, L'Amico del Popolo, venne ad aggiungere fiamma a fiamma. Perchè poi la S.V.Ill.ma possa apprezzare la sostanza di quel proclama, sebbene io sia persuaso, che non le giungerà nuovo, pure quì unito glielo trasmetto contenuto nel suddetto Giornale, come pure unisco altri due giornali nei quali trovansi le repliche a quel proclama.

 

Le Elezioni Amministrative ebbero il loro compimento, e riuscirono in senso favorevole al partito del Matrona. Questo proclama ebbe per conseguenza una sfida a duello, sfida che faceva l'attuale Sindaco Sig.r Cavalier Gaspare Matrona al Barone Sig.r Luigi Tulumello, creduto dapprima autore di quel proclama. Quel duello poi non ebbe il suo effetto, poichè rimase sospeso dopo essersi ricorso allo espediente di un giurì d'onore, di cui io non conosco il vero tenore, non essendomi riuscito di trovarne un'esemplare.

 

In quella circostanza il Sindaco Sig.r Matrona, a mezzo dei suoi aderenti, fece sentire alla Società di mutuo soccorso degli Operai in Racalmuto, che sarebbe stato suo compito smentire per le stampe le cose contenute in quel proclama a carico dello stesso Sindaco e dell'intera Rappresentanza Comunale. Detta Società anziché aderire a quella proposta, fece come suo quel proclama, e quindi la Società stessa invitò il Sig.r Sindaco Matrona, come socio onorario a giustificarsi delle accuse, che gli erano state fatte per quel proclama.

 

Nessun commento:

Posta un commento