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martedì 26 maggio 2015

dicevo allora

lunedì 2 aprile 2012

Carissimo Totò Petrotto

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certo questo non deve essere un buon momento per te: Ti ho licenziata, tempo fa, una mia difesa e non so neppure se l’hai letta. L’altra sera abbiamo discusso a lungo da Penzillo. Sei stato molto istruttivo. Ora so come davvero è nato “Giochi di potere”. Non ci sarei mai arrivato.

 

Hai parola fluida e scrittura efficace. Spero di poterti ospitare qui sul mio blog  (e di Racalmutese Fiero). Una preghiera: non lasciarti trasportare troppo dalla tua vis compulsiva che talora ti porta ad aggredire i tuoi avversari politici oltre i limiti di legge sulla stampa (e sui comizi).

 

Racalmuto ha due folte schiere: quella dei Totò (anche Racalmutese Fiero vi appartiene) e quella dei Liddi (di cui faccio parte). La prima schiera è piena di sale racalmutese in zucca, spesso sa essere solfurea contro i nemici, pugnace, talora signorile, ferace: onora davvero Racalmuto. L’altra schiera è variegata ed a pieno titolo vi faceva parte Liddu Marino, oltretutto gran fascista.

 

A me rivoltano le budella nel venire tacciato di contiguità mafiosa sol perché una triade capitanata da un omonimo omerico scrive occultamente cose per averle copiate purtroppo da certi nostri grafomani Autori. Se Racalmuto è mafiosa perché un paio di consiglieri o assessori fecero da teste a matrimoni di familiari di qualche ergastolano, i miei trent’anni di studi storici locali vanno proprio a farsi benedire.

 

Se piccoli favori, se predilezioni familiari, se preferenze amministrative, se licitazioni private con occhio di riguardo, se assunzioni consone alle teoriche di Carl Schmitt sul dualismo amicus-hostis, se le piccole birbanterie di chi poco dispone, etc. con similia minimalia, sono le stigmate di una mafia endemica, allora dobbiamo considerare mafiosa tutta la classe politica italiana, tutta l’alta burocrazia, e vorrei inoltrarmi ma prudenza impone cautela. Se bruciano dodici camion, racalmutese è sicuramente la vittima, ma racalmutesi non paiono gli abili scherani esecutori di chissà chi che stento a credere racalmutese. La mafia allora è altrove, non certo nel Consiglio Comunale, non mi pare a Racalmuto.

 

 Tu mi parlavi di vicende non commendevoli di togati: valle a provare … o meglio si potrebbe ma con mutande di bandone nel retrostante. Io comunque non dispererei, ma solo se si dispone di tanta accortezza lessicale e di molta serenità accusatoria.

 

Giustamente facevi notare che le ditte mafiose avevano elogiativi nullaosta prefettizi. Ma anche i buoni possono tralignare .. così come i cattivi possono convertirsi (non pentirsi per lucrare riprovevoli indulgenze). Parlavi di “parva materia” e di questa il giudice non dovrebbe curarsi. Ma a Racalmuto non c’erano PRETORES sibbene PRETORIANI.

 

Dici che tutto si deve scaricare sui beneficiari della legge Bassanini… Ma qui non ti seguo molto. Anche se cretini i dirigenti sono i fiduciari dell’organo apicale – e nel caso nostro, dell’organo monocratico quale è in definitiva il sindaco: scatta sempre una vigilanza da cui può discendere la culpa in vigilando. E poi i cretini, se colpevoli di indebito, vanno rimossi prontamente; cosa che mi pare non ignota a Racalmuto.

 

Accusare altri di analoghe colpe oltre che inelegante non è mai stato esimente per alcuno: il così fan tutti non assolve nessuno .. . anche se gli altri fanno peggio. Fare tesoro invece delle proprie leggerezze per il rilancio di una politica più accorta, più sapiente, più esperta, beh! ciò è auspicabile. Mi viene da ridere quando imberbi presumono di potersi mettere a capo di una complessa macchina ammnistrativa quale un comune – diremmo noi aziendalisti – forte di un fatturato annuo di trenta-quaranta milioni di euro. E sono patetici coloro che reputano la Mecca dell’impiego il posticino tra la massa “a contratto”. E considerano perversi quelli che quei posticini li danno ai loro protetti, che eccelse menti non saranno se non riescono ad occuparsi in idonei “spazi vitali”. E andar via da uno “spazio vitale” così striminzito quale il Comune non è fuggire ma solo trovare quello, di spazio vitale, che risulta consono alle proprie capacità intellettuali, alla propria cultura (che si acquista con sacrifici, con lo studio, con la serietà di vita). L’Italia sarà in crisi, ma spazio per grandi affermazioni individuali ce n’è ancora tanto e ce ne sarà ancor di più. Parola di un vecchio ottimista di fede marxista.

Calogero Taverna

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