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martedì 7 luglio 2015

storia infinita


La fosca storia del chierico Vella.


Sulle vicende del chierico Vella fornisce notizie Mons. De Gregorio:[1]
«Le controversie poi per la giurisdizione o esenzione ecclesiastica non erano infrequenti.
«A Racalmuto il chierico in  minoribus Jacopu Vella fu “infamato” della morte di un vassallo del Conte il quale lo fece arrestare e volle procedere contro di lui, nonostante monitori e censure, e per sottrarlo al vescovo lo fece prima portare nelle carceri di Palermo e poi in quelle di Agrigento.
«“In detta terra li preti e clerici non godono franchezza nixuna et per ordine del conte non si da la franchezza della gabella et mali imposti et comprano come li seculari denegandoli la franchezza.
«”In detta terra, essendo mandati Vincenzo Carusio, sollicitaturi fiscali, e Giuseppi Gatta commissario per prendere a notaro Oruntio Gualtieri, foro detenuti dalli uffiziali temporali, carzerati per molti giorni tenendoli  a lassari exequiri l’ordini contra detto prosecuto”.
«Nella stessa terra lungamente il conte contrastò con il vescovo e il capitolo per il diritto di spoglio alla morte dell’arciprete Michele Romano.»
*   *   *
Nei registri della Matrice si hanno, tra l’altro, notizie sulla morte del detto arciprete. Nel libro dei matrimoni del tempo si annota, ad esempio: «die 28 Julii X Ind. 1597. Incomensa lo conto delli inguaggiati dopo la morte del arciprete don Michele Romano.»

Il benefizio di Sant’Agata.



Al Vescovo di Agrigento facevano dunque gola i beni dell’arciprete racalmutese.
Rimane ancora l’eco di un suo maneggio sui beni di S. Agata.
Non si  sa se nel 1596 sorgesse nel Beneficio di S. Agata una qualche omonima chiesa.  In uno studio del 1908 [2], F. M. Mirabella illustrava la figura di «Sebastiano Bagolino, Poeta latino ed erudito del Sec. XVI». Vi si parla anche dei difficili rapporti del poeta ed il vescovo di Agrigento Giovanni Horozco Covarrusias e Leyva di Toledo.
«Certo è che - si legge a pag. 188 - della sua traduzione [fatta dallo spagnolo in latino di alcune opere del vescovo] il Bagolino non si tenne adeguatamente compensato. Aveagli il vescovo fatto l'onore di ammetterlo alla sua mensa; aveva anche conferito a don Pietro Bagolino, fratello di lui, prima i beneficj di Santa Lucia e di S. Margherita in Castronovo, di S. Agata in Racalmuto, di S. Maria Maddalena in Naro, di S. Leonardo fuori le mura di Girgenti, e poi quello di S. Pietro nella stessa Girgenti col reddito annuo di 250 ducati. Ma questo al poeta non pareva un guiderdone condegno.»

Il nobile Girolamo Russo, marito della figlia spuria di Giovanni del Carretto.


Sul genero del conte Giovanni siamo in grado di fornire qualche cenno anagrafico, desunto dai registri della Matrice.
ATTI DI BATTESIMO (Battesimo di tre bambini del nobile Russo)
data di battesimo    Cognome              Nome            Paternità                 Maternità    

3 luglio 1596           RUSSO        Francesco Maria  Girolamo sig.           Sabetta, donna               

3 luglio 1598           RUSSO        Margherita           Gironimo don          D.a Elisabetta

10  gennaio 1600          RUSSO        Giuseppe              Gerolamo, don        Elisabetta                      
Padrini dei battesimi sono i coniugi Vincenzo e Caterina Piamontesi.

I Piamontesi ed altri “magnifici” di Racalmuto.


I Piamontesi fanno parte della ristretta cerchia dei notabili del paese e vengono fregiati con l’appellativo di Magnifico. Sono “magnifici” a Racalmuto, al tempo del censimento del 1593:
(limitandoci a quelli che ricaviamo dal  Rivelo allegato:)



112
2
223
AFFLITTO (D') CARLO MAGNIFICO
CAPO DI CASA DI ANNI 35 - JOANNELLA SUA MUGLERI - GIRARDO SUO FIGLIO DI JORNI  - ANGELICA SUA FIGLIA - URSULA SUA FIGLIA - UNA CITELLA DI CASA
9
2
232
ALAIMO (DI) LU M.co PETRO
CAPO DI CASA DI ANNI 44 - MARUZA SUA MUGLERI - FRANCESCO SUO FIGLIO DI ANNI 9 - JOSEPPI SUO FIGLIO DI ANNI 5 - MARCO ANTONI DI ANNI 2 SUO FIGLIO - CATHERINA SUA FIGLIA - UNA CITELLA DI CASA
154
3
159
BALDUNI M.co FRANCESCO
30 - ALFONSINA M. - BARTHULO SUO FIGLIO DI ANNI 15 - JO: ALOISI F. 12 - BEATRICELLA F. - LAURIELLA F. - RUSELLA F. - PAULA BERTHOLINO SUA CITELLA - JOANNA ALTRA SUA CITELLA
65
3
226
CACHIATURI Mco JOSEPPI
42 - JOANNELLA M-JOSEPPI F 11CATHERINA F. - FRANC.lla FIGLIA - CONTIS:lla FIGLIA
19
3
82
MONTILIUNI Not. Mco COLA
CAPO DI CASA DI ANNI 37 - JOANNELLA SUA MUGLERI - ANTONINO SUO FIGLIO DI ANNI 11 - JO: BATTISTA SUO FIGLIO DI ANNI 7 - GIOSEPPI SUO FIGLIO DI ANNI 2 - COSTANCELLA SUA FIGLIA - PAULINA LA PUZZA SUA CITELLA DI CASA
71
3
232
PIAMONTISI MAG.co ANIBALI
CAPO DI CASA DI ANNI 38 - MARUCZA SUA MUGLERI - ANTONIA SUA FIGLIA
3
3
66
PIAMONTISI Mco ADARIO
CAPO DI CASA DI ANNI QUARANTA INCIRCA 40 - Mca ANTONELLA PIAMONTISI  SUA MUGLERI - JOANNI SUO FIGLIO DI ANNI DECI 10 - MARUCZA SUA FIGLIA
25
3
49
PIAMONTISI Mco JACOPO
44 - BIATRICELLA S. MUGLERI - UNA SCAVA
731
3
84
SANGUINEO M° MASI
45 - BEATRICELLA M. - JACOPO F. 20 - GASPARO DI PETRA SUO GARZUNI DI ANNI 14
727
3
80
UGO (DI) Sr ANGILO
32 - PETRUCIA SUA MUGLERI - JOSEPPI S. F. 13 - GASPARO S. F. ANNI 5
15
3
78
UGO (DI) Mco GIOSEPPI
40 - Mca CATHERINELLA M. - VINCENZO F. 5 - PETRONILLA S. F. - GIOVANELLA S. F. - VINCENZA S. F. - DECO SUO FIGLIO MISI TRE - DUI SCAVI UNO MASCULO ANNI 15 UNA FIMMINA
723
3
76
VILARDO ANTONI M.°
30 - JOANNELLA M. - JOSEPPI F. 9 - FRANC.lla - CONSTANZA - INNOCENTIA - ANGELA - FANIA SUE FIGLIE



Abbiamo anche:
·      Amella Gianfrancisco magn.co
che forse abitava al Monte.
Desta una qualche curiosità una famiglia VUO. Le carte della Matrice accennano a questo inconsueto battesimo:



30
4
1598
Giorgi
Vuo
Giorgi di Vuo 'adulto' b.to per don Gioseppe d'Averna p.ni don Francesco Guarraci e Blevis e soro Gioanna Piamontisi
30
4
1598
Caterina
Vuo
Cat.na di VUO 'adulta' per il suddetto patrini Vic.o Piamontisi e Cat.na sua moglie





Sembra trattarsi di due convertiti, ma non sappiamo da quale religione.

I burocrati nella Racalmuto della fine del ’500.


 Ci siamo di già soffermati sulla procedura seguita da don Cesare del Carretto al tempo della investitura di Racalmuto nel 1583 in nome e per conto dell’assente don Giovanni del Carretto. Reiterare qui quei nomi di burocrati racalmutesi del ‘500 non ci pare ozioso:
·      Castellano: Chiccarano Giovanni Bartolo;
·      Secreto: Piamontesi magnifico Jo: Antoni;
·      Capitano: Tudisco Artale;
·      Giudice: Monteleone Nicolò;
·      Mastro Notaro: Fanara Rayneri;
·      Giurati Rizzo m.° Martino; Monreali Antonucio; Vaccari Filippo e Capoblanco Nicolò;
·      Ufficiali fiscali: Puma magnifico Jacobo e Cachiaturi no: Paolo.


IL MERO E MISTO IMPERO

Nel 1582, nel testamento di don Girolamo del Carretto primo conte di Racalmuto, il lascito a Don Giovanni quarto comprende, senza ombra di equivoco, la contea di Racalmuto con il «..mero et misto imperio dicti comitatus ac titulo dicti comitatus aquisito  per dictum dom. testatorem ...».
Ma viste le successive contese, giocò forse il fatto che nel più importante privilegio di casa del Carretto - quello della sua erezione a contea con firma autografa di Filippo II di Spagna - latita un esplicito richiamo al mero e misto impero, anche se non mancano le locuzioni equipollenti.[3]
Tra le varie clausole scegliamo questa (che traduciamo dal latino):
«Concesse e concede a Don Giovanni del Carretto, suo figlio primogenito, successore indubitato in detto stato, terra, titolo, feudi .. con le modalità specificate .. il predetto stato e contea di Racalmuto .. con tutti i suoi singoli feudi, gabelle, mercati, terre, terraggi, terraggioli, censi, servitù,  giurisdizioni civile e criminale, mero e misto impero, con il titolo e la dignità di conte.»
Concetto che ritorna subito dopo: « Del pari, doniamo tutti ed integralmente i beni stabili e mobili, allodiali e burgensatici, redditi, diritti, censi e tutti gli altri diritti, .. nonché il detto stato di Racalmuto con tutti i singoli relativi feudi, gabelle, mercati, terre, terraggi feudali, giurisdizioni civile e criminale, nonché il “mero e misto impero” con la dignità ed il titolo di conte...».

Nel Privilegium concessionis Comitatus Racalmuti in personam Don Hieronimi  de Carretto[4], dopo la buriana dell’esecuzione per alto tradimento dell’ultimo Giovanni del Carretto, il “mero e misto impero” non si dubita neppure essere prerogativa della Contea di Racalmuto.
Il diploma regio è chiaro: «...il feudo, lo stato ed il titolo confiscati, doniamo, rimettiamo, con la nostra indulgenza, ed a te don Girolamo del Carretto e Branciforti doniamo di nuovo e concediamo, investendotene, il feudo e la contea di Racalmuto, con la sua terra, i suoi dominî, il vassallaggio e con tutti i suoi singoli feudi e territori, nonché la baronia come si dice di Gibillini e Fico, entro i loro confini, con le case, i mulini, i corsi  d’acqua, i boschi, e con tutte le altre singole cose della detta Contea e Baronia e relative pertinenze, comunque e dovunque inerenti, unitamente all’integrità dello stato con ogni sua causa e modo, nonché alla giurisdizione, il mero e misto impero, la ’baglîa’, le gabelle, i censi e tutti gli universi singoli diritti a detta Contea e Baronia spettanti, con tutte le prerogative, dignità, preminenze e clausole come tuo padre e tuo nonno ed i tuoi antecessori legittimamente avevano avuto, tenuto e posseduto ... »
  
Resta ancora poco chiaro come venissero corrisposti i pesi feudali ai Del Carretto, se in natura (come i termini “terraggio” e “terraggiolo” fanno pensare) o in contanti (come tanti atti dell’epoca lasciano intendere) o in forma mista.

Non vi erano solo i diritti feudali veri e propri, ma anche i beni allodiali della famiglia del Carretto, per la gran parte in mano ai rami cadetti (che erano soliti dimorare ad Agrigento) a motivo forse del dispersivo gioco del ‘paraggio’.



 

Lo stato di Racalmuto
Le terre dello stato di Racalmuto, soggette a vincolo feudale, non si estendevano per tutto il territorio extraurbano: un qualche rilievo di autonomia mostra intanto, come si è visto,  la contrada della Menta (sempre dei del Carretto) che talora viene denominata ‘feudo’. Sono dei del Carretto i fertili fondi di Garamoli, ma appaiono come terre allodiali.
Lo stato di Racalmuto parte dalla contrada di Cannatuni (come ai giorni nostri)  e da quel versante nord va verso ponente: coinvolge Santa Margaritella e Santa Maria di Gesù, arriva alle porte di Grotte (Rina o Scavo Morto); si diffonde nella fertile piana di Fico Amara o Fontanella della Fico; sale sulla Montagna; gira per Rocca Russa e per Bovo; annette una parte del Serrone (un altro versante è detto appartenere al feudo di Gibbillini); scende per Judio, Malati, Casalvecchio e Saracino,  annettendo le contrade di San Giuliano, Baruna[5] e Difisa; e chiude quindi l’irregolare circonferenza inerpicandosi per le contrade della Pernice fino a Quattro Finaiti.
Menta, Noce, Garamoli Roveto e Zaccanello sono pertinenze del feudo dei Del Carretto, ma hanno una loro distinta configurazione.
Negli atti notarili non sempre è chiara la peculiarità feudale di queste terre dei del Carretto che talora vengono segnate come un distinto ‘feudo’ (fego della Menta o della Nuci), tal altra no, e comunque, come si è visto per l’indebitamento granario di don Federico del Carretto, restano talora attratte nell’intreccio delle doti di ‘paragio’ dei cadetti e delle figlie di quella famiglia.
L’importanza dei possedimenti di Garamoli si coglie da questa pagina della ‘Fabrica’[6] della Matrice del 1658.  La fiumara di Garamoli doveva essere contornata da un bosco  fitto con alberi ad alto fusto. Da lì si ricavava il legname per costruzione, fonte di grossi affari.
La famiglia Napoli, quella degli Alcello e l’altra dei Gueli fornivano maestranze specializzate, ben pagate per l’epoca.
·      Per coprire il tetto della Matrice occorrevano “burduna” di enormi proporzione. Si trovavano nel mezzo della fiumara di Garamoli. Per trarli fuori provvede la maestranza  ma soprattutto un nugolo di nerboruti facchini che vengono pagati in modo inconsueto: con salsicce e vino. Leggiamo in quei documenti:
·      alli d. di Gueli et Napoli et suo figlio per havere andato in Garamoli per sbarrare li travetti et li burduna n.° tre che mancano al complimento della nave tt. 11.10;
·      per havere fatto portare dui carichi di travetti di Garamoli tt. 5;
·      più per havere fatto venire dui burduna da Garamoli tt. 20;
·      e più per pani salzizza e vino a vinti homini che uscirno detti burduna dentro la fiumana  e ni portaro uno tt. 15.8

Piena autonomia ha invece sempre il feudo di Gibbillini. Feudi dei dintorni di Racalmuto sono - stando a certi atti notarili - quelli Di Grotte, del Chiuppo, di Scintilia e del Nadore.




I dintorni di Racalmuto (secondo antichi atti notarili).


            N.°
CONTRADA
NOTA
TOPONIMO ATTUALE
N.° pr.
N.° Mappa
1
Baruna
Racalmuto (fego) ottobre 1714
Barona
8
21
2
Bovo
Racalmuto (fego)
Bove
12
41,42,43
3
Canalotto
Racalmuto (fego)
Canalotto
15
45
4
Cannatuni
Racalmuto (fego)
Cannatone
16
1
5
Carcarazzo
Racalmuto (fego)
   ==


6
Carcia
Racalmuto (fego) confinante con le terre dello  stato
   ==


7
Carmine
Racalmuto (fego)
Carmelo
19
42,44,45
8
Carmine
Grotti (fego)
   ==


9
Carpitella (anche P.ta Carpitella)
Racalmuto (stato)
Carpitello
20
0
10
Casa Murata
Racalmuto (fego)
  ==


11
Casali Vecchio
Racalmuto (fego)
Casalvecchio
21
47,48
12
Casalivecchio
Racalmuto (stato)



13
Castello
Gibbillini (fego) [1687]
Castelluccio
22
27
14
Cava
Racalmuto
   ==


15
Colmitella
Racalmuto (fego)
Culmitella
34
64
16
Cortigliazzo
Racalmuto (fego)



17
Cuti
Racalmuto (confinanti con li terri dello stato di Racalmuto)
Cute
35
67
18
Difisa
Racalmuto (fego)
Vallone della Difesa
19
Donnaphali (o Donnagali o Donnaxhala)
Racalmuto (fego)
Donna Fara
37
2,3
20
Ferraro
Gibillini
Ferraro
41
6,9,23,25
21
Fico (o Fontana della Fico)
Racalmuto
Fico
43
31
22
Fico Amara
Racalmuto (confinante con le terre dello Stato di Racalmuto e con il fego dello Chiuppo)
Fico Amara
44
75
23
Filippuzzo
Gibbillini (fego)
   ==


24
Funtana Dulci
Nadore (fego)



25
Funtanelli
Gibbillini (fego)
Fico Fontanella
45
18, 30
26
Garamoli
Racalmuto (fego)
Garamoli
52
60,61,69
27
Gazzella
Racalmuto (fego)
Gazzella
54
57,59
28
Granci
Racalmuto (fego) confinante con 'finaita della Scintilia)
Granci
59
68,69
29
Granci
Racalmuto (fego) nel fego della Scintilia


30
Jacuzzo
Racalmuto (fego)
Jacuzzo
64
4
31
Judio
Racalmuto (fego)
Giudeo
58
46
32
Laco
Racalmuto (fego)
   ==


33
Macalubbi
Gibbillini (fego)
   ==


34
Malati
Racalmuto
Malati
70
47
35
Manchi
Racalmuto (fego)
   ==


36
Mandra del Piano
Gibbillini (fego)
Mandra di Piano
73
39
37
Marcatello
Racalmuto (fego)
   ==


38
Marcianti
Racalmuto (fego)
   ==


39
Marzafanara (o Marzo Fanara)
Racalmuto (fego)
Fanara
40
57, 58, 60
40
Menz'Arata (o Mazzarati)
Racalmuto (fego)
Mezzarati
78
65,66,67
41
Mindulazza
Nuci (fego)
Mendolazza
76
68,69
42
Montagna
Racalmuto (fego)
Montagna
80
41,42
43
Muluna
Gibbillini (fego)
Mulona
81
35,36,51,52
44
Nina
Racalmuto (fego)
Vecchia Nina
138
71, 72
45
Nuci
Racalmuto (fego)
Noce
82
68,70,71,75
46
Nuci
Menta (fego)



47
Nuci e Menta
Racalmuto (stato)
Menta
77
61,63,71,72
48
Padre Eterno
Racalmuto
Padre Eterno
85
18
49
Pernici
Racalmuto
Pernice
90
3
50
Petra dell'Oglio
Racalmuto
Pietra dell'Olio
94
22
51
Petranella
Racalmuto (fego)
   ==


52
Pidocchio
Racalmuto (fego)
   ==


53
Pini di Zicari
Racalmuto (fego)
Piedi di Zichi
92
44
54
Pinnavaria
Racalmuto (fego)
   ==


55
Pumi (contrata delli Pumi)
Menta (fego)
Portella di Puma
100
63, 64
56
Puzzo
Gibbillini (fego)
Puzzo
103
35,48,49
57
Rina
Racalmuto
Arena
6
17
58
Rocca
Racalmuto



59
Rocca Russa
Racalmuto (fego)
Rocca Rossa
108
59
60
Rovetto
Racalmuto (fego)
Roveto
111
46
61
San Giuliano
Racalmuto (fego)
San Giuliano
120
21
62
San Gregorio
Racalmuto
San Gregorio
121
31
63
Sant'Anna
Gibbillini (fego)
Sant'Anna
115
33
64
Santa Domenica
Racalmuto (fego)



65
Santa Maria di Gesù
Racalmuto fego)
Santa Maria
122
19, 20
66
Saracino
Racalmuto (fego)
Saracino
124
21
67
Savuco
Racalmuto (fego)
   ==


68
Scacci
Racalmuto
Scaccia
125
47, 66
69
Scala
Racalmuto (fego)
Scala
126
62
70
Scavo Morto
Racalmuto (fego)
Arena
6
17
71
Scifitello
Racalmuto (fego)
Scifi di S. Bernardo (?)
127
25
72
Serrone
Racalmuto (fego)
Serrone
128
44,46,62
73
Serrone
Gibbillini (fego)



74
Stazzone
Racalmuto (fego)
   ==


75
Surfara
Racalmuto (fego)
   ==


76
Troiana
Racalmuto (fego)
Troiana
133
18
77
Turri di Barba
Racalmuto (fego)
   ==


78
Vallone della Difisa
Racalmuto (stato)
Vallone della Difesa
135
20
79
Zaccanello
Racalmuto
Zaccanello
143
63
80
Zubio
Racalmuto (fego)
Zubbio
144
33






Racalmuto secondo il rivelo del 1593.

 

I beni ecclesiastici di Racalmuto.


Il singolare vescovo di Agrigento Horozco, con cui già ci siamo imbattuti, ebbe modo d’interessarsi delle finanze ecclesiastiche concernenti Racalmuto nella seconda “Relatio ad limina” della diocesi di Agrigento, datata 1599 (la prima è del 14 settembre, VIII^ ind. 1599[7]). Il vescovo dichiarava di essere affetto dalla sciatica «per la quale gli fù bisogno andare alli bagni » e pertanto non «hà possuto venire personalmente a baciar i piedi di Nostro Signore e visitare li santi Apostoli». Non era più suo fiduciario l’arciprete di Racalmuto don Alessandro Capoccio. Al suo posto aveva prescelto come suo mandatario per la visita tridentina al Papa Giovanni Chimia. Lo stato di infermità del vescovo veniva certificato da un appartenente all’odiata famiglia dei Del Carretto, appunto da quel don Cesare del Carretto, preso di mira dall’Horozco nel libello prima cennato. Non si poteva evitare: il 17 di agosto 1598 il potente (e prepotente) don Cesare era “juratus civitatis Agrigenti” [cfr. Relatio cit. f.15].
Dalla documentazione vaticana risulta che la “Ecclesia Cathedralis Agrigentina” era in grado di “ingabellare”  9.500 onze di rendita diocesana. In via diretta o indiretta, Racalmuto è così chiamato in causa:
·      al 15° posto risulta censita la “prebenda di Racalmuto che vale di Mensa onze 130”;
·      tra i “Beneficij semplici de Mensa”, al n.° 3 viene rubricata “la prebenda Teologale [che] si dà al Teologo quale eligino il Vescovo ed il Capitulo: è titulo di Sta Agata [che sappiamo di Racalmuto, come sappiamo che talora il vescovo la utilizzava non per remunerare teologi ma il fratello di un letterato, per come abbiamo sopra visto, n.d.r]: [vale] onze 100[8];
·      l’arcipretura di Racalmuto è segnata al n° 12 e “vale de mensa onze 250”.
Tirando le somme, i racalmutesi a fine secolo XV erano chiamati per decime religiose e tasse episcopali a qualcosa come onze 480, senza naturalmente includervi tutti gli oneri di battesimo, matrimonio morte e simili, da conteggiare a parte. Era un gravame misurabile in tarì 3 e 5 grana annui pro-capite.
Ma, allora - come del resto anche oggi - le pubbliche autorità, civili e religiose, non amavano riscuotere direttamente le loro tasse: le davano in appalto (in gabella, recita il documento) e gli aggi esattoriali Dio solo sa a quanto ascendessero. Pensare ad un 25% d’aggravio è forse da ottimisti.


ARCIPRETI E SACERDOTI NELLA SECONDA META’ DEL CINQUECENTO

 

Don Aloysio (Lisi) Provenzano


Questo sacerdote traspare dai registri di battesimo e di matrimonio della Matrice. Il suo ministero sembra discontinuo. Nel biennio 1575-1576 dovette avere funzioni di cappellano ed il suo nome si alterna con quello di don Vincenzo d’Averna negli atti di battesimo. Ancora nel 1581 è uno degli officianti della Matrice ed il 19 settembre 1581 battezza Paolino d’Asaro, fratello del pittore e futuro sacerdote racalmutese.
In tale veste compare sino al 1584, dopo subentrano altri cappellani come don Paolino Paladino e don Francesco Nicastro. Don Lisi Provenzano riappare successivamente nei documenti della Matrice, ma come teste nella celebrazione di matrimoni (ad es. il 28 settembre 1586) o come semplice padrino in battesimi (come quello di Francesco Castellana del 3.10.1587 ).
La sua presenza a Racalmuto è attestata sino al 1593 come dal seguente atto di matrimonio, da cui però risulta che il Provenzano non è più cappellano della Matrice.
La figura di d. Lisi Provinzano emerge invero da un documento dell’Archivio Vescovile di Agrigento che risale al 31 ottobre 1556. Se ne ricavano alcuni tratti biografici. Ma soprattutto è la vita paesana a metà del XVI secolo che traspare. Val quindi la pena di riportarne alcuni brani.
Siamo stati supplicati da parte del Rev. presti Aloysio Crapanzano (ma trattasi di Provenzano) ... del tenor seguente: .. da parte del rev. presti Aloisio Provenzano della terra di Racalmuto, subdito della giusridizione di V.S.  ... In tempi passati venendo a morte lo condam ... di Salvo della ditta terra, fece il suo testamento agli atti dell’egregio condam notaro Vito Jandardoni et per quello inter alia capitula legao all’esponente pro Deo et eius anima et in satisfatione de suoi peccati tarì dudici anno quolibet sopra tutti li soi beni hereditari durante la vita di esso esponente per una missa da dovirisi diri in die lunae cuiusvis hebdomadis .. in ecclesia Sancti Francisci dictae terrae per ipse esponente. Et mancando, che tali  tarì dudici li havissero li frati di ditto convento durante la vita di esso esponente, si como per ditto legato appare in ditto testamento fatto ni li atti de ditto notaro Vito 21 novembre iiij ind. 1545. Et perché lo esponente si trovao absenti da ditta terra alla morte del ditto testatore, che havea stato in Palermo et ad altri parti per soi negotij et non habbi mai notitia di tale legato et li frati di ditto convento quello si exigero con diri che ipsi voleano dire tali missa.
Appena saputa la faccenda del legato, il sacerdote si dichiara disponibile alla celebrazione della messa per l’anima del di Salvo. Ma i frati sono riluttanti e non consentono al Provenzano di celebrare quella messa nella chiesa del loro convento. Quindi il sacerdote si trova nell’impossibilità di adempiere all’obbligo nelle modalità volute dal testatore. Egli non può celebrare
ditta missa per la repugnantia di ditti frati in la loro ecclesia; pertanto supplica V.S. sia servita provvedere et comandare che ipso exponente possa satisfare la volontà di ditto defunto in diri la missa ogni lune cuiusvis hebdomadis in alcuna altra ecclesia in ditta terra di Racalmuto ben vista a V.S. Rev.da et comandare alli heredi di ditto defunto che di ditti tarì dudici anno quolibet  staiono de rispondere et quelli dari allo esponente con la conditione ordinata e fatta per lo defunto che quando mancasse per sua colpa e defetto recada al ditto convento di santo Francesco. Et ita petit et supplicat. ..
Il vicario generale dell’epoca don Rainaldo dei Rainallis dà quindi disposizioni al vicario del luogo perchè faccia un’inchiesta e ragguagli il vescovado.
Quel che emerge con chiarezza è dunque la vita piuttosto girovaga di questo nostro prete del Cinquecento che per affari si reca a Palermo ed in altre località ed è tanto affaccendato da non sapere neppure di un legato in suo favore. Non meraviglia certo che il di Salvo s’induca a lasciare a favore di questo sacerdote, durante vita, un legato di dodici tarì per una messa la settimana, il giorno di Lunedì, da celebrarsi nella chiesa di S. Francesco. Le disposizioni testamentarie pro Deo et anima in remissione dei propri peccati investivano i vari strati della popolazione. Non sorprende che i frati siano riluttanti a concedere il permesso di celebrare nella loro chiesa a sacerdoti secolari. Se messe di suffragio sono da dire, possono benissimo essere loro ad adempiere ogni volontà testamentaria al riguardo. Ovviamente percependone le elemosine. A chi abbia dato ragione il Vicario Generale, se ai frati o a d. Lisi Provenzano non sappiamo, ma propendiamo a credere che sia stato quest’ultimo a venire favorito. Non per nulla, qualche anno dopo il sacerdote si stabilisce a Racalmuto e qui svolge funzioni da cappellano.
Il documento è comunque importante perchè ci fornisce qualche dato sul convento e sulla chiesa di S. Francesco. L’uno e l’altra erano dunque operanti da prima del 1545. Stanziano a Racalmuto padri francescani che dispongono della chiesa ed erano sottratti alla giurisdizione del vescovo agrigentino. Nella visita pastorale del 1540-43, il vescovo Tagliavia omette ogni riferimento ai francescani. Eppure abbiamo motivo di ritenere  che essi fossero già insediati. Nel 1548 il convento possedeva una bottega in piazza e ciò risulta dalla bolla di riconoscimento della confraternita di S. Maria di Juso  datata 21 maggio 1548 ( A.C.V.A. - Registro Vescovi 1547-48, p. 142).
Con i padri dell’Ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco, ebbe dunque a confliggere don Lisi Provenzano attorno al 1556 per un legato del 1545. Il convento francescano precede quindi di almeno 15 anni il 1560, data ritenuta di fondazione dal Tossiniano. Al 1560 risale, invero, il testamento di Giovanni del Carretto che accenna alla chiesa di S. Francesco ed al convento ma in questi termini:
Del pari lo stesso spettabile Testatore volle e diede mandato al predetto d. Girolamo del Carretto, suo figlio primogenito ed erede particolare, di far celebrare delle messe nel convento di S. Francesco di detta terra. Inoltre dispone che sia costruita una cappella in un luogo da scegliersi in detta chiesa dal suddetto erede particolare ed a tal fine saranno da spendere 100 onze entro due anni dalla morte del testatore. La Cappella è da fabbricarsi per l’anima del predetto testatore e dei suoi predecessori.
Inoltre decide di venire sepolto nella chiesa di S. Francesco con l’abito francescano:
Item elegit eius corpus sepelliri in Ecclesia Sancti Francisci dictae Terrae indutus ordinis ditti Sancti Francisci et ita voluit, et mandavit.
Anche da qui emerge che S. Francesco esisteva da tempo.
Il Sac. Lisi Provenzano visse, dunque, gli anni del suo sacerdozio tra Palermo, altri luoghi e Racalmuto. Ordinato già nel 1545, all’epoca cioè del testamento del di Salvo, nacque a Racalmuto qualche tempo prima del 1520. Morì attorno al 1597.
Nel 1584 fa una donazione alla chiesa di S. Maria Inferiore (di Gesù) di tt. 6 annui, cedendo un censo annuo su una casa una volta appartenuta a Violante Petruzzella:
Actus donationis o. - 6.
Pro ven: Eccl. Sanctae Marie inferioris - cum p.ro Aloisio Provenzano.
Die xxiiij° septembris xiij^ ind. 1584
Reverendus presbiter Aloisius Provenzano de Racalmuto coram nobis mihi notario cognitus pro anima sua titulo donationis et omni alio meliori modo sponte cessit et cedit ven: Eccl. Sanctae  Mariae Inferioris dictae terrae per eum Mattheo La Paxuta rettore mihi cognito omnia jura quae et quas habuit et habet in et super tt. 6 census quolibet anno solvendi contra magistrum Joseph Cachiatore super domo olim Violantis Petrocella virtute contractus  facti in actis meis die etc.
Testes m.j Joseph Lomia et Jacobus de Poma.

Arciprete Gerlando D’Averna


Con bolla pontificia del 13 novembre 1561 ( Archivio Segreto Vaticano - Registri Vaticano - Bolla n.° 1911 -  f. 211 e ss.), Pio IV nomina arciprete di Racalmuto don Gerlando D’Averna (chiamato nel documento Giurlando de Averna). La bolla viene indirizzata al diletto figlio, arciprete e rettore della chiesa di S. Antonio di Racalmuto, diocesi di Agrigento.
Pius episcopus servus servorum Dei. Dilecto filio Giurlando de Averna rectori archipresbitero nuncupato parrochialis ecclesiae archipresbiteratus nuncupatae Sancti Antonij terrae Rachalmuti Agrigentinae diocesis, salutem et apostolicam benedictionem.
E’ del tutto rituale l’apprezzamento che giustifica la concessione papale del lontano beneficio dell’arcipretura racalmutese, ma è pur sempre un riconoscimento di meriti:
Vitae ac morum honestas aliaque laudabilia probitatis et virtutum merita, super quibus apud nos fide digno commendaris testimonio, nos inducunt ut tibi reddamur ad gratiam liberalem.
Ci appare oggi strano come una prebenda così striminzita fosse di concessione pontificia. All’epoca era invece una consuetudine ed il papa mostra di esserne un custode geloso et attento. Ne fa accenno nel corpo della stessa bolla, dichiarando illegittima ogni usurpazione da parte di qualsiasi autorità:
Dudum siquidem omnia beneficia ecclesiastica cum cura et sine cura apud Sedem apostolicam tunc vacantia et in antea vacatura collationi et dispositioni nostrae reservavimus, decernentes ex tunc irritum et inane si secus super hijs a quacumque quavis auctoritate scienter vel ingnoranter contingeret attemptari.
In un siffatto quadro giuridico si colloca, dunque, il beneficio di Racalmuto, un beneficio che, comunque, tal Sallustio - già rettore ed arciprete di Racalmuto - non ha reputato utile mantenere e l’ha restituito nelle mani del Papa.
 Et de inde parrochiali ecclesia archipresbiteratus nuncupata Sancti Antonij terrae Rachalmuti Agrigentinae diocesis per liberam resignationem dilecti filij Salustij humilissimi nuper ipsius ecclesiae rectoris archipresbiteri nuncupati, de illa quam tunc obtinebat in manibus nostris sponte factam  et per nos admissam apud Sedem predictam vacantem.
L’arcipretura di Racalmuto, cui rinuncia anche il chierico Cesare, viene alla fine assegnata al D’Averna per i suoi meriti:.
Noi, quindi vogliamo concederti una speciale grazia per i tuoi premessi meriti, e assolvendoti da ogni eventuale censura, disponiamo che tu ottenga tutti i singoli  benefici ecclesiastici con cura e senza cura (d’anime) e tutto quanto ti compete in qualsiasi modo, comunque e per qualsiasi quantità; ed in particolare gli annessi frutti, redditi e proventi che costituiscono una pensione annua di 24 scudi d’oro italiani secondo la ricognizione fatta dalla Santa Sede quando ebbe ad accordarla al predetto Sallustio, pensione che in ogni caso non supera i sessanta ducati d’oro  come tu stesso affermi.
 E vogliamo ciò  anche se sussiste una qualche riforma insita nel corpo delle leggi visto che la predetta chiesa è riservata alla disponibilità apostolica in forma speciale e generale.
Pertanto ti conferiamo il beneficio con l’autorità apostolica che ci compete, giudicando irrituale ed inefficace ogni altra contraria decisione di qualsiasi autorità che abbia ritenuto di poterne disporre, scientemente o per ignoranza. E ciò vale anche verso chi tenterà in futuro di arrogarsi poteri dispositivi.

Intorno a quanto precede, diamo mandato per iscritto ai venerabili fratelli nostri, i vescovi Amerin/ e Muran/ nonché al diletto Vicario del venerabile fratello nostro, il vescovo di Agrigento, affinché loro due o uno di loro, direttamente o per il tramite di qualcuno introducano Te o un tuo procuratore nel materiale possesso della chiesa parrocchiale e degli annessi diritti e pertinenze e lo facciano per la nostra autorità. Non manchino, altresì, di difenderti, dopo avere rimosso qualsiasi altro detentore, facendoti dare integro il resoconto della chiesa parrocchiale e degli annessi frutti, redditi, proventi e doti. A ciò non osti qualsiasi contraria costituzione di papa Bonifacio Ottavo, di pia memoria, nostro predecessore, né ogni altra decisione apostolica. Del pari, nessuno può richiedere per sé o per il proprio legato un qualche diritto di omaggio o un qualunque beneficio ecclesiastico in base a lettere o in forma speciale o generale, anche nel caso in cui vi sia stato un processo e sia stato emesso decreto riformatore.

Vogliamo che tu comunque entri in possesso di detta chiesa parrocchiale, senza pregiudizio alcuno degli annessi benefici. Se qualcuno dovesse tentare presso il venerabile fratello nostro, il vescovo di Agrigento o presso chiunque altro che sia stato dalla Sede apostolica dotato in comunione o frazionatamente nei beni della chiesa, non gli si accordi costrizione o interdetto o sospensione o scomunica. Resta ribadito che quanto ad omaggi, benefici ecclesiastici, relativa collazione, provvisione, presentazione e qualsivoglia altra disposizione, sia congiuntamente che separatamente, non può provvedersi per lettera apostolica che non faccia piena ed espressa menzione, parola per parola, alla presente, la quale ha forza di annullare qualsiasi altra indulgenza, generale e speciale, di qualsiasi tenore della Sede apostolica.[i]


La complessità della bolla invero illumina poco sulle peculiarità parrocchiali della Matrice del tempo. V’è un rigonfiamento di formule curiali, del tutto sproporzionato alla esiguità dell’affare.
L’arc. D’Averna non pare essere racalmutese. Sembra venire da Agrigento. E’ un po' nepotista. Con lui si sistema a Racalmuto il sac. d. Vincenzo d’Averna che è anche cappellano. Appare un vicario a nome don Giuseppe d’Averna. Fa capolino un chierico: Orlando d’Averna.
Come arciprete, lo riscontriamo con una certa assiduità negli atti di battesimo dal 12.11.1570 sino al 5.7.1571; poi appare sporadicamente. Non abbiamo, però, serie complete di atti di battesimo: il primo quinterno è incerto se si riferisce al 1554 o al 1564. Si salta, poi al 1570-71-72 e quindi al 1575-1576. Quindi il vuoto sino al 1584.
L’arc. Gerlando d’Averna figura ancora il 24 di maggio 1576 in questo atto di battesimo - ed è l’ultima testimonianza di cui disponiamo:
24 5 1576 Joannella figlia di Barbarino Vella (di)e diPalma;
madrina:   Juannella di Rotulu;officiante: Don Gerlando di Averna.

Va, quindi, fugato il  sospetto che, ricevuto il beneficio dal papa, egli abbia soltanto percepito i proventi della sua arcipretura e per il resto se ne sia stato lontano. La sua arcipretura sembra durare oltre 18 anni: è, infatti, nel 1579 che subentra l’arc. Michele Romano.


[1]) Domenico De Gregorio - Giovanni Horozco de Covarruvias de Leyva, Vescovo di Agrigento (1594-1606), in Miscellanea in onore di Mons. Canv. Dr. Angelo Noto - per la sua messa d’oro - Agrigento 1985, pag. 73. Le raccoglie dall’Archivio Curia Vescovile di Agrigento - Reg. 1595.
[2]) ARCHIVIO STORICO SICILIANO del 1908 , Nuova Serie, Anno XXXIII (pag. 105 e ss.)  

[3]) Archivio di Stato di Palermo: PROTONOTARO REGNO INVESTITURE -  BUSTA 1538 -  PROCESSO n.°  2872 - ANNO 1584, da cui stralciamo questo passo della celebre erezione a Contea di Racalmuto:

«“et terram Racalmuti quam sub titulo baronie justis et legitimis titulis in feudum a nobis ac regia nostra curia prefati nostri Ulterioris Sicilie regni cum ipsius castri terris vassallis vassallorumque redditibus juribus actionibus jurisdictionibus et integro eorum statu aliis prehemenentiis juxta formam suorum privilegiorum et investiturarum se asserit tenere et possidere;

«in comitatus titulum, gradum et honorem erigi, illustrari et insigniri juberemus tenore presentium ex certa scientia consilijque nostri, penes nos assistentis, maturaque delibera curie prohabita, ex gracia speciali regiaque auctoritate nostra, terram ipsam Racalmuti in comitatus titulum eregimus insignimus et illustramus,

«teque eundem don Hieronimum Carrettum, dicte terre comitem, tuosque heredes et successores, ordine successorio, facimus, creamus, constituimus et ordinamus illosque comites de Racalmuto dicimus et nominamus, ab aliisque in omnibus et quibuscumque  attibus et scripturis dici et nominari volumus, et perpetuo reputari decernentes  et volentes  ut deinde tu idem don Hieronimus Carrettus tuique heredes et successores predictis omnibus et singulis graciis, privilegiis, prerogativis, juribus, dignitatibus, favoribus, immunitatibus, preheminentiis, libertatibus, exemptionibus uti, frui et gaudere possint et valeant,


«quibus huiusmodi titulo et honore decorati potiti sunt seu quomodolibet potiuntur et gaudent, potirique et gaudere possint, consueto ordine vel de jure ita ut in parlamentis et agregactionibus   titulatorum et baronum eiusdem regni et aliorum per nos ac successores nostros et proreges in dicto regno pro tempore existentes faciendis tamquam comes dictae terre vocari, tractari et honorari debeas ac a nobis et ipsis tua dignitas, gradus et locus observetur ut solitum est statuentes

«et declarantes expresse  quod  presentis tituli concessionis privilegium sit et esse debeat tibi don Hieronimo Carretto tuisque heredibus et successoribus predictis futuro et presente stabile, reale, validum et firmum nullumque in judiciis aut extra sentiat dubitari  ob actum defectum involucrorum aut noxie cuiuslibet alterius detrimentum  sed in suo semper robore et firmitate pervenerit,....”».


[4])  Archivio di Stato di Palermo - Protonotaro del Regno - Processi investiture - Busta n.° 1597 - Processo n.° 5226 - Anno 1656.
[5]) Il toponimo è presente negli atti notarili per lo meno per lo meno dal 1714: non può quindi riferirsi a nessuna Baronessa Tulumello.
[6]) Archivio Parrocchiale della Matrice di Racalmuto  - LIBRO D'INTROITO ED ESITO di denari per conto      della fabrica della Matrice Chiesa di Racalmuto, incominciando dalli 29 di novembre 8a Ind. 1654 et infra -D. Lucio Sferrazza - Vol. I “Esito n.° 7 dell’11/12/1658”.
[7]) Archivio Segreto Vaticano - Relationes ad limina - 18A - f. 5. La relazione economica è al f. 16 e ss.

[8]) Con 100 onze donna Aldonza del Carretto poteva un decennio dopo fondare a Racalmuto un intero convento:  quello di S. Chiara.



[i])  APPENDICE Ia
 Archivio Vaticano Segreto - Bolla della concessione dell’arcipretura di Racalmuto a don Gerlando D’Averna 
Nos tibi premissorum meritorum tuorum intuitu specialem gratiam facere volentes teque a quibusvis  ex communicationis etc. censentes, nec non omnia et singula beneficia ecclesiastica cum cura et sine cura quae etiam ex quibusvis dispensactionibus apostolicis obtines et expectas ac in quibus et ad quae jus tibi quomodolibet competit quecumque quotcumque et qualiacumque sint eorumque fructuum, reddituum [211v] proventuum veros annuos valores ac huiusmodi dispensantionum  tenores presentibus pro expressis habentes ecclesiam predictam cuius et illi forsan annexorum fructus redditus et proventus super quibus pensio annua vigintiquatuor scutorum auri Italiae dicto Salustio apostolica autoritate reservata existit, sexaginta ducatorum  auri de Ca:[mera] se:[cundum] co:[mmunem] ex: [timationem] [omnium]: an: non excedunt ut asseris, sine permisso sine alio quovis modo quidem etiam si ex illo quavis generalis reformatio etiam in corpore juris clausa  resultit presentibus haberi volumus pro expresso aut ex alterius cuiuscumque persona facto inhabilitate et incapacitate seu per similem resignationem dicti Sallustij vel cuiusvis alterius de illa in romana curia vel extra curiam coram notario publico et testibus sponte factam aut constitutionem felicis recordationis Johannis papae XXJJ predecessoris nostri quae incipit Exec.lis vel assecutionem  alterius beneficij ecclesiastici quavis auctoritate collati vacet etiam si tanto tempore  vacaverit quod cuius collatio, juxta lateranentia statuta, Concilij ad Sedem predictam legitime devoluta.
Ipsaque ecclesia dispositioni apostolicae specialiter vel aliter generaliter reservata existat. Et super ea inter aliquos lis cuius status presentibus haberi volumus pro expresso pendeat indecisa, dummodo eius dispositio ad nos hac vice pertineat cum annexis huiusmodi ac omnibus juribus et pertinentijs suis apostolica tibi auctoritate conferimus et de illa etiam providemus decernentes pro ut est irritum et inane si secus super his a quocumque quavis auctoritate scienter vel ignoranter attemptatum forsan est hactenus vel in posterum contigerit attemptari.
Quo circa venerabilibus fratribus nostris Amerin/ et Mura/n Episcopis ac dilecto filio Vicario Venerabilis fratris nostris Episcopi Agrigentini in spiritualibus generali per apostolica scripta mandamus etc. quatenus ipsi vel duo vel unus eorum per se vel alium seu alios  te vel procuratorem tuum nomine tuo in corpo[212]ralem possessionem parrochialis ecclesiae et annexorum juriumque et pertinanciarum predictorum inducant autoritate nostra et defendant inductum, amoto ex inde quolibet detentore, facientes tibi de parrochialis ecclesiae et annexis eorumdem fructibus redditibus proventibus et dotationibus universis integre responderi contradictoris modo non obstantibus piae memoriae Bonifacij pp. VIIJ et predecessoris nostri  et alijs apostolicis constitutionibus contrarijs quibuscumque aut si aliqui super provisionibus sibi faciendis de huiusmodi vel alijs beneficijs ecclesiasticis in illis partibus specialiter vel generaliter dictae Sedis vel legatori eius literas impetrarent  etiam si  per eas ad inhibitionem  reservationem et decretum vel aliter quomodolibet sit processum.
Quibus omnibus te in assecutione dictae parrochialis ecclesiae volumus  aanteferri seu nullum per hoc eis quod ad assecutionem beneficiorum aliorum prejudicium generari seu si venerabili fratri nostro Episcopo Agrigentino vel quibusvis alijs communiter vel divisim ab eadem sit Sede indultum quod ad receptionem vel provisionem  alicuius  minime tentatur et ad id compelli aut quod interdici suspendi vel excommunicari non possint. Quodque de huiusmodi vel alijs beneficijs ecclesiasticis ad eorum collactionem, provisionem, presentationem seu quamvis aliam disposictionem coniunctim vel separatim spectantibus nulli valeat provideri per literas apostolicas non facientes plenam et expressam ac de verbo ad verbum de indulto huiusmodi  mentionem et qualibet alia dictae Sedis indulgentia generali vel speciali cuiuscumque tenoris existat per quam presentibus non expressam vel totaliter non insertam effectus huiusmodi gratiae impediri valeat quomodolibet vel disferri.
Et de qua cuiusque toto tenore habenda sit in nostris literis mentio specialis.
Nulli etc. nostrarum absolutionis collationis provisionis decreti mandati et voluntatis infringere [vellent] etc. Siquis autem etc.
Datum Romae apud Sanctum Petrum Anno Incarnationis Dominicae Millesimo Quingentesimo Sexagesimo primo Id. Novembris Pontificatus nostri Anno Secundo.
Dec. X
        X
 L. Lumin
C. Archintus
B. Beltrandus
Coll. cum originali con.
F. Hieronimus Arditius

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