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sabato 17 ottobre 2015

contrasti tra pensionati della Banca d'Italia

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    1. Notizie

      Con la speranza che coloro che sono oggi ai vertici della Banca d' Italia leggano e traggano benefici dalla Storia Vissuta da chi ha lottato per la salvaguardia dell'Istituto che ora, ahimè, sta vivendo una storia "minore" pur conservando alcune delle prerogative passate.
      Lillo Taverna
      9 h
      Pregiatissimo Signor Governatore, dottore Ignazio VISCO,
      Dopo trentun’anni di pensionamento dalla Banca d’Italia, ricevo per la prima volta un gentilissimo biglietto augurale. Me lo invia il novello Governatore dottore Ignazio Visco. Segno anche questo di una mutata visione dirigenziale al vertice della Banca d’Italia. Non sono certo così ingenuo da pensare che si tratti di un atto di personale attestato magari per le mie recenti battaglie di stampa a favore di una rinnovellata e rinnovellabile Banca centrale. Sono sicuro che ormai il mio nome è finito tra gli anonimi e anodini tabulati dei tanti, troppi pensionati di vecchia data. Certo, interruppi il mio rapporto di lavoro subordinato con la Banca d’Italia nel 1982 dopo atteggiamenti a me ostili ed anche ingrati. Non posso avercela, però, con l’Istituzione cui sono indefettibilmente legato, ma con certi uomini di apicale supremezia, sì. Nutrivo un dissidio che portò anche a qualche indispettita decisione non apprezzata all’esterno: non credo che la Banca d’Italia, intemerata nella sostanza quanto a correttezza fiscale, si potesse indurre ad un non esemplare condono tributario se, come superispettore del Secit di Reviglio, non avessi sollevato una grossa questione di elusione tributaria. Portavo con me una competenza di prim’ordine acquisita all’interno del mio Istituto di appartenenza. Tanto da essere segnato dal dottor Sarcinelli come uno dei soli tre validi – a suo avviso – ispettori di Vigilanza.
      Era momento cupo nei rivolgimento direttoriale della Banca Centrale ed uomini non proprio eccelsi erano subentra ti per i vuoti determinati anche da indebite ingerenze politiche, e, se si vuole, anche da acredini magistratuali.
      Ma veda, signor Governatore, io avevo dato lustro e decoro alla Banca d’Italia: cito mie ispezioni rimaste esemplari: Banca Fabbrocini, Banca Privata Finanziaria, Cassa di Risparmio di Rimini (perché no?), e soprattutto Cassa di Risparmi di Livorno (e qui certo non fui tenero neppure con colui che poi divenne quello che divenne). Allora, perché il signor Cerciello mi aggirò sino a farmi credere che se andavo al Secit era per conto della BI e quale riconoscimento dei meriti acquisiti sul campo, se una sera prima il dottor Ciancaglini stabiliva che andavo per mia personale scelta e quindi era sin troppo generoso l’istituto se mi accordava soltanto una integrazione del più basso stipendio del mio nuovo Ente ministeriale che si avvaleva della mia professionalità?
      Mi dirà – e lo ripeto anch’io – che son faccende personali e tutto sommato insignificanti Ma ripeto queste mie rimostranze solo per affermare che il mio attaccamento all’Istituto ove sono entrato quasi cinquantadue anni fa, non è mai venuto meno. E troppo ho sofferto nel notare devianze che sono solo di singoli uomini e troppo mi fa male vedere soggetti che sono venuti su dalla Banca d’Italia accordare interviste che sanno di delazione, di allusivi coinvolgimenti e per la mia Vigilanza ispettiva di misconoscimento irriguardoso.
      Di sicuro, tanti prima cresciuti e prosperati in BI , ne hanno approfittato per consulenze, entrature, remuneratissimi collegamenti. Vi è stata una deriva che ha prodotto un non simpatico effetto alone. Mi auguro che Ella appia arginare. Ne ha tutti i tratti di rigore congiunto anche a signorilità.
      Le ho inviato una missiva – che stampa e Articolo 21 hanno pubblicato – in ordine alla non saggia chiusura della Filiale di Rieti. Non ha ritenuto di darmi neppure un cenno di ricezione. Ne ha tutto il diritto e non sarò certo io a contestarglielo. Ma guardi che le ragioni che adduco sono valide e scottanti. Vi è stata una gestione del personale che va corretta. Non vedo perché soggetti quali chi scrive, non debbano essere ascoltati: hanno esperienza, integrità, intelligenza, insospettabilità. Tutte doti acquisite in quella vera grande scuola che è una militanza nella carriera direttiva della Banca d’Italia, e che per giunta trattasi di dirigenti hanno avuto suggello di superiore livello in tanti anni di attività ispettiva della Vigilanza bancaria. E ciò in una fase di grande crescita culturale, giuridica e tecnica, in cui mi vanto di aver dato un originale apporto persino tuttora ricordato ed apprezzato.
      Non me ne voglia, signor Governatore per questo mio dire. Faccia dare, per cortesia, uno sguardo a quanto scrivo in ARTICOLO21, nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO: si accorgerà che certo mio livore è contro la profanazione del tempio in cui mi sono formato. E noterà che la mia stima nei Suoi confronti è massima, anche per certe affinità culturali.
      Per le prossime feste Le giungano i miei fervidi auguri. Ma anche l’auspicio che Le consentano di dare il meglio di sé che è sconfinato ed incomparabile.
      Calogero Taverna.
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      Lillo Taverna Alle mie rimostranze per la chiusura della Filiale di Rieti il signor Governatore mi rispose personalmente: addusse giustificazioni che mi hanno lasciato di stucco; chiusura di una struttura propulsiva per lo sviluppo economico e per il corretto dispiegarsi del ruolo bancario locale entro le linee guida della quasi centenaria legge bancaria con epicentro la funzione di "pubblico interesse" dell'ordinamento creditizio nazionale per una miseranda ragione di c.d. costi/benefici. Frattanto Geronzi, uomo venuto dalla Banca d'Italia, licenziava una sua voluminosa confessione in cui fra l'altro, svelava imbrogli di bilancio di Capitalia confermando quelli che avevo contestato persino con rudi telegrammi al governatore Fazio ai tempi della fusione per incorporazione della Mediterranea. Avevo rivolto persino nutritissime doglianze alla Consob di Spaventa. Volevo un incontro pensoso con Barbagallo. Mi fu negato per "mancanza di tempo": figurarsi!. Vi è stata poi una ispezione al MPS inglesicizzante e vanesia da parte di novelli giovani ispettori di Vigilanza che grida vendetta dinanzi a Dio e agli uomini. Metteva persino in grosso imbarazzo una Vice Direttrice generale della Banca d'Italia, che al di là dei giudizi sulla persona e sulle sue tendenze politiche e religiose, rappresentava pur sempre una immedesimazione organica al vertice dell'Istituto di Emissione, della banca centrale dello Stato Italiano, della Tecnostruttura regolatrice del credito e del risparmio nazionale. L'assurdo di una sanzione miliardaria a danno di chi in fondo aveva eseguito le istruzioni della Banca d'Italia grida vendetta al cospetto di Dio anche per il sangue innocente di un inventato suicidio relativo ad un David Rossi evidentemente soppresso. Oggi il tragico problema dei movimenti fondi per l'ottusa chiusura di tante filiali, ivi compresa quella di Messina - un osservatorio che ha detto sempre cosa bolle in pentola circa il Ponte di Messina - resta incompreso e la relativa problematica sempre più in cancrena. Oggi la Banca d'Italia vive il dramma di un conto economico dissolvente la sua stabilità patrimoniale in pernicioso contrasto con le norme comunitarie ex le varie Basilee e il tutto si risolve chiudendo strutture istituzionali e sfrattando inquilini-dipendenti dal proprio patrimonio immobiliare per esosità di canoni pretesi. Noi vecchi e incontaminati volponi della vecchia Vigilanza sulle Aziende di Credito avremmo saggezza e esperienza per ragguagliare, per far pensare per indurre a qualche ripensamento; ebbene un Barbagallo di turno, reduce magari da una ispezione a Potenza che mi desta sorrisi beffardi, non ha tempo per riceverci. Ma vivaddio tutto lo stato maggiore del MPS allora dovrebbe denunciare la Banca d'Italia per omissioni degli atti dovuti ex art. 48 della legge bancaria vigente nel tempo dei fatti (o dei misfatti).
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