Profilo

domenica 1 novembre 2015

la contea carrettesca di Raalmuto

Dai processi ricaviamo questi dati biografici. Girolamo I del Carretto fu il primogenito di Giovanni III, come si evince dal testamento redatto dal notaio Jacopo Damiano il 2 gennaio del 1560. L’8 gennaio 1560 Girolamo s’insedia quale barone di Racalmuto. Nel rito lo rappresenta il suo procuratore, il magnifico Giovanni Antonio Piamontesi. La formula recita che il barone prese “l’attuale, vera, naturale, corporale baronia del castello, dei feudi e del territorio di Racalmuto con ogni diritto e pertinenza, con il mero e misto impero, con le giurisdizioni civile e criminale su tutto lo stato, risultato integro giusta la forma dei privilegi baronali”. Il procuratore rispetta il meticoloso ed emblematico rituale: “esibisce la chiave del portone del castello; di propria mano apre e chiude quella porta; entra ed esce; si reca presso i feudi; ne prende alcune pietre in segno di libera disponibilità di quelle terre; revoca e rinomina tutti gli ufficiali locali: il castellano nella persona del nobile Scipione de Selvagio; il capitano nella persona di Giovanni Piamontesi; il giudice nella persona del nobile Marco Promontori; i giurati nelle persone di Cesare di Niglia, Leonardo La Licata e Giacomo Caravello; il maestro notaio nella persona del nobile Innocenzo de Puma”. Viene redatto pubblico atto. I testi sono: il nobil homo Maragliano, il nob. Antonino de Averna, l’onorabile Antonuccio Morriali e l’onorabile Gerlando de Pitrozella. Il notaio è ancora il povero Jacopo Damiano che però si dichiara agrigentino.

 

 

Girolamo I del Carretto muore nel gennaio del 1582. Sono ancora i processi d’investitura a dirci che esternò le sue ultime volontà dinanzi il notaio Giacomo Devanti di Palermo il 14 gennaio del 1582, ma il testamento fu aperto un anno dopo, il 9 agosto del 1583. Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria di Gesù fuori le mura in Palermo proprio sotto quella data. Ne fa fede l’atto parrocchiale della chiesa di San Giacomo alla Marina del 14 luglio 1584.

 

 

Sposa di Girolamo I del Carretto fu una Elisabetta di ignoto casato.

 

 

Ma come si è visto, i del Carretto non stanno più a Racalmuto: quella lontana terra, quel loro ‘stato’ serve solo per approvvigionare di fondi questi nobili accasatisi a Palermo. Nel castello racalmutese siede e dispone un ‘governatore’. In Matrice non abbiamo trovato neppure un atto che attesti la presenza del barone ora conte di Racalmuto, magari come padrino in un qualche battesimo. Qualche membro dei rami cadetti, sì, ma il conte giammai. Vi farà ritorno solo Girolamo II del Carretto per venirvi trucidato (se ciò corrisponde al vero) nel 1622.

 

 

In altra parte del presente lavoro pubblichiamo il privilegio di Filippo II che erige a contea Racalmuto: è una sfilza di vacue formule da cui non riusciamo a cavare alcun briciolo di microstoria locale.  Non abbiamo qui note in proposito da proporre.

 

 

Da questo momento la vicenda familiare dei del Carretto è cosa che solo di striscio colpisce Racalmuto. Vale di più per la storia della città di Palermo.

 

 

Ciò non vuol dire che non vi furono riflessi tributari su Racalmuto a seguito della concessione dell’onore di farne una contea da parte di Filippo II a tutto vantaggio di Girolamo I del Carretto. Anzi. I riflessi ci furono e gravi. Una ricerca del prof. Giuseppe Nalbone fra le carte del fondo Palagonia dell’archivio di Stato di Palermo ha consentito di rinvenire documenti di quel tempo, estremamente significativi per la riesumazione delle vicende vessatorie cui sottostarono i nostri antenati racalmutesi del Cinquecento.

 

 

Peste e tasse a Racalmuto

 

 

 

Il carteggio illumina sull’esoso fiscalismo spagnolo ai danni dell’università feudale ed ha tratti inquietanti circa la disumanità viceregia.

 

 

Nel 1576 si era abbattuto su Racalmuto quella immane pestilenza che colpì l’Italia intera.

 

 

Del pari sconvolgente dovette essere lo scenario racalmutese: leggiamo nel carteggio che «per lo contaggio del morbo che in quella s’ha ritrovato che sono stati morti da tre mila persone [a Racalmuto]  restano solamente ... due mila e quattrocento delli quali la maggior parte sono fuggiti assentati e rovinati ...».

 

 

Nel precedente Rivelo del 1570  Racalmuto in effetti contava 5279 abitanti; ma in quello del 1583 scenderà ad appena 3823: una flessione che sinora nessuno era riuscito a spiegarsi e che Sciascia scarica sui del Carretto e sulle  sue tasse enfiteutiche del terraggio e del terraggiolo [Morte dell’Inquisitore, pag. 181].

 

 

Confesso che anch’io ero scettico su questo crollo demografico di Racalmuto prima della consultazione dei documenti del Fondo Palagonia. Ancor oggi non è che creda in pieno in questo tracollo: ci fu un’opportunità per sgravi fiscali e si cercò di scontare la tragedia della peste racalmutese del 1576 con qualche beneficio tributario.

 

 

Tuttavia, la flessione vi fu e forte. I nostri antichi progenitori parlano di un dimezzamento della popolazione nel vano intento di intenerire gli agenti delle tasse palermitani; ma per bocca del viceré don Carlo d’Aragona e della sua corte Sucadello, De Bullis ed Aurello, costoro non se ne diedero per intesi. Le “tande” - o più graziosamente “donativi” - andavano pagate sino all’ultimo grano a Sua Maestà Cattolica il re di Spagna. Ed andavano pagate anche le tasse arretrate, senza ulteriori indugi.

 

 

V’è agli atti una secca e perentoria negativa alla seguente perorazione dei Giurati racalmutesi:

 

 

«Ill.mo et Ecc.mo Signore, li Giurati della terra di Racalmuto exponino à vostra Eccellenza, dovendosi per l’Università di quella Terra molta quantità e somma di denari alla Regia Corte cossì per donativi ordinarij, et extraordinarij et altri orationi [per oblationi ?] fatti per il Regno à Sua Maestà,  come per le tande della Macina, non havendo quelli possuto satisfare per lo contaggio del morbo che in quella s’hanno ritrovato  ... ,  à vostra Eccellenza l’esponenti hanno supplicato che se li concedesse à pagare quel tanto che detta università deve alcuna dilattione competente [e che ] à detta Università fossero devenute [condonate] li tandi maxime quella della macina che si doveva pagare ..»

 

 

La burocratica risposta palermitana è spietata: la decisione (provista) di Sua Eccellenza si compendia in un “non convenit” “non conviene”. La tragedia racalmutese agli occhi palermitani si traduce in una gretta questione di convenienza. L’abbuono di tasse non è ammesso, non conviene alle esigenze del bilancio dello stato. Una storia dunque che si ripete; un localismo, il nostro, quello di Racalmuto,  che ha valenza oltre il tempo, oltre la landa municipale. Altro che isola nell’isola ..

 

 

Remissivamente i giurati di Racalmuto nel 1577 accettano il loro fato e fatalisticamente annotano:

 

 

[Ma tale petizione non ha avuto esito] “per lo chi attendo [attesa] la diminutione delle persone morti è stato per vostra Eccellenza provisto quod non convenit quo ad dilactionem [ f. 228] e poiche l’esponenti per li Commissarij che alla giornata si destinano contro loro, e detta città per l’officio del spettabile percettore s’assentano, e non ponno ritrovare modo alcuno di satisfare à detta Regia Corte e se li causano eccessivi danni, et interessi supplicano Vostra Eccellenza resta servita concederli potestà di poter fare eligere persona facultosa, poiche pochi vi sono in detta Terra di poter vedere augumentare, e raddoppiare alcune delle gabelle di detta università, e fare quel tanto che per consiglio si concluderà, acciò potersi sodisfare nullo preiudicio generato ad essa università circa detta diminuttione, e difalcatione che hanno supplicato doversi fare à detta Terra per detta mortalità, e mancamento di persone, e resti servita Vostra Eccellenza  sia quello mezzo che si concluderà quello che di sopra si è detto per detto consiglio concederli dilattione almeno di mesi due, altrimente stando assentati non potriano effettuare cosa alcuna e detta Regia Corte non verria ad esser sodisfatta ne tenendo detta università modo alcuno di sodisfare, ne tener altro patrimonio ut Altissimus. ..”»

 

 

La messa in mora  della locale amministrazione per ritardo nel versamento delle tande sulla macina scatena dunque la cupidigia di commissari palermitani sguinzagliati nel malcapitato paese moroso ad esigere, oltre alle imposte, pingui “giornate” (le attuali diarie per missioni) e ad aggravare le esauste finanze locali  «con eccessivi danni ed interessi».

 

 

Si accordino - si chiede da Racalmuto - due mesi di dilazione per trovare un sistema di reperimento dei fondi ed assolvere il cumulo tributario.

 

 

Questa seconda istanza viene accolta. Ma l’invadente autorità viceregia detta una serie di disposizioni sui modi, tempi e luogo delle procedure per un nuovo sovraccarico fiscale sulla cittadinanza racalmutese.

 

 

Il carteggio qui va attentamente studiato raffigurando istituti, costumi, organizzazioni pubbliche e territoriali del primo secolo dell’epoca moderna. Hanno una originalità che non mi pare sia stata debitamente messa in luce dalla cultura storica degli accademici.

 

 

Viene fuori uno spaccato dell’organizzazione statuale che non può ridursi al mero dato tributario (la gabella per assolvere gli oneri fiscali) ma che fa trasparire una vocazione democratica impensata. Per sopperire alle necessità tributarie, Racalmuto assurge al ruolo di Comune libero, democraticamente organato, con una sua assise plebiscitaria, avente poteri decisionali.

 

 

L’ordine, certo, arriva da Palermo, dall’autorità centrale, ma è ordine volto ad attivare le istituzioni democratiche comunali. Con aperture sociali che gli attuali consigli comunali sono ben lungi dall’avere, è il popolo che viene chiamato a raccolta, è il popolo che decide sui propri ineludibili gravami tributari, ovviamente sotto la guida e la direzione di quella che oggi chiameremmo la giunta comunale: la giurazia.

 

 

Affascinano questi passaggi delle carte palermitane:

 

 

vi diciamo, et ordiniamo che debbiate in giorno di festa e sono di campana come è di costume congregare il vostro solito consiglio sopra le cose contenute nel preinserto memoriale, e quello che per detto conseglio seù maggior parte di quello sarà concluso, et accordato, e sigillato lo trasmitterete nel Tribunale del real Patrimonio acciò di quello fattone relatione possiamo provedere come conviene. - data Panormi 11. Martij 5^ ind. 1577. Don Carlo d’ Aragona - Petrus Augustinus Sucadellus  ... conservatore [f. 229] Marianus Magister Rationalis, de Bullis Magister Rationalis, Franciscus de Aurello Magister Notarius, ..»

 

 

 

Il Consiglio comunale si svolge nella chiesa dell’Annunziata - che anche allora, molto prima che nascesse don Santo d’Agrò, era bene operante a Racalmuto -  ed abbiamo anche il verbale consiliare che mi pare opportuno rileggere, almeno nelle sue parti essenziali:

 

 

Racalmuti die 25. Aprilis 5^ Ind. 1577.

 

 

Die festivo Supradicti Martij in Ecclesia Sanctae Mariae Annuntiatae dictae Civitatis existens in platea publica.=

 

 

 

Perche ritrovandosi l’università di questa Terra di Racalmuto debitrice in molta somma cossì alla Regia Corte

 

 

 

 

è stato supplicato da parte di detta Università per li Giurati di quella à Sua Eccellenza che per li detti debiti se li concedesse dilatione competente per potersi ritrovare il modo di quelle sodisfare, et in quanto à quelli della macina poiche avendosi fatto offerta à Sua Maestà, et ordinatosi quella dovere pagare per poche di persone di tutte città, e terre del Regno à raggione di denari novi per ogni tummino [f. 230] che per il ripartimento e numero di persone che allora vi erano in detta terra tocca à detta Università pagare in due tande once 24.5.11.2.

 

 

 

e vedendosi che tuttavia detta Università non si vederà libera à tal debito supplicano detti Giurati un’altra volta à Sua Eccellenza che resti servita concederli potestà di poter eligere persone facultose, ò vendere et augumentare, e raddoppiare alcune delli gabelle di detta Università, e fare quel tanto che si potesse per consiglio concludere acciò si potesse detta Università liberare di tal debito et interesse nullo prejudicio generato à detta Università sopra la diminutione, e difalcatione che se li deve fare per detta Regia Corte stante le raggioni predette come si contiene per memoriale alli quali s’abbia in tutto relatione [f. 231] et essendo stato provisto per la prefata Eccellenza Sua e Tribunale del Real Patrimonio che si congregasse sopra le cose contente in detto memoriale consiglio, e quello si trasmettesse per poter provvedere come convenisse, per ciò s’ha devenuto alla congregatione del presente consiglio come intesa la presente proposta habbiano sopra le cose prenominate ogn’uno possi liberamente dire il suo voto, e parere.

 

 

Il Magnifico Vincenzo d’Randazzo uno delli Magnifici Giurati di detta Terra, e locotenente del Magnifico Capitano di quella, è di voto, e parere che s’aggiongano onze quaranta di rendita da pagarsi quolibet anno come meglio e per manco interesse di detta Università si potrà accordare con quelle persone che vorranno attendere à tal compra di rendita,

 

 

 

E pertanto

 

 

 

le gabelle ... averanno da raddoppiare, et accrescere

 

 

 

sopra le quali s’haverà d’imponere il novo imposto il quale sarà per il corpo, e capitale della detta rendita

 

 

 

E prima sopra la gabella del vino

 

 

 

 

[f. 233] Sopra la gabella dello Pani, fogli, fiori, e frutti virdi, e sicchi,

 

 

 

 

Sopra la gabella delli panni, arbascie, cannavazzi, e cordi

 

 

 

 

Sopra la gabella dello linu cànnavu (canapo), ferro, e ramo rustico, e lavorato, e legname d’ogni sorte rustica, e lavorata

 

 

 

Sopra la gabella delli Pisci, e Salsizzi,

 

 

 

 

Sopra la gabella delli Pani, formaggi, cascavalli, Meli, e cera

 

 

 

.

 

 

 

Per le quali gabelle, e loro pagamenti s’haveranno da fare li capitoli per li Magnifici Jurati, e con l’impositione delle pene solite come sono l’altri capitoli.

 

 

Il Magnifico Jacobo Piamontese Giurato è del sopra parere.

 

 

Il Magnifico Jacobo Sciurtino ut supra.

 

 

Il Magnifico Signor Giovanni Artale Tudisco ut supra.

 

 

Il Magnifico Giuseppe d’Ugo ut supra.

 

 

Petro Barberi ut supra.

 

 

Martino Rizzo ut supra.

 

 

Magistro Antonio Vulpi ut supra.

 

 

Il Mastro Notaro Giovan Vito d’Amella è di parere come di sopra, et si, et quatenus lo raddoppiamento raccrescimento che si farà alli gabelli predette non bastassero per la sodisfatione di quello che si deve alla Regia Corte quolibet anno, e per la soggiugatione che si farà quod utique dette gabelle s’habbiano da aggumentare, e raddoppiare, et accrescere, tante volte, quante sarà f. 235] di bisogno  in modo che si complisca il pagamento predetto, e che s’habbiano d’imporre altre gabelle essendo di bisogno in modo che detta Università non venghi a pagare al minuto, e per tassa, e che si debbia fare thesaureri persona sicura, d’eligersi per li giurati quolibet anno  per li pagamenti predetti e suoi spisi, con salario d’onze vinti l’anno il quale s’habbia d’obligare nomine proprio et à fare li pagamenti predetti con li debiti cauteli per atto publico come à detti Giurati parerà.

 

 

 

 

  *     *    *

 

 

 

Per inciso, richiamiamo l’attenzione sul menzionato giurato racalmutese del 1577 Vincenzo Randazzo che sembra farla da presidente della giurazia. Viene indicato con il titolo di Magnifico, ma è plebeo, forse appartenente alla piccola borghesia agricola, un “burgisi” come si direbbe oggi. La madre di Diego La Matina era una Randazzo, famiglia questa genuinamente racalmutese. Il padre di Diego La Matina, Vincenzo era invece figlio di un oriundo da Pietraperzia.

 

 

 

Ritornando al nostro tema del carteggio del 1577, resta evidente che vi si trova uno spaccato della vita pubblica comunale, dal taglio democratico, con istituzioni pubbliche che esulano dal diritto romano e da quello del sorgere dello stato moderno; affiora qualche dato che fa pensare alla tipica organizzazione greca della Polis, con la sua Ecclesìa, e con il ricorso al voto cittadino espresso in una solenne adunanza tenuta nell’Ecclesiastérion.

 

 

Al suono della campana della Ecclesia dell’Annunziata, sita nel centro della grande piazza di Racalmuto che dal vecchio Santissimo si allargava nello spiazzo ove ora sorgono le torri campanarie della Matrice e si riversava nell’attuale Piazza Castello per risalire nel largo ove ora sorgono i palazzotti degli invadenti Matrona [la vaniddruzza di Matrona].

 

 

Nel confrontare l’attuale assetto urbanistico con  quello che l’ex voto del Monte ci fa intravedere, c’è da esecrare la mania piccolo borghese degli arricchiti di Racalmuto dello secolo XX di piazzarsi con i loro casamenti sopraelevati sulle case terrane (o al massimo solerate) nel bel mezzo della storica piazza dell’Università di Racalmuto. E dire che riuscirono a farsi credere anche dalle menti più elette del nostro paese  come dei benemeriti filantropi!

 

 

Certo marginale appare il ruolo dei del Carretto in questa vicenda fiscale. Quel che rileva è il ricorso pubblico al prestito, quello cioè che oggi avviene tra i Comuni e la Cassa Depositi e Prestiti. Solo che allora per Racalmuto siffatta Cassa DD.PP. era nient’altro che uno strozzino di Agrigento, tal Caputo, superriverito ed adulato dal pubblico notaio.

 

Popolazione racalmutese nel 1577

 

 

 

Sembra opportuno tracciare il grafico della popolazione di Racalmuto che tenga conto dei dati del carteggio del 1577.

 

 

La curva dell’andamento demografico della Racalmuto del ’500 si avvalla vistosamente, come è ovvio, nell’anno della peste del 1576, e così si dispiega:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il crollo demografico del 1576, come si vede, sembra irreversibile (anche se fu dovuto                                                             più alla fuga che alla morte dei racalmutesi: i superstiti quindi ebbero poi modo di ritornare nelle loro case di paese, lasciando - riteniamo - quelle di campagna). Occorrerà aspettare il 1658 (un secolo) per risalire a quota 5.165 e solo nel 1660 la popolazione supererà quella del 1570 assestandosi a quota 5488.

 

 

 

Quanto alle finanze locali, la crisi del 1577 fu in qualche modo tamponata; il bilancio comunale toccherà nel 1593 un disavanzo di appena 28 onze, un tarì e quattro grani (460 onze  d’introito ed onze 488, tarì 1 e grana quattro d’esito). La forte pressione fiscale - tutta basata sulle imposte indirette - portarono ad una asfissiante strozzatura dei consumi da parte dei poveri. I proventi dalle rinomate salsicce racalmutesi furono pressoché nulli: pane, foglie, pilo, vino, formaggio, legname, pesci e qualche altra voce diedero un gettito tributario che si volatizzò essenzialmente per le spese militari e per oltre la metà per ciò che era dovuto alla regia Corte a titolo imprecisato. Per di più  si pagavano sei onze annue per “tande”.

 

 

 

 

--------------------------------------------------------------------------------

 

 

 

[1] ) Francesco De Stefano, Storia della Sicilia dall’XI al XIX secolo, Bari 1977, pag. 10 e segg.

 

 

 

[2] ) ibidem, pag. 18.

 

 

 

[3] ) G. A. Silla - Finale dalle sue origini all’inizio della dominazione spagnola - Cenni e Memorie - Finalborgo 1922, pag. 93.

 

 

 

[4] ) G. Pipitone-Federico - I Chiaramonti di Sicilia - Appunti e documenti - Palermo 1891, pag. 14.

 

 

 

[5] ) Illuminato Peri, La Sicilia dopo il Vespro, op. cit., pag. 176.

 

 

 

[6] ) I. Peri - La Sicilia dopo il Vespro, .. op. cit. pag. 235.

 

 

 

[7] ) J. Glénisson: Documenti dell’Archivio Vaticano relativi alla collettoria di Sicilia (1372-1375) in Rivista di Storia della Chiesa in Italia II -  Roma 1948, p. 246 e ss.

 

 

 

[8]) Vincenzo D’Alessandro - Politica e società nella Sicilia aragonerse - U. Manfredi Editore - Palermo 1963, pag. 108.

 

 

 

 

[9] ) Vincenzo D’Alessandro - Politica e società nella Sicilia aragonerse - U. Manfredi Editore - Palermo 1963, pag. 120.

 

 

 

 

[10] ) Vincenzo D’Alessandro - Politica e società nella Sicilia aragonerse - U. Manfredi Editore - Palermo 1963, pag. 121.

 

 

 

[11] ) Denis Mack Smith - Storia della Sicilia medievale e moderna - Bari 1972, vol. I pag. 115.

 

 

 

[12] ) Denis Mack Smith - Storia della Sicilia medievale e moderna - Bari 1972, vol. I pag. 116.

 

 

 

[13]) Il toponimo è presente negli atti notarili per lo meno dal 1714: non può quindi riferirsi a nessuna Baronessa Tulumello.

 

 

 

[14]) Archivio Parrocchiale della Matrice di Racalmuto  - LIBRO D'INTROITO ED ESITO di denari per conto della fabrica della Matrice Chiesa di Racalmuto, incominciando dalli 29 di novembre 8a Ind. 1654 et infra -D. Lucio Sferrazza - Vol. I “Esito n.° 7 dell’11/12/1658”.

 

 

 

[15] )  ÇURITA GERONYMO, CHRONISTA DE ISTO REYNO:  ANALES DE LA CORONA DE ARAGON - ÇARAGOÇA 1610 - Libro X de los Anales - Rey don Martin - 1398 Pag. 429.

 

 

 

[16]) D. Francisci Baronii ac Manfredi - De Maiestate Panormitana libi IV - Panormi apud Alphonsum de Isola - MDCXXX.

 

 

 

[17] ) Henri Bresc, Un monde, op. cit. pag. 869.

 

 

 

[18]) Leonardo Sciascia: Un pittore del profondo sud, in Leonardo Sciascia e Malgrado Tutto - Editoriale «Malgrado Tutto» - Racalmuto 1991, pag. 21 e segg.

 

 

 

[19]) Leonardo Sciascia, Morte dell'inquisitore - Bari 1982, pag. 182.

 

 

 

[20]) Leonardo Sciascia, op. cit., pag. 182.

 

 

 

[21]) F.M. EMANUELI e GAETANI - Della Sicilia Nobile - PARTE II. libro I - DELLA SICILIA NOBILE [VILLA BIANCA]

 

 

 

[22]) Leonardo Sciascia, op. cit., pag. 182.

 

 

 

[23]) Leonardo Sciascia, op. cit., pag. 181.

 

 

 

[24]) Giovan Luca Barberi - Il «Magnum Capibrevium» dei feudi maggiori - op. cit. - pag. 526 e segg.

 

 

 

[25]) G.L. Barberi aveva conseguito la nomina a Maestro Notaro della Cancelleria nel 1491. 

 

 

 

[26]) Francesco San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni (1925). Lavoro compilato su documenti ed atti ufficiali e legali. - Volume sesto, Palermo 1929 - quadro 783 - Conte di Racalmuto - pag. 182 e segg.

 

 

 

[27]) Vincenzo di Giovanni, Palermo restaurato. Citiamo dalla edizione di Sellerio editore Palermo - 1989 - pag. 191. Evidentemente questa parte del manoscritto che viene datato 1627 era stata scritta prima del maggio 1622, epoca della morte (o omicidio) di Girolamo II Del Carretto.

 

 

 

[28])  Vito Maria Amico Statella - Lexicon Topographicum Siculum - Tomi secundi pars altera, Panormi 1757-60 - voll. 6. [Biblioteca Nazionale V.E. Roma pos. 1.24.C. 19/24]

 

 

 

[29]) F. M. Emanueli e Gaetani - Della Sicilia Nobile - parte IV - Forni Editore [copia anastatica dell'edizione Palermo 1759 - Parte II, libro IV, pag. 199 e segg.]

 

 

 

[30]) Anche se non l'artefice primo della fantasiosa baronia racalmutese dei Barrese, il Villabianca è responsabile degli abbagli storici degli ereduti di Racalmuto - a cominciare dal padre Bonaventura Caruselli da Lucca [Sicula], non proprio indigeno, dunque, ma pur sempre autore principe del racconto della 'venuta' della Madonna del Monte.

 

 

 

[31]) F. TOMAE FAZELLI SICULI OR. PRAEDICATORUM - DE REBUS SICULIS DECADE DUAE, NUNC PRIMUM IN LUCEM EDITAE - HIS ACCESSIT TOTIUS OPERIS INDEX LOCUPLETISSIMUS - Panormi ex postrema Fazelli authoris recognitione. Typis excudebant, Ioannes Mattheus Mayda, et Franciscus Carrara, in Guzecta via, quae ducis ad Praetorium, sub Leonis insigni, anno domini M.D.LX. mense iunio. [Biblioteca Nazionale - manoscritti e libri rari - 10.7.E.5] Barrese (origine e genealogia) pag. 592 - De rebus .. posterioris decadis liber nonus - cap. Nonum.

 

 

 

[32])  Archivio Segreto Vaticano - SACRA CONGREGAZIONE VESCOVI E REGOLARI  - Anno 1599 - pos. C-L

 

 

 

[33]) D. Francisci Baronii ac Manfredis - De Majestate Panormitana libri IV - Panormi apud Alphonsum de Isola - MDCXXX - [Biblioteca Nazionale V.E. - Roma - 7.4.L.31.]

 

 

 

[34]) Filadelfio Mugnos, Teatro genealogico delle famiglie nobili, titolate, feudatarie ed antiche del fedelissimo regno di Sicilia, viventi ed estinte, 3 volumi, Palermo 1647, 1655; Messina 1670. [Dalla ristampa anastatica di Arnoldo Forni editore, pagg. 237-240 del Libro I].

 

 

 

[35]) D. Agostino Inveges - Palermo antico - Palermo 1649 e D. Agostino Inveges - Sacerdote Siciliano, da Sciacca - Anno 1660. - La Cartagine Siciliana, historia in due libri, pubblicata in Palermo, nella typograph. di Giuseppi Bisagni. 1661.

 

 

 

 

[36]) Illuminato Peri, Per la storia della vita cittadina e del commercio nel medio evo - Girgenti porto del sale e del grano - in Antichità ed alto Medioevo, Studi in onore di A. Fanfani, I - Giuffrè Editore Milano 1962, pag. 607.

 

 

 

[37]) L'Inveges ci informa a pag. 159 che Marchisia Prefolio «si morì carica d'anni ... nella stessa Città di Giorgenti circa l'anno 1300, si sepellì nella Maggior Chiesa della medesima città con pompa di marmorea urna; ove in terra piana anche fù sepellito Federico Chiaramonte suo figlio loco depositi con ordine; che ivi si fabricasse una Cappella; & ogni dì si celebrasse una Messa; come appare per lo [pag. 160] testamento 1 [nota 1: In Tab. Conventus S. Dominici Agrig.] celebrato in Girgenti anno Dominicae Incarnationis 1311, Mense Decembris 27. Indict. 10. regnante Serenissimo Domino N. Domino Friderico III. Rege anno sui regiminis 16.

 

 

 

[38]) Citiamo sempre da La Cartagine Siciliana (pag. 228 e ss.):  Venne Costanza per la morte di Federico padre ad esser Signora, e padrona dell'opolenta eredità paterna; e dal suo matrimonio nascendo Antonio del Carretto primo genito, li fece doppò libera e gratiosa donatione della Terra di Rachalmuto: come appare nell' [pag. 229] atti di Notar Rogieri d'Anselmo in Finari à 30 d'Agosto 12. Ind. 1344. quale insin ad hoggi detta famiglia Del Carretto possede.

 

 

 

[39]) Diario della città di Palermo dai mss. di Filippo Paruta e Niccolò Palmerino - in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, per cura di Gioacchino Di Marzo, Vol. I - Palermo 1869  pag.  136.

 

 

 

[40]) Varie cose notabili occorse in Palermo ed in Sicilia, copiate da un libro scritto da Valerio Rosso. 1587-1601 in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, per cura di Gioacchino Di Marzo, Vol. I - Palermo 1869  pag.  283.

 

 

 

[41]) Aggiunte al diario di Filippo Paruta e di Nicolò Palmerino, da un manoscritto miscellanio segn. Qq C 28 in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, per cura di Gioacchino Di Marzo, Vol. II - Palermo 1869, pag. 24 e ss.

 

 

 

 

[42]) Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel regno di Sicilia dal 19 agosto 1631 al 16 dicembre 1652, composto dal dottor D. Vincenzo Auria palermitano, dai manoscritti della Biblioteca Comunale ai segni Qq C 64 a e Qq A 6, 7 e 8, in  Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX, per cura di Gioacchino Di Marzo, Vol. III - Palermo 1869, pag. 359 et passim.

 

 

 

[43] ) Datis Cathanie anno dominice incarnationis Millessimo trecentesimo XCVIIII die primo Januari VIII Ind. Rex Martinus . - Dominus Rex mandat m. Jacobo de Aretio Prothonotaro [ARCHIVIO DI STATO - PALERMO - RICHIEDENTE NALBONE GIUSEPPE - REAL CANCELLERIA - BUSTA N. 38 - Anni 1399-1401]

 

 

 

[44] ) ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO - REAL CANCELLERIA - BUSTA N.° 28 - F. 117 VERSO

 

 

 

[45] ) Noi utilizziamo la copia che trovasi nel Fondo Palagonia volume 630.

 

 

 

[46] ) Rosario Gregorio fu storico e paleografo di grandi meriti: non si riesce a capire perché Sciascia ce l’abbia con lui. Ecco alcune denigrazioni contenute nel “Consiglio d’Egitto”: «Un uomo, il canonico Gregorio, piuttosto antipatico, caso personale a parte, fisicamente antipatico: gracile ma con una faccia da uomo grasso, il labbro inferiore tumido, un bitorzolo sulla giancia sinistra, i capelli radi che gli scendevano sul collo, sulla fronte, gli occhi tondi e fermi; e una freddezza, una quiete, da cui raramente usciva con un gesto reciso  delle mani spesse e corte. Trasudava sicurezza, rigore, metodo, pedanteria. Insopportabile. Ma ne avevano tutti soggezione.» (Op. cit. edizione Adelphi Milano 1989, pag. 47).

 

 

 

[47] ) MUSCIA, Sicilia Nobile, pag. 72

 

 

 

[48] ) Giuseppe Beccaria - Spigolature sulla vita privata di Re Martino in Sicilia - Palermo - Salvatore Bizzarilli 1894 - pag. 15.

 

 

 

[49]) vedi anche ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO - PROTONOTARO REGNO - SERIE INVESTITURE N.    1482 - PROC. 21 - ANNO 1452.

 

 

 

[50] ) Archivio Vescovile di Agrigento - Libro dei Vescovi 1512-20  - f. 284v 285r

 

 

 

[51] ) Giuseppe Sorge - Mussomeli, dall’origine all’abolizione della feudalità, edizioni ristampe siciliane Palermo 1982 - vol I - pag. 386 e segg.

 

 

 

[52] ) Il conto venne presentato in Palermo il 18 maggio 1502. “Presentete Pan. 18: Maij 1502 in M: R: C: de m.to D. Salv.ris Aberta p.te per Vincenzu Pitacco Post.m.”

 

 

 

[53] ) Giuseppe Nalbone e Calogero Taverna, Racalmuto in Microsoft - dattiloscritto 1995 c/o Biblioteca Comunale di Racalmuto.

 

 

 

[54]) Leonardo Sciascia, Le parrocchie di regalpetra  - Morte dell’Inquisitore - Laterza Bari 1982 pag. 82 e pag. 83.

 

 

 

[55])  Girolamo M. Morreale, S.J. - Maria SS. del Monte di Racalmuto - Racalmuto 1986, pag. 35.

 

 

 

[56] ) Archivio Vescovile di Agrigento - Registro Vescovi 1686 - f. 785.

 

 

 

[57]) Archivio di Stato di Palermo - Protonotaro Regno - Investiture - busta 1487 processo n.° 1175 - anno 1518-21 (Foto 13/b del retro infra pubblicata).

 

 

 

[58] ) Archivio di Stato di Palermo: PROTONOTARO REGNO INVESTITURE -  BUSTA 1487 -  PROCESSO n.°  1175 - ANNO 1518-21

 

 

 

 

[59]) Fontana Rosa (tesi di laurea) - Relatore: prof. Paolo Collura - La visita pastorale di Mons. Pietro di Tagliavia e d’Aragona - Parte II (A. 1542-43) - Università degli Studi di Palermo - facoltà di Lettere e Filosofia - Anno Accademico 1981-82 - pag. 206-218.

 

 

 

[60]) ARCHIVIO VESCOVILE DI AGRIGENTO - "GIULIANA"  - VISITA- DEL 1540 - f. 196 v - 198v.

 

 

 

[61]) Cfr. «LA VISITA PASTORALE DI MONS. PIETRO DI TAGLIAVIA E D'ARAGONA - parte II (Anno 1542-43)» - tesi di laurea di Rosa Fontana, relatore Paolo Collura dell'Università degli Studi di Palermo - facoltà di lettere e filosofia - anno accademico 1981-1982. Racalmuto risulta trattato nelle pagine 207-218. Inoltre: ARCHIVIO VESCOVILE DI AGRIGENTO - "GIULIANA"  - VISITA 1542-43 - colonne 190v-193v.

 

 

 

[62] ) Archivio di Stato di Palermo - Fondo Palagonia - Atti privati n. 630 - anni 1453-1717 - ff. 44r - 56v.

 

 

 

[63] ) (a) [Pirri, Sic. Sacr. Agrig. f. 758, c. 1]

 

 

 

[64] ) (b) [R. Cancell. ann. 1577. f. 476]

 

 

 

[65] ) (a) [DI GIOVANNI, Palermo Ristor. lib. 4. f. 242 retr.]

 

 

 

[66] ) (a) [Lapidi Senatorie che si veggono a porta di VICARI, e porta di MACQUEDA]

 

 

 

[67] ) Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra - Morte dell’Inquisitore, Bari 1982, pag. 17

Nessun commento:

Posta un commento