Il sogno “taverniano”
 
 
È presto detto: il recupero, la ristrutturazione, l’abbellimento del sotto Barona.
 
 
Sotto la Barona si dipana una grande radura tripartibile:
-     la zona più alta potrebbe ospitare il paese cinquecentesco dell’ex voto del Monte;
-     la cavea terminale in basso si dovrebbe adattare a teatro greco;
-     la parte a valle, oggi con acque fetide a cielo aperto, si attaglia ad orto botanico con laghetto pluriuso.
 
 
I locali politici sono interessati all’iniziativa?
 
 
Ecco un bozzetto che chi avesse voglia di meglio afferrare il concetto
 
(Calogero Taverna)
 
 
 
 
Zona A
 
Nella parte alta dell’area di risulta del sotto Barona, utilizzando i terrazzamenti costruiti di recenti, dovrebbe sorgere la simulazione del villaggio di Racalmuto come appare al Monte nell’ex voto di destra.
Ne abbiamo scritto tanto. Val la pena però ripeterci.
 
Da www.racalmuto.net
La Storia 
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115-12-23, Wednesday2004-9-22, Wednesday 
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Rassegna Storiografica 
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Chiese e      chiese e chiese e conventi e conventi ... Si pensa a chissà chi, ed      invece tutto si deve ai rimorsi di Giovanni del Carretto, quello che      dominò Racalmuto dal 1520 al 1560 ed alle tante confraternite, nate      all'ombra dell'ancora barone, per una grossa speculazione sui morti. Ne      morivano tanti a Racalmuto e bisognava seppellirli e seppellirli in      chiesa.. Naturalmente a pagamento . Che pacchia per quelle confraternite.      Una mafia dei cimiteri ante litteram .. Niente di nuovo sotto il sole.        Pensate che la venuta della Madonna del Monte nient'altro è che una      commissione a Palermo da parte della confraternita della già esistente      chiesa di Maria di lu Munti di una statua di      marmo "una statua di marmaru di nostra signura" dicono le carte. Nessun miracolo. E si      era dopo il 1520 (altro che 1503 ed altro che conte o barone Ercole del      Carretto. Questo il primo agiografo - padre Cantalamessa      - non lo dice).        I colti attuali di Racalmuto - anche quelli atei e marxisti - questa      banale verità non sanno accettarla o non vogliono. Chissà quanti voti      perderebbero, diversamente. Povera verità! 
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Frattanto a      studiare bene il Trasselli che ebbe a scrivere      sui genovesi in Sicilia, è facile arguire che la marmorea statua – tozza,       bruttarella ed inespressiva – non è, né può      essere, della scuola gaginesca (andatevi a      vedere la madonna di Gibilrossa per convenirne) ma del noto scultore      genovese Massa, venuto a Palermo con un coltivatore di cave marmoree      carraresi, agli ordini dei genovesi, ed i del Carretto erano di sicura      origine genovese. Non erano comunque di Finale Ligure – essendo d’uopo sghignazzare      sul fallace gemellaggio milionario – ma a tutto concedere, i signori Del      Carretto di Racalmuto cominciarono a bleffare vantando un improbabile marchesato      su Savona. 
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origine genoveses  
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Immaginarie      scene di famigli che picchiano i pacifici buoi a levare le ancore da      Racalmuto .. Vani sforzi cominciò a dire nel 1764 il padre Cantalamessa ... in versi siciliani. Almeno quelli      erano piacevoli. Ora ci ammanniscono vocianti cicalecci di improbabili      recitanti .. ma i soldi se ne vanno a fiumi e non restano neppure a      Racalmuto. 
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Ecco era il      palazzotto degli Ugo e della Morreale ... Una      donna dei nuovi tempi si direbbe.. Sposò giovanissima un La Licata di      Favara ... restò presto vedova e senza figli, giacché quel La Licata      favarese era già molto vecchio e subito andò nel suo regno dei cieli.      Consumò il matrimonio?  Pensiamo di      no. 
E la      ragazzina Morreale forse rimase vergine.      Sicuramente inappagata. Prese una schiava negra. Aveva mammelle      portentose. La sbirciavano e le sbirciavano i racalmutesi. Non restò loro      altro che dare il nome di minni di sclava a certe voluttuose specie nere di fichi. .. Il      vecchio marito, corroso da tanta gelosia, cercò di privarla dei beni con      un testamento tutto a favore di santa romana  chiesa. Ma la scaltra vedovella fece      finta di niente ed assegnò beni e terreni ai suoi nipoti, compreso un      monaco di cognome Salvo. Tardivamente il Santo Uffizio se ne accorse;      corse ai rimedi. Nella sacrestia della Matrice le si intentò un processo.      Presidente del santo tribunale un bonario arciprete. La protesse e se non      l'assolse le inflisse penalità sopportabilissime. Qualcosa in tasca sicuramente      gliene venne. Ecco la nostra storia di Racalmuto. Sta scritta - in latino      - nei rolli della confraternita di S. Maria di Giesù      che ancora padre Puma conserva. Ma fino a quando?        (Calogero Taverna) 
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S.      Giuseppe, Castello Fontana .. ecco come erano (almeno a metà del '700).      Ed ora come sono? Uomini locali, soprintendenti provinciali, preti e nobilotti hanno ridotto in squallidi edifici questo      squarcio architettonico della Racalmuto verace. Che Dio li maledica. Ecco      uno squarcio della Venuta di La Bedda madre di lu Munti ....        é immagine tarda ... risale alla seconda metà del '700.        Il padre Cantalamessa - agostiniano centuripino di S. Giuliano - cantava quella vinuta in versi siciliani non spregevoli. Poi il Caruselli credette di dovere italianizzare il tutto e      fu un disastro. Della candida, nostrana saga rimase ben poco. La data fu      stabilita:. fine maggio del 1503. Oggi tutti vi credono. Beati loro. Sono      riusciti a convincere persino vescovi e monsignori. Di certo i canonici      minori, quelli in viola per intenderci. E poi tanti sacrestani, e      soprattutto le sacrestane, specie le repentite.              Noi non ci crediamo, andremo all'inferno. Intanto fiumi di soldi per      festeggiare, anche con pretenziosi convegni, quella vinuta.      Che la Madonna ci perdoni tutti. Era un tempio del Signore; ne avete      fatto una spelonca di ladri... e qui la spelonca è un monte, a dire il      vero un monticello, vezzoso ma fallace come quei preti che si sono messi      a duplicare, triplicare e moltiplicare quella buffa statua di marmo che      sol perché si erge in quel barocco altare di legno appare bella .. anzi      bellissima. Dalla cintola in sù, con qualche      innegabile vezzo. Dalla cintola in giù .. tozza più delle antiche      contadinotte di Santa Nicola o della Funtana.        (Calogero Taverna) 
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I casamenti veri o con materiali moderni, dotati dei dovuti ausili igienici, potrebbero ospitare (ma a giusto prezzo) i mercanti del sabato.
 
Un Hotel de la Ville – alla francese – del Comune potrebbe accogliere le schiere di visitatori pronti magari a fare del turismo a margherita.
 
Vi dovrebbe sorgere la chiesa di Santa Rosalia l’ancor vera ed unica “padrona” di Racalmuto.
 
Zona B
 
Un gran teatro greco all’aperto potrebbe avere ineguagliabile collocazione nell’ultima ansa del sotto Barona, come abbia già prospettato con un fotomontaggio.
 
 
 
Zona C
 
Là dove scorrono acque putride, tutto sommato in mezzo all’abitato, con pericoli incommensurabili per la popolazione, un piccolo depuratore e quindi un laghetto, consentirebbe l’impianto di un singolare orto botaniche con piante ed erbe autoctone.
Guardate questa foto:
 
 
Ecco il suo vero nome:
 
Sternbergia lutea (falso zafferano)
 
L’avevo scambiato per crocus ed invece è pianta medicinale, come piante medicinali sono le seguenti:
 
 
 
 
I vecchi vitigni poi si potrebbero recuperare per un  vino locale quale lo bevevano i nostri più antichi antenati (e se non ebbero mai fame lo si deve a quell’ubriacante liquore
 
 
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