A QUELLI DEL CICOLANO
Signori miei, è inutile che ci giriamo
attorno. Di fronte ad una pagina come questa del Lugini, l'ottocentesco medico
Domenico Lugini c'è da rimanere esterrefatti. C'è forse una lapide
commemorativa a Santa Lucia di Fiamignano? No! Perché? per campanilismo. Prima
non era di Petrella e a Romanin non interessava; ora non è del Corvaro e non
dico a chi non interessa, ma il nome ce l'ho sulla punta della lingua.
Una epigrafe di sconvolgente sapienza
storica, dove sta? nel museo dell'Aquila? Ci sta ancora dopo il terremoto?
E' quella sotto? corrisponde al vero che
trattasi di "un frammento di epigrafe in lingua OSCA che trovasi nel
pavimento della vasca della fontana della villetta di Collemaggiore. Ricorda un
'Meddixtuticus' di NERSE"
Sempre colpa degli altri? Non è colpa
anche nostra? Anche mia, che frequentando da quarant'anni Baccarecce e Santa
Lucia di Fiamignano non ho attivato i canali cui potevo accedere per il debito
recupero?
Questa estate ho parlato con il signor
sindaco di Pescorocchiano: una grandissima e degnissima persona, credo che
abbia detto: "ma questo è un marziano, cosa viene mai a rompere gli
zebedei a me".
Perché gli ho rotto gli zebedei?
a) perché deve recuperare la tassa
sull'occupazione del suolo pubblico da parte di codesti imprendibili privati
arraffatisi il fascista ma giuspubblicistico LAGO DEL SALTO;
b) perché Nerse non è PROPRIETA' della
CURIA VESCOVILE ed io che sono comunista me ne frego dei vescovi tanto amici
dei democristiani tanto potenti anche bancariamente a Pescorocchiano. E perché
la Curia non è proprietaria? Andate a guardare il catasto. Già, ed allora salta
tutta la proprietà immobiliare del Cicolano vittima del geometra CAVALLARI. Ed
a me che me ne frega! E tu PUBBLICO UFFICIALE sei condannato ad agire
altrimenti incappi in omissioni di atti d'ufficio, in omissione di rapporto
SENZA INDUGIO. Già e così non mi eleggono più! Già: e non ti eleggono più. E
chi se ne frega.
c) Guardi che dice qui: che si tratta di
lingua OSCA. Sa che significa che qui in questo paradisiaco lembo di terra ma
in capo al mondo fioriva una civiltà, OSCA, ancor prima che i romani
riuscissero ad imparare ad usare l'aratro a chiodo per quella nota storia di
Romolo e Remo. E allora? Allora occorre che questo che è un PATRIMONIO
DELL'UMANITA' diventi tutto un museo per la salvaguardia di beni irripetibili.
Dunque sfrattiamo, per iniziare, la Curia per possesso abusivo di ciò che è
inalienabile, imprescrittibile, inusucapibile. Sì e così non mi eleggono più
ancor più che pria!!!
d) Ma basta? no. Bisogna indagare
sull'origine del legittimo acquisto di quello che è il museo personale dei
MORELLI.
Dove? a Nesce.
Etc. Etc. Calogero Taverna
E’ il 5 marzo 1574. A Poggio Poponesco
arriva il terribile visitatore Pietro Camaiano, noto anche nei testi di storia
nazionale e della chiesa di quella scombussolante metà secolo del risorgente
umanesimo. La sua visita in tutta l’intera diocesi reatina è bene inquadrata,
trascritta ed annotata dal prof. Vincenzo di Flavio - una miniera che andrebbe
socializzata nell’intera provincia, comune per comune, mettendo mani anche al
portafoglio degli enti autarchici coinvolti.
Da lì sono scaturiti appunti già resi
noti ad illustrazione del collegato centro abitativo di S. Elpidio, quello
della sopra spiegata lapide. Non è tanto una digressione quanto un
completamento dell'indilazionabile richiamo alla doverosità di interventi
pubblici razionali e coordinati per una impellente salvaguardia del patrimonio
archeologico, storico e di risalto ben oltre i lmiti di un qualsivoglia e
comunque giudicabile angolo visuale localistico. Qui è in gioco un patrimonio
dell’umanità negletto e reso sempre più fatiscente. Ogni richiamo è dunque
oltre che doveroso improcrastinabile.
Pietro Camaiano salito sul l'altura del
Castrum fa annotare ai suoi amanuensi che sotto vi era un importante oratorio
"oratorium S.Tomae. Rector D. Marius Antonii" Chi era questo don
Mario Antoni?
Pievano ancora non affermato, ma
appartenente ad una famiglia di preti molto radicati nella ripartizione delle
parrocchie e delle rettorie del Cicolamo, per il momento detiene solo codesta
rettoria ai piedi del Castrum di Poggio Poponesco. Ampia, potente e ramificata
è la schiera degli ecclesiastici di quella famiglia di Antoni, che per vari
indizi ci pare quella che poi diede la spinta alla conquista del feudo della
Baronia, gli Antonini appunto. Da qui già emerge l'opportunità che con i debiti
doverosi finanziamenti pubblici si redigano i quadri prosopografici del
Cicolano, secondo ormai la già consolidata scuola prosopografica.
A Corvaro, infatti, dominava il canonico
don Angelo Antoni; don Cesareo Antoni è rettore ben remunerato; come
beneficiario risulta Domenico Antoni; emerge pure Francesco Antoni; Giacomo
Antoni è canonico; tante prebende per don Giovanni Antoni; spiccano pure don
Giovanni e don Giovanni Francesco; semplice chierico è invece Giovanni Paolo di
Cabbia; ragguardevoli canonici sono Luca e Marco Antonti; importante frate
conventuale è Marco Antoni da Roccarandisi; spicca don Mario Antoni come
rettore di Poggio Poponesco, come si è detto; e in ultimo abbiamo il canonico Sante
Antonini.
Il Camaiano fa annotare
burocraticamente: "l'oratorio di San Tommaso sorge entro il Castrum Podii
Poponischi" su cui si estende la giurisdizione dell'illustrissimo don Pompeo
Colonna: La fabbrica è discreta ma fanno rifatte le coperture di alcune parti
del tetto. Come di consueto, aggiunge che l'intonaco va riparato e quindi
imbiancato. Si mettano vetrate nelle finestre del lato destro, quel particolare
tipo di finestre volgarmente chiamate "impannate". Sia dotata la
porta di una buona chiave e che resti chiusa nei tempi morti. Certo per esiguità
delle rendite l'altare è malconcio e pertanto si eviti di celebrarvi messa. Si
provveda comunque a dotare la chiesa di portantina, pallio, e di un calice
sacro, delle suppellettili insomma necessarie al sacrificio della santa messa.
Necessita anche una croce con due buoni candelabri e in fondo all'altare si
faccia dipingere una sacra immagine. Al rettore, don Mario Antoni, vanno appena
5 Giulii annuali. Ad ogni modo deve esibire le lettere della sua officiatura.
E subito il Camaiano scende giù nel
molto più importante centro abitato, Fiamignano.
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Non è inopportuno riportare certi
stralci della stampa che si è occupata della questione.
Santa Lucia di Fiamignano ha una gloria
perenne: la coltissima ed molto erudita penna del medico Domenico Lugini. Da
quel vetusto testo si può dissentire, ma non se ne può prescindere; lo si può
(e lo si deve) migliorare, integrare e correggere come ha fatto il vostro
espertissimo Marco Buonocore nei vostri pregevolissimi quaderni; eppure costui
specifica: “Lugini …. [riconsidera] la raccolta epigrafica berlinese portando a
conoscenza quei documenti iscritti che solo la sua conoscenza capillare di
quella zona era in grado di compiere”. Io, l'altra sera, Lugini non l'ho
sentito citare neppure per sbaglio, Che vi sia preclusione campanilistica?
Fulcro del vostro interesse, gira e
rigira, è la Grotta c.d. del Cavaliere. Meritevolissimo e apprezzabile
interesse. Solo però che se diventa mania monotematica, perde di pregio. E
Lugini e Grotta c.d. del Cavaliere alla fine sono inscindibili. Apprendo da
Lugini (pag. 43) “ gli avanzi delle mura pelasgiche …. fra Alzano e Monte
Maggiore [sarebbero] gli avanzi del tempio di Marte ricordato da Dionisio”. Tra
codesto tempio e la Grotta c.d. del Cavaliere vi sono attinenze, contiguità,
collegamenti?
La grotta del Cavaliere – mi pare – ha
tre date importanti: 1830, data della sua scoperta (?) da parte di codesto
archeologo inglese per nascita ma romano di adozione, collegato col sommo
Vespignani, marito tranquillo di una splendida romanina di trent'anni più
giovane ; 1981, sua riscoperta e specie dopo il rinvenimento di una malcerta
epigrafe votiva, suo magnificato accreditamento a ipogeo cultuale; quest'ultimo
ventennio, oggetto di accuratissimi studi e ricerche da parte del dottore
Cesare Silvi.
Mi permetto di osservare: il nome è
equivoco e mi sembra congettura simpatica quella di associare il toponimo
Cavaliere all'archeologo inglese, appunto perché inglese; se ipogeo dedito al
culto dei morti, occorre scientifica investigazione per saperne di più su tale
presenza religiosa ad Alzano, trattandosi in definitiva di ipostatizzazione di
una delle tante discese agli inferi, vuoi come quelle omeriche vuoi come quella
sfumata virgiliana (meglio collegabile con tale manufatto d'epoca romana).
Potrebbe anche trattarsi di devianze esoteriche non rare in epoca tardo impero.
Sia chiaro una semplice pietra votiva non ci dice molto. Ma allora perché non
fare scavi stratigrafici e appuramenti archeologici non dilettantistici? Non
sono per il momento fattibili? La progettazione e lo studio propedeutico è
sempre possibile.
Resta l'arcano del collegamento tra il
tempio di Marte del Lugini e questa grotta dall'equivoco nome. La scienza
progredisce per espansioni, non certo per preclusioni campanilistiche.
Nella letteratura – e non parlo solo di
Lugini – queste misteriose mura del Cicolano si sono sempre chiamate Pelasgiche
o Ciclopiche, termine forse improprio ma sempre inequivocabile. Se oggi
giapponesi (estremamente curiosi, si sa) e cinesi (i turisti dell'avvenire,
secondo me) vengono da 'ste parti abbacinati da letture sull'arcano delle mura
pelasgiche o ciclopiche e si avventurano tra questi affascinanti Monti
Cicolani, chissà quale loro delusione vedendole volatizzare per dar posto a
incolori, inespressive, insignificanti MURA POLIGONALI. Perché si sono cambiati
nomi e toponimi consolidati? Per pignoleria scientifica? Per far dispetto al
vicino ma non amato Lugini? Solo se unite le diverse scuole di pensiero, solo
se fra loro si accende un rispettoso dialogo, si fanno salti di qualità.
Diversamente si cade in un mercantilismo che fa presto ad esaurirsi, specie se
incombono epocali crisi involutive in campo economico.
Si vuol portare alla Grotta c.d. del
Cavaliere lo sbocco di un'importante arteria stradale d'epoca romana? Se si
fanno congetture, perché no? Ma congettura per congettura, resto legato
all'ipotesi del Lugini (cfr. pag. 58). Ho sbirciato il lavoro della Migliario
pubblicato sempre nei vostri pregevoli quaderni. Mi riservo di approfondirne lo
studio. Spero che il Geometra Mario Balduzzi ripercorra le investigazioni del
nonno – anche lui ha conoscenza unica del territorio - e magari filmando
dimostri quanta ragione aveva il Lugini. Forse Virzì se ne dispiacerà, ma,
via!, ha da ricavarne spunti anche lui, più avvincenti di quelli a dire il vero
molto avvincenti che ci ha illustrato l'altra sera.
Occorre dialogo. Ho sentito che la
struttura ecclesiale del Cicolano è poco nota. Falso: specie dopo la pubblicazione
dell'immane lavoro di Vincenzo di Flavio (anno 2010); ce n'è materia per
puntualizzazioni. Ad esempio tanto vi ho appreso sulla chiesa di Santa Lucia
tanto cara al vostro socio Antonio Marrucci, che tanta, troppa materia ha su
questa fabbrica cultuale, a presidio di un'antica statio romana, nonché di un
crocevia di diversa ma continua importanza nell'evolversi delle realtà
storiche. Mi chiedo perché, in occasione delle prossime celebrazioni di Santa
Lucia, don Maceroni, il dott. Di Flavio, il dottor Cesare Silvi, il dottor
Antonio Marrucci, il prof. Buonventre, l'architetto Filippo Balduzzi e la sua
collega che hanno studiato quella chiesa, e, se è permesso, un forestiero quale
io sono (che pure qualche fruttuosa ricerca anche negli archivi segreti
vaticani li ha fatti, forse demolendo taluni idola teatri), tutti costoro o
taluni o anche tal'altri non vengono adunati nelle scuole di Santa Lucia da
codesta meritevole rivista per una tavola rotonda coordinata da don Maceroni o
magari da Lei stesso su questo capisaldo della locale storia (romana a mio
avviso), forse bizantina, credo non longobarda, borbonica, con grave dispetto
del vescovo reatino, e delle stranezze dell'Acotral di un tempo o della Cotral
d'oggidì? Che paradigma dell'intera storia del Cicolano e quindi di Petrella,
Pescorocchiano, Borgorose e Fiamignano, così tanto per mia spocchia geografica!
Ai piedi del vecchio diruto Poggio
Poponesco sorge un convento antico ma non antichssimo; ai tempi in cui scriveva
il Lugini era ancora in piedi ma adattato a carcere mandamntale. Quel che
incuriosisce noi è quale ruolo, quale servizio sociale, quale necesstà
misionarie potè avere un cenobio in zona comunque inospitale, staccato da un
catrum con tante esigenze ma anche compiti difensivi. legato più ad un
decadente centro urbano che non al piuttosto lontano nuovo centro abitativo
(Fiaminano).
Studi, ricerche, convegni ve ne sono
stati, ma non pare atti a dipanare almeno uno dei tanti dilemmi dei quali ne
abbiammo abbozzati solo alcuni. Nel nuovo millennio, al Cicolano vanno
destinati fondi pubblici, attenzioni scientifiche e persino misure riparatrici.
Se n'è già scritto e con toni anche ripiccati.
Resta singolare che un convento
francescano - in sospeso tra il fortilizio medievale e il nuovo sempre più
egemone centro abitativo che tanti esuli, ovviamente scontenti, dal vetusto
Poggio Poponesco, in crescente fase di fatiscenza, hanno avviato e ravvivato
con cipisglio consono ad una insorgente piccola borghesia in terre feudali di
grandi signori disrtti a Roma - possa ivi sorgere e consolidarsi..
Quel convento ad ogni modo, se non dei
primordi della irrefrenabile diffusione francescana, la segue da presso. Nelle
approfondite e professionali ricerche di Luigi Pellegrini (in Chiesa e Società
dal secolo IV ai giorni nostri - Italia Sacra n. 30) questo convento ai piedi
di Poggio Poponesco non è citato. Insomma nel celebre "Provinciale Ordinis
Fratrum Minorum" di fra Paolino da Venezia non è presente, mentre lo è
quello di Radicaro (il n, 8 sub tituolo S. Jacobi de Radicaro, in Custodia
Reatina). E qui possiamo risalire al 1230. "segnalati da Fra Paolino da
Venezia appaiono già fondati e operanti [conventi francescani] nel 1230.,
ibidem).
Una cosa comunque resta evidente che tra
il 1230 e i primi del Novecento, quel convento l ospita i nuovi soldati del
Poverello d'Asssii che con sai lisi, con cingoli, questuando poveri tra
poversi, e Poggio Poponesco a monte e Fiamignano nei dirupi di sotto, venivano
catechizzati, edotti nelle cose di Dio, educati ad una religione sobria e
caritatevole, ed in un certo qual senso addottorati. Pecore, capre ,bovini,
terre aspre. ed orti in piccoli fazzoletti di terra servivano ad uomini che
accudivan loro ma secondo fede in Dio nella evangelica predicazion di un
francescanesimo sobrio e con miserie umane come tutti e come sempre ma
temperate, mortificate. Ne è nato un costume di vita che ci pare di cogliere
ancora quando, estranei, villeggiamo nelle calde estati, fuggitivi da Roma in
calore tra foschie deprimenti.
La chiesa di Sant'Elpidio è ben
descritta (nella sua decrepitezza del 7 marzo del 1574) dal vescovo visitatore
Camaiani. S. Elpidio era allora dominio di Giovanni Giorgio Cesarini mentre il
territorio contiguo apparteneva al celeberrimo Pompeo Colonna. La chiesa era "inornata
et incomposita"; aveva tetto fatiscente solcato da "rimis" (al
mio paese si chiamano 'gutteri'; voi non so) " “ et pluvia tutum
reddendum" ( come dire che bisognava adoperarsi per non continuare a farvi
diluviare dentro). Cento i nuclei familiari, quasi 500 abitanti che per allora
e per paesi di montagna erano davvero tanti. Là non si parla di reperti
archeologici, ma mio cognato Antonio Marruci mi assicura che dopo vi fu un
vescovo reatino diligentissimo in queste cose. Sia come sia, per me varrebbe di
più il recupero di quel tempietto romano di cui parla il Lugini ove rimaneva
ancora affissa la lapide ora elevata a improbabile decorazione di una parete
interna di una chiesa cristiana sicuramente a suo tempo eretta per sommergere
ogni residuo di un meraviglioso culto pagano. (Mi permetterà di avere in cose
di religione, gusti opposti).
Poggio Poponesco - un sito archeologico
da salvare -un unicum per l'archeologia medievale.
In un vecchio atlante geografico del
'700 POGGIO POPONESCO appare, vivo, vitale, distinto ed autonomo. Ai suoi
piedi, sotto la sua egemonia si distende tra dirupi sino al vecchio fiume
Fiamignano, ma appare chiaro che è altra cosa.
E' la vetustà delle origini innanzi tutto
a distinguere il vecchio insediamento abitativo POGGIO POPONESCo appunto dal
languido defluire d i casali modesti accanto alle pretenziose dimore dei nuovi
ricchi del tempo FIAMGNANO.
E sopra Poggio Poponenso, come vertice
egemone il Csatrum, medievale senza dubbio, ma antico sino ai tempi del dominio
dei frati farfensi che sinora solo il grande Lugini ha cercato di sbirciare.
Nel mezzo di una teoria di castelli mediaveli, Il Lugini ne conta una trentina.
Nessuna ricerca storica, nessuna salvaguardia corale, nessuna spesa "produttiva".
Solo l'assurdo di qualche ottuso campanilismo che di un qualcuno di codesti manieri
ne ha fatto il topos di una delle più inverosimili tregende cinuecentesche.
Buona cosa se in contiguità ad una esaustiva ricerca; pessima, se sbriciolante
un bel quadro d'assieme
Ed in relazioni a tanti castelli, ma a
noi qui interessa per necessità di tesi solo il Castrum di Poggio Poponesco.,
sempre il lodevolissimo Lugini getta una luce non ancora adeguatamente
scandagliata tra castello e rete viaria nel reatino antica e collegabile
all'anno 1151 e alle notule farfenses degli anni 1148 e 1149. Si finanzino pure
tracciati incredibili che dall'estremo Nord arrivano sino a Pachino, ma si dia
preminenza agli studi e alla salvaguardia dei luoghi nell'alveo serio e
scientifico impostoci dal Lugini (pag. 132)..
Quindi il castrum sopra Poggio Poponesco
è faccenda farfense e pertanto dislocabile nella prima metà del XII secolo? Il
Castrum, molto probabile - occorrono scavi mirati, scavi stratigrafici.
sondaggi addirittura da laboratori nucleari (come sperimentato positivamente a
Catania, con la civiltà sicata il cui epicentro sarebbe Racalmuto ma per giochi
di poteri traslati a Milena). Quanti soldi occorrono? Tanti, tantissimi, ma
frattanto perché non si inizia con meno, molto meno, con ricorso a fonti più
discreti ma più accessibili? Posso lamentare incurie ancestrali (quando rinasce
il medico Lugini?) posso ravvisare incurie, inidoneità, abulie, campanilismi
gretti ed ostativi. accidie, indolenze, dispersioni colpevoli?
Ma basta non perseverare. A chi serve il
processo al passato, anzi ad un rosario di occasioni perdute.
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