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mercoledì 10 febbraio 2016


LIBRO SECONDO – Racalmuto nell’epoca moderna


 


 


IL SECOLO DELLA MADONNA DEL MONTE


La tradizione colloca nell’anno 1503 la venuta a Racalmuto della Madonna del Monte. La pia leggenda è talmente scolpita nei cuori dei racalmutesi da impedire ogni ricerca storica che suonerebbe falsa e blasfema. Noi quindi ce ne asteniamo. Facciamo nostra la seconda lezione dell’Officio sulla nostra prodigiosa Madonna: «a Racalmuto, in Sicilia, - vi si recita in latino - da tempo immemorabile, un prodigioso simulacro troneggia nel magnifico tempio dedicato alla Madonna del Monte, Madre di Dio. Secondo una costante tradizione, la statua in nessun modo poté venire rimossa dal Monte, ove era giunta per una sosta su un carro rustico tirato da buoi, proveniente dal litorale agrigentino per essere condotta nella antica città di Castronovo. E questo fu un mero portento

Francesco Vinci, in un una memoria del 1760, Don Nicolò Salvo, il padre Bonaventura Caroselli, Nicolò Tinebra Martorana, un anonimo nel 1913, Eugenio Napoleone Messana nel 1968,  Leonardo Sciascia in una chiosa del 1982, ed altri che ci sfuggono hanno scritto sull’evento, quasi sempre con filiale devozione e con trepido attaccamento alla nativa terra di Racalmuto.

Un quadro storico puntuale e documentato ce l’ha fornito di recente il compianto gesuita locale P. Girolamo Morreale. Esso è esaustivo per chi pretende l’umana verità storica. Col suo candore l’ex-voto esposto nel Santuario del Monte rappresenta, pare dalla fine del Seicento, la nostra ancestrale devozione mariana; esso ci immerge nella concitazione del popolo racalmutese per l’arrivo nella parte alta del paese del carro trainato dai buoi con sopra il venerato simulacro della Madonna.

Nella visita pastorale del 1540 - la prima di cui si abbia notizia documentata - la gloriosa statua viene come inventariata, con stile del tutto anodino. Nell’Archivio Vescovile di Agrigento si rinviene il documento della visita fatta nel 1540 dai legati vescovili alla chiesa del Monte. Essa è chiesa non mediocre, con un corredo notevole. Non vi si scorge però nulla che possa richiamare alla mente un santuario prestigioso della Vergine. P. Morreale [1] ha come un moto di stizza quando vede il notista della Curia trattare apaticamente l’argomento. In seconda battuta, come se si trattasse di cosa di scarsa importanza, l’irriguardoso burocrate in veste talare si limita ad inventariare il glorioso simulacro semplicemente come «una figura di nostra donna di marmaro». Non ci si può però meravigliare: il culto della Madonna del Monte esplode a Racalmuto solo a partire dai primi decenni del ‘700, dopo l’opera del p. Signorino, ma soprattutto a seguito di un libretto del 1764 di un frate agostiniano centuripino, il padre Catalanotto, che con semplici ma accattivanti versi in dialetto (invero più della periferia ovest di Agrigento che della nostra Racalmuto) stila una devota saga della Vinuta di la Beddra Matri di lu Munti che alquanto si distacca (apparendo peraltro più credibile) da quella che il pretenzioso padre Caroselli forgiò in una estranea lingua italica quasi un secolo dopo.

La visita pastorale del Vescovo di Agrigento, datata 1540, è per altri versi un momento importante per la storia religiosa di Racalmuto. Abbiamo un documento storico  basilare. Pur nel linguaggio non perspicuo ed arcaico, balza un quadro della struttura ecclesiale di Racalmuto.

 

 

Ci affacciamo, così, all’epoca moderna per la quale disponiamo di fonti d’archivio e documentali rilevantissime che vanno studiate ed interpretate con rigore scientifico, bandendo quel vezzo della visionarietà cui gli eruditi locali sono stati soliti abbandonarsi. La storia della comunità ecclesiale racalmutese appare ora circostanziata e colma di  affascinanti spunti e di specificità di grande portata edificante. Si pensi al culto della Madonna, alla devozione verso S. Rosalia, alla veneranda figura di padre Elia Lauricella ed ai tanti servi di Dio della nostra epoca contemporanea. 


SACERDOTI DI RACALMUTO DEL XVI SECOLO


 

 

Nell’Archivio parrocchiale della Matrice di Racalmuto si rinviene un elenco di sacerdoti che abbraccia il periodo dal 1545 sino ai nostri giorni. L’intestazione è molto eloquente e ben specifica il contenuto del registro. «Liber - viene denominato - in quo adnotata reperiuntur nomina plurimorum Sacerdotum, nec non Diaconorum, Subdiaconorum et Clericorum huius terrae Racalmuti, jam ex hac vita discessorum a pluribus ab hinc annis fere immemorabilibus, opere R.di Sac. D. Paulini Falletta hoc anno 1636 pro quarum animarum suffragio semel in mense in feria secunda secundae hebdomadae ad cantandam Missam omnes Sacerdotes, Diaconi, Subdiaconi et Clerici se obligaverunt convenire. - Ut in actis Not. Panfili Sferrazza Racalmuti sub die 26 Marzii 1638.» Fino a quando si cantò quella messa il lunedì  della seconda settimana di ogni mese, non sappiamo. Oggi non avviene più e crediamo a memoria d’uomo.

Il primo sacerdote a venirvi annotato è l’arciprete e canonico d. Nicola de Galloctis, citato nella visita pastorale di Mons. Pietro di Tagliavia e d’Aragona del 1543. La trascrizione è però scorretta: lo si chiama “Nicola Galletti”. Abbiamo quindi i tre successori nel tempo: d. Tommaso Sciarrabba - anche lui arciprete e canonico - D. Gerlando d’Averna e don Michele Romano. Viene omesso l’arciprete Capoccio per saltare a d. Andrea d’Argomento, con il quale s’inizia il secolo XVII.

Sui sacerdoti racalmutesi del secolo XVI sappiamo ben poco. Qualche dato si desume dall’archivio vescovile di Agrigento. Notizie e riferimenti si colgono nei libri parrocchiali della Matrice, quasi tutti di battesimo per quello scorcio di secolo, e databili, comunque, a partire dal 1564. La bolla di conferimento dell’arcipretura di Racalmuto al sac. Gerlando di Averna  è stata da noi rintracciata nell’ Archivio Vaticano Segreto e risale al 13 novembre del 1561.

Lo stato delle nostre ricerche ci permette di individuare soltanto due sacerdoti officianti a Racalmuto prima del XVI secolo. Sono i religiosi ricordati nella Colletteria dell’archivio vaticano (cfr. ASV - Collect. 161 f. 96) Martuzio de Sifolono, titolare della chiesa di S. Maria, chiamato  a corrispondere un’oncia per le decime di due anni (1308 e 1310), ed il prete  Angelo di Montecaveoso, tassato per nove tarì  in re­lazione all’ufficio sacerdotale che esplicava nel Casale di Racalmuto. Del primo non sappiamo neppure se fosse un sacerdote. Ignoriamo anche dove era ubicata la chiesa di S. Maria - ed ogni attribuzione ad uno dei vari templi oggi dedicati alla Madonna è mero arbitrio. Il “presbiter”  Angelo de Montecaveoso ha tutta l’aria di essere un frate: parroco di Racalmuto nel 1308 e nel 1310, non sembra indigeno; ricava pochi proventi (dopo, l’arcipretura di Racalmuto diverrà molto appetibile e la vorranno prelati di Messina, Napoli, Prizzi, S. Giovanni Gemini, etc.) e non lascia traccia di sé.

Non abbiamo elementi per stabilire se, oltre ad incassare le prebende, i beneficiari di S. Margherita, ebbero a svolgere una qualche missione sacerdotale a Racalmuto: si tratta di due preti di cui ci tramanda i nomi un noto documento (Archivio di Stato di Palermo: Reale Cancelleria, Vol. 34, f. 137v, anno 1398) del 20 settembre 1398, Tommaso de Manglono e Gerardo de Fino. Il primo era un canonico agrigentino, considerato ribelle dal re Martino e pertanto spogliato della prebenda racalmutese; il secondo, arciprete di Paternò, era divenuto cappellano regio: difficilmente avrà avuto tempo per pratiche religiose nella terra del beneficio di Santa Margherita, ricevuto graziosamente dal re. Gli bastava mettersi in contatto con Matteo del Carretto, cui erano state impartite istruzioni per la corresponsione dei proventi a quelll’arciprete di Paternò.

Biagio Pace vorrebbe un ipogeo cristiano in contrada delle Grotticelle di Racalmuto. Se ha ragione, il cristianesimo si sarebbe diffuso nel paese fin dal V-VI secolo; da allora sino al nono secolo, quando gli arabi s’impadronirono di questa parte della Sicilia, molti sacerdoti si saranno succeduti ma su di loro nulla assolutamente si sa e non sono neppure tentabili congetture, anche azzardate. Lo stesso avviene per i tempi dei Normanni e per quelli successivi sino al 1308. Occorre fare un salto, dunque, che ci porta al 17 maggio del 1512: in un documento vescovile si accenna al sacerdote racalmutese Francesco La Licata che - unitamente ai sindaci Vito Graci, Francesco Bona, Giacomo Mulè, Filippo Fanara, Salvatore Casuccio, Gabriele La Licata. Orlando Messina e Stefano Santalucia - si era rivolto all’autorità viceregia per avanzare un imprecisato ricorso avverso il chierico Paolo del Carretto. Possiamo affermare che il La Licata sia il primo sacerdote veramente racalmutese di cui abbiamo notizia.

In definitiva, è proprio dal La Licata che può partire una ricognizione dei sacerdoti racalmutesi: i precedenti quattro nominativi (due dell’inizio e due della fine del XIV secolo) ci appaiono forestieri e per un paio di loro non è ipotizzabile una qualche sia pure sporadica presenza a Racalmuto.

 

 

 

 


 

I CONVENTI DI RACALMUTO NEL ‘500


Se crediamo ad un quadro che si trova a Licata e che  raffigura l’albero frondoso  ed abbondantemente fruttifero ad esaltazione della famiglia dei carmelitani nell’agrigentino, dovremmo dire che già nel 1270 si ergeva a Racalmuto il convento del Carmine, ma la fonte è molto labile per innestarvi origini conventuali racalmutesi che peratro ribalterebbero il tanto creduto ed il molto sostenuto da grintosi storici locali. Tolto dunque il convento del Carmine, dobbiamo saltare ai conventi che sono di sicuro operanti nel XVI secolo. Non crediamo che vi siano  stati conventi a Racalmuto, oltre a codesto incerto del Carmine, nei primi quarant’anni del ‘500: solo attorno al 1545 è di sicuro operante il convento di S. Francesco ove erano insediati i padri francescani dell’Ordine dei Minori Conventuali. In certi documenti vescovili che riguardano il sac. don Lisi Provenzano abbiamo rinvenuto elementi tali da suffragare questa antica datazione del convento. L’altro cenobio che appare alla fine del secolo, quello dei carmelitani, pare risorto  all’incirca verso il 1575 se diamo credito alla lapide dell’avello di un  priore locale, padre Paolo Fanara, quale ancora si legge nella chiesa del Carmelo (la chiesa appare invece da molto tempo prima ed è attestata dalla visita del Tagliavia nel 1540 non mancando nel testamento del barone Giovanni del Carretto).

Giovan Luca Barberi parla di un convento benedettino presso Racalmuto, ma gli eruditi locali negli ultimi tempi sono propensi a ritenere che il chiostro fosse quello di S. Benedetto, in territorio di Favara.

Quanto all’altro convento francescano, quello dei Minori di Regolare Osservanza, esso, seppure se ne parla già nel 1598, inizia la sua attività nei primi anni del ’600.

Per tutto il Cinquecento non vi sono conventi femminili a Racalmuto. Il primo - quello di S. Chiara - comincerà ad operare verso il 1645.

Convento di S. Francesco


Sappiamo con certezza che il 21 novembre 1545 il convento di S. Francesco era operante. Noi pensiamo che sin dagli esordi furono i padri minori conventuali ad occupare il chiostro, sotto l’egida di Giovanni del Carretto. Pietro Rodolfo Tossiniano, vescovo di Senigallia, vi  nel libro 2° della sua Historia Serafica. Il maltese Filippo Cagliola nel 1644, fa un discorso un poco più articolato e, descrivendo le “Almae sicilienses Provinciae ordinis Minorum Conventualium S. Francisci”, prende in considerazione anche Racalmuto in questi termini:

LOCUS RACALMUTI [custodia agrigentina]. suae fondationis certam non habet notam, cum scripturas omnes grassantis  pestis insumpserit lues. Quam ob rem annus 1576 a THOSSINIANO inscriptus, ad reparationem Ecclesiae, post eliminatum languorem, non ad fundationem referendus; pugnaret siquidem secum Auctor, qui a Comite Ioanne, certam pecuniam pro Ecclesia reparatione, legatam asserit, anno 1560. Ecclesia denuo excitata, imperfecta iacet, locus iuxta arcem a Friderico Claramontano constructa, situs amoenus, qui fabricis non spernendis incrementa suscepit. Ecclesia Divo Francisco dicata.[2]

Dunque non era nota la data di fondazione, per la distruzione dell’archivio nel tempo della grande peste del 1576. Questo stesso anno viene indicato dal Tossiniano come data di fondazione, subito dopo la cessazione del flagello. Ma questi cade in contraddizione con se stesso, dato che afferma che il conte Giovanni [invero era barone] ebbe a lasciare una certa somma nel 1560 per riparare la chiesa. La chiesa, invero, di nuovo eretta, giace ora incompleta vicino al castello edificato da Federico Chiaramonte, in un luogo ameno e con un notevole chiostro. Essa è dedicata a S. Francesco.

Il barone Giovanni del Carretto, a dire il vero non aveva tanto pensato alla chiesa ma alla sua tomba. Egli lasciò cento onze per la sua cappella tombale. Ed altri mezzi per la celebrazione di messe in Conventu Sancti Francisci dictae Terrae, che dunque nel 1560 era attivo.

Francescani conventuali nel 1593


Da una nostra ricerca  risulta che nel 1593 stanziassero a S. Francesco i seguenti religiosi:

1
1593
COLA  ANDREA
GAITANO
PADRE PRIORE
2
1593
GIOVANNIANTONIO
TODISCO
FRA
3
1593
SEBASTIANO
D ‘ ALAIMO
FRA
4
1593
FRANCESCO
BARBERIO
FRA
5
1593
GIO
BARBA
FRA
6
1593
LODOVICO
DI  SALVO                           
FRA
7
1593
GIUSEPPE
LA MATINA
FRA

 

Francamente non conosciamo granché della loro vita: abbiamo, ad esempio, alcuni accenni nell’atto di donazione di quel singolare personaggio che fu Antonella Morreale, rimasta vedova piuttosto giovane di Leonardo La Licata. Il rogito è datato 9 gennaio 1596 e ad un certo punto stabilisce:

Et voluit et mandavit ditta donatrix quod dittus Jacobus donatarius ...debeat ac teneatur supra dicto ut supra donato solvere uncias decem po: ge: in pecunia fratri Lodovico de Salvo ordinis Sancti Francisci, filio magistri Rogerij consanguineo dittae donatricis infra annos duos cursuros et numerandos a die mortis dittae donatricis in antea hoc est anno quolibet  in fine unc. unam in pacem pro vestito ispius Lodovici pro Deo et eius anima ipsius donatricis et solutis dictis unc. 10 ut supra dictus Jacobus de Poma donatarius per se et successores teneatur et debeat pro dittis unc. decem anno quolibet in perpetuum solvere unciam unam  redditus supra dicto loco de supra donato dicto ven.li conventui Sancti Francisci dictae Terrae Racalmuti eiusque guardiano mentionato pro eo et successoribus in ipso conventu in perpetuum legitime stipulante in quolibet ultimo die mensis augusti cuiuslibet anni incipiendo solvere anno quolibet in perpetuum pro Deo et eius anima ipsius donatricis pro celebratione tot missarum celebrandarum per fratres dicti ven. conventus

Fra Ludovico de Salvo era dunque un consanguineo della Morreale. Nella donazione si parla di sussidi per il suo vestiario. Per le messe v’è un altro legato di un’oncia annua in favore del padre guardiano.

Il guardiano padre Cola Andrea Gaitano 


La Morreale si ricorda di questo priore anche a proposito della sistemazione della non  chiara vicenda del lascito da parte del marito di  un vestito appartenente a don Cesare del Carretto. In dialetto, ella dispone piuttosto prolissamente che:

Item ipsa donatrix pro Deo et eius anima ac pro anima ditti condam Leonardi olim eius viri titulo donationis preditte post mortem ipsius donatricis ... donavit et donat ditto ven. conventui Sancti Francisci  ditte terre uti dicitur: una robba di donna di villuto russo chiaro con li soi passamanu di oro, quali robba ditta donatrichi teni in potiri suo in pegno del sig. don Cesaro il Carretto, la somma dello quali pignorationi ipsa donatrici non si recorda, per tanto essa donatrici voli chè si il detto del Carretto paghira ditto conventu seu suo guardiano la reali summa per la quali robba fui inpignorata, chè in tali casu lu guardiano di detto convento chè tunc forte serra sia tenuto restituiri ditta robba a ditto del Carretto et casu chè il detto del Carretto non si recapitassi detta robba oyvero non declarira la summa per la quali detta robba sta pignorata voli la detta donatrichi chè lu guardiano di detto convento habbia di obtenere lettere di executione et per quella somma chè serra revelato il detto guardiano debbea detta robba per detta somma ad altri personi inpignorarla et quelli denari convertirli et expenderli in   subsidio et bisogno di detto conventi et fari diri tanti missi per l’anima di detta donatrici et il ditto condam Leonardo per li frati di detto convento et quoniam sic voluit ditta donatrix et non aliter nec alio modo.

Il nome del padre guardiano doveva essere padre Cola Andrea Gaitano: non è certamente racalmutese, mentre originari del paese appaiono tutti gli altri sei fraticelli.

Fra Ludovico de Salvo


La famiglia cui apparteneva fra Ludovico Salvo è così censita nel rivelo del 1593:

 

 

36
360
Salvo (de) Mg. Ruggero, soldato anni 45
Nora de Salvo moglie; Santo anni 14; Ludovico 11; Francesco 7; Ivella; Caterina; Vincenza
confina con  La Lattuca Paulino
abita  al Monte

 

Nel 1602 consegue i quattro ordini minori e pare che non sia andato oltre. Un’annotazione del vescovo Bonincontro del 1608 farebbe pensare che fra Ludovico abbia lasciato il convento e si sia secolarizzato. Lo troviamo infatti fra i chierici sottoposti alla giurisdizione dell’ordinario diocesano:

Ludovico di Salvo an 26 cons. ad 4 m. ord. die 23 martii 1602  ... S. Francisci

Fra Ludovico era nato a Racalmuto nel 1581 come da questo atto di battesimo:

19
7
1581
Lodovico
Rogieri m.o
Salvo
Nora

 

 

Fra Sebastiano d’Alaimo


Semplice frate nel 1593 ricevette sicuramente gli ordini sacerdotali. Nella visita del 1608 viene autorizzato alle confessioni per sei mesi:

Frater Sebastianus de Alaimo ordinis S.ti Francisci Convent. ad sex menses

Risulta dai Rolli di S. Maria quale teste in un atto del 28 ottobre 1597. Null’altro ci è dato di sapere su questo francescano, sicuramente racalmutese.

Il Convento del Carmine.


Per il Pirri questo convento è nobile ed antico ed ai suoi tempi (1640) contava 10 religiosi con 108 onze di reddito. Ne era stato solerte priore per 46 anni il racalmutese fra Paolo Fanara. La lapide del suo sepolcro fornisce questi dati biografici:

Paolo Fanara innalzò, accrebbe e decorò, dotandolo d’immagini, questo tempio; curò l’edificazione del convento con somma operosità. Visse 71 anni e nell’anno della salvezza 1621, dopo 41 anni di priorato, morì nella pace del Signore.

Fra Paolo Fanara nacque dunque nel 1550; nel 1575 diviene priore del cenobio carmelitano di cui è fondatore a Racalmuto. Il convento viene edificato accanto alla chiesa periferica del Carmelo, che stando ai documenti disponibili sorgeva invero da tempo, a dir poco dal 1540.

La chiesa sembra in costruzione al tempo della morte del barone Giovanni del Carretto che così ne accenna nel suo testamento:

Item praefatus Dominus Testator dixit expendisse unceas centum triginta in emptione lignaminum et tabularum  facta per Magistrum Paulum Monreale, et per Magistrum Jacobum de Valenti, de quibus dominus Testator consequutus fuit nonnullas tabulas, et lignamina; voluit propterea, et mandavit quod debeat fieri computum per dictum spectabilem D. Hieronymum heredem particularem, et faciendo bonas uncias viginti septem solutas Ecclesiae Sanctae Mariae de Jesu, et uncias undecim solutas pro raubis; de residuo tabularum et lignaminum compleri debeat tectum Ecclesiae Sanctae Mariae di lu Carminu dictae Terrae Racalmuti, et voluit  quod debeat expendere unceas quindecim in pecunia in dicto tecto, et ita voluit, et mandavit, et hoc infra terminum annorum trium.

Nel 1560, dunque, la chiesa di Santa Maria del Carmelo era a buon punto e doveva soltanto completarsi il tetto, cosa che andava fatta entro tre anni. Non è attendibile quindi quel che dice l’avello del p. Fanara, quanto alla chiesa. Certo dopo il 1575 fra Paolo non mancò di farvi fare opere murarie e migliorie ed a ciò è da pensare che si riferisca l’iscrizione della lapide.

I carmelitani racalmutesi del secolo XVI


Nel rivelo del 1593, questo era l’organico del cenobio carmelitano racalmutese:

1
1593
PAULO
FANARA
PADRE PRIORE
2
1593
RUBERTO
COSTA
PADRE
3
1593
SALVATORE
RICCIO
FRA
4
1593
FRANCESCO
SFERRAZZA
FRA
5
1593
ANGELO
CASUCHIO
FRA
6
1593
GEREMIA
RUSSO
FRA
7
1593
GIUSEPPI
RAGUSA
FRA
8
1593
ZACCARIA
RICCIO
FRA

 



[1]) Girolamo M. Morreale, S.J - Maria SS. del Monte di Racalmuto - Racalmuto 1986: pag. 29 «Le notizie più sicure e più antiche sulla Madonna del Monte le abbiamo dalla sacra Visita, fatta a Racalmuto dal vescovo o da un suo delegato, nel 1540 ... La statua è descritta con termini assai scarni, secondo lo stile inventariale: "Una figura di Nostra Donna di marmaro"» Pag. 30: «Poco dopo sono riportati gli ornamenti della statua: "Item uno panigliuni [rectius: pavigluni, n.d.r.] di cuttuni cum sua frinza di sita russa per [rectius: supra, n.d.r.] la Immagini  [rectius: inmagini, n.d.r.] di marmaro di Nostra Donna et una cultra vecchia  [rectius: vecha, n.d.r.] per la ditta Immagini  [rectius: supra la ditta inmagini, n.d.r.] ... Item: uno panigliuneddo  [rectius: paviglunetto, n.d.r.] a la immagini  [rectius: inmagini, n.d.r.] di Nostra Donna .»
«Il titolo della chiesa è riportato nel paragrafo che la riguarda: "Visitatio ecclesie sancte Marie di lo Munti".
«Per la quantità di beni riportati nell'inventario, la chiesa del Monte è la terza dopo la Matrice e l'Itria. Si ha l'impressione di una chiesa periferica  che ha appena il necessario: sono ricordati un solo paio di candelieri di legno e le 13 tovaglie di altare come biancheria sacra. Le due chiese centrali, Annunziata (Matrice) e l'Itria, invece appaiono bene attrezzate di parati sacri..»
A quest'ultimo proposito mi par di potere annotare: a) Il P. Morreale legge sicuramente in modo errato Jsu  in Itria (la chiesa dell'Itria sorgerà a Racalmuto un secolo dopo); b) la chiesa del Monte figura dopo Matrice, S. Maria di Gesù ed anche S. Giuliano, al quarto posto, forse addirittura alla pari di S. Margherita; c) in ogni caso, trattasi delle prime cinque chiese di Racalmuto: le altre (ricordo ad esempio: S. Rosalia e  S. Leonardo) non attiravano l'attenzione dei visitatori episcopali per la loro scarsa importanza. La chiesa del Monte, comunque, ha una buona dotazione di paramenti sacri, ha una cassetta per le elemosine ed un guardaroba per la sua prestigiosa statua di marmo, anche se viene indicata come vecchia (da ciò si potrebbe anche dedurre che la statua marmorea non è poi detto che sia quella che si venera oggi e che la chiesa del Monte è molto antica, forse più antica della stessa S. Maria di Gesù).
Altra importante fonte è : «LA VISITA PASTORALE DI MONS. PIETRO DI TAGLIAVIA E D'ARAGONA - parte II (Anno 1542-43)» - Tesi di laurea di Rosa Fontana, relatore Paolo Collura dell'Università degli Studi di Palermo - facoltà di lettere e filosofia - anno accademico 1981-1982. Racalmuto risulta tratttato nelle pagine 207-218. La visita è dell'11 giugno 1543 ed è successiva di tre anni a quella qui indicata. La Chiesa del Monte non vi figura perché il visitatore si limitò ad annotare a lato la vecchia visita.
[2])  ALMAE SICILIENSES PROVINCIAE - ORDINIS MINORUM CONVENTUALIUM S.FRANCISCI - a patre magistro Philippo CAGLIOLA - a MILITA.
"Sicilia francescana secoli XIII-XVIII a cura di Filippo ROTOLO" Venetiis, MDCXLIV - Officina di Studi Medievvali - Via del Parlamento, 32 - 90133 PALERMO - 1984. pag. 108 [Petrus Rodulfus THOSSINIANUS, Episcopus Senegallensis ordinis nostri, in Historia Serafica - v. per RACHALMUTUM lib. 2] .

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