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venerdì 19 febbraio 2016


Questa foto è doppiamente fallace. Primo: risale al1959, fate voi i conti avevo appena venticinque anni e stavo vincendo il concorso di gruppo A in Banca d'Italia. Pensate voi che disdetta, io ex parrinaro già eretico in tutto, computista manco ad ammazzarmi, velleitario suonator di parole in bella grafia, astratto, distratto, attratto da tante di quelle bellissime fanciulle  che per la festa del Monte era un tripudio mirarle.  Altere e schizzinose, spesso sorelle, per celia ma sconfitti dentro le chiamavamo talora le SORELLE MATERASSI. Volevamo essere allusivi. Ora tante d chiddre ca si livavanu di mia un dicina d’anni ma sempri bbone erano le vedo ancora vezzose attraenti serie . Insumma qusi ci pruovo. mi dicu. Ma dove vai, soggiungo: a Racalmuto non si può. E poi c sono quelle altre che quasi quasi me le sposavo (ma mi disdegnavano) che riposano ora nelle terre francescane di Santa Maria. Spesso le piango.  Vorrei portare una rosa sui loro avelli. Ma non  si può. Desterei scandalo.  Che strano paese questa Racalmuto: tanto pudico fuori quanto lussurioso dentro.

Secondo: allora le foto per la carta d’identità era un rito. Non è come ora che una cam ti scatta un centinaio di fotogrammi e una tua effige  passibile ci scappa. No, allora non era vero quello che schignazzava il grande Picipo'. – “ la machina fotografica soccu vidi talia.  Signu' vossai ca ìè beddra vidissi ca beddra veni,  ma m'ava a scusare so' maritu ca è laidu chi cci pozzu fari, iu?

 No. Allora anche Venturini  sapeva ben truccare le foto da tessera ed io da Piro ad Agrigento ivu. E mi fici bieddru. Trucco c'è altrimenti  a stura fussi maritatu cu nna racarmutisa. Nun  mi vonzi nuddru. A mmia. Qualche  sapida scenetta l'ho trascritta nel mio bel romanzetto che nessuno vuole leggere: La Donna del Mossad. Una grande scrittrice me l’ha derubricato come sciocchezzuola indegna persino di Liala. Non è che abbia tutti i torti. Ma c'è una intrigante storia di coffa finita in tribunale,  per noi comica faccenda per l'interessato fu un uscire di senno brutto assai.

Autobiografico: questo no: io non son scemo da confessare i mei segreti peccati, che ci stanno ma mai ve li dirò stelle pudiche.

Calogero Taverna

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