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martedì 15 marzo 2016


 

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pag. 192

[in coda comincia l'atto di Marchisia Prefolio]

il quale è del tenor seguente.

In nomine Domini Amen. Anno dominicae Incarnationis millesimo tricentesimo vigesimo primomense decembris 19 die eiusdem mensis XV Ind. ...

pag. 196 L'indizione è 10 non 19....

......

 

pag. 201 albero genealogico di Federico II Chiaramonte, come in Picone n.d.r.

Federico II Signore di Rachalmuto e Siculiana.

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Libro Secondo Capo sesto: pag. 227

 

Federico Chiaramonte II. di questo nome Signore di Rachalmuto, Siculiana, e Favara, fù fi- [pag. 228] gliuolo Terzo genito à nostro parere di Federico I. Chiaramonte, e di Marchisia Prefolio, e fratello di Manfredo Conte di Modica, e di Giovanni il Vecchio. come à pieno dimostrammo di sopra [N. 9 § 1. ca. 6 f. 175]. Hebbe Federico per moglie Giovanna, si come si lege nel suo testamento: Item eligo meos fidecommissarios Dominum Bertoldum de Labro Episcopum Agrigentinum; Dominam Ioannam consortem meam, etc. Di qual famiglia ella si fosse, a noi non è palesa. Da questo nobile matrimonio  nacque Costanza unica figliuola, che nel 1307 nobilmente si casò con Antonino del Carretto; Marchese di Savona, e del Finari, con ricchissima dote e facendosi il contratto matrimoniale in Girgenti nell'atti di Not. Bonsignor di Thomasio di Terrana à 11. di Settembre 1307 doppo ratificato in Finari l'istesso anno. come riferisce Barone, [De Maiestat. Panorm. litt. C.] raggionando di questa casa Carretto nel suo libro: l'istesso che ci confirma il testamento nel 1311. à 27 di decembre 10 Ind. e poscia publicato à 22 di Gennaro del 1313. nell'atti di Not. Pietro di Patti con tali parole: Item instituo, facio, et ordino haeredem meam universalem in omnibus bonis meis Dominam Costantiam Filiam meam, Consortem Nobilis Domini Antonini, Marchionis Saonae, et Domini Finari. Cui Dominae Constantiae haeredi meae, eius filios, et filias in ipsa haereditate substituo, ita tamen, quod si forte, quod absit, dicta Domina Costantia absque liberis statim anno impleverit; quod ipsa haereditas ad Dominum Manfridum Comitem Mohac, et Ioannem de Claramonte Milites, Fratres meos, legitime et integre revertatur.

2. Venne Costanza per la morte di Federico Padre ad esser Signora, e padrona dell'opulenta eredità paterna; e dal suo matrimonio nascendo Antonio del Carretto primogenito, li fece doppò libera e gratiosa donatione della Terra di Rachalmuto: come appare nell' [pag. 229] nell'atti di Notar Rogieri d'Anselmo in Finari à 30 d'Agosto 12. Ind. 1344. quale insin ad hoggi detta famiglia Del Carretto possede. Frà breve spatio d'anni Costanza restò per l'immatura morte d'Antonino suo Marito vedova nel Finari, e per ritrovarsi bella; nel fiore della sua gioventù, e ricca, passò alle seconde nozze con Branca, altrimente detto, Brancaleone d'Auria, alias Doria; famiglia nobilissima di Genova; e che nell'anno 1335 fù Governatore nella Sardegna: Riuscì cotal matrimonio fecondo di prole. Poice generò 1. Manfredo; da cui descese Mazziotta, 2. Matteo, 3. Isabella; moglie di Bonifacio figlio di Federico Alagona; da cui nacquero Giancione, e Vinciguerra Alagona. La quarta fù Marchisia; che fù moglie di Raimondo Villaragut, delli quali nacquero Antonio, e Marchisia Villaragut; Nel quinto luogo nacque Leonora, moglie di Giorgio Marchese. Doppo Beatrice; e la 7. & ultima si fù Genebra.

3. Costanza, restando la seconda volta Vedova, finalmente si morì in Giorgenti, havendo prima fatto il suo testamento, e publicato


 

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Allegato n.° 1

[Paolo Collura: le più antiche carte dell'Archivio Capitolare di Agrigento (AGRIGENTINAE ECCLESIAE TABULARII CHARTAE VETUSTIORES) pag. 23 25-28]

 

«8. PRIVILEGIUM 1108 [AGRIGENTO ?] Premesso che Roberto di Malcovenant aveva ordinato di fabbricare in un suo fondo una chiesa in onore di S. Margherita e che Gilberto, suo consanguineo, ne aveva curato l'erezione, Guarino, vescovo di Agrigento, con il consenso dei suoi canonici e per consiglio del detto Roberto, ordina chierico Gilberto e gli concede l'amministrazione dei beni della chiesa con l'obbligo ch'essa ogni anno invii in omaggio tre libbre d'incenso alla madre Chiesa Agrigentina. Il Malcovenant dota dal canto suo la detta chiesa di alcune terre, di cui si descrivono i confini, e cinque villani.

Regesto: De Chiocchis, -.

Cf. Pirro, I, p. 697A. Garufi: l'archivio capitolare, etc., p. 125, n. 3.

Non si tratta di un originale, come erroneamente ebbe a dire il Garufi, ma di una copia; la pergomena misura mm. 442+50+260 e nel complesso è ben conservata: l'inchiostro nero e nitido nella prima parte diventa poi sbiadito.

 

Non abbiamo nel testo del diploma elementi sufficienti per localizzare questa chiesa di S. Margherita che probabilmente va identificata con quella ricordata nel doc. n. 27 e che nella seconda metà del sec. XII pagava come censo tre libbre d'incenso. Tenuto conto. Tenuto conto che i Malcovenant erano signori del feudo di Calatrisi (cfr. Garufi: I documenti inediti etc., pagg. 85-86) e di Bisacquino (cf. l.c. pp. 190-192), si sarebbe indotti a pensare che essa possa essere localizzata in quella zona; tuttavia la nota dorsale ci indica con chiarezza che si tratta di quella chiesa attorno alla quale nel sec. XVI fu edificato il paese di S. Margherita Belice (cfr. Scaturro, I, p. 246). Nel libellus (c. 16 A) essa figura come semplice beneficio cuius est terra sua et burgenses in spiritualibus et temporalibus cum platea [ossia diritto di fiera e mercato] et mercedibus.

 

Anno ab incarnatione Domini millesimo. C. .VIII. factum est hoc privilegium quod subscriptum est. Innotescat omnibus hominibus quia Robertus cognomine Malaconventio, Spiritus Sancti suggerente clementia, pro remedio anime sue et parentum  suarum ecclesiam in sancte virginis Margarite honore in predio suo, in Agrigentina parrochia, fabricari iussit. quidam vero nomine Gilbertus, consanguineus suus, se et sua eidem ecclesie donans, de rebus domini Roberti et de suis et aliorum beneficiis ecclesiam p(re)dictam fabricandam excipiens, fecit. ego igitur Guarinus, Agrigentinus licet indignus episcopus, sacrosancte Ecclesie incrementum desiderans et eius statum pro posse et sapere meo in pace consolidans, cum consensu capituli mei et consilio iam dicti Roberti Male conventionis, Gilbertum prefate ecclesie fabricatorem, et in clericum ordino et eandem  ecclesiam regendam et eius facultates disponendas concedo. ipse vero, et qui post eum ecclesie rector substituetur, debitam Agrigentine Ecclesie matri sue subiectam obedientiam persolvat et ad obedientie cognotionem ecclesia Sancte Margarite per singolos annos, si incolumis est, sive per alium nuntium, Agrigentine Ecclesie matri sue tres libras incensi mictat. quicu(m)que vero a me vel a successore meo canonice introducto p(re)positus Sancte Margarite ecclesie et bonorum eiusdem dispensator constituetur, cum consensu capituli Agrigentini et consilio Roberti Male conventionis, qui defensor est ecclesie, et heredis eius successionaliter et eligatur et introducatur. Robertus autem Malacu(m)ventio eidem ecclesie et villanos et terras donat. divisio vero terrarum huiusmodi est: ab oriente vinea Guilelmi de Cotrone, protensa usque ad antrum rupis, descendens inde usque ad longam petram, prout aqua parvi fluminis currit, usque ad flumen Bibaneti([22]), procedens inde usque ad fontem ubi molendinum fuit; deinde rivuli valle extenditur usque ad turrem, que vocatur Ebinsines ([23]); inde ascendit usque ad altum montem, qui dicitur Elcudie de Michael; inde descendit usque ad parvum montem iuxta viam, qua pergitur ad molendinum magni fluminis, ubi est intercisio magne aque ante quam perveniatur ad molendinum; inde descendit per quandam caveam usque ad flumen. in occidenteincipit a fonte, qui vocatur Dainbert, gradiens iuxta cursum aque usque ad magnum flumen, ibique divionis terminus. Ego igitur Guarinus, Dei gra(ti)a Agrigentinus episcopus, consensu capituli mei publice excommunicationi subicio qui in alieno de possessionibus Sancte Margarite ecclesiam diminuerit; qui vero eam aliquo beneficio augmentaverit benedico.

Huius rei testes sunt: Aimericus decanus, Antelmus cantor, Simeon archidiaconus, Andreas, Malbertus, Herbertus, Maiolus, Ingnebardus, Herveus Paleocastrensis, Salomon Romanus, Rumaldus. Hec sunt nomina rusticorum, quos p(re) dictus Robertus Sancte Margarite donavit: Alibitumen, Hben el Chassar, Selle(m) Eblis, Miniarapip Abdelcai, Maimòn bin cuidue(n), hii quinque. Si qui vero ecclesiam Sancte Margarite Agrigentine Ecclesie omnino subiectam circa possessiones eius in aliquo defraudaverit, anathema sit. qui vero eam aut de rebus mobilibus aut immobilibus augmentaverit, gaudia eterne vite cum sanctis p(er)renniter percipiat.    

 

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[A questo si collega il diploma successivo che senza dubbio di sorta riguarda lo stesso argomento e lo stesso beneficio. N.d.r.]

 

[P. Collura op. cit. pagg. 28-29]

 

9. Notitia - 1108, [dopo il 28 settembre, Agrigento?]

Dopo aver ricordato che Roberto di Malcovenant aveva fatto construire in un suo fondo una chiesa in onore di S. Margherita con il concorso di Gilberto, suo parente, Guarino vescovo di Agrigento, assistito dal suo capitolo, ne concede l'investitura a quest'ultimo a patto che sia sempre riconosciuta l'autorità della Chiesa Agrigentina.

Copia in Privilegi; III, c. 13 a-b [B] ed in Qq F 69, c. 52 b [C].

Regesto: De Ciocchis, _-

Cf.: Pirro, I, p. 697 b. Garufi: L'archivio capitolare etc. p. 126, n. 12.

In questo diploma è contenuta la prima indicazione cronologica esplicita, a noi nota, relativa agli inizi del consolato di Ruggero II (cf. Caspar, n. 4a). Siccome Simone morì il 28 settembre 1105, bisognerebbe intendere che il presente documento fu rilasciato dopo il 28 settembre 1108; ci manca però nel testo attuale l'elemento base per il controllo, cioè l'indizione.

 

Anno incarnationis dominice 1108. Quia deus omnipotens, alma trinitas vera et inaccessibilis est charitas, Spiritus Sancti gratia monente et docente, Robertus agnomento Malaconvencio cum Giliberto consanguineo suo, miles cum milite, ob suam, ob suorum omniumque a mundi primordio usque ad finem seculi salutem, vel honorem fidelium, cepit, fecit, perfecit ecclesiam in predio suo sub honore et nomine sancte virginis Margarite, uterque siquidem miles eadem intencione, pari affectione, varia tamen administratione in idipsum opus desudavere. Robertus multis et quotidianis largitionibus, sed a mundane militie non desistens sollecitudinibus , suis id usquequaque promovens opibus: Gilbertus seculari prorsus abiecta militia, armis, equis et ornamentis suis datis, in hec semetipsum superimpendens penitus obsequio. Nos itaque , Deum collaudantes et gratulantes hon in nostra fieri parochia, ipsi quidem Giliberto, presidente Spiritu Sancto, manibus meis ordinato clerico, ego Warinus, tanti licet apicis indignus Agrigentinus episcopus, ipsam concedo anno incarnationis dominice 1108, presulatius anno 4 , Rogerii vero iunioris camitatus anno 3; concedo, inquam, et trado ecclesiam cum suis facultatibus in prebendam subditam et subdendam semper huic sue matri Ecclesie Agrigentine canonico more, constanti lege, firmo tenore, assistentibus, asserentibus, assentientibus, confaventibus me Warino pontifice, archidiacono Simeone, Rumaldo, Andrea, Maiolo, cum omnibus canonicis meis, militibus Algerio, Berardo, Ingelbardo. 

 

 


ALLEGATO N.° 2

pag. 273

 

FARDELLA ................... BOSCO, O DEL BOSCO.................... ABRIGNANO............FARDELLA

 

 

--------------------------------------------------------------------- HENRICO ABRIGNANO DI

--------------------------------------------------------------------- SIGNORI DI RECALMUTO, NO-

............................................................................................ BILE DI TRAPANI, E REGIO GIU-

--------------------------------------------------------------------- ZIERO, E CAPITANO 1395.

 

                                                                                                                    I

 

                                                                                             Francesco, Senatore, e Regio

                                                                                             Giustiziere, 1419.

                                                                                                                    I                                                                                             

 

                                                                                                        Cesare 1462

 

                                                                                                                     I

 

                                                                              Antonino sposò Antonina Bosco 1507

                                                                                                                     I

 

                                                                              Giuseppe barone della Salina 1528

 

                                                                                                                     I

 

                                                                               Ottofredo,  Barone Scammaria, e Senatore    Tommasa (Fardella)                                                                                                                                                    

                                                                                                                 di Trapani, 1635    Baronessa della                                                                                                                                                                                                                                                         Scammaria                                                                                                                                                              

  

      

         Giovanni Fardella e Bosco, Barone                           Cointa Abrignano, e Fardella, Baronessa

         della Ripa, Regio Giustiziero, nobile                          della Ripa, nobile di Trapani

         di Trapani, Padre                                                           Madre

 

                                              -----------------------------------------------

                                                                               I

 

                                           Fra D. Alberto Fardella di Trapani 1633.

 

                                                                                                                 

 

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FRA D. ALBERTO FARDELLA DI TRAPANI 1633 di Giovanni Fardella e Bosco, barone di Ripa, regio giustiziero, nobile di Trapani, padre ....... Cointa Abrignano, e Fardella Baronessa della Ripa, nobile di Trapani, Madre.


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pag. 272

FARDELLA ..............FARDELLA........................ABRIGNANO......................................VICENZO O DI VICENZO

 

           Vedi foglio 270                                     Un castello di oro con tre torri               Non ho possuto avere la disti-

                                                                          e tre ponti, in campo rosso                     nta notizia delle armi di così

 

                                                                          fu molto nobile nei trascorsi secoli

                                                                          questa stirpe Abrignano nella Italia

                                                                          imperoché molti passarono nella

                                                                          nostra Sicilia, dove popolarono

                                                                          questa famiglia, e con la propria

                                                                          virtù e valore la resero molto distin-

                                                                           ta nella Città di Trapani.

 

                                                                           Enrico Abrignano Nobile di Trapani

             

                                                                                                      I

 

                                                                           Francesco, Senatore, Regio Giustiziere,

                                                                           e Capitano di Trapani nel 1428.

 

                                                                                                        I

 

                                                                             Cesare 1462

 

                                                                                                         I

 

                                                                              Antonino ebbe in moglie Antonina Bosco 1507

                                                                                                          I

 

                                                                              Giuseppe si casò con Filippa Bondino 1528

 

                                                                                                           I

 

                                                                               Onofrio, Barone della Isola, ....     Giacoma   (Vicenzo)  baronessa

                                                                                e Saline 1563                                   1563

 

  

      

         D. Giacomo Fardella e Fardella nobile                           D. Geronima Abrignano, e Vicenzo

         di Trapani, padre 1606                                                 di Trapani, Madre 1606                                                       

 

 

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                                                                               I

 

                                 Fra D. Martino Fardella di Trapani 1629.

 

 

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Fra D. Martino Fardella di Trapani 1629                         Fra D. Alberto Fardella di Trapani 1633.

        (nipote di Vito Fardella)                                                 (Pronipote di Vito Fardella)

   (nipote per parte di madre di                                             (nipote per parte di madre di

    Giuseppe Abrignano 1528)                                                Giuseppe Abrignano 1528)               

 

 

di Giacomo Fardella e Fardella                                          di Giovanni Fardella e Bosco

e di Geronima Abrignano e Vicenzo                                 e di Cointa Abrignano e Fardella

 

Giacomo Fardella è figlio di                                                 Giovanni Fardella è figlio di

Vito Fardella e Brigida Fardella                                           Michele Marino Fardella e Angela Bosco

 

Geronima Abbrignano è figlia di                                         Cointa Abrignano è figlia di

Onofrio Abrignano e Giacoma Vicenzo (?)                        Ottofredo Abrignano e Tomasa Fardella (?)

 

Vito Fardella è figlio di                                                           Michele Marino Fardella è figlio di

Michele Fardella                                                                      Vito Fardella

                                                                                                    Vito Fardella è figlio di

                                                                                                    Michele Fardella

 

Michele Fardella è figlio di                                                      Michele Fardella è figlio di

Giacomo Fardella che sposò                                                   Giacomo Fardella  Senatore e Capitano 1516

Bianca Barlotta 1506   

 

Giacomo Fardella è figlio di                                                    Giacomo Fardella è figlio di

Antonino I c.tto emancipazione 1490                                  Antonio Fardella Senatore e regio giustiziero 1490

 

 

                                                                                                     

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Onofrio Abrignano è figlio di                                                   Ottofredo Abrignano è figlio di

Giuseppe Abrignano, si casò con                                           Giuseppe Abrignano Barone della Salina 1528

Filippa Bonino 1528

 

Giuseppe Abrignano è figlio di                                                 Giuseppe Abrignano è figlio di

Antonino Abrignano sposato con                                           Antonino, sposò Antonia Bosco 1507

Antonia Bosco 1507

 

Antonino Abrignano è figlio di                                                 Antonino Abrignano è figlio di

Cesare Abrignano 1462                                                               Cesare Abrignano 1462

 

Cesare Abrignano è figlio di                                                        Cesare Abrignano è figlio di

Francesco Abrignano  regio giustiziero 1419                           Francesco Abrignano Senatore e regio Giustiziero 1419

 

 

Francesco Abrignano è figlio di                                                  Francesco Abrignano è figlio di

Enrico Abrignano 'Nobile di Trapani'                                         "Henrigo Abrignano dei Signori di Recalmuto, Nobile                                                                                                                                                                                                                                         di Trapani, Regio Giustiziero, e capitano, 1395."     

 

 


 

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Pag. 294

 

GIORGENTI.

 

CARRETTO                                                VALGUARNERA                  LUCCHESE                               SIRACUSA                                         

 

Un aquila con cinque sbarre

rosse in campo

 

Ritrovo molto illustre, ed antica questa

Famiglia, nel Regno della nostra Sicilia,

e per le dignità possedute, e per li Titoli,

e preminenze che fino al presente numera,

con non poco splendore di una delle più

cospicue prosapie del nostro Regno.

 

Antonio del Carretto, dei Signori di Savona,

piantò la sua famiglia in Sciacca, e fece acquisto

della terra di Recalmuto nel Val di Mazzara.

                               I

Matteo, Barone di Racalmuto, 1391[24]

                                I

 

Giovanni, Barone 1401

                                  I

Federico, Barone, 1453

 

                I

 

Hercole, Barone.

 

                 I

Giovanni Barone di Recalmuto, 1519

 

                                   I

Federico, 1558.           Leonora,(Valguarnera) 1558.

 

D. Baldassare del Carretto e Valguarnera, Barone           D. Maria Lucchese, e Siracusa, Baronessa

della Sciabica, Nobile di Giorgenti, Padre                         della Sciabica, Nobile di Giorgenti, Madre.

                                                    ---------------------------------

                                                                               I

 

            Fra D. Alfonzo del Carretto, di Giorgenti, 1617.

 

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Gli Abrignano non sono comunque di alta nobiltà. Il Mugnos, nel suo Teatro Genologico, si limita a farne dei fuggiaschi da Ravenna e da Napoli attorno al 1316 - altro che favoriti dai Normanni della prima ora - e indicarli come semplici funzionari della città di Trapani. Maurizio Abrignano sarebbe stato il primo a svettare un po’ «per le sue virtuose qualità» e venire quindi iscritto «nella mastra delle nobili famiglie di quella, concorrenti agl’uffici maggiori, e dignitadi che fruivani gli nobili cittadini, già che Francesco Abrignano fu Giurato nobile di quella città nel 14128, e poscia Capitano nel 1437 e nel 1439; certifica la nobiltà di quella famiglia una loro antica cappella costrutta nel Convento di S. Agostino della medesima città nel 1427, ove si conosce il costruttore essere stato nobile, ricco e potente, e più d’ogn’altro honorò ne’ tempi antichi questa famiglia Henrico Abrignano, che oltre l’essere egli stato più e più volte Capitano della sua patria, ove fiorisce nobiltà, fù anche eletto dal Rè Giovanni d’Aragona Vicario d’armi del Val di Màzzara, da questi ne venne Gioseffo Abrignano, che per ricompensa degli suoi serviggi hebbe nel 1550 dall’Imperator Carlo Quinto la Baronia delli Salini dell’Isola di S. Giuliano, ed a lui seguì Honofrio, e dal predetto anche Christofaro vivente, che nella medesma città nobilmente, e feudatario vive, spiega ella per arme un Castel d’oro con tre Torre sopra un campo rosso..» Ed il Mugnos - si sa - era un piaggiatore: tuttavia non se la sente di attribuire la prestigiosa signoria di Racalmuto a quella borghese famiglia di Trapani, ce è pur sua amica. Incappando anche in un forsennato guazzabuglio di date, i nostri storici locale - come si è visto - non hanno le remore del Mugnos e giù ad esaltare la grande, improbabilissima, baronia racalmutese degli Abrignano. Solita propensione alla visionarietà, come direbbe Sciascia! 


 

ALLEGATO N.° 3

Il San Martino de Spucches redige un albero genealogico dei Barresi che sembra più tratto dal Mugnos che dal Villabianca. A dire il vero, non è poi che il Mugnos sia molto chiaro: si pensi che ad un certo punto segna come Abbo III quello che secondo la sua stessa costruzione dovrebbe essere IV; ma, come ben dice il Pace, il Mugnos  è «autore di un Teatro genealogico, opera araldica della quale ognuno potrà considerare quanta fede meriti.» [25] La lettura delle notizie che ne fa il San Martino sembra pregevole specie là dove non manca di operare le dovute (ma non dichiarate) rettifiche. Noi mettiamo qui a confronto la triplice ricostruzione degli alberi genealogici secondo il Villabianca, il San-Martino de Spucches ed il Mugnos:


 

   Gli Alberi Genealogici dei Barresi secondo Villabianca, de Spucches e Mugnos

 

 

 
Villabianca
 
 
Spucches
 
Mugnos
 Teatro Genologico:
 pag. 117 e segg.
Barresi Abbo
“ebbe concesse dopo il 1130 dal re Ruggero il Normanno vari feudi, Naso, Ucria ed altri Castelli.
“Barresi Abbo I senior
(Villabianca: Sic. Nob. vol. IV f. 200): Re Ruggero concesse Racalmuto ad Abbo Barresi
Barresi Abbo
“cavaliero di molta autorità e valore .. s'impiegò a' serviggi del nostro gran Conte Roggiero .. acquistò le terre di Naso, di Ucria ed altri Castelli”.
Barresi Matteo
 
Matteo
 
Giovanni
Roggiero e Ramoaldo
Barresi Giovanni
 
Giovanni
 
Abbo Secondo
Henrico e Matteo
 
 
Barresi Abbo II iunior
 “Lo stesso autore (Villabianca) dice altrove che l’Imperatore Federico II concesse, dopo il 1222, Racalmuto ad Abbo Barresi che sarebbe stato figlio di Giovanni (di Matteo di Abbo seniore). “
Matteo Secondo
Nicolò
 
 
Matteo
“A quest’ultimo successe il figlio Matteo: al quale successe Abbo ed a quest’ultimo il figlio Giovanni”.
Giovanni
Henrico, che intervenne nel vespro Siciliano
 
 
Barresi Abbo III
 
Abbo III
 
 
 
Giovanni
“Questi visse sotto Re Giacomo di Aragona e seguì il suo partito. Re Federico, fratello di Giacomo divenuto Re di Sicilia, dichiarò esso Giovanni fellone e gli confiscò i beni.”
Giovanni
“Sig. di Pietraperzia. Costui per aversi fatto fautore del Rè Giacomo nella renunzia che ei fece del regno di Sicilia a' Regi Angioini di Napoli, fù dal Rè Federico Secondo privato di tutti gli Stati che possedeva, e dopo l'ottenne Abbo III, suo figlio.”
 
 
 
 
Abbo III
“Ebbe i possedimenti del padre «con il favor di Ricca La Matina, sua moglie, e Dammicella della reina Leonora; conseguì pur egli la terra di Militello del val di Noto, come erede di Giovanni Cammarana suo Avo, e sene investì nel 1318.»


 

Il Mugnos intercala la genealogia di Enrico primo figlio di Matteo secondo Barresi, fornendo questi dati:

Barresi Enrico
Dal primo Enrico (figlio di Abbo Barresi II) ed Alderesia Lanolina
Abbo Barresi
Matteo Barresi
 
 
Giovanni
Nicolò
Roggiero
servirono per molti anni all'Imperatore Federico II

 

Per quel che ci concerne, a nostro avviso il Mugnos rileva per la storia di Racalmuto in quanto non fa cenno alcuno a signorie di sorta su questo Stato da parte dei Barresi: il Mugnos sarà confusionario, ma quanto ad informazioni non ci pare secondo ad alcuno.

Tra gli autori più antichi che coinvolgono Racalmuto nelle faccende dei barresi abbiamo il Villanova che nella sua Sicilia Nobile [26] così raffigura quel rapporto (per noi inesistente):

 

«Il nome di RAGALMUTO vuol dire in lingua Araba, cioè DISTRUTTO(i) MASSA - Sic. in Prospett. p. 2 C.E. f.282 -; e questo fa credere essere stata fabbricata dai Saraceni su le rovine di qualche estinta Città. Ella è Baronale con mero e misto imperio, luogo ottenendo tralle mediterranee della Valle di Mazara [a) - ARETII, Liber de situ Sic. ex Bibliot., CARUSII t I f. 22 c. 2], ed ivi fra le piu' belle che abbondino di grano, e di ogni sorte di biade. Fu di ragione di Ruberto MALCOVANAT Signore di Busacchino, il cui figlio Guglielmo adorno videsi dell'eccelsa carica di Maestro Giustiziere del Regno sotto il Conte Ruggieri, come notò Pirri nella sua Cron. de' Rè, f. 38, e nella SIC.Sac. not. Montisreg. fog. 460 c. 2. e 461 c. 1., e la tenne pur anche la Famiglia ABGRIGNANO, se diam fede a MINUTOLO - Mem. Prior. lib. 8, f. 273. Credesi indi concessa dal Rè Ruggieri Normanno figlio del liberatore testé accennato ad ABBO BARRESE in consuso con quelle Terre, che sotto l'aggettivo di pleraque oppida per conto di esso Barrese numera FALZELLO nella sua Stor. di Sic. dec. 2. lib. 9. cap. 9 f. 184 avvegnachè sullo spirare del secolo decimoterzo stava ella in potere di Giovanni BARRESE, il quale al riferire del Padre APRILE Cron. Sic. f. 144 c. 1 fu il primo tra i Baroni del nostro Regno, che nelle guerre fatte dall'armi dei Collegati Angioini in quest'Isola passasse al loro partito col suo vassallaggio consistente nelle Terre di PIETRAPERZIA, NASO, RAGALMUTO, CAPO D'ORLANDO, E MONTEMAURO, terra oggi disfatta, situata in quel monte, che si alza fra la Città di Piazza e 'l MAZZARINO presso il fiume Braeme. Sicché dichiarato fellone esso Giovanni, cadde Tal Baronia nelle mani del Reg. Fisco, da cui l'ottennero i CHIARAMONTESI,  possedendola primieramente Giovanni B. del Comiso, il quale per essa prestò servigio militare sotto il Rè Federigo II, così costando dalla seguente nota della Sic. Nob. di MUSCIA f. 23  D. Joannes de Claramonte pro Casali Comachi, quod emit a Beringario de LUBERA, PETRAMUSUNICHI, MUSARO, RACHALIANATO, S. JOANNIS, ET FABARIA

Quindi acquistandola successivamente FEDERIGO secondo di quedto nome, terzo genito di Federigo primo Chiaramonte, e di Marchisia Prefolio, e fratello di Manfredo Conte di Modica, e del chiarissimo Giovanni il Vecchio, l'accrebbe egli con la fabbrica di una forte Rocca, o sia Castello, che quivi sin oggi si vede in piedi, siccome ce 'l conferma Fazello dec. 1. lib. 10. cap. 3. fog. 468. Inveges nella sua Cartagine Siciliana  lib. 2 cap. 6. f. 230. e Pirri Sic. Sac. not. Agrig. fog. 758 c. 1 colle  seguenti parole; Propè  Gruttas ad duo  hinc p. m. RAYHALMUTUM Sarracenicum oppidum occurrit: ub arx est a Federico Claramontano olim eius Domino erecta. Fu sua mugliera Giovanna, siccome si legge nel testamento di esso Barone Federigo, che vien citato quì sotto: Item eligo meos fidecommissarios Dominum Bertoldum de Labro Episcopum Agrigentinum, Dominam Joannam consortem meam  etc. ma di qual famiglia si fosse, a noi non palese. Da questa Dama nacque Costanza unica di lor figliola, che nel 1307, nobilmente si sposò ad Antonio del Carretto Marchese di Savona, e del Finale [p.201] provieniente dalla Real Famiglia del Carretto derivata da Aleramo figliolo di Vitichindo Secondo Duca di Sassonia, e madre feconda di Pontefici di Porporati (a) [Ciacconio Vite de'Papi, e Cardinali ediz. Vaticana del 1630 t.2. f. 1376.], e Principi Sovrani, come notò Crescenzi par. 1. narraz. 20. cap. I f. 568, Barone nel suo Anfit.  Sic. Nob. lib. Proc. f. 5., e Sansovini Case Illustr. d'Italia  ediz. di Venezia del 1670 f. 317 e 319, celebrandosi tal maritaggio nella Città di Girgenti per gli atti di Notar Bonsignor Tomasio Terrana di Girgenti a dì 11 settembre  1307, ratificato in Finale l'istesso anno, come riferisce Barone ragionando di quella Casa Carretto nel suo libro De Maiest. Panorm. lib. 3. c. 11. lit. C., l'istesso anche confermando il testamento testè cennato di esso Barone Federigo fatto  nel 1311. a 27. di Dicembre 10 Ind., e poscia pubblicato a 22. di Gennajo del 1313. negli atti di Notar Pietro di Patti  con tali parole: Item instituo, facio, et ordino haeredem meam universalem in omnibus bonis meis Contantiam fialiam meam, consortem nobilis Domini Antonini Marchionis Saonae, et Domini Finari. ..

Vito Maria  Amico e Statella nel suo Lexicon topographicum siculum (Tomo secondo pars altera p. 115)  discetta in latino:

«Minutulus Memor: Prior: Messan: gentis de Abrignano juris fuisse, tradit lib. 8. Barresiis subindedatum; Joannes enim eiusdem familiae ad Andegaverensium partes se deficiens, secum oppida  sibi subdita traxit, Petrapretiam, Nasum, Rahalmutum et alia. Rex hinc Fridericus huius nominis II  Claromontanis attribuit, Friderico scilicet II Friderici I et Marchisiae Praefoliae filio, qui Agrigenti diem clausit extremum MCCCXI.»

Il pur valido abate si mostra piuttosto superficiale nel inserire la baronia di Racalmuto nell’orbita dell’influenza feudale dei Barresi: a costoro nulla poteva venire da parte degli Abrignano, se non altro per ostacolo cronologico (operanti alla fine del XIV secolo gli Abgrignani; sotto i Normanni, i Barresi).

A ben vedere, le notizie sui Barresi derivano tutte dal Fazello; in particolare da questo passo in latino (ove, comune, Racalmuto è del tutto assente)[27]:

 

«Hinc genus suum ad Abbum Barresium, cuius pater ex proceribus, qui cum Rogerio Normanno ad propulsandos  Sarracenos in Siciliam venerunt, unus fuit, ut Rogerij Regis diplomate constat, hoc ordine refert. Ex Abbo, qui Petrapretiam, Nasum, Caput Orlandi, Castaniam, et pleraque alia oppidula à Rogerio Rege adeptus est, Matthaeus.»

 

Negli annali finisce Giovanni Barresi: a parlarne è Nicolò Speciale, [28] il cronista delle vicende di Giacomo d’Aragona, passato dalla parte degli Angioini, contro il proprio fratello Federico III, re di Sicilia. [29] «Sed interea - annota N. Speciale - Ioannes de Barresio plus capere quam oportebat attentans, neque intelligens verbum illud ‘cum possidente possideas’, cum tribus castris que habebat in Sicilia, videlicet Petrapertia, Naso, et Capite Horlandi, ad Regem Iacobum declinavit.» Anche qui, Racalmuto è ben lontano dall’essere citato come feudo di codesto Giovanni Barresi. Si spiega quindi - anche per quest’altra fonte - perché Carlo II d’Angiò nel dicembre del 1299 si sia indotto a promettere Racalmuto a Piero di Monte Acuto.

Abbiamo citato in proposito l’Amari. I documenti originali dell’Archivio Angioino di Napoli sono da ritenersi ormai irrimediabilmente perduti per l’infame distruzione dei nazisti perpetrata a Caserta nel 1944. Al momento non siamo stati in grado di reperirne copia nelle tante pubblicazioni a stampa di parte di quegli archivi.

Henri Bresc asserisce di aver rinvenuto quel diploma negli archivi di Barcellona, ma lo dice in termini come al solito ambigui e sfuggenti. Lo studioso francese - oltremodo foraggiato dalla Regione Siciliana per le sue ricerche - non è nuovo a reticenze paleografiche del genere. Nella ponderosa opera del 1986 - Un Monde méditerranéen. Économie et Société en Sicile - 1300-1450, opera pubblicata in francese a spese dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo - il Bresc afferma a pag. 798, a proposito della féodalissation croissante:

«La prise du pouvoir par Fréderic III allait d’abord entraîner la scission la plus grave au sein de l’opinion insulaire et la résurrection des Guelfes, ralliée aux Angevins, qui obtiennent encore l’adhésion des chefs aragonais fidèles a Jacques II, de Roger de Lauria et du comte Enrico Ventimiglia.» Ed a proposito dei fedeli a Giacomo II scrive in nota sub 140:

«Gilbert Centelles, Simon de Bell.lloc, Pere Montagut  recevront de Charles II l’expectative de fiefs dans le royaume qu’il restait à conquérir, respectivement le premier Giarratana et Palazzolo, le second Tavi, Cundrò et Sciortino, et le troisième Caccamo et Racalmuto (M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, II, Florence, 1876, p. 121 et ACA Conc. Perg. Jaime II, 1152).» [Sottolineature nostre, n.d.r.].

Il gesto di cattivo gusto, nel pubblicare il libro a spese dei siciliani in francese, vorrebbe essere giustificato dall’Autore in quanto un precedente suo articolo sarebbe stato «défiguré par une traduction scandaleuse». Trattasi dell’ intervento di Bresc nella «Storia di Sicilia» vol. III, Napoli 1980, recante il titolo: «La feudalizzazione in Sicilia dal vassallaggio al potere baronale» (pag. 503-543). Poteva allora tradurselo lui o correggerne la traduzione! Ma, i francesi, si sa. E dire che il Bresc in Sicilia trovò la manna, anche per la benevolenza del nostro Sciascia (di cui però il francese tesse un’osanna a pag. 2 dell’opera in discorso.) E fin qui siamo nelle quisquilie: ciò che è grave è che nessuno riesce a capire se il diploma del 1299 riguardante la promessa di Racalmuto a Piero di Monte Aguto travasi effettivamente tra le carte di Giacomo Secondo custodite (al n.° 1152?) presso l’ACA (Archivio della Corona d’Aragona, Barcellona). Lo stesso Autore è sibillino e per di più aveva premesso che quanto all’archivio di Barcellona «L’ensemble ne présente d’ailleurs que peu d’originalité; la plupart des actes se retrouvent dans la corrispondance des vice-rois de Sicile, à l’exception de quelques volumes de lettres privvées d’Alphonse le Magnanime. La recherche des fonds des grands offices de contrôle a été beaucoup plus ardue; il n’existe plus de série organique des archives du Maître Portulan, du Maître Justicier ou du “Maestro Secreto”; elles existent encore en partie, mais on n’y a pas accès; c’est la ‘numerazione provvisoria’ des fonds du ‘Tribunale del R. Patrimonio’ qui a permis la consultation d’une partie minime de ces registres, déclassés en 1943 et encore loin d’étre tous repérés et numérotés.Ou a pu, grâce à l’amitié des archivistes, avoir accès au fichier et consulter ces volumes.» La mancata segnalazione dei dati individuativi del diploma che più ci interessa potrebbe essere il segno che quel documento o non esiste o non è stato consultato: forse solo sospettato. Se è così siamo nel preambolo della frode scientifica.

 


ALLEGATO N.° 5

Racalmuto nella diplomatica del Vespro siciliano.

 

 

Presso gli archivi angioini, dopo il diploma del 1271, non si ha memoria che vi siano altri diplomi riguardanti il nostro Racalmuto. Quello del 1299 (o 1300) è molto indiretto e nulla chiarisce sullo snodarsi degli eventi. A partire dal settembre 1282, qualche documento relativo alla storia locale sembra sussistere: sono gli atti che il soprintendente degli archivi della Sicilia, Giuseppe Silvestri, dice di avere rinvenuto presso l’Archivio della Corona d’Aragona in Spagna, or è oltre un secolo fa (1882), e sono le notizie che il Bresc ci ha fornito nel lavoro dianzi cennato del 1986.

Riferiamoci alle pregevoli pubblicazioni dei «documenti per servire alla storia di Sicilia» di cui alle edizioni palermitane del secolo scorso. Il citato Silvestri ci ragguaglia nella «prima serie - diplomatica - vol. V - Palermo 1882» che presso l’Archivio della Corona d’Aragona vi erano documenti inediti “de rebus Siciliae (9 settembre 1282-26 agosto 1283), ed uno di questi (l’ottavo della raccolta, pag. 8) concerneva proprio Racalmuto che come universitas veniva sottoposta a tassazione dal novello re aragonese nel 1282. Ne abbiamo già parlato piuttosto a lungo. Soggiunge quel soprintendente «la nostra raccolta comprende i due registri intitolati “De rebus Regni Siciliae” che corrono dal 9 settembre 1282 al 26 agosto 1283 e son tutti relativi al re Don Pedro III d’Aragona e II di Barcellona, chiamato il Grande da’ cronisti catalani.... Gli stessi registri non sono poi che due parti dell’antico codice, e portano sul dorso le indicazioni seguenti: Regest. 12, Petri 2 pars I. N.° 53; e Regest. 12. Petri 2. Pars II N.° 54.

«Il primo reca scritto nel primo foglio: Reg. 12. R. Petri 2 - Orde 4 *Calaix de N. 15; indicazioni coteste che si riferiscono al confuso ed intralciato metodo, che tiranneggiò l’ordinamento degli antichi Archivi e perdura in molti tuttavia, classificando i documenti in Sacchi, casse, arche, armadi ecc. Calaix poi è voce catalana, che corrisponde alla voce castigliana cajon, cassone.»

A credere al Bresc, la situazione è oggi addirittura peggiorata.

Il documento ottavo (pag. 8) relativo a Racalmuto è datato Palermo, 10 settembre 1282, ind. XI, e nella trascrizione del Silvestri recita:

«... Universitati Racalbuti, archeorum XV.»

Per Silvestri si tratterebbe di “Racalbuto”; a noi sembra che tutto sommato possa riferirsi proprio al nostro paese giacché risulta interpolato nell’elenco che segue alla lettera che stiamo trascrivendo, in mezzo a paesi decisamente dell’agrigentino.

Il documento X della pubblicazione Silvestri, datato Palermo 10 settembre 1282 indizione XI, implica un’elencazione di università tra cui emerge senza ombra di dubbio Racalmuto.

«Petrus Dei gracia Rex Aragonum et Siciliae, baiulo, iudicibus et universis hominibus Adriani fidelibus suis graciam suam et bonam voluntatem. Ut de magestatis nostre in Regionem Siculam certeficacione felicis et prosperi interventus. Quem omnipotentis domini dextera cuius applaussu Reges regnant et principes dominantur speciali cura dirigit et gubernat vobis omnibus qui dicti felicis nostri adventus in vestrum exptectatum subsidium quo vos plurimum indigere cognovimus. ab ex pecto reffici rore sitistis troprediosa iocunditas presentibus afferatur. Fidelitati vestre feliciter nunciamus. Quod nos sanctum flamen altissimi creatoris inspiravit intrinsecus in prefatam ragionem Sicularum diversis racionibus profisci. Prima videlicet quod regnum Sicilie Jure domine consortis et filiorum nostrorum racionaliter ad nos spectati. Secunda quod regio supradicta immerito a Carolo provincie Comite diversis obsidionis [pag. 10] angustis artabatur. Tercia quod omnes et singule Universtitates Terrarum et locorum Sicilie nostrum nomen dominium et felix subsidium irrevocabiliter incocant. Quarta et ultima ut prefatus hostis omnis malleo nostre potencie totaliter conteratur. Et hiis de causis in insulam Sicilie accelerato profiscentes remigio attingimus Trapanum et abinde per terram cum multorum militum equitum et peditum decenti et honorabili comitiva. die veneris. quarto   presentis mensis septembris. Panormum applicuimus sospite toto nostro navigio ad panormitanum portum nichilominus destinato. Unde cum jura dictent ut ab universitate vestra et singulis aliis Universitatibus singularum terrarum et locorum Sicilie debite fidelitatis et homagii nostre magestati prestentur corporalia ipsa iuramenta et quia a modo videretur defficile ut alias quam per sindicos ipsa iuramenta debita prestarentur consulte providimus per terrarum et locorum ipsorum sindicos admictenda. Ideoque fidelitati vestre firmiter et expresse mandamus quatenus confestim visis presentibus vos universi et singuli in unum more solito congregati duos de melioribus terre vestre predicte in sindicos mictere studere debeatis coram cospectu nostro celsitudinis presentandos et prestituros pro parte universitatis vestre debite fidelitatis et homagii juramenta. Propterea quia firmi propositi et nostre intencionis existit continuatis dictis et gressibus ad comittis provincie comminis hostis et emuli finale exterminium proficissi. Fidelitati vestre firmiter et expresse mandamus quatenus statim receptis presentibus vos universi et singuli equites pedites ballistarii archerii lancerii et scudati equis et armis decentibus communiti ad nos apud Randacium communiter accedentes magestati nostre vel quem ibi statuerimus vos personaliter presentetis. Ita quod per totum XXII presentis mensis septembris ad tardius in eadem terra Randacii vos omnes et singuli ut prescribitur sitis omnino presentes. Si quis autem vestrum post discessum nostrum et vestrum in terra vestra remanserit habitus suspectus a nobis in indignacionem nostri culminis se noverit incursurum. Datum Panormi anno domini M° CC° LXXX° secundo, mense septembris X° eiusdem XI Indicionis.

Sub eadem forma et modo fuit scriptum universis hominibus singularum terrarum et locorum Sicilie ultra flumen Salsum et fuit tradita littera Arnaldo de Armentera et Nicolasio Piperi judici. [Doc. XI pag. 11].

Item et infra fuit scriptum eodem modo videlicet universis de

Heraclea, Butera, Calatagirone, Favaria, Platea, Aydone, Mineo, Bizino, Oddogrillo, Gulfo, Ligodia, Jarratana, Buchero, Palatiolo, Ragusia, Modica, Sycla, Notho, Lentino cum casalibus, Palagonia, Gillebi, Syracusia, Augusta, Ferla, Turturathio, Cathania, Jacio, Mascali, Patersio, Castro Johannis, Nicosia, Gangio, Traina cum casalibus, Chiranio, Capiti, Randacio, Tauromenio, Pactis, Masuni, Caronia, Ficaria cum casalibus, Sanctus Philadelfus, Sanctus Marcus, Mistrecta, Pitaneu, Castilluzu, Turturichio, Alcara, Mirto, Militello, Abola, Surtino, Monteregali, Carino, Alcamo, Modica, Calataphimo, Salem, Monte S. Juliani, Trapano, Arcudachio, Marsalia, Mazaria, Castro Veterano, [pag. 12] Burgio, Sacca, Calatabellota, Agrigento, Licata, Naro, Delia, Darfudo, Calatanixerio, Rahalmut, Mulotea, Sutera, Camerata, Castronuovo, Sancto stephano, Bibona, Sancto Angelo, Raya, Busabemo [Buscemi], Curiolono, Juliana, Adragna, Comicio, Divisa, Biccaro, Ciminna, Caccabo, Monte maiori, Thermis, Gabisano, Sclafano, Calatabuto, Policio, Petralia Inferiori, Petralia Superiori, Giracio, Santo Mauro, Tusa, Ypsigro, Cephaludo, Gratterio, Asinello.»

 

Il documento XXI (pag. 24) contiene la notizia relativa alla nomina da parte del re Pietro di Berardo di Ferro, da Marsala, quale Giustiziere della Valle di Girgenti.

 

A pag. 364 c’imbattiamo in questo documento che ci riguarda:

«Scriptum est Baiulo Judicibus et universis hominibus Rakalmuti pro archeriis sive aliis armigeriis peditibus quatuor sicut supta. Datum ut supra.»

 Invero trattasi dell’eplicitazione di questo diploma (pag. 343 documento CCCXLV) datato Messina 26 gennaio 1283 Indizione XI:

«Petrus Dei gratia etc. Baiulo Judicibus et universis hominibus Montis Sancti Juliani fidelibus suis etc. Quia pro confusione hostium nostrorum ac Regni nostro Sicilie statu pacifico et tranquillo sui alii armigeri pedites fideles septuaginta de eadem terra montis Sancti Juliani sunt nostre excellencie oportuni. Fidelitati vestre sub otentu gracie nostre firmiter et districte precipiendo mandamus. Quatenus dictos archerios sive alios armigeros pedites septuaginta. Solidatos per vos sub expensis vestris pro mense uno. Apud Cathaniam Randacium sive Pactas vel locum alium civitatis Messane vicinum. Ubi alii armigeri Sicilie fideles nostri tam equites quam pedites de serenitatis nostre mandato conveniunt. Destinetis. Sic quod per totum octavum decimum diem proximo futuri mensis februarii presentis undecime indicionis ibi penitus sint presentes moraturi ibidem. Ut deinde quod facere debeant nostra precipiat celsitudo. Datum ut supra.»




[1] ) Invero nella conferma della baronia del 1453, il maggiorascato sembra certo se crediamo al seguente passo di un documento facente parte del fondo Palagonia:
« Quo Joanne mortuo, dictus Fridericus tamquam eius filius legitimus et naturalis, ac mayor natu de eius patre in dicto Casali, et bonis aliter feudalibus successerit, et succedere voluerit, et vult, et ab eo tunc tenuerit,  et possiderit, et de praesenti tenet, et possidet fructus, redditus, et proventus percipiendo et percepi faciendo, [viene posta istanza] ut dignaremur dicto Friderico, et suis heredibus, et successoribus dictum Casalem, et alia bona feudalia quae dictum eius praesente posessa confirmare, eiusque supplicationi benignius inclinati nec non considerantes servitia tam praedecessores eiusque Friderici serv. Dominis Petro principibus divae recordationis quam  quod ipsum Fridericum Domino Regi praestita, queque prestat ad praesens, et in antea speramus volente Domino meliora Et quia nobis de possessione, filiatione, successione et morte, ac mayornatu praedictis constitit quod testes numero competenti super hoc seré productos eidem Friderico et suis heredibus, et successoribus cum debito tamen consueto militari servitio, .. videlicet unciae viginti pro qualibet equo armato juxta usum et consuetudinem dicti Regni secundum annuos redditus et proventus/ quod servitium dicto Friderico in vim praesentia constitutus se et heredes, et successores suos curiae dicti Regni Siciliae sponte obtulit praestiturum  Praestans pro inde fidelitatis debitum juramentum faciensque homagium manibus, et ore comendata juxta sacrarum constitutionum dicti Regni Siciliae continentiam, et tenorem Casale praedictum Racalmuti, et alia bona feudalia superius expressata juxta formam praeinserti privilegij confirmamus, itaque ipse Fridericus et heres  sui Casale, et feuda praedicta in capite à Regia Curia teneant, et cognoscant, et ipse Curiae et Militari servitio teneantur Vivantque jure francorum, videlicet quod mayor natu minoribus fratribus, et coheredibus suis, ac masculus foemenis praeferatur, temptis tamen et reservatis, que à praesente confirmatione omnino exstendimus juribus lignaminum seque sint in pertinentijs dictorum casalis et feudorum, que Curie debentur, nec non minerijs, salinis, solatis forestis, et defensis antiquis, que sunt de regio Demanio, et dominio et ... ... ex antiquo ispsi demanio spectantia eisdem Demanio, et dominio volumus reservari, si vero in pertinentijs dictorum casalis, et feudorum  sint aliqui barones, et feudatarij, qui pro baronis et feudis eorum servire in capite Regiae Curiae teneantur eidem Curiae serviant, et tenentur, quodque illi quibus in pertinentijs dictorum Casalis et feudorum habent aliqua jura possessionis et bona que Petro regis divi recordij aut dominum Regem concessa fuerint in dicta pertinentia dictorum casalis et feudorum, vel aliquis ipsorum pretenderent usque ad mare jus, dominium, et proprietas, locis littoris, et maritime pertinentiarum ipsarum in quantum à mari intra terram per factum ipse pertinentia praetendaretur, tamquam ex antiquo ad regiam dignitatem spectantiam eisdem demanio, et dominio volumus reservari, et quod ad ea omnia, et singula occasione praesentis confirmationis ipse Fridericus, et heredes sui non extendant aliquatenus manus suas, et quod animalia omnia et equitature arariarum, massariarum, et marescallarum regiarum in pertinentijs dictorum casalis et feudorum libere sumere valeant pascum, et quod ipse Fridericus, et heredes et successores sui sint  .. Regni Siciliae et sub regia fidelitate, et dominio habitent, et morentur d. domini nostri Regis heredum et successorum suorum, nec non constitutionibus, et capitulis serenissimi Domini  [12] Regis .., olim Aragonum, et Siciliae Regis, dum eidem Regno prefuit editis, aliorumque Retroregum, et domini nostri Regis ... militari servitio, juribus Curiae, et cuiuslibet alterius semper salvis in cuius rej testimonium paresens privilegium fieri jussimus Regio magno Sigillo impendenti munitum.»
(Datum in Urbe Felici Panormi: Die XI mensis februarij V^ ind. 1453. Simon Archiepiscopus Panormitanus Dominus Praesidens mandavit mihi Gerardo Alliata Procuratori et vidit illud Joannes Chominus Adnotatus Fisci.
Ex Cancelleria Regni Siciliae extratta est.- Coll. Salva. Franciscus Grassus Panormitanus Not.)
 
[2]) vedi anche ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO - PROTONOTARO REGNO - SERIE INVESTITURE N.    1482 - PROC. 21 - ANNO 1452.
[3] ) Archivio Vescovile di Agrigento - Libro dei Vescovi 1512-20  - f. 284v 285r
Documento datato 17 maggio 1512 - XV^ Ind., riguardante la consegna di cedole della Curia Vescovile ai sindaci di Racalmuto Vito de Grachio, Francesco de Bona, Jacobo de Mulé, Philippo Fanara, Salvatore Casuchia, Grabiele La Licata, Orlando de Messana, presbitero Franesco La Licata e Stephano de Santa Lucia, a seguito di istanze avanzate alla Gran Regia  Curia. L'incarico promana dal Vicario Generale Luca Amantea ed è rivolto al Vicario di Racalmuto. Emerge l'interessamento del magnifico  chierico Paolo del Carretto. Di risalto il rito della consegna delle singole copie degli atti vescovili ai sindaci racalmutesi.
[4] ) Giuseppe Sorge - Mussomeli, dall’origine all’abolizione della feudalità, edizioni ristampe siciliane Palermo 1982 - vol I - pag. 386 e segg.
[5] ) Il conto venne presentato in Palermo il 18 maggio 1502. “Presentatus Pan. 18: Maij 1502 in M: R: C: de m.to D. Salv.ris Aberta p.te per Vincenzu Pitacco Post.m.”
[6]) Ci riferiamo allo scambio dei beni tra Gerardo e Matteo del Carretto. Il documento che utilizziamo è una fotocopia dovuta alle solerti ricerche del prof. Giuseppe Nalbone presso l'Archivio di Stato di Palermo (cfr. ARCHIVIO DI STATO - PALERMO - RICHIEDENTE NALBONE GIUSEPPE - REAL CANCELLERIA - BUSTA N. 38 - (Anni 1399-1401)  pag. 177 recto a pag. 181 - Data 9/4/1993).
 
[7]) Resta a nostro avviso ancora insuperata la ricostruzione che della vicenda fa lo SPUCCHES nel quadro 783 del vol. VI (Avv. Francesco SAN MARTINO de SPUCCHES - La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni - 1925 - Palermo 1929 - vol VI). In particolare, ci riferiamo ai seguenti punti dell'opera:
 
«1. - Federico CHIARAMONTE, figlio terzogenito di Federico e Marchisia PREFOLIO,  ebbe Racalmuto da FEDERICO di Aragona; lo affermano concordi tutti gli storici. Sposò questi certa Giovanna di cui si sconosce il casato. Egli morì in Girgenti; il suo testamento porta la data 27 dicembre 1311, X Indiz., fu pubblicato da notar Pietro PATTI di Girgenti il 22 Gennaro 1313, II Indizione.  [XI IND.]
 
2. - Costanza CHIARAMONTE,  come figlia unica di Federico suddetto, successe in tutti i suoi beni come erede universale del padre. In conseguenza ebbe il possesso di RACALMUTO. Sposò questa in prime nozze, Antonino del CARRETTO, M.se di Savona e del Finari (Dotali in Notar Bonsignore de Terrana di Tommaso da Girgenti li 11 settembre 1307). Sposò in seconde nozze Brancaleone Doria, genovese, col quale ebbe molti figli. Questo risulta possessore di RACALMUTO, (MUSCA, Sic. Nob. pag. 20). Costanza morì in Girgenti ... Il testamento di lei è agli atti di Notar Giorlando Di Domenico di Girgenti, sotto la data 28 marzo 1350, V Indiz.; fu transuntato in Catania, agli atti di Notar Filippo Santa Sofia li 24 novembre 1361 (INVEGES, Cartagine Siciliana, f. 228-229).
 
3. - Antonio del CARRETTO successe nella signoria di RACALMUTO, come donatario della madre, per atto in Notar RUGGERO d'ANSELMO da FINARI li 30 agosto 1344, XII Indizione. Sposò questi certa SALVASIA di cui si sconosce il casato. Nacquero da lui GERARDO e MATTEO. Il primo se ne tornò a Genova dopo aver servito Re MARTINO contro i ribelli; i beni di Sicilia li cesse al fratello.
 
4. - Matteo del CARRETTO suddetto fu investito della Baronia di RACALMUTO in Palermo, a 4 Giugno, IV Indizione 1392. (R. Cancelleria, libro dell'anno 1391, f. 71) [L'indizione è del tutto errata. Il 1392 cadeva nella XV Indizione. Occorrerebbe cercare meglio di quanto abbiamo fatto noi nella R. Cancelleria il citato documento che a dir poco è segnalato in modo impreciso]. .»
[8]) Archivio di Stato di Palermo: Real Cancelleria - Vol. 34 - p. 137 v. - 1398 [Ricerche del prof. Giuseppe Nalbone]
[9]) Il Pirri a pag. 730  "AGRIGENTINAE ECCLESIAE" della sua SICILIA SACRA scrive:
«18. can. S. Margaritae [10° Canonicato di Santa Margherita in Racalmuto], di ejus fundatione in oppido Rhalmuti vide supra ad ann. 1108. an. 1398. ob rebellionem Thomae de Miglorno Rex Martinus dedit Gerardo de Fimio in lib. Canc. ind. 6. ann. 1398. f. 137. Capib. f. 316. habet mediam decimam oppidi unc. 56.»
 Espliciti  in questo passo i richiami ai documenti della Cancelleria e dei Capibrevi di Palermo: per i Capibrevi si può consultare l'opera pubblicata 1963 da Illuminato Peri [ Gian Luca Barberi - BENEFICIA ECCLESIASTICA - a cura di Illuminato Peri - G. Manfredi Editore Palermo - Vol. II , pag. 139]. Vi si legge: «CANONICATUS AGRIGENTINE SEDIS PREBENDA SANCTE MARGARITE RAYALMUTI - [316] - Cum ob rebellionem et nephariam proditionem per presbiterum Thomam de Maglono canonicum agrigentinum contra serenissimum regem Martinum Sicilie regem perpetratam canonicatus agrigentine sedis cum prebenda ecclesie sancte Marie de Rayhalmuto agrigentine dioecesis vacaret, rex ipse auctoritate apostolica sibi in hac parte sufficienter impensa canonicatum ipsum cum eadem prebenda tanquam de regio patronatu presbitero Gerardo de Fino contulit et concessit, quemadmodum in ipsius domini regis Martini provisione in regie cancellarie libro anni 1398. VI. inditionis in cartis 137 registrata diffusius est videre.
Unde per verba illa, scilicet: 'Auctoritate apostolica in hac parte nobis sufficienter concessa' notandum est quod Sicilie reges a summis pontificibus perpetuam habuerunt prerogativam et potestatem conferendi omnia regni beneficia. invenitur enim reges ipsos non tantum beneficia regii patronatus, verum etiam alia ad prelatorum et aliarum personarum collationem spectantia contulisse, prout superius pluribus in locis expositum est.
Nunc autem anno 1511 currente.»
 
[10]) CODICE DIPLOMATICO DEI GIUDEI DI SICILIA raccolto e pubblicato dai fratelli sacerdoti Bartolomeo e Giuseppe LAGUMINA  - edito  dalla SOCIETA' SICILIANA PER LA STORIA DI SICILIA -  Documenti Storia di Sicilia - Serie I - DIPLOMATICA N.°  12 - Trattasi del terzo volume dei fratelli Lagumina . Palermo 1890. (pag. 145, documento n.° LIX - Palermo 7 luglio 1474,  Ind. VII.)
 
[11]) Cancelleria, vol. 130, pag. 332 - R. Protonotaro,  vol.  73, pag. 160.
[12] ) Francesco De Stefano, Storia della Sicilia dall’XI al XIX secolo, UL Bari, 1977, p. 68.
[13] ) ibidem, p. 73.
[14] ) ibidem, p. 83.
[15] ) Henri Bresc, Un monde méditerranéen. Économie et société en Sicile – 1300-1450. – Palermo 1986 p. 865 e ss.
[16] ) Nel 1455 quella del feudo Paterna da Gilberto La Grua Talamanca a suo fratello Guglielmo (ASP Cancelleria 104, f.179; 21.6.1455) che è stata approvata dal re, e, verso il 1459, quella del feudo Taya  ad Angelo Imbriagua fatta dal conte di Caltabellotta (Barberi, 3,407).
[17] ) Oltre le autorizzazioni richieste dal diritto feudale (per i matrimoni dell’erede unico del feudo), Alfonso, dal 1419 al 1454, accorda a pagamento permessi nuziali: 100 onze promette al re Giovanni Torrella per la mano della figlia di Giovanni De Caro, di Trapani, il 10.5.1443; ACA, Canc. 2843, f. 131 vo). Quanto ai matrimoni sollecitati, su 50 candidati, 32 sono catalani, 5 napoletani, e solamente 12 siciliani (più un rabbino siciliano); quasi tutti sono nobili, o per lo meno in carriera militare o sono addetti alla corte. Le giovani date in isposa sono 28 (di cui 15 nobili), ma le vedove sono 16 (di cui 9 nobili, e 6 ricche vedove di patrizi). Lettere contraddittorie sono inviate, qualche volta successivamente, qualche volta lo stesso giorno, in favore di diversi concorrenti: il 13.9.1451, il re approva contemporaneamente il matrimonio di Disiata, vedova del marchese Giovanni Scorna, con Roberto Abbatellis, Placido Gaetano, Galeazzo Caracciolo e Giovanni Peris di Amantea!; ACA Canc. 2868, f. 55 vo - 56 vo.
[18] ) I dottori in legge provengono già di sovente, nel XIV secolo, da cavalieri urbanizzati (Senatore di Mayda, Orlando di Graffeo, Manfredo di Milite); il movimento continua nel XV secolo, a Messina (Matteo di Bonifacio, Antonio Abrignali, Gregorio e Paolo di Bufalo), a Catania (Antonio del Castello, Gualterio e Benedetto Paternò, Goffredo e Giovanni Rizari, Francesco Aricio), a Sciacca (Iacopo Perollo) e a Palermo (Nicola e Simone Bologna, Enrico Crispo). La nobiltà baronale rimane estranea agli studi universitari.
[19] ) Molte famiglie aristocratiche sicule-aragonesi tentano una sistemazione in Terraferma: i Centelles-Ventimiglia a Crotone, per un’alleanza matrimoniale con il marchese Russo, I Cardona di Collesano a Reggio, i Siscar ad Aiello. La conquista del regno napoletano ha così permesso di ridurre in Sicilia la concorrenza, all’inizio molto forte, tra l’aristocrazia immigrata e le vecchie famiglie; cf. E. Pontieri, Alfonso il Magnanimo, re di Napoli (1435-1458). Napoli, 1975, p. 87.
[20] ) Nel 1446 la locazione del feudo Giracello, a Piazza, passa da 22 onze a 27; ASP ND N. Aprea 826, 17.12.1446, Notiamo che, nel 1431, l’affitto non era che di 17 once: 58% d’aumento in 5 anni.
[21] ) Così per ottenere dall’arcivescovo di Palermo l’enfiteusi perpetua di Brucato, i fratelli Rigio banchieri ed imprenditori, offrono, nel 1465, un po’ di più del canone abituale (70 once e 140 salme di grano, in luogo di 40 once e di 150 salme): incassarono così la differenza tra la rendita in aumento ed il canone bloccato. ASP, Archivio Notarbartolo 227, f. 40 sq.
[22]) Probabilmente il Modione, che scorre alle falde della collina su cui sorge la torre di Biggini.
[23]) Torre di Biggini, ancora esistente tra Castelvetrano e Partanna (cf. Amari: Carte comparée etc., p. 29).
[24]) In piena contraddizione dunque con fra Alberto Fardella (vedi sopra) che pretendeva che a quel tempo fosse barone di Racalmuto Enrico Abrignano.
[25] ) Biagio Pace, Arte e Civiltà della Sicilia Antica - Vol. I - libro I, Milano 1935, pag. 21. Filadelfo Mugnoz scrive nella prima metà del Seicento. Il suo libretto Nuovo Laerzio è del 1654 e fu pubblicato a Palermo. Lo Scinà lo stronca come libretto di  «sconce, false e confuse notizie.»
[26] ) F.M. EMANUELI e GAETANI - Della Sicilia Nobile - parte IV - Forni Editore [Copia anastatica dell'edizione Palermo 1759] - RAGALMUTO - [pag. 199 e ss. Parte II Libro IV].
[27] ) F. TOMAE FAZELLI SICULI OR. PRADICATORUM - DE REBUS SICULIS DECADE DUAE, NUNC PRIMUM IN LUCEM EDITAE - HIS ACCESSIT TOTIUS OPERIS INDEX LOCUPLETISSIMUS - Panormi ex postrema Fazelli authoris recognitione. Typis excudebant, Ioannes Mattheus Mayda, et Franciscus Carrara, in Guzecta via, quae ducis ad Praetorium, sub Leonis insigni, anno domini M.D.LX. mense iunio.  Cfr. Barresi (origine e genealogia)  pag. 592 - De rebus .. posterioris decadis liber nonus - cap. Nonum.
 
 
[28] ) Nicolò Speciale - Historia Sicula, in Bibliotecha, VI, 6.
[29] ) per le vicende storiche di questo periodo, cfr. Vincenzo d’Alessandro - Politica e società nella Sicilia aragonese - Manfredi Palermo 1963, in particolare pag. 45 e segg.

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