Lillo Taverna Lillo Taverna Che dire? Bellissima foto del Teatro Regina Margherita che fa da copertina alla bella ricerca di Giuggiu di Farcu, mio fraterno amico sin dal 1951. Chi l'ha scattato tal grandangolo così abilmente? Non credo l'altro mio fraterno amico Pero Tulumello. Piero Tulumello - quello che conserva le sgrammaticate ed erotiche cartoline postali del quindicenne Leonardo Sciascia, su commissione e soldi del prof. Giovanni di Falco, alto dirigente del fisco, patito di storia locale - non mi pare che sialui il sullodato fotografo così coreografico di tanto bel teatro. Un Teatro, il Regina Margherita di Racalmuto, reso malconcio da un Agrò fratello del federale locale del tempo, il professore Lauricella avventuratosi nella imprenditoria cineasta del dopoguerra, i Bordonaro, l'architetto veneziano di gran nome voluto da Sciascia, tutta la sfilza dei sindaci vicesindaci e assessori dal 1943 ad oggi e non escludo il trio d'eccellenza Camilleri, Savatteri e Fabrizio Catalano. La copertina copre una rapina di nocini e dintorni della bella ricerca di Giuggiu di Farco, mio fraterno amico sin dal 1951 e mio diletto sodale di ricerche schiette e documentate sulla MICROstoria racalmutese. Ma si sa: un bella mattina il padre eterno svegliatosi davvero di buon umore dopo una nottata passata stavolta non insonne creò il capolavoro dei capolavori e forgiò il microstorico racalmutese e sicano: la sera, con gli zebedei davvero gonfi per una giornata tribolata volle creare il peggio del peggio e creò il collega del microstorico racalmutese e sicano. Non do colpa a Giuggiu Di Falco persona squisita integerrimo generoso e gran signore. Ma a quelli della congrega nocina che hanno agghindato reso stitico impreciso non nobile il testo del defunto Giovanni Di Falco: loro non hanno badato a spese di scorrettezza nella pervicace deformazione cicero pro domo sua. Nessuna citazione di fonti, nessun riconoscimento all'opera dell'ingegno altrui, nessun rispetto dei diritti di autore di estranei. Sì dà così il caso che resto disorientato per quel che leggo a pag. 19 di codesto molto illustrato testo del Di Falco: "...un contratto di appalto per £ 3.160 con il signor Giuseppe Cavallaro di Palermo perché dipingesse dodici scene del e .... un altro per £ 2.000 con il pittore Giuseppe Carta perché dipingesse l'intera volta del teatro". Contratti formalizzati il 12 ottobre 1877. Mi domando davvero il Cavallaro poi dipinse quelle "dodici scene del teatro"? E perché ora non si trovano più? Ma soprattutto molto dubbio è che il pittore Giuseppe Carta sia venuto nel montano Racalmuto per fare quegli affreschi in posizione convessa da Michelangelo alla Sistina. Non è che abbia davvero ragione mister MARAIA nel dirci: guardate che mio bisnonno vene proprio in quel torno di tempo dal Veneto a Racalmuto per eseguire opere pittoriche non alla portata dei tanti pittorelli del luogo e dintorni. Purtroppo né Giuggiu di Falco né altri e soprattutto neppure Eugenia Napoleone Messana che su tali cronache ed altre è di una esaustività e sagacia ammirevoli con buona pace di Sciascia, accennano a sì significativo pittore veneto. Silenzio per me molto colpevole. Spero di dissolvere siffatta cortina fumogena di un silenzio il quale neppure sa di omertà mafiosa ma solo di leggerezza microstorica. Calogero Taverna
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