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giovedì 2 febbraio 2017


Un episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo Sciascia e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione della cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata Sciasca: (20 )

«Dopo il declino dei Lascuda [vale a dire dei Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da professionisti, dominavano i medici, ché allora diversa era la professione del medico, a Regalpetra [alias Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali non si distinguevano tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica distinzione stava nel fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra alla mafia si appoggiava, le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei mafiosi, ma un risultato imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i mafiosi non giuocavano aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I socialisti, come si dice delle puntate a cavallo nel baccarà, quando il banco né tira né paga, non facevano giouco; l’avvocato [Vincenzo Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva coraggio e speranza, mugugnava amarezza e delusione.

«Questa arcadia da cui ogni tanto scappava fuori l’ammazzato prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita con questa deliberazione del Consiglio Cominale:

«”L’anno millenoventoventitre nel giorno quattordici del mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio Comunale di Regalpetra [Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda convocazione, diramati e consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125 della legge, si è riunito in adunanza straordinaria nella solita sala municipale con l’intervento dei signori ..., ed all’appello nominale  risultarono assenti gli altri diciannove consiglieri di cui uno morto, ed essendo in numero legale per validità della deliberazione ... PROPOSTA  - Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini - Il presidente rammenta all’onorevole consesso la viva lotta che molti Comuni Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i passati governi per la soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente, soggiunge, solo il Governo Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente accontentare i voti di quanti di quel dono della natura vanno privi. Di fronte a sì alto beneficio, questo Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di tutto il popolo di Regalpetra, non potrà diversamente esprimere la sua riconoscenza e devozione al Governo Fascista che conferendo la cittadinanza onoraria al suo Capo Supremo S.E. Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti unanimie con entusiastiche acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha conferito la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini.”

«Così sollecitamente e pienamente il governo fascista risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare l’acqua a Regalpetra giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono ammucchiati dietro i magazzini, da principio se ne interessarono i ragazzi, per giuoco vi si inconigliavano dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati nell’erba alta. L’acqua arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In quanto agli undici consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a Mussolini, un paio restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero mai al fascio, masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti quei diciotto (facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si erano evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.

«Il sindaco quella proposta aveva fatto per guardarsi le spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che annunciava a Mussolini la deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece che denunciava il prefetto come protettore della delinquenza, voleva dire della delinquenza dei fascisti non di quella della mafia: come un fulmine giunse l’ordine di scioglimento del Consiglio comunale, fu nominato commissario il capo dei fascisti regalpetresi. [...]

«Dopo il 23, il diagramma degli omicidi si avalla; poi Mori, con metodi già noti, ramazzò mafiosi e favoreggiatori, ma non si creda riuscisse ad estirparli definitivamente, soltanto nella nostalgia per il fascismo si può credere una simile cosa. Per quel che io ricorso, e più indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più euforici del fascismo c’era a Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante cui per comodo tutti i furti e gli incendi di case di campagna, che in quel tempo furono numerosissimi, venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito (che era un proveruomo che doveva scontare una condanna per furto, e a costituirsi non si decideva; viveva con le magre tassazioniche ai galantuomini imponeva); e per la taglia lo ammazzarono, gli diedero alloggio e poi l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno, all’uomo che quel servigio aveva reso alla società, nell’opinione dei regalpetresi fece giusta vendetta. »

Il Messana (21) spoglia del velo della fantasia l’episodio ed il contesto storico della pagina sciasciana, e con il suo solito approccio politicamente fin troppo scoperto, così ricostruisce la vicenda:

«Il Commendatore Bartolotta, ad un certo punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di difesa. Era lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un seguito nel paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I capipopolo erano il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la persecuzione a Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un pretesto per allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare del paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue qualità di capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico della Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il paese che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico delle popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la costruzione degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di anticipazione di fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore burocratiche nella approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini promosse una legge che snelliva l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne semplificava le operazioni di finanziamento e quindi di realizzazione delle opere. Siccome Racalmuto era un paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’, venne ad essere beneficiato da tale provvedimento legislativo. Il commendatore Bartolotta, prese la palla al balzo e chiese al sindaco Scimè di conferire la cittadinanza onoraria del paese a Benito Mussolini. Egli pensava che ciò avrebbe fatto desistere il prefetto dal perseguitare il consiglio ed avrebbe anche allontanato le insidie che si tendevano contro la sua persona. Il sindaco Scimè convocò il consiglio per il 13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo argomento all’ordine del giorno: Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini per avere risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.

«Malgrado le pressioni e le preghiere di Bartolotta, il 13 dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta. non si potè in modo assoluto raggiungere il numero legale di consiglieri presente. Il 14 dicembre alla stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione. Non c’era più bisogno delle presenze della metà più uno dei consiglieri in carica per essere valida l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120, 125 della legge comunale allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore Bartolotta aveva personalmente pregato tutti i consiglieri di essere presenti, molti avevano promesso di accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti solo dieci e precisamente, lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè, Giovanni Macaluso, Nestore Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico Grisafi, Calogero Scimè, Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per l’inizio della discussione si sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti gli amici di Bartolotta, non trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la siesta a casa nella sua poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di recarsi al consiglio, l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse in aula la votazione era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette associarsi, sicché Mussolini diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici voti su undici consiglieri presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono andate poi in modo alquanto strano: gli undici che votarono sì per la cittadinanza onoraria a Mussolini non divennero mai fascisti, anzi molti di essi rimasero i depositari dell’antifascismo locale, i protestatari, i nostalgici della libertà e furono definiti borbonici, si estraniarono completamente dalla vita pubblica, rimasero a maledire e ad attendere la caduta dell’avventuriero, rinunziando a possibili sistemazioni, non pochi dei diciannove assenti invece si accodarono e scesero in piazza in “giummo” e stivali.

«Il problema idrico Mussolini lo risolvette solo a parole, l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in paese ben sette anni dopo la caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua fucilazione. Non avrebbe potuto impiegare certamente di più se il suo avvento al potere non ci fosse mai stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese dei vari comuni S.E. Teruzzi, ministro del suo governo, nel 1925, per mettere la prima pietra dei costruendi acquedotti, in parata tanto solenne che solo a Racalmuto costò L. 1000 di allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà senza possibilità di ricorrere o di parlare.

«Il commendatore Bartolotta, rassicurato dagli applausi dei fascisti presenti in aula allorchè si proclamò in consiglio l’esito della votazione per il conferimento della cittadinanza a Mussolini, tentò anche di costituire lui un fascio di combattimento, sperando di abbattere i fascisti locali.

«Nello stesso tempo indusse il Sindaco Scimè a ricorrere al Ministero contro il prefetto per certe irregolarità commesse in provincia. L’esito di tale azione fu drastico. Il consiglio comunale fu sciolto appena tre settimane dopo il conferimento della cittadinanza al Capo del Governo. Il 7 gennaio si insediò il commissario prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto. Il commendatore finì in carcere la sua attività politica.»

Tra la versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono piccole divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo barcollante per effere più efficace. La realtà storica appare, però,  più intricante di quella resa dai due intellettuali antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai volenterosi fonti informative puntuali e oltremodo precise. Le carte dell’archivio centrale romano (22) , da noi consultate, consentono questa ricostruzione:

«R. Prefettura di Girgenti - Gabinetto n.° 1266 del  19. 12. 1923. - L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920 con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima dell’Amministrazione è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto la carica di assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni più forti e fedeli della democrazia sociale.

«Con l’avvento del Fascismo al potere cominciarono a muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta amministrazione, ma finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare alcun provvedimento, stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle amministrazioni a carattere socialista ed anticostituzionale, che non funzionavano o funzionavano male. Esaurito questo compito, credetti di rivolgere il mio pensiero al Comune di Racalmuto e disposi un’inchiesta a carico [.... E’ emerso:]

«- Scarsissima attività del Consiglio: 15 sedute nel 1921; 10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;

«Quasi abbandonato l’ufficio di polizia rurale, lasciando piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire impunemente per le campagne, perché le guardie rurali sono adibite ad altro. [...]

«A tutto questo è da aggiungere che la parte migliore della cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre intensificato la campagna contro l’attuale Amministrazione della quale sono pure noti i rapporti sia pure indiretti con la maffia, la quale viene se non protetta apertamente, certo lasciata indisturbata a compiere le sue gesta. Tant’è vero che le guardie campestri, anzichè prestare servizio in campagna come dovrebbero, vengono adibite a servizi interni. Trattandosi di un importante comune, sarebbe opportuno che venisse designata come R. Commissario persona capace ed energica, estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto: Reale.

«10 gennaio 1924: Appunto per S.E. il Ministro: Comune di Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale; popolazione 15.000 - motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il pericoloso malcontento della popolazione contro gli amministratori. Numerose irregolarità e deficienze accertate da una recente inchiesta. Non risultano interessamentei.

«Il Prefetto della Provincia di Girgenti, veduto il R.D. 24 gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio Comunale di Racalmuto [...] Ritenuto che il Commissario non ha potuto completare la sistemazione della Finanza comunale e dei pubblici servizi e che la situazione dei partiti locali non consente d’altro lato, d’indire subito le elezioni [..] decreta: il termine per la ricostituzione del Consiglio Comunale di Racalmuto è prorogato di tre mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto: F.to Giordano.

  « 19 marzo 1924: Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav. Enrico Sindico, ex colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da Spezia a Racalmuto [...]

«Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 73 del 26 marzo 1924.

«”Relazione di S.E. il Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, a S.M. il Re, in udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che scioglie il Consiglio comunale di Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’, sul funzionamento dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle elezioni generali del 1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha accertato numerose irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo d’inventario e con scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria non è esattamente accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di cassa, e per il mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio dei fondi dal cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri partigiani, danno un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del bilancio, mentre le spese vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e talora senz’alcuna autorizzazione; il dazio è concesso in appalto a condizioni onerose, è stato omesso il reimpiego di somme provenienti da alienazione di patrimonio; lavori e forniture sono state eseguite irregolarmente in economia ed in esse hanno spesso avuto interesse gli stessi amministratori.

«Tra i pubblici servizi sono assai trascurati la nettezza urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza annonaria e la polizia rurale. La disordinata gestione della civica azienda ha provocato nella popolazione un vivissimo malcontento e l’eccitazione degli animi è tale da far temere turbamenti per la pubblica quiete.

«Anche ragioni di ordine pubblico, oltre che la necessità di provvedere senza indugio al riordinamento amministrativo e finanziario della civica azienda, rendono quindi indispensabile lo scioglimento del Consiglio comunale con la conseguente nomina di un Regio commissario, ed a ciò provvede lo schema di decreto che ho l’onore di sottoporre all’Augusta firma della Maestà Vostra.

«Vitt. Emanuele III [..] visti gli articoli 323 e 324 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con R. d. 4.2.1915 n. 148, nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è sciolto [...] il sig. cav. Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario con i poteri del R. d. 24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III re d’Italia- Mussoluni.»

  Il colonnello Sindico non diede buona prova: nel dicembre di quell’anno veniva destituito:

«26.12.1924, risposta a 26.11.1924. - Prefettura diGirgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal Colonnello Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole, anzi [..] non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio: mediocre.»




20 ) Leonardo Sciascia - Le parrocchie di Regapetra - in Opere vol I Bompiani Editore, Milano,  IV Edizione giugno 1990, pag. 29 e segg.
21 ) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia  della Sicilia - Canicattì 1969, pag. 364 e segg.
22 ) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - Amministrazione Civile - Comuni - - Busta n.° 2069.

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