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domenica 28 maggio 2017

giovedì 2 luglio 2015
Ettore Messana Riesi
AMMATULA TI SPICCI E FA’ CANNOLA/CA LU SANTU Eì DI MARMARU E NUN SUDA.
Detto sentito sin da bambino in quel di Racalmuto: Sciascia me lo illustra così:
«Inutilmente ti pettini e ti arricci (cannola = boccoli) / perché il santo è di marmo e non suda. E’ tutta in due versi - una canzone di sdegno, cantata cioè a disdegno di una donna prima amata. Si poteva sino a vent’anni fa, sentirla nella campagna solitaria, di sera: gridata più che cantata. Ma più spesso la si diceva a modo di proverbio, di sentenza: a figurare una situazione in cui, a chi vuol tornare all’amore, all’amicizia, alla fiducia di prima, si oppone gelida indifferenza. Si noti anche come nel nominare la materia di cui è fatta la statua del santo venga ad affermarsi scettico pregiudizio nei riguardi dei miracoli: il marmo che non suda, che non può sudare; da non credere, dunque, ai tanti conclamati prodigi di simulacri che sudano, che lacrimano, che sanguinano. Nell’ordine di un tale materialismo è il mimo del contadino che sradica un pero che non dà frutto e lo vende a uno scultore che ne cava la statua di un santo; sicché quando il contadino va in chiesa e la vede sull’altare, intorno i fedeli in preghiera, sa dell’inutilità di pregarlo: “Piru ca mai a lu munnu ha’ fattu pira/ pira ‘un ha’ fattu e miraculi vo’ fari? (pero che mai al mondo hai fatto pere/ pere non hai fatto e miracoli vuoi fare?»
Noi la sapevamo con una variante: ammatula ca t’annacchi e fa cannola, lu santu è di marmaru e nun suda. Quell’annacarsi (dondolarsi, sculettare) ci torna più gradito. Diciamo che francamente tutto quel rivestimento laico, scettico, non mi pare che i contadini o chi come me contadino ci fosse consueto.
Scremato il tutto, il detto valeva per dire è intuile che ti dai da fare, il santo è di marmo e non suda, non si commuove.
E così voglio rivolgermi ai miei cari redattori (o redattore-avvocato) di Malgrado Tutto. E inutile che si ANNACA e fa boccoli temerari, la faccenda Messana è come l'ho investigata e quindi il volerlo dannare senza sapere è insipienza apocalittica (bestemmiano ciò che ignorano) che poi frase giovanninea non è essendomi stamane sbagliato ma di un tale SAN GIUDA che ebbe a scriverla verso il 65°anno.
Partì a razzo il compagno Li Causi: - Messana “stragista di Stato” il 9 ottobre a Riesi; - Messana “criminale di guerra” a Lubiana tra l’aprile del 1941 e il maggio del ’42; - Messana “capo del banditismo ‘politico’ dal 1945 al luglio del 1947 ai tempi del bandito Giuliano.
I nostri studi, le nostre ricerche hanno appurato che a Riesi Messana se ci fu, fu un modesto esecutore di ordini e non certo uno stragista.
Proprio qui cerchiamo di essere in proposito il più esaurienti possibile su questa prima calunnia licausiana, targata PCI.
Caro Malgrado Tutto è inutile che ti annachi a fai cannola, Messana non poté essere lo stragista di Stato che per accaparrarsi fondi comunitari Riesi cercò di accreditare, trovando assenso nel foglio sciasciano e addirittura credendo che qualche professore poté avere accesso in Viminale e consultare il “fascicolo personale” del Nostro Ettore Messana.
Niente da fare. Il fascicolo per ora – fino a quando non lo depositeranno all’Archivio Centrale dello Stato all’EUR - è top secret per tutti. Figurarsi per i denigratori di Messana.
MI SCRIVONO e reitero qui sotto che di una calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato vittima il gr.uff. comm. dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto.
Non credo che dopo la gran mole di documenti e ricerche che con qualche merito ho acquisito e pubblicato, possano avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Reputo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto citazioni civili per risarcimento danni.
Quanto al Lucarelli non abbiamo avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà. • IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente, pronunciato nella Seduta del 15 luglio del 1947. Per il sanguigno grande esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato: A) Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato …»
B) « Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"…»
C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di sconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del banditismo politico.»
Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana del 1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno del 1947.
Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento, contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi, addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di quello che avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei carabinieri Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito poté formulare e formulò contro il giovane trentunenne commissario Messana, che, anzi, a fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del proprio patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messana, diviene – giovanissimo - questore ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria: noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il grande assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda delle tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella memoria della gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esercito ed un semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce - sarà da parlare di crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno. Ma noi abbiamo cercato notizie vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA. Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo.
GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. »
Abbiamo visto come è sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pensare che possa dare ordini; e a quell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario questo è; un civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari).
Per me si deve escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribellano alla Forca” e cercano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura - nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di un popolo di lavoratori.
Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di sorta e che una decina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche, divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di Stato.
Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a mezzo stampa. E correggere i loro calunniosi e infondati assunti.
Calogero Taverna

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