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lunedì 8 maggio 2017

martedì 29 settembre 2015


LA GIURISPRUDENZA SUGLI USI CIVICI


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Uso civico
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L'uso civico è un diritto di godimento che si concreta, su beni immobili, in varie forme (caccia, pascolo, legnatico, semina), spettanti ai membri di una collettività, su terreni di proprietà comunale o anche di terzi, non scaturente da una legge formale ma radicato nella prassi collettiva.
Gli usi civici sono considerati fonte del diritto in diversi ordinamenti giuridici, come, ad esempio, in quello italiano.

Indice  [nascondi]
1 Storia
2 Disciplina normativa 2.1 Italia
2.2 Leggi regionali
2.3 Arbitrario occupatore di terre civiche
3 Alcuni esempi di usi civici 3.1 Italia
4 Note
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica wikitesto]
Questa figura giuridica, nata in epoca alto medioevale, ha visto una sua organica regolazione ai primi del Novecento, quando nacque l'esigenza di consentire ad alcuni soggetti privati di usufruire in piena proprietà di beni che spesso (ma non sempre) erano demaniali e che erano per l'appunto gravati da tali oneri.
Discende da una tipologia di diritti tendenti a garantire la sopravvivenza o il benessere di una specifica popolazione, sfruttando in modo produttivo aree circoscritte, in tempi in cui il feudatario, su mandato dell'imperatore, re o papa possedeva non solo le terre, ma anche uomini, cose e animali.



 Erbatico
L'uso civico nasce come diritto feudale, caratterizzato dall'utilizzo che una determinata collettività locale può fare di determinate aree e si inquadra, quindi nell'ottica tipica di un'economia di sussistenza: con l'uso civico di legnatico, ad esempio, i membri di una determinata comunità godevano del diritto di raccogliere legna in un particolare bosco, considerato (impropriamente, ma non sempre o non del tutto) come di proprietà collettiva. Con quello di pascolatico era previsto il pascolo delle greggi e delle mandrie. In modo analogo funzionavano gli altri usi civici di fungatico (per la raccolta dei funghi) ed erbatico (che permetteva agli allevatori di una determinata collettività di portare al pascolo i propri animali in una determinata zona).
In Italia, proprio la particolare attitudine della fattispecie in esame al disordine indirizzò il legislatore nel 1927 a decretare che tutti gli usi civici esistenti in quel momento avrebbero dovuto essere rivendicati e regolarizzati dando la possibilità ai soggetti di affrancarli e, quindi, di trasformare il possesso delle terre di demanio civico o la proprietà gravata da uso civico in piena proprietà assoluta ed esclusiva, istituendo un apposito magistrato detto Commissariato agli usi civici, con lo scopo principale, ma non solo, di liquidare tali usi (qualora vertenti su terreni privati), nonché col potere di regolare amministrativamente gli usi non liquidati (interessanti terre comunali, frazionali o di altri enti, ovvero su superfici acquee).
La titolarità dei diritti di uso civico spetta alla popolazione ma anche ai comuni e dalle associazioni agrarie.[1]
Disciplina normativa[modifica | modifica wikitesto]
Italia[modifica | modifica wikitesto]



Luigi Genuardi, Terre comuni ed usi civici in Sicilia prima dell'abolizione della feudalità, 1911
Il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione RD 26/02/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici, nonché dalle precedenti leggi eversive della feudalità (Legge 01/09/1806, RD 08/06/1807, RD 03/12/1808, Legge 12/12/1816, RD 06/12/1852, RD 03/07/1861, Ministeriale 19/09/1861 ed altre).
Il legislatore distinse i vari usi civici in due principali categorie: terre di proprietà collettiva (demanio civico) e terre di proprietà privata ma su cui grava un diritto di uso civico in favore della collettività. I proprietari di terre con gravame di uso civico possono togliere tale vincolo, risarcendo la comunità in denaro (liquidazione) o in terra (scorporo). In quest'ultimo caso viene delimitata una porzione del fondo che diventa di proprietà collettiva (demanio civico) dove la comunità esercita il diritto di uso civico.
Le terre di proprietà collettiva (demanio civico) convenientemente utilizzabili per l'agricoltura sono state spesso assegnate in quote enfiteutiche ai singoli membri della comunità titolare del diritto, in tal caso, il legislatore aveva previsto che, con particolari procedure, potessero alienare e riscattare (legittimare e/o affrancare) le quote, divenendone pienamente proprietari.
Leggi regionali[modifica | modifica wikitesto]
Per la Basilicata, è attualmente in vigore la L.R. 57/2000 come successivamente modificata dalla L.R. 25/2002 e dalla L.R. 15/2008.
Arbitrario occupatore di terre civiche[modifica | modifica wikitesto]
Ai sensi dell'art. 9 della Legge n.1766 del 1927, è colui che, trovandosi in possesso di terre in origine comune (ossia demaniali), non sia in grado di produrre a giustificazione del suo possesso un titolo, oppure questo non sia riconosciuto valido a norma delle leggi vigenti nel territorio all'epoca.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11993 del 08/08/2003, conferma due principi fondamentali:
1) i terreni di uso civico rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune in quanto destinati ad un pubblico servizio;
2) è legittima l'imposizione della Tosap (tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs 15/11/1993, n. 507) sui terreni civici arbitrariamente occupati.
Con la Sentenza n. 1645 del 17/08/2010 della Corte dei Conti (Sez. Giurisp. Lazio) sono stati condannati i responsabili dell’Ufficio Urbanistica, per danno erariale, al risarcimento all’Ente comunale dei canoni di occupazione non incassati relativi all’arbitraria occupazione di terreciviche (così come definite nella Legge 1766/1927), in quanto, ai sensi del comma 6 dell’art. 107 del Decreto Legislativo n 267/2000, “i dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione”.
Ai sensi del comma 1 dell'art. 63 del DL 446/1997 "I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone", chiamato Cosap (canone di occupazione spazi ed aree pubbliche). abusiva Ai sensi del comma 5 dell'art. 52 del DL 446/1997, i Comuni possono provvedere all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate patrimoniali, tra cui appunto il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche.
Il punto g) del comma 2 dell'art. 63 del DL 446/1997 prevede, per le occupazioni abusive senza titolo (e quindi il caso dei terreni demaniali civiciarbitrariamente occupati), l'applicazione, oltre al canone regolare, di un'indennità di occupazione pari al 50% del canone; anche ai sensi dell'art. 2043 del Codice Civile è sempre dovuta un'indennità di occupazione a favore del Comune finché il terreno non viene rilasciato o sdemanializzato.
Indennità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”; con Sentenza del 05/12/2009 la Corte d'Appello di Roma - Iª sezione civile, ha respinto l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina – sezione di Terracina con cui un arbitrario occupatore di terreni demaniali di uso civico del Comune di Fonti (Lt) era stato condannato al risarcimento dei danni, affermando il principio secondo cui è legittimo il risarcimento, a favore del Comune, dei danni subiti dalla collettività ad opera di un arbitrario occupatore di terre civiche.
Ai sensi dell'art. 72 del D.Lgs 77/1995, poi sostituito dall'art. 230 del T.U.E.L. D.Lgs 267/2000, “Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale” (comma 1); “Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente” (comma 2); “Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile” (comma 3); “Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio […] come segue: a) i beni demaniali […] f) i censi, livelli ed enfiteusi” (comma 4); “Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari” (comma 7).
Gli arbitrari occupatori sono passibili di denuncia per occupazione abusiva di suolo pubblico ai sensi dell'art. 633, dell'art. 639 e dell'art. 639 bis del Codice Penale, come a esempio accaduto nel Comune di Futani (Sa) dove il Corpo Forestale dello Stato ha deferito alla Procura della Repubblica un arbitrario occupatore di terreni gravati da uso civico di categoria "A" ed il Responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale si è riservato di emettere ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi.
Il delitto di invasione di terreni demaniali di cui agli artt. 633 e 639 cod. pen. ha natura permanente, atteso che l'offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l'invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto (Cass. Pen., Sez. II, 20.1.2006, n. 2592).
La giurisprudenza della Cassazione sembra prevalentemente orientata a ritenere che l'atto in violazione delle norme della Legge n.1766 del 1927sugli usi civici sia nullo per impossibilità dell'oggetto, ciò per l'incommerciabilità del terreno soggetto ad uso civico ed afferma che un atto del genere sia nullo insanabilmente in tutti i casi, senza possibilità di sanatoria. Volendo in questo modo trovare un punto di riferimento normativo nel codice civile, può affermarsi che la norma applicabile sia l'art. 1418, 2.° comma del cod. civ., per il quale produce nullità del contratto la mancanza nell'oggetto di uno dei requisiti previsti dall'art. 1345, vale a dire il requisito della possibilità giuridica (si muove sulla base della predetta considerazione di carattere dogmatico DI SALVO, Forme di sanatoria delle occupazioni dei terreni del demanio civico, in Nuovo dir. agr., 1990, pag. 119).
Le zone gravate da usi civici sono sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 142 del Decreto Legislativo 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del paesaggio).
Alcuni esempi di usi civici[modifica | modifica wikitesto]
Italia[modifica | modifica wikitesto]
Nell'Italia meridionale era diffuso l'uso del "livello", ossia l'utilizzo sotto il profilo agricolo di un terreno, mediante il cosiddetto libello, o contratto. Con il passare del tempo e il mutare dei metodi produttivi in agricoltura questa modalità di uso comune dei beni collettivi è andata via via perdendo d'importanza, anche per le profonde inefficienze e il disordine organizzativo che creava.
A Vallepietra vi era un uso civico abbastanza raro, detto scortecciamento: gli abitanti erano soliti arrotondare i loro redditi costruendo canestri di corteccia che andavano poi a vendere a Roma.
Nel comune di Ardea un'intera tenuta, denominata "Banditella" era di vero e proprio demanio civico e nello specifico era destinata ad essere annualmente affittata mediante banditura all'asta (da cui il nome) ed i proventi andavano a beneficio della comunità di Ardea.

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