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lunedì 4 dicembre 2017

giovedì 9 luglio 2015

ENRICO DEL DEBBIO - SANTA lUCIA DI FIAMIGNANO - Palazzo Lugini




 
DEL DEBBIO ARCHITETTO. LA MISURA DELLA MODERNITA’ Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, 7 dicembre 2006 - 4 febbraio 2007
Mostra promossa da:
DARC Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee Soprintendenza Speciale alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporaneaMAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
in collaborazione con:
Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Roma
Consiglio scientifico:
Pio Baldi, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sandro Benedetti, Gigliola Del Debbio, Marcello Fagiolo dell’Arco, Maurizio Galletti, Maria Adriana Giusti, Margherita Guccione, Luciano Marchetti, Maria Luisa Neri, Erilde Terenzoni, Enrico Valeriani
Comitato di coordinamento:
Margherita Guccione, Paola Raffaella David, Mariastella Margozzi, Raffaella Mirante, Pierluigi Porzio, Alessandra Vittorini
Direttore Generale per l’architettura e l’arte contemporanee 
 Pio Baldi
 Direttore MAXXI architettura Soprintendente alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Margherita Guccione Maria Vittoria Marini Clarelli
Cura della mostra:
Gigliola Del Debbio
selezione dei disegni e documenti 
Maria Luisa Neri
progetto scientifico, selezione dei disegni e documenti 
Erilde Terenzoni
direzione e coordinamento archivio, selezione dei disegni e documenti 
Alessandra Vittorini
coordinamento aspetti museografici 
DARC Direzione Generale per l’architettura e l’arte contemporanee
Trattamento Archivio Enrico Del Debbio:
Centro Archivi MAXXI architettura: Erilde Terenzoni, Antonella D’Alessandri, Francesca Marsico, Raffaella Mirante, Maura Oroni
Segreteria scientifico organizzativa:
Francesca Marsico
Registrar:
Stefania Campo
Ricerche iconografiche:
Stefania Campo, Francesca Marsico con Emanuela Capponi e Giuseppe Schiena
Relazioni istituzionali e comunicazione DARC/MAXXI:
Lorenza Bolelli
Sezione web
a cura di Alessandra Vittorini
redazione:
 Emilia Giorgi,
grafica web:
 Sara Annunziata
Coordinamento amministrativo DARC:
Bianca Rizzo con Edvige Manuzzi, Maria De Conte
Fotografie e acquisizioni digitali:
f2fstudio, Roberto Galasso, Centro Archivi MAXXI architettura
Restauro:
Christine Borruso, SAMrestauro, Manuela Belli
Segreteria mostra:
Anna Duca Pagamonci, Alessandra Di Clemente
Modello Foro Italico coordinamento e direzione lavori:
 Cristiana Marcosano Dell’Erba
realizzazione:
 Mario Sabatini, Roma
Presentazioni multimediali in mostra:L’archivio Del Debbio: il Tavolo di studio 
a cura di Erilde Terenzoniriproduzioni digitali: f2fstudiorealizzazione: Regesta.exe-hstudio
Enrico Del Debbio - Itinerari romani 
a cura di Alessandra Vittoriniredazione: Alessandra Di Clementefotografie: Roberto Galasso, Pierluigi Porzio
I piani paesaggistico-architettonici del Foro di E. Del Debbio. Dall’idea originaria (1928) al piano realizzato (1932-33) 
Università di Camerino - Dip. ProCAm, Lab. EIDOLABcoordinamento: Maria Luisa Neri, Elena Ippolitia cura di: Alessandra Meschini, Daniele Rossi
Modello virtuale Casa Brizzi Simen
DSSARR - Facoltà di Architettura di PescaraCoordinamento: Caterina PalestiniRealizzazione: Viridiana Piccone Italiano
Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Direzione amministrativa:
Mario Schiano Lomoriello
Commissario della mostra:
Mariastella Margozzi
Registrar:
Giovanna Coltelli, con Angela Rita Bollino
Architettura e grafica espositiva:
Federico Lardera, Roma
Collaborazione alla grafica e all’architettura espositiva:
Silvia Amoruso
Ufficio stampa:
Carla Michelli, con Federica Federico
Archivio bio-iconografico:
Angela Rorro, Claudia Palma, Stefania Navarra
Biblioteca:
 Sabatina Macera, Marina Gargiulo, Valter D’Ario, Salvatore Alessandrella, Romeo Angelici, Cristina Tani
Conservazione:
Anna Barbara Cisternino, Paola Carnazza, Karmen Corak, Rodolfo Corrias, Luciana Tozzi, con Franco Veltri e Roberto Possenti
Ufficio Catalogo:
Stefania Frezzotti
Collaborazione agli apparati didattici:
Giulia Grosso
Segreteria della Soprintendenza:
Paola Castrignanò
Realizzazione dell’allestimento:
Tagi 2000 srl
Impianti elettrici:
AG Impianti snc
Cornici:
Il Quadro
Movimentazioni:
Quadra srl
Trasporti:
Borghi
Assicurazioni:
Assicurazioni GeneraliCatalogo
 Enrico Del Debbio
di Maria Luisa NeriIdea Books
Guida breve alla mostra
a cura di Erilde Terenzoni e Alessandra Vittorini
Enrico Del Debbio - Guida alle opere romane 
a cura di Paola Raffaella David e Pier Luigi Porziografica e impaginazione: Marco Setti
 
4 5
Chissà se Enrico del Debbio avrebbe apprezzato, per questa sua mostra, l’ambientazione in uno spazio progettato da Cesare Bazzani, per il quale lavorò come “giovane di studio” fra il 1917 e il 1924, molto imparando quanto al mestiere e poco condividendo quanto agli orientamenti. La prima ala bazzaniana della Galleria nazionale d’arte moderna, nel cuore della quale è stata appunto allestita questa antologica, era allora già compiuta, mentre, quando l’architetto più anziano pose mano alla seconda, Del Debbio era già un collega che lo tallonava dal cantiere adiacente della Facoltà (allora Scuola superiore) di architettura a Valle Giulia. Comunque, il museo che gli dedica questo omaggio - aderendo volentieri alla richiesta della Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea, alla quale appartiene il suo archivio - Del Debbio lo conosceva bene e soprattutto, come ricorda in questo catalogo la figlia Gigliola, conosceva direttamente molti artisti rappresentati nelle sue collezioni. Segretario, dal 1921, dell’Associazione artistica internazionale, di cui sarebbe divenuto presidente fra il 1928 e il 1932; consigliere dal 1926 della Società amatori e cultori e, sempre da quell’anno, della Commissione straordinaria del sindacato laziale di belle arti dal 1926 al 1928, di cui fu poi segretario regionale fino al 1932; infine membro del comitato organizzativo della I Quadriennale inaugurata nel 1931, Del Debbio concorse a orientare la politica espositiva romana di quegli anni. E’ per ricordare i rapporti, anche di amicizia, nati da questi incarichi ufficiali, che la Galleria ha voluto far precedere la mostra vera e propria - curata da Maria Luisa Neri, Gigliola Del Debbio, Erilde Terenzoni e Sandra Vittorini - da un prologo nel quale Mariastella Margozzi ha selezionato dalle nostre collezioni le opere dei pittori e degli scultori che gli furono più vicini: soprattutto Attilio Selva, Ferruccio Ferrazzi e Orazio Amato. Nell’allestimento progettato da Federico Lardera infine si è cercato di rendere l’atmosfera dell’architettura di Del Debbio, rievocandola con tocco leggero, per suggestione. Il confronto con un interno di Bazzani, in effetti, Del Debbio lo aveva sperimentato nel 1921, quando espose, alla prima Biennale romana, nel Palazzo delle Esposizioni interamente rinnovato, per l’occasione, da quello che era allora il suo datore di lavoro. Ma il giovane architetto aveva voluto ritagliarsi uno spazio allestito secondo la sua personale cifra stilistica e, senza alcuna pretesa ricostruttiva, ma con quello stesso spirito di indipendenza nel rapporto, abbiamo voluto presentarlo oggi nei saloni centrali della Galleria.
Maria Vittoria Marini Clarelli Soprintendente alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
L’idea di una Mostra antologica su Enrico Del Debbio è nata anni fa, quando nel novembre del 2002 la figlia Gigliola ha ceduto alla DARC - Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee, per le collezioni del MAXXI architettura, l’intero archivio; un fondo ricco e organico, che copre l’arco cronologico dal 1910 al 1973 e raccoglie oltre 20.000 pezzi, tra disegni, schizzi, dipinti, documenti e fotografie.Allora fu un preciso impegno della DARC quello di inventariare e mettere presto a disposizione di studiosi e ricercatori il complesso corpus documentale e comunicarne i contenuti, rendendolo fruibile attraverso pubblicazioni, inventari, guide e la banca dati on line.Questa volontà di diffondere e far conoscere l’architettura e gli architetti significativi del Novecento e l’impegno del Centro archivi di architettura del MAXXI, che da allora ha riordinato, riprodotto, inventariato, sotto la direzione scientifica di Erilde Terenzoni, i materiali grafici, i documenti e le straordinarie fotografie di cantiere e d’epoca, hanno reso possibile l’operazione di comunicazione, che oggi vede realizzati l’apertura al pubblico dell’archivio Del Debbio, la pubblicazione dell’inventario completo, la Mostra antologica presso la Galleria nazionale d’arte moderna e il relativo Catalogo.La mostra, curata da Gigliola Del Debbio, Maria Luisa Neri, Erilde Terenzoni e Alessandra Vittorini, presenta una selezione di materiali provenienti dall’archivio del MAXXI e da alcune collezioni private. Le testimonianze preziose e, in buona parte, inedite illustrano la presenza lunga e sempre attiva di Del Debbio sulla scena culturale della Roma del primo Novecento fino agli anni Settanta, i suoi grandi progetti tra cui il Foro Mussolini ora Foro Italico, per il quale è stato appositamente realizzato un grande modello e gli interventi per la Facoltà di architettura a Valle Giulia.Inoltre con la collaborazione della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici per il Lazio e della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Roma si getta uno sguardo all’attualità, alle questioni complesse e impegnative della conservazione e della conoscenza delle opere di del Debbio oggi.Questo Catalogo è aperto da un ampio studio monografico di Maria Luisa Neri, un’ampia sezione, curata da Margherita Guccione, segue il filo che lega memoria e tutela attraverso lo studio dei documenti dell’archivio, la sezione affidata a Alessandra Vittorini dà conto del complesso lavoro di mediazione necessario per rendere leggibili e godibili i materiali documentari in mostra; Gigliola Del Debbio cura il racconto del continuo rapporto che intercorse tra l’architetto e il mondo artistico non solo romano, e chiude il volume un’intensa testimonianza di Franco Berarducci.La Mostra, le pubblicazioni scientifiche e l’apertura al pubblico dell’intero archivio costituiscono un momento molto significativo nelle strategie di diffusione e promozione dell’architettura contemporanea che costituiscono una parte centrale della missione della DARC.
Pio Baldi Direttore generale per l’architettura e l’arte contemporanee 
 
con i contributi diPaola Raffaella David, Gigliola Del Debbio, Maria Adriana Giusti, Margherita Guccione, Elena Ippoliti, Cristiana Marcosano Dell’Erba, Mariastella Margozzi, Alessandra Meschini, Caterina Palestini, Pierluigi Porzio, Erilde Terenzoni, Alessandra Vittorinie un’intervista a Franco Berarducci
IDEA BOOKSMARIA LUISA NERI
ENRICO DEL DEBBIO
 
© 2006 IdeArte srl, MilanoIdea Books Via Regia, 5355049 Viareggioe-mail: info@ideabooks.comwww.ideabooks.com
Progetto grafico:
Dondina & Associati, Milano
Stampa:
Grafiche Milani, Milano
Fotolito:
 FGV Group, MilanoTutti i diritti riservati / all rights reservedÈ vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini di questo volume, sia con mezzi meccanici che elettronici per qualsiasi scopo e tramite, qualsivoglia media, senza l’autorizzazione scritta IdeArte.ISBN 88-88033-20-3
0 9 8 7 6 5 4 3 2 1
Printed in ItalyCatalogo pubblicato in occasione della mostra
Enrico Del Debbio Architetto. La misura della modernità
 presso la Galleria Nazionale d'Arte ModernaRoma, 7 dicembre 2006 - 4 febbraio 2007
Crediti fotografici:
Le fotografie de
La vita e le opere 
 e della
Guida alle opere 
 provengono dall’Archivio Gigliola Del Debbio. Gran parte dei disegni originali in esse riprodotti fanno ora parte del fondo Enrico Del Debbio acquisito dalla DARC e conservato presso il Centro Archivi MAXXI architettura.Quelli delle pagine 10, 16, 27, 28, 31 (in basso), 32, 34, 44, 46, 65, 151, 206, 210, 211, 267, 346 (scheda 36) sono di proprietà privata.
a pagina 10 Progetto per la Casa Madre del balilla in prossimità del Foro Mussolini, Roma 1932, schizzo prospettico del fronte esterno 
LA VITA E LE OPERE
Maria Luisa Neri 
 
11 INTRODUZIONE 13 IMMAGINARIO E REALTÀ 17 Le radici culturali e gli anni della formazione tra Carrara e Roma 21 La vita e il lavoro nella comunità artistica romana 35 “Homo Novus” 40 COSTRUZIONE DI UNA POETICA 67 Una filosofia per la città e il paesaggio 72 Il senso della modernità: l’esperienza creativa per l’Opera Nazionale Balilla 81 La misura della modernità: l’edificio pubblico, la casa privata 142 L’attività culturale, artistica e organizzativa nelle istituzioni 164 PURISMO CLASSICISTA 177 Il contributo all’urbanistica e all’architettura coloniale 181 Per un’identità italiana dell’architettura 185 La visione “integrale” del Piano Regolatore 193 Cultura e sindacato: il nuovo impegno per la professione di architetto 214 Anni difficili 222 CONTINUITÀ E NUOVE SPERIMENTAZIONI 225 Le forme dell’abitare 229 Luoghi sacri e spazi civili 245 L’azione di coordinamento fra ricerca, didattica e professione 269 NOTE 273 ENGLISH TRANSLATION
by Thomas Muirhead 
 293 GUIDA ALLE OPERE 341
LA MEMORIA E LA TUTELA
a cura di Margherita Guccione 
 
391 La memoria e la tutela
Margherita Guccione 
 392 La mostra su Enrico Del Debbio e i materiali d’archivio
Erilde Terenzoni 
 394 Del Debbio oggi
Paola Raffaella David, Pier Luigi Porzio
396 «Come rudere vivo ed agibile»
Maria Adriana Giusti 
 401
DEL DEBBIO ARCHITETTO. LA MOSTRA
a cura di Alessandra Vittorini 
 
403 Enrico Del Debbio in mostra. Itinerari possibili tra architettura e ricerca
Alessandra Vittorini 
 404 La realizzazione del plastico del Foro Italico
Cristiana Marcosano Dell’Erba
406 Il disegno del paesaggio
Elena Ippoliti, Alessandra Meschini
408 La rappresentazione dell’architettura
Caterina Palestini
410
GLI ARTISTI, L’ARTE, L’ARCHITETTURA
a cura di Gigliola Del Debbio 
 
413 Mio padre e gli altri artisti
Gigliola Del Debbio
414 Stadio dei marmi. Lo sport attraverso la statuaria “moderna”
Mariastella Margozzi 
 416 Intervista a Franco Berarducci
a cura di Maria Luisa Neri 
 421
APPARATI
Maria Luisa Neri 
 
425 Profilo biografico 426 Regesto delle opere 429 Bibliografia generale 431
SOMMARIO
 
LA VITA E LE OPERE
maria luisa neri
 
13
Questa osservazione di Primo Levi, a proposito del manicheismo congenito nelle interpretazioni popolari della storia, si potrebbe applicare - in modo del tutto calzante - agli orientamenti della ‘vulgata’ storiografica dell’architettura contemporanea: nella discrasia fra amici/nemici, razionalisti/accademici, moderni/conservatori, questa storiografia non è stata più capace di assimilare e di far comprendere la complessità dell’architettura italiana del Novecento, e il contributo al processo della sua modernizzazione da parte di alcuni degli architetti che ne furono i protagonisti, né di metterne in luce le realizzazioni entro le condizioni storiche date.Enrico Del Debbio è tra questi architetti: un artista di gran talento che visse con spirito di generosità la propria appartenenza a una
élite 
 culturale e che ha combattuto con determinazione per rinnovare l’arte e l’architettura nei modi che riteneva più rispondenti alla vita del suo tempo; un artista che ha condotto una ricerca solitaria dell’architettura, intesa come espressione dell’uomo e della sua capacità di padroneggiare l’ambiente. Nella regola, nel senso di ordine, nella categoria logica ha fondato la sua capacità di trasfigurare l’intuizione spirituale in dimensione spaziale dell’architettura e di stabilire un rapporto creativo fra soggetto e oggetto, fra significato e realtà costruita: per lui, la verità costruttiva doveva rispondere tanto all’
utilità
 quanto al
decoro 
, poiché l’architettura va compresa anche dall’uomo della strada.Le sue dichiarazioni di principio e le sue dimostrazioni di un’idea non si affidano quasi mai alla parola scritta, al
teorizzare 
, bensì alle ragioni del mestiere, all’
esperienza del fare,
 fermamente convinto che l’architettura deve servire sia alla realtà della vita quotidiana sia alla spiritualità umana. Nella ricerca di una sinergia fra uomo e civiltà, fra attualità e passato, il suo contributo supera il mondo delle apparenze per costruire una realtà architettonica genuina e originale, al di fuori di qualunque speculazione estetica. Tutte le sue affermazioni risiedono nel disegno e nella costruzione, la più idonea a sopravvivere alla prova dei tempi; come scriverà a Marcello Piacentini nel 1951 per ringraziarlo di aver apprezzato pubblicamente la sua opera:«
la Storia, quella con la S maiuscola finirà per travolgere i negatori, i falsi ed incapaci, perché le opere diranno esse meglio e di più di quello che può una critica astiosa, interessata e di parte 
».L’alta qualità della sua produzione artistica raggiunge gli esiti più notevoli tra la metà degli anni venti e la metà dei trenta. Con fermezza e determinazione sviluppa un discorso personale di ricerca dell’architettura che si misura tanto sul piano estetico quanto su quello etico, affondando i principi anche nell’espressione spirituale della comunità umana. Trova i fondamenti del proprio pensiero nella tradizione intellettuale della fine XVIII-inizi XIX secolo, partecipa alle battaglie e ai conflitti del proprio tempo personificando il concetto di
evoluzione 
 dell’architettura moderna piuttosto che quello di
rivoluzione 
, afferma i valori del mondo classico trasfigurandoli nella contemporaneità, trasferisce i concetti dell’arte nella pratica di vita e li eleva al grado alto della bellezza.Ricostruire la vicenda artistica di Enrico Del Debbio ha significato porsi in un’ottica diversa da quella della storiografia
«Tendiamo a semplificare anche la storia; ma non sempre lo schema entro cui si ordinano i fatti è individuabile in modo univoco, e può dunque accadere che storici diversi comprendano e costruiscano la storia in modi fra loro incompatibili; tuttavia, è talmente forte in noi, forse per ragioni che risalgono alle nostre origini di animali sociali, l’esigenza di dividere il campo fra “noi” e “loro”, che questo schema, la bipartizione amico/nemico prevale su tutti gli altri. La storia popolare, ed anche la storia quale viene tradizionalmente insegnata nelle scuole, risente di questa tendenza manichea che rifugge dalle mezze tinte e dalle complessità […]. Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è».
Primo Levi,
I sommersi e i salvati 
INTRODUZIONE
 
14 15
A partire dall’ultimo dopoguerra, l’uomo e la sua opera sono stati ripetutamente stigmatizzati dalla storiografia militante, tendenziosamente incline a emettere giudizi critici altrettanto schematici e forse ancora più retorici di quelli prebellici. Soltanto superando il conformismo e l’inerzia critico-interpretativa che vuole vedere la cultura architettonica italiana del Novecento scissa in due fazioni contrapposte, questo Maestro del secolo scorso potrà avere lo spazio che gli compete nella storia dell’architettura: spazio nel quale ha fortemente creduto, di cui ha dominato i reali contorni, gli indirizzi, le ragioni e le connessioni con la vita.Ricostruire lo scenario interpretativo della sua opera ha richiesto,
in primis,
 una ricognizione sistematica del suo fecondo lavoro. Lo studio è stato condotto prevalentemente su fonti d’archivio, sulle quali si è basato il supporto fondativo del lavoro analitico. Fondamentale è stata la ricerca nell’Archivio privato dell’architetto (Archivio Gigliola Del Debbio, ora nei fondi archivistici della
D
ARC
), ricchissimo non solo di disegni di eccezionale qualità espressiva, ma anche di materiale documentario assai utile alla ricostruzione delle vicende attraversate dalla cultura architettonica del Novecento. Un archivio che lo stesso Del Debbio aveva ordinato con ottica lungimirante in un complesso di documenti fra loro strettamente concatenati: biblioteca (libri a stampa, riviste, pubblicistica varia, ritagli di giornali), fonti scritte (corrispondenza, relazioni, pratiche riguardanti i progetti, capitolati d’appalto, ecc.), disegni (originali e copie), lastre e negativi fotografici, fotografie e altro. Una preziosa autobiografia manoscritta, redatta agli inizi degli anni settanta, ha accompagnato la costruzione narrativa.Alla ricerca nell’Archivio privato sono state affiancate la ricognizione nell’Archivio storico capitolino, che ha dato scarsi esiti, e quella nell’Archivio centrale dello Stato, rispetto al precedente ben più ricco di documenti inerenti la sua attività. Accanto all’analisi delle fonti archivistiche, la ricerca ha tenuto conto del contributo della storiografia, che tuttavia rivela una sostanziale inerzia degli studiosi in sede di giudizio critico, tanto da risultare ripetitiva e ideologicamente ‘orientata’.La lettura della pubblicistica dell’epoca, di riviste del settore e quotidiani, ha contribuito in modo decisivo alla ricostruzione - dall’
interno 
 - delle vicende artistiche che lo hanno visto coinvolto in prima persona e spesso protagonista del suo tempo: entrare in questa logica interpretativa è stato un passaggio necessario per comprenderne l’opera, fuori degli stereotipi e dai pregiudizi storiografici. Nella volontà di oltrepassare modelli interpretativi già collaudati, e nella certezza che la storiografia non può vivere senza la continua verifica dei risultati raggiunti, è stato fondamentale inoltrarsi nell’esame delle molteplici relazioni che intercorrono fra filologia e storiografia, lasciando ampio spazio alla storicità delle fonti: dall’
esterno 
 sono stati elaborati i criteri interpretativi e critici del suo lavoro di architetto e il ruolo da lui svolto, fra le contraddizioni e la complessità che hanno caratterizzato il Moderno, nella costruzione di una
moderna architettura italiana
.Fornire nuovi spunti di riflessione su un’epoca, su una società e le sue espressioni, su un architetto che n’è stato protagonista non vuole solo colmare evidenti lacune storiografiche, ma si propone anche di suggerire possibili direzioni di ricerca per l’architettura a noi contemporanea; un’architettura dove i concetti di
spazio, senso,
 
misura,
 abbiano nuovamente la capacità di proporsi come luoghi di confronto creativo fra poli opposti, in grado di ridefinire creativamente i confini
 
della
 modernità
.
Nel chiudere questa coinvolgente ricerca piena d’illuminanti scoperte su “La vita e le opere” di Enrico Del Debbio, ricerca che ho vissuto con l’intensità di un rapporto personale, essendo stata giovane allieva del vecchio Maestro, voglio esprimere la mia gratitudine alla famiglia Del Debbio per avermi messo a disposizione, prima della cessione al Ministero per i beni e le attività culturali 
 
- Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea, il materiale archivistico a partire dal quale ho ricostruito la vicenda umana e artistica dell’architetto. Un particolare ringraziamento va alla figlia del Maestro, architetto Gigliola Del Debbio, con la quale ho condiviso i tempi del lungo lavoro tra le migliaia di documenti e disegni dell’archivio, e che è stata, insieme alla mamma, signora Medora, inesauribile fonte di notizie, di racconti di vita vissuta, di generose e umane testimonianze. A lei vado debitrice anche del tempo dedicato alle vivaci discussioni sul valore e sui criteri interpretativi dell’opera paterna, come di quello speso nella difficile scelta delle immagini.
‘modernista’ e oltrepassare le letture filtrate da categorie prettamente architettonico-figurative, ritenendo scorretto isolare i fenomeni artistici dalla realtà storica alla quale appartengono. La complessità, le contraddizioni e l’esperienza della crisi e della discontinuità istituzionale sono parte integrante dell’universo culturale attraversato da questo architetto, il quale ha vissuto in prima persona tre regimi politici, due guerre mondiali e profonde e irreversibili trasformazioni economiche, sociali e culturali. La centralità del suo contributo non può che inserirsi nella realtà nella quale ha vissuto e operato, e da cui è nata la sua originaria volontà di ristabilire un legame profondo fra l’arte e la società, fra l’uomo e il mondo che lo circonda, legame che i fatti della storia avevano teso a cancellare.All’appassionata ricerca culturale e artistica Del Debbio ha sempre affiancato l’infaticabile attività didattica facendosi promotore di battaglie per il rinnovamento delle arti e la valorizzazione dell’architettura, di campagne per ottenere maggiore coesione fra i diversi campi dell’arte e per diffondere le rivendicazioni della categoria professionale, ma anche di lotte per la difesa dei valori paesaggistici e ambientali. È stato regista di azioni strutturali e organizzative della professione, dalla riforma dell’insegnamento alla definizione del titolo professionale. È stato vivace animatore di dibattiti per affermare il ruolo educativo dell’architetto e della sua opera nella società.Il suo ruolo è stato, dunque, anche quello di chi ha operato all’interno delle istituzioni con cariche di responsabilità, riuscendo tuttavia a mantenere autonomia nel proprio lavoro artistico, nella propria ricerca dell’architettura
,
oltrepassando qualunque condizionamento ideologico per raggiungere spazi di alta qualità. Il talento artistico che accompagna e sostiene la parabola della sua vicenda di architetto non si consuma nel riproporre modelli del passato e repertori figurativi alla ricerca di attualità o del nuovo a tutti i costi, ma affonda le radici nella profondità storica e nel credo delle ragioni funzionali, di cui esplora tutte le più recondite cavità senza lasciarsi condizionare nella libertà di parola né nell’uso dell’ornamento come metafora o come ironia.Il vivace sostenitore dei valori della storia nella trasformazione della città non si dissocia dal battagliero fautore della necessità di rinnovamento dell’architettura: sostiene con forza una linea di ricerca che pone a fondamento della
modernità
 la permanenza dei principi di un evocativo, sovrastorico spirito classico. Riafferma il credo nella lezione del passato quale condizione indispensabile per affrontare la complessità del presente e garantire sostegno a un retaggio comune socialmente condivisibile. La sua è una modernità eterna, immutabile,
 
che deve incorporare il senso della memoria collettiva per rispondere allo scenario di caos che connotava il mondo artistico a lui contemporaneo; modernità che risolve in un’equilibrata e dialettica tensione fra nazionalismo e internazionalismo, all’interno di un personale
Kunstwollen.
In questa chiave interpretativa, meno schematica e più flessibile alle ragioni della forza delle tradizioni, Henry Russel Hitchcock nel suo
Modern Architecture 
 (1929) e Siegfried Giedion in
Space, Time and Architecture
(1941), pur in modi e momenti diversi, avevano individuato l’esistenza di quella ricchissima cultura architettonica prodotta dalla
new tradition,
cui si doveva riconoscere il carattere anticipatore rispetto ai cosiddetti
Pioneers,
dei quali Nikolaus Pevsner nel 1936 diviene il teorico. Hitchcock affida ai
new traditionalists
uno spazio di forte autonomia nella cultura architettonica del XX secolo, riunendovi tendenze e figure diverse per area geografica, posizione culturale e prassi operativa; ad essa appartengono, ad esempio, personaggi come Wright, Wagner e Hoffmann, Loos, Olbrich e Behrens, Asplund e Tengbom, Nyrop, Berlage, Lajta, Lutyens e Perret. Per l’Italia si possono citare personalità come Muzio, De Finetti, Ponti, Piacentini, Aschieri, Vaccaro e De Renzi.Nel quadro delineato, Del Debbio è tra le figure più complesse e interessanti dello scenario architettonico italiano. Dalla piccola alla grande scala, dall’arte alla città, dall’oggetto al paesaggio, dalla natura alla misura dello spazio, dall’edilizia al monumento, dalla ricerca individuale alla trasmissione pedagogica, dalla didattica alle ragioni della professione, dall’autonomo slancio creativo alle responsabilità collettive nelle istituzioni, egli ha sempre svolto il proprio lavoro con passione, autonomia, coerenza e grande disponibilità umana. L’ampia dimensione tematica del suo lavoro e la complessità del contesto nel quale opera non possono che fornire nuovi spunti di riflessione su un’epoca, su una società e la sua espressione architettonica, tesi a colmare evidenti lacune storiografiche per aprire nuove possibili direzioni di ricerca.

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