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domenica 8 aprile 2018

(Articoli pubblicati da  Malgrado Tutto)
 
 
 
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[PRIMO  ARTICOLETTO]

RACALMUTO PREISTORICO - ZOLFO, GRANO E SALE

di Calogero Taverna
 
 
Racalmuto sorge, si popola e si accresce per due grandi vocazioni economiche: l'agricoltura e le risorse minerarie.
Già nella preistoria sono presenti due flussi migratori diversi: uno a sfondo agricolo che da Licata tocca le falde del versante sud del Serrone e l'altro,  in cerca del sale, contiguo agli insediamenti che dalla Rocca di Cocalo si espandono verso Milena, Montedoro, Bompensiere.
L'immigrazione agricola di popoli che vengono fatti risalire al XVIII secolo a.C. venne documentata durante i lavori della ferrovia nel 1879. (Cfr. L. Mauceri: Notizie su alcune tombe  .. scoperte fra Licata e Racalmuto, in Ann. Inst. Corr. Arch., 1880). I pochi reperti fittili finirono dispersi nei sotterranei di un qualche museo siciliano. Le tombe a forno dei pressi della stazione ferroviaria di Castrofilippo sono del tutto sparite per la distruzione delle successive cave di pietra.
L'altro insediamento è quello che l'ingenuità delle cartoline illustrate locali definisce 'tombe sicane', site attorno alla grotta di Fra Diego. In mancanza di ufficiali campagne di scavi - che le competenti Autorità continuano a denegare, anche se la patria di Sciascia le imporrebbe - dobbiamo accontentarci delle intuizioni dilettantesche e delle tante segnalazioni che dal '700 in poi si rincorrono. Il cospicuo numero di tombe a forno dimostra l'esistenza di gruppi estesi, dediti ai culti mortuari dell'inumazione in forma fetale, con i cadaveri forse spolpati a bagnomaria e forse legati per la paura di una vendicatrice resurrezione che i nostri antenati pare nutrissero. (Cfr. S. Tine': L'origine delle tombe a forno in Sicilia, in Kokalos 1963, p. 73 ss.).
Quei cosiddetti antichi Sicani, installandosi attorno alla grotta di Fra Diego, avranno trovato il salgemma delle vicinanze e fors'anche lo zolfo, all'epoca sicuramente reperibile anche in superficie. Risale alla tarda età romana lo strambo passo di Solino che il Tinebra Martorana riferisce - a nostro avviso fondatamente - al territorio di Racalmuto. Ma rispecchia, di certo, una tradizione millenaria. Solino scrive che il sale agrigentino, se lo metti sul fuoco, si dissolve bruciando; con esso  si effigiano uomini e dei (C.I. Solinus5\ 18;19). Ancora nel '700 il viaggiatore inglese Brydone andava alla ricerca di quei fenomeni. Sommessamente pensiamo che v'è solo confusione tra sale e zolfo, entrambi già conosciuti dai nostri preistorici antenati. Con lo zolfo si foggiavano statuette del tipo dei 'pupi', dei 'cani', delle 'sarde' di 'surfaro' che ai tempi della mia infanzia circolavano ancora.
Sale, zolfo e gesso Racalmuto li avrebbe ereditati dagli sconvolgimenti del Miocene, quando alle «grandi lacune terziarie progressivamente evaporate <sarebbe seguito> un processo di sedimentazione che avrebbe avuto per protagonisti non solo i principi della fisica e della chimica, ma addirittura  uno straordinario microscopico batterio, ildesulfovibrio desulsuricans capace di nutrirsi di petrolio greggio e di rubare ossigeno al solfato di calcio dando luogo ad idrogeno solforato che, attraverso una normale ossidazione, avrebbe partorito lo zolfo nativo» (Pratesi e Tassi, Guida alla natura della Sicilia, Milano 1974, p. 21 ss). Ci diverte alquanto l'idea che le ricchezze della rampante borghesia ottocentesca di Racalmuto si debbano a quel geologico vibrione.

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