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lunedì 14 maggio 2018

Mi sia consentito fare il birichino costituzionalista. Invero all'Università di Palermo ai miei tempi l'esame di diritto costituzionale non era una cosa seria. E nessun altro esame in effetti era serio, meno la branca del diritto romano per consolidata tradizione accademica. Non ho stima di Di Maio e non rinnego. Ma il ragazzotto ha dimostrato molta sagacia nella propaganda elettorale. Abilissima mossa, quella di sentirsi già presidente del consiglio. Ed invero due o tre altre uscite azzeccate e il 40% era alla portata di mano e quindi non ci sarebbe stata barba di presidente della repubblica che potesse negargli l'incarico presidenziale. A termini della nostra Gran Carta Mattarella avrebbe dovuto farne un presidente del consiglio che i ministri se li sceglie lui e non Mattatrella, il quale, se ligio alla Costituzione, non potrebbe non nominare ministri che non siano proposti dal neo presidente del consiglio. Ricordandoci poi che il tutto ai sensi dell'art. 94 deve avere 'la fiducia delle due camere'. Forse è una strana piramide rovesciata, ma dovrebbe essere pacifico che per la nostra Carta il tutto deve essere di gradimento delle Camere che a parte qualche senatore a vita è di elezione 'popolare', I gradimenti del Presidente della Repubblica se individualistici, preclusivi, ostativi sanno di attentato alla Costituzione, fattispecie da impeachment. In atto vedo come un grande arbitrio questa prerogativa che si vorrebbe attribuire Mattarella: o Nominativo di 'alto profilo' o nulla. E lui quale arte divinatoria possiede da stabilire quando un nome proposto da una coalizione maggioritaria legittimamente eletta non raggiunge l'altezza dell'insondabile metro mattarelliano?. la mossa propagandistica di Di maio fu cosa goliardica ed innocua, l'attuale saccenteria presidenziale mi preoccupa molto, mi richiama i tempi della mia prima giovinezza racalmutese cioè delle parrocchie sciasciane, quando Racalmuto si dibatteva tra due cosche, quella che tramite l'arciprete portava a don Caloiro Vurpi muntidurisi e e quella più subdola che tramite patri Arrigu, quello del carmine, si appoggiava a don Berbando delle terre trapanesi. Calogero Taverna

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