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sabato 18 febbraio 2023
martedì 31 dicembre 2013
LI ODIO
Quest'uomo avvenente, 37 anni, una bella s ave moglie, cinque figli, una mula di recente acquistata per un salto sociale, viene chiamato alle armi nel 1917. La guerra va male, i comandi militari inetti, le strategie
miserevoli. L'esercito italiano è tutt'altro che glorioso, che eroico. I fanti in trinca infreddoliti, malvestiti, non nutriti, in disumane condizioni igieniche vengono falcidiati dai guerrieri austro-ungarici, militarmente addestrati, cecchini inesorabili.
Mio nonno non sa né di Trento né di Trieste. Viene reclutato per sopperire alle voragini umane che si avevano al fronte. Non dovrebbe andarci. Non è adatto alla guerra di alta montagna. E' ormai anziano. Già due fratelli sono stati immolati alla Patria, - ma Patria solo per i nobili di paese che si sono fatti tutti riformare alla leva. Poi faranno i patriottardi.
Nel mese di marzo mio nonno viene goffamente vestito, gli mettono in mano un'arma che non sa maneggiare. Mio nonno non era un violento. Contadino, amava la terra, gli animali. Non era manco cacciatore. Lo portano ad Adernò. Non so quali elementi guerreschi poterono insegnargli in meno di un mese. Senza pietà, crudamente, cinicamente lo intruppano nella brigata Catanzaro, nel 142 Reggimento Fanteria. Va a tappar buchi umani. La grande Patria è questa. E subito nelle doline di quota 238. So ora bene che cosa erano le doline di quelle montagne a ridosso di Trieste, oggi beffardamente in Slovenia. Per giorni ad intristire in quelle caverne allucinanti. Pidocchi, scarso cibo, acquattati come bestie in una tana. Di là i cecchini austriaci non perdonano. Hanno mire infallibili. Lì mio nonno vi viene tenuto nei freddi di alta montagna sino al 23 maggio 1917. Ogni giorno si fa scrivere una cartolina postale militare da chi non di eccelsa scolarità ma un periodo lo riesce ad abbozzare. Quando rileggo quelle cartoline di mio nonno, di chi generò mio padre che generò me maledico la Patria i militari i fascisti i reazionari i patriottardi del mio paese, quelli che vogliono i criminali d'India restituiti senza processo per glorificarli.
Il 24 maggio, insipientemente, così come avevano deciso di fare impidocchiare i figli del popolo nelle doline di Slovenia. decidono una folle disordinata ingiustificabile ritirata. Nelle ridenti lande venete si fa la conta. Mio nonno non c'è. Non ci si cura di sapere perché. Burocraticamente lo si dà per disperso. Dovesse risultare vivo dopo la guerra verrebbe degradato a "disertore" da fucilare. Avverrà dopo in Agosto con vicende che fecero inorridire persino il grande vate D'Annunzio.
Ma mio nonno, contadino inesperto, dove poteva andare in quella sgangherata e dissennata ritirata da alta montagna? Un cechino austro-ungarico l'aveva mirato e come coniglio pavido l'aveva stecchito.
Un eroe di guerra mio nonno, magari suo malgrado. Un padre di famiglia immolato per la patria dei ricchi. Per Trento e Trieste, per fare piangere il 4 Novembre presidenti di repubblica e bolsi generali, per il dispendio del monumento al milite ignoto di piazza venezia a Roma. Per tutta la trita retorica militaristica ancora tambureggiante. Ma non per un fiore, per un ricordo riverente, per un nome magari inciso in una lapide commemorativa in questo conclamato paese della ragione che è Racalmuto.
A Racalmuto mio nonno è nato; vi è nato come altri 31 "dispersi in guerra". Nessuno li onora. Eugenio Napoleone Messana anche lui cinicamente se ne serve per rimpinzare il suo vacuo libro di storia racalmutese e aggiungervi le pagine 530 e 531.
Noi, nel nostro piccolo, li abbiamo onorati tutti e trentadue "dispersi in guerra" (ma no! trucidati in guerra) abbiamo visto che erano tutti della "bassa plebe" del vero popolo racalmutese. Molti loro discendenti oggi sono ascesi socialmente, sino talora ad essere egemoni.
Atri che né loro né i loro antenati hanno fatto un giorno da militare, imboscati insomma, stanno lì ad agitarsi per l'onore dell'ESERCITO ITALIANO, ma si guardano bene di un gesto di pietas cristiana verso questi negletti figli della Racalmuto sofferente. Sono diventati reazionar
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