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martedì 18 luglio 2023

Sabato 26 dicembre 2015 LA NOVELLA CHIESA DI S. ROSALIA. Efficace il Pirri nel parlare del fervore della confraternita delle Anime del Purgatorio nel costruire o riedificare la Chiesa di Santa Rosalia. L’anno è il 1628, qualche tempo dopo la tremenda peste che a Racalmuto infierì nel 1624 , anno del rinvenimento del corpo di S. Rosalia nella grotta di Monte Pellegrino, giusta appunto il giorno dell’Ascensione. Nel manoscritto attribuibile al Genco è significativo il presente passo: «Poi a pag. 373 [il Cascini] narra che Racalmuto fu devoto di S. Rosalia tanto che narra: “Ne si mostrò poco divota verso S. Rosalia la terra di Rahalmuto, la quale come si è detto nel primo libro, fin dal suo principio, nacque sotto la protettione di questa Santa e vi dedicò la sua prima chiesa, havendola hora rifatta di nuovo; è incredibile la divotione, con che viene visitata a piè scalzo ogni sera non da pochi, ma d’una moltitudine grande. Però con molto maggior mostra di pietà, e humiltà ciò fecero il giorno quando accompagnarono la sua Santa reliquia, che fù l’ultimo di Agosto 1625, erano andati a portarla da Palermo, ben 80. a cavallo, e quella mattina, che fù Domenica, si cantò prima [pag. 375] la Messa nella Chiesa dei Padri Minori Osservanti colla solennità solita; e si liberò una spiritata; dopo il Vespro pur solenne si fece la processione, nella quale, benché vi fosse molta pompa d’apparato con tre archi trionfali, di luminarie per tre giorni, di concerto di Musiche, e salve di schioppi, nondimeno superava ogni cosa la devotione, che s’udia delle voci, e sospiri, e pianti, e si vedea della moltitudine tutta a piè scalzo. Accettò la Santa la pietà loro, e gli mostrò a chiari segni, che la sua protettione l’havea liberati dalla pestilenza; imperoché havendo la terra delle Grotte presso à due miglia molto mal menata da quel morbo, colla quale così infetta per un buon pezzo, prima che fosse dichiarata, vi fù pratica stretta, per essere in buona parte parenti fra loro e haver molta communicatione, non si attaccò però male veruno; anzi entrandoci dentro appestati diversi, si di questa terra, come d’altre, i medesimi che la portavano poi in altri luoghi, quivi non vi lasciarono vestigio alcuno.» Facendo la collazione con il testo originale, sono sate necessarie alcune rettifiche. ( Si è consultata l’edizione del 1651 del volume del p. Giordano Cascini «S. Rosalia, Vergine Romita palermitana, palesata con libri tre dal M. R. P. Giordano Cascini della Compagnia di Giesù»). Il manoscritto racalmutese (ed anche p. Morreale) attinge a questa pubblicazione palermitana del 1651. Il p. G. Cascini era morto sin dal 1635 quando fu pubblicato questo volume. E’ stato il p. Pietro Salerno S.J. a riprendere gli appunti del Cascini ed a rimaneggiare altri due testi già pubblicati tra il 1627 ed il 1635 per fare questo ponderoso tomo. Per di più rettifica ed immette notizie posteriori, ragion per cui non si sa quali notizie siano originali del Cascini e quali interpolate successivamente dal Salerno. Nell’analisi critica dei padri autori degli «acta sanctorum» del 1748 queste anomalie sono puntigliosamente messe in rilievo. Certo, anche per la storia di Racalmuto, alcune interpolazioni del Salerno - tipo, secondo me, quella del riferimento al Monocolo - disorientano. [1] Notizie interessanti sulla Chiesa di S. Rosalia di Racalmuto - anche se forse non proprio fondate - si scoprono nel “saggio storico-apologetico sulla vera patria del celebre medico D. Marc’Antonio Alaimo di Racalmuto dell’Abate d. s. acquista” Napoli 1852 (cfr. copia fornitaci da P. Biagio Alessi). «... Andrea Vetrano - scrive Acquisto a pag. 7 -, discepolo di Marco Antonio Alaimo, recitò nel novembre del 1662 le lodi funebri del dotto Maestro [...e] proseguendo [..] in conferma dell’assunto, e della pietà, che sempre più gelosamente si coltivò nella famiglia Alaimo, il medesimo scrive; che Aloisia Alaimo, dalla quale Marc’Antonio trasse sua origine, gettò in Racalmuto le fondamenta della Chiesa di S. Rosalia , unicamente a di lei spese, circa il 1200. [2] * * * Nelle varie fonti prima citate si rinvengono briciole della storia locale di Racalmuto. Non vanno disperse. A parte qualche tocco di satanismo secentesco (la vicenda della spiritata), il vivere paesano, la sua religiosità, la sua organizzazione vi trovano riscontro sinora non adeguatamente messo in risalto. Le reliquie di S. Rosalia, comprate in Palermo e traslate in pompa magna nella chiesa di S. Maria dei frati minori osservanti, da ottanta cavalieri, assurgono a momento di grande rilevanza storica. Una conferma la ritrovo nel Diploma custodito in Matrice (che però è parziale e non mi consente di leggere l’ultima parte di destra.) Ecco quelli che riesco a decifrare: In alto, nello svolazzante nastro: IOANNETTINUS DORIA ET C [/] Nel rosone, attorno ad un’interessante immagine di S. Rosalia, Sancta Rosalia Virgo eremitica panormitana Sotto l’aquila nobiliare NOS D: FRANCISCUS DELLA RIBA S. T [/] Prothonotarius Apostolicus, Archidiaconus Maioris Panormitanæ E [/] D.ni Nostri Utriusque signaturæ Referendarius .. & Reverend.mi D [/] IOANNETTINI DORIA S.R.E. Titoli Sancti Petri in Monte Aureo [/] & Archiepiscopi Panormitani [......] V [icarius] Generalis. Omnibus ad quos hæ litteræ pervenerint fidem facimus, & testamur fragmenta Ossis Costæ, quæ funi penes Fratrem IOANNEN BATTISTA [/] Montis Carmelis esse ex Reliquiis SANCTÆ ROSALIÆ V[...] [/] Urbis Patronæ; cuius Corpus nuper est inventum in Antro Montis [/] mirabiliter inclusum ut autem duo fragmenta, ut supra, liceat universis [/] [..] ac religiose venerari; in huius rei testimonium presentes dedimus nostra fut [/] præfati Ill.mi Dni Cardinalis obsignatas. Panormi Die X.. Augusti VIII Ind. [quindi 1625] MDCXX[/] Firme illeggibili e in basso, nell’ovale sotto gli angeli Lilia præstanis encedunt alma rosetis, Ignea pestis adest, hac rutilante Rosa O felix, faustumque solum cui sacra [...] Pignora, tabificum despicit [..] L’altro diploma in caratteri gotici, sempre custodito in Matrice, non dovrebbe riguardare proprio S. Rosalia, anche se la santa vi è citata: al 17° e 18° rigo leggerei “in Sancte Anne et Sancti Joachini ac Annuntiantionis Beate Marie Virginis nec non Sancte Rosalie festivitatibus et devote visitaverint ..”. Lo stato dell’originale e le ampie abrasioni impediscono una più precisa lettura. Dovrebbe però riguardare una bolla pontificia di concessione di indulgenze connesse ad una confraternita che credo quella di S. Francesco. Reca infine la data del 1630 [Anno incarnationis dominici Millesimo Sexcentesimo tricesimo Januarij], se non erro. E’ postuma la visita fatta «in hac terra Regalmuti sub die 26 novembris 1726” da parte di un canonico. Facendo una digressione nella digressione, l’episodio degli 80 cavalieri che portano in piena peste le reliquie di S. Rosalia da Palermo nella chiesa di S. Maria nell’agosto del 1625, dovette restare ben impresso nella memoria dei racalmutesi. Qualcuno, però, si avvalse di quel ricordo per l’esaltazione della propria famiglia. Riporto a tal proposito il seguente passo di Eugenio Napoleone Messana (op. cit. pag. 104) «Giovanni IV del Carretto, marito di donna Beatrice Ventimiglia, figlia unica del principe di Castelbuono, quando ascese alla contea [di Racalmuto] aveva tre figli, Girolamo Aldonza e Porzia. Girolamo per la legge del maggiorasco vigente era destinato alla successione della contea. Le figlie erano entrambi (sic) ospiti della zia Marzia del Carretto, figlia di Giovanni III, abbatessa di Santa Caterina in Palermo fino al 1598, data della sua morte e vi sarebbero forse rimaste se non fossero state riportate in paese nel 1600, per volontà del padre, allarmato dell’insurrezione contro il nuovo pretore. In quell’occasione Giovanni IV promise le figlie in moglie a quei cavalieri che gliele avessero ricondotte al castello sane e salve. La sorte arrise al milite Scipione Savatteri che sposò Maria ed ebbe in dote il feudo di Gibillini. Questo matrimonio diede inizio alla famiglia dei Savatteri di Racalmuto, che risulta essere la più nobile di tutte le altre. I Savatteri infatti discendono da Pable Zavatier, nobile francese al seguito del conte Ruggero [...] Non si hanno notizie dei motivi per cui Aldonza non contrasse mai nozze, si sa soltanto che lei nel 1605 a proprie spese fece costruire l’Abbazia di Santa Chiara ...» L’inattendibilità storica, specie sui del Carretto, è fin troppo vistosa. Quanto a donna Aldonza, questa non ebbe mai a maritarsi e fu ospitata, zitella invecchiata, nel monastero di S. Caterina in Palermo. Eugenio Messana non ebbe modo di studiare i documenti che si rinvengono nell’Archivio di Stato di Agrigento per conoscere la vicenda della terribile virago secentesca donna Aldonza del Carretto. In Pirri, ad esempio, vi è qualche spunto per la storia di questa nobildonna. (cfr. pag. 758, op. cit.) Sul nobile Savatteri, gli archivi parrocchiali smentiscono purtroppo impietosamente. Ma la digressione prova come anche nelle fantasie nobiliari locali vi sia un barlume di storia: il caso citato può a mio avviso collegarsi allo sfilare di cavalieri con le reliquie di S. Rosalia nell’estate del 1625.[3] La chiesa di S. Rosalia resta funzionante per circa un secolo e mezzo. Nel 1758 essa è ormai quasi cadente: nel libro delle visite pastorali (Archivio Vescovile di Agrigento - Visita del 1758 di Andrea Lucchesi Palli - f. 735) si annota: «Eodem [giugno 1758] - S.ta Rosalia - Predictus Ill.mus et rev.mus U.J.d. D. Gerlandus Brunone accessit ad visitandam Ecclesiam S.tæ Rosaliæ et dixit: ‘che fosse interdetta fin tanto, che gli altari fossero provveduti delle necessarie suppellettili giusta la forma prescritta dal nostro Ecc.mo Monsig. nelle sue istruzioni della Sagra Visita date in stampa. La melanconica fine della gloriosa chiesa di S. Rosalia emerge burocraticamente dal Registro dei Vescovi 1792-1793, ff. 570-571, giusta i seguenti termini: [la parte della pag. 570 che riguarda S. Rosalia reca a fianco annotato: Non abuit effectum e risulta tagliata con un’ampia X, ma la lettura è del pari interessante:] «Rev.do Archip.tero terræ Racalmuti salutem. Restiamo intesi dalle vostre lettere segnate sotto li 21. del mese cadente di Maggio in risposta al nostro ordine colle quali ci rappresentavate, che avendo fatto bandire (bandiare) la Chiesa quasi diruta sotto titolo di S.ta Rosalia, non vi è stata alcuna offerta; solamente codesto Sacerdote Don Salvatore Maria Grillo per sua devozione vuole erigere l’altare a d.a Santa entro codesta Venerabile Chiesa Madre a sue proprie spese una con tutti quelli paramenti per decoro di d.o Altare conservandosi della cessione della medesima Chiesa di S.ta Rosalia, e perciò avete a Noi ricorso per l’ordine opportuno. Dietro il quale fu da Noi fatta ‘provvista] quod fiat ordo Rev. Paroco prout conveni. In seguito di che vi diciamo ed ordiniamo che obligandosi il Rev. di Grillo ad erigere il dovuto Altare con tutte le necessarie decorazioni a proprie spese, ed al mantenimento del medesimo, passerete a stipulare il contratto » «Rev. Archip.ro Terræ Racalmuti Salutem - Restiamo intesi delle vostre lettere [...] sotto li 21: del p.p. Mese di Maggio colle quali ci partecipate di aver d’ordine nostro fatto subastare per il corso di anni due la ven.le Chiesa di S. Rosalia quasi diruta, e non è stato possibile rinvenire dicitore, che volesse far la sua offerta, solamente codesto Rev.do Salvadore Grillo pella sua pietà e devozione verso d.a gloriosa Santa , ed a preghiere anche dei devoti s’indusse ad acconsentire di erigere d.o Altare e Cappella condecente e congrua in codesta Venerabile Chiesa madre in onore di detta Santa uniformemente di ornato della stessa Chiesa una [f. 571] ... con tutte le decorazioni necessarie a d.o Altare e Cappella, conservandosi della cessione della suddetta Chiesa di S.a Rosaria e Sagrestia annessa, quale offerta fu da voi annunziata, dopo averla fatta mettere all’asta [ subastare?] non Lillo Taverna 50 m · Contenuto condiviso con: I tuoi amici Lillo Taverna 59 m · Contenuto condiviso con: I tuoi amici ALBA SCHEMBRI scusami se ti importuno ma non riesco a capacitarmi, essendo tu nelle amicizie di un certo Lillo Taverna che non conosco e non ho mai letto tramit… Altro...

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