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sabato 17 agosto 2013

LE POSSIDENZE DEL CONVENTO DI SAN GIULIANO A RACALMUTO


 

-        gli alberi da frutta

 

 

Gli alberi da frutta, che un tempo dovevano essere molto diffusi, furono drasticamente ridimensionati quando i sabaudi, gli austriaci ed i Borboni ebbero l’infelice idea di tassari in modo capitario.

La rarefazione degli alberi da frutta si coglie benissimo nel rivelo che il convento degli agostiniani fa agli atti del notaio Michelangelo Savatteri, il 10 maggio 1754. [1] Il convento –  ove da giovane divenne diacono fra Diego La Matina - è ancora aperto, ad onta dei divieti papali, ed è davvero prospero. Eppure, si guardi come sono esigue e ristrette le specie di alberi da frutta: 

«Beni stabili rusticani



Possiede questo venerabile convento salma 1 e tumoli 8 di terre, atte a giardino secco, in questo stato, contrata S. Giuliano, confinante con il detto venerabile convento e via pubblica di tutti i lati, che secondo l'estimo dell'esperto di questa terra ragionati ad onze 120 per salma, sono di valore cento ottanta onze, o. 180;

 

Item in dette terre vi esisteno alberi di diverse sorti, cioè mandorle n.° 70 a tt. 6 per uno sono di valore onze 12 che secondo l'estimo dell'esperto d.o, fanno o. 12

Alberi di olive n. 12 a tt. 6 per uno sono di valore onze quattro secondo l'estimo dell' esperto ;

Alberi di pruni   [albero che fa le susine = Prunus domestica culta L., v. Traina] di tutta sorte n.° 200 a tt. 8 per ogn'uno secondo l'estimo dell'esperto;

Alberi di peri  n.° 15 secondo l'estimo dell'esperto ragionati a tt. 6 per uno sono di valore onze;

Alberi di fastuche  [ pistacchio = Pistacium L.)  n. 8 che secondo l'estimo dell'esperto a tt. 15 per uno sono di valore onze 4;

Alberi di noci n. 2 secondo l'estimo dell'esperto unza una per uno sono onze due;

Alberi di pomi [pyrus malus L., probabilmente compresi gli alberi di “cutugna”, cotogno, Pyrus cydonia L.] n.° 6 ragionati secondo l'estimo dell'esperto a tt. tre per uno sono di valore tt. deciotto;

Alberi di granati [melograno, Punica granatum L. Denominato dalla città spagnola, a memoria dell’importazione araba] n.° venti secondo l'estimo dell'esperto a tt. 3 per uno sono di valore onze due;

Alberi di fichi n.° 15 secondo l'estimo dell'esperto a tt. 4 per uno sono di valore onze due

 

Mancano aranci e mandarini ed anche limoni. Mancano: gelsi, sorbi, peschi, nespoli, ciliegi ed altre specie oggi piuttosto ricorrenti nelle campagne di Racalmuto. Notisi la prevalenza dei frutti invernali. Quanto al valore, questa la gerarchia: noce (un’onza ad albero); pistacchio (15 tarì ad albero); pruni (tarì 8 ad albero), nonché mandorli, ulivi e peri (tutti sollo stesso standard di 6 tarì ad albero) e, quindi, gli alberi di fico (4 tarì ad albero), i melograni con i pomi a soli 3 tarì ad albero. Si tace sui fichidindia che dovevano pur esserci.

 

- le risorse agricole degli agostiniani di S. Giuliano.

 

 

Il documento ci pare perspicuo anche per quest’altri rilievi agrari:



«Possiede pure detto venerabile convento, in detto stato contrada Barona, salma una e mondelli due di terre scapoli per uso di seminerio, confinante con Carlo Barone, e via publica, che secondo l'estimo dell'esperto ragionati ad onze 120 salma sono di valore cento trenta cinque onze ...... -/ 135.

 

Possiede più detto venerabile convento tumoli 12 di terre occupate da n.° migliara 8 di vigne nel feudo delli Gibillini Contrata Ferraro confinante con vigne di Santo Diana, Nicolò Curto, ed altri, e via publica, che secondo l'estimo

 

Possiede pure detto venerabile convento in detto stato mcontrada Barona salma una, e mondelli due di terre scapoli per uso di seminerio confinante con Carlo Barone, e via publica, che secondo l'estimo dell'esperto ragionati ad onze 120 salma sono di valore cento trenta cinque onze ...... -/ 135

 

Possiede più detto venerabile convento tumoli 12 di terre occupate da n.° migliara 8 di vigne nel feudo delli Gibillini Contrata Ferraro confinante con vigne di Santo Diana, Nicolò Curto, ed altri, e via publica, che secondo l'estimo dell'esperto ragionate ad onze 12 per migliaro sono di valore onze novantasei e tarì 10 ....................-/ 125.10.

 

In dette vigne esiste il Palmento per commodo della vendemmia e con altre due case di abitazione terrane e cioè una entrata, e l'altra paglialora, e due camere di sopra, che secondo l'estimo dell'esperto di questa sono di valore onze trenta ................................................................... -/ 30

 

In dette vigne vi sono n.° trenta quattro alberi di mandorle, peri, fiche, ed olive, che secondo l'estimo dell'esperto di questa ragionati a tt. 6 per uno sono di valore onze se, e tarì venti quattro ......................................................................................................................... -/ 6.24.

 

Possiede di più detto venerabile convento tumoli 8 di terre atte a seminerio confinanti coll'istesse vigne di sopra ad onze 64. salma secondo l'estimo dell'esperto importa trentadue onze .. -/ 32

 

In dette terre vi esiste fiumara con sua acqua sorgente in n.° 100 alberi di Pioppo che prezzati

secondo l'estimo dell'esperto a tt. 8, grana uno, sono di valore onze quattordici e tarì 20 ..-/14.20»

 

Lo spaccato contadino del mondo racalmutese settecentesco si tinge anche di questo tratto non proprio edificante. I ricchissimi frati di San Giuliano si danno alla questua lungo le campagne ed ottengono dai devoti villici questi tutt’altro che trascurabili “introiti spirituali”:



«Introito Spirituale

In primis salme 10 formenti provenuti per questua ragionati a tt. 40 salma importa ...............-/ 3

E più salmi 6 orzi a tt. 24 salma provenuti per questua importa  ............................................. -/ 4

E più salmi 4 fave provenute per questua ragionati a tt. 24 salma importa .............................. -/ 3

E più salme due lenti[cchie] provenuti per questua a tt. 42 salma importa ....……................... -/ 2

E più salma 1 ceci provenuti per questua ragionati ad -/1.26 salma importa  .................. -/1.26

E più botte sei musto ragionate a onze 1.7 botte .................................................................-/ 6»

 

I frati questuanti portano nelle stive del convento «formenti, orze, fave, lenticchie e ceci». Il Borbone, da Napoli, insensibile a cosiffatte devozioni, tassa.

Il convento di S. Giuliano ha pure il problema della gesione delle vigne site al Ferraro: ecco come denuncia il  «Prodotto delle vigne di Gibillini»: sono vigne «date a società, franche d'ogni spesa, un anno per l'altro, [per un valore di] botte 4 di vino-mosto, ragionate per onze 3,3 per botte.»

Restiamo colpiti da quel pioppeto di 100 albero lungo la “fiumara” del Ferraro. Oggi, nessuna traccia è più lì rinvenibile, né di pioppi, né di acque fluenti.  Il pioppo, come i tanti canneti di cui parlano le fonti, erano indispensabili nelle costruzioni edili. Due grossi volumi contabili denominati “libri della fabrica” sono consultabili in Matrice ai fini dell’inveramento della costruzione della nostra chiesa madre, sempre che si abbia voglia di discostarsi delle letterarie attribuzioni di Sciascia ad un prete in alumbramiento.  Nel Seicento si faceva ricorso al pioppetto di Garamoli. Era difficoltoso ed il trasporto costava. Lo sfruttamento di facchini era comunque possibile: bastava dar loro “salsicce e vino”. A comprova, citiamo: «il 22 dicembre del 1658 si pagavano mastro di Napoli e suo figlio «per havere andato in Garomoli per sbarrare li travetti et n° 3 burduna che mancano al complimento della nave [della Matrice] ed in più per havere fatto portare dui carichi di travetti di Garamoli.» Occorrono 20 tarì «per havere fatto venire dui burduna da Garamoli e più per pani, salzizza e vino a vinti homini che uscirono detti burduna dentro la fiumana e ni portaro uno a 2 dicembre alli detti Gueli et Napoli e suo figlio per intravettare e pulire la travetta.» Le tre attuali navate della Matrice furono dunque intravettate con legname di Garamoli nel dicembre del 1658, quando don Santo d’Agrò – il prete alumbriato da Sciascia  - era morto da 21 anni (risulta, appunto tumulato, nella parte allora esistente della Matrice, sotto l’altare della Maddalena il 22 luglio 1637).

I pioppi degli agostiniani del Ferraro non dovevano essere dissimili da quelli di Garamoli, e del tutto uguali a quelli – radi – che ancora resistono nello zubbio sotto Fra Diego. Questa è almeno la tesi dei grandi naturalisti racalmutesi che abbiamo interpellato.

Rintracciato via E-Mail il mio compagno di liceo prof. Giovanni Liotta, lo apostrofai nel dicembre del 1999 in questi termini:

A Garamoli, dunque, v’era nel 1658 una “fiumana” ove impenetrabilmente prosperava un bosco di alberi ad alto fusto che all’occorrenza venivano utilizzati per fare dei “burdana” per il tetto delle chiese. Qui si tratta della nostra matrice (ovvio che quella di cui parla Sciascia fatta a spese di un prete, l’Agrò, in vena di alumbriamento, non esiste). Di che tipo erano quegli alberi? Ha ragione il dott. Salvo che li vuole della famiglia populus alba? Si potrebbe pensare ad una colonia di pioppi  neri (p. nigra)? O ad altre  specie di alberi ad alto fusto? Perché sono spariti?

 

E prontamente – e tanto simpaticamente, quanto gentilmente – il grande entomologo mi precisava:

 

 

Quanto alle piante che vivevano e ancora vivono ai bordi del canale per lo smaltimento dell'acqua della sorgente, credo, come Salvo, che debbano essere attribuite alla specie Populus alba, (il pioppo più comune della zona).


 

Ma noi continuiamo a sperare che i citati esperti racalmutesi ci forniscano risultati di appositi studi: Racalmuto li merita.



[1] ) ARCHIVIO SI STATO PALERMO - DEPUTAZIONE DEL REGNO - INVENT. N. 5 - riveli Vol. n. 4093 anno 1748 – ff. 250-257-

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