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martedì 26 novembre 2013

Venerdì Santo a Racalmuto




Racalmuto pia, Racalmuto devota. Il Venerdì Santo al mio paese è molto sentito. Occorre ascoltare quelle strazianti lamentele, quelle voci di prefiche da antica Magna Grecia, l'affliggersi in quel "Maria passa pi la strata nova".

Una Madd...alena - la ricordo nella mia infanzia - andito per un giorno, per l'Addolorata, il più antico mestiere del mondo, eccola dietro questa statua qui portata da universitari in cappello variopinto a seconda delle facoltà e colle fasce che noi diremmo podestarili a ricordo di medioevali istituzioni, eccola incessante nel suo pentito pianto: davvero ella credeva con i suoi peccati di avere privato la Santa Madre, quella Beddra Matri, del suo divino figlio, crocifisso per la redenzione di tutti, di
tutte ma anche e solo di lei, la implorante, la penitente, la Maddalena che quel giorno si era pentita.

E questi sono studenti universitari; almeno ai miei tempi dovevano essere universitari rigorosamente tali. Finita la guerra, passata la grande fame di fine anni quaranta, si disse, l'Addolorata la si porta noi, noi del nuovo mutamento antropologico, noi che Pasolini pare ci odii, preferendo gli Scelbini.

E bisognava essere anche di una certa statura media diversamente si sbilanciava troppo la pesante "vara" con quei legnami pesanti e rinforzati di ferro. A guidare la "vara" si andava a turno. Ed era turno ruffiano, si finiva in mostra, lungo quel percorso dal Monte alla Matrice e lungo la "piazza" che invece era Corso da dove si saliva su sino al Carmine dietro a quel macilento Cristo coronato di spine barcollante sotto la pesate Croce. Ma era erto anche lui su più possente "vara" e quella la portavano "li burgisi", tozzi giovanotti vestiti di nero per la processione; abituati com'erano alla dura terra, non avevano difficoltà ad incollarsela per tutta la dolorosa via Cruxis dello storico tracciato viario di Racalmuto.

La sera a lume di cuoppu e cannili, crucifisso il Cristo sul sagrato del Carmine da preti in stola a lutto il percorso non era l'inverso ma per varianti traverso la "scinnuta di l Signuri.

Ora il Cristo morto era in una urna vetrata e non si cantava più. Ma gli studenti universitari sempre lì uguali con i berretti puliti dei fregi sconci che non era giusto si esibissero in paese e addirittura sotto la Addolorata Vergine Maria. Loro, invero, tanto devoti non erano, per l'occasione il goccio da la 'zza Narduzza si era scolato abbondante: qualcuno che sarà persino il principe del foro Agrigentino molto il vino non lo sopportava, diventava persino blasfemo. La Addolorata lassù con le sette spade trafitte nel suo sanguinolento cuore piangeva il figlio morto era in vena di fulminare l'irriguardoso bestemmiatore.

Vi era anche altra peccaminosa devianza. I baldi giovanotti degli studi universitari avevano disseminate le dolci fanciulle delle loro scambievoli "taliate", nelle vie della Via Crucis. Appena arrivava il Cristo - prima sotto la croce a sera nella urnea bara, quelle rubiconde fanciulle si affacciavano dai loro balconi bardati delle belle cutriglie nuziali anche per evitare spettacoli indecenti. A quel punto lo studente "taliato" poteva ammiccare, dato che preordinato era il suo turno alla guida della "vara"dondolante l'afflitta Madonna.

Che romantici tempi, che grande Racalmuto, né libera, né pietrosa, né paese di nessuno, e manco di alcuna letteraria ragione. Che Racalmuto pia, che Racalmuto devota, che pie maddalene, che devote maddalene. che devoti studenti, che pii 'borgesi'. Che grande, semplicemente, Racalmuto.

Che nostalgia per una veridica Racalmuto, quella dei miei primi turbamenti d'amore.

Torna verace mio paese, liberati da paludamenti, da nomee infanganti, ritorna te stessa. Non hai miti da inventare, non devi avere commissari da tollerare. Stanziali e non, tutti noi che nelle tue talora ubertose terre siamo nati, ovunque noi siamo nutriamo un vero grande amore per le cose terrene. Solo per TE.
 
 





 

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