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martedì 5 agosto 2014

Chi vive per l'altare deve vivere dell'altare, dice San Paolo e il Comune è per Emilio Messana, l'Altare

Credo che a nessuno può saltare l'uzzolo di considerarmi un corifeo di Emilio Messana, un suo laudator, un suo fans per dirla alla moderna. Non più tardi di un'ora a un ulteriore sberleffo glielo mandato. Ma, attenzione, cerco di essere bipartizan, equidistante insomma.
Il compagno comunista di vecchia data avvocato cassazionista avv. Emilio Messana già segretario decennale del PD potrà essere un buon sindaco, ma non deve avere preoccupazioni finanziarie ed economiche.
E' avvocato di grido, la clientela d'élite  ce l'aveva anche  per le scontate spinte dell'alta carica che rivestiva a Giurgenti. Ha famiglia ed è anche  diciamo in uno stadio di dignitosa piccola borghesia.
Ha voluto fare il sindaco di Racalmuto e ci è riuscito. Solo che ha trovato un bordello senza  fine che lo occupa e lo preoccupa da mattina a sera. Ora la professione legale non vuole pensieri come quella cosa là. Altrimenti ci si distrae, ci si scorda delle scadenze, non si studia adeguatamente un importante processo che può fruttare bei quattrini. Siamo realisti: è così. Che sia un bene o sia un male son cazzate da preti.
Scriveva un diario, lo ha fatto divenire settimanale e tra breve diverrà mensile e quindi annuale e quindi sine die. Trasuda comunque che 'sta  maledetta sindacatura lo sta molto stressando. La clientela comincia a diradare, le parcelle giacciono inevase o non c'è più materia. E le spese di famiglia urgono, e i figli costano e la moglie deve avere dignità nel grado (di compagna del primo cittadino di Racalmuto).
Ora vengono certe esagitate beghine e certi fascistacci perdigiorno e certa sgangherata minoranza e chiedono che il povero (si fa per dire) Emilio persino all'appannaggio sindacale deve rinunciare: un appannaggio meschinello, risibile con quel che costa oggi la vita (anche a Racalmuto). E il povero Emilio con che vive? Lo sappiamo tutto che è onesto. Ritorna alla professione a tempo pieno e lascia che la baracca comunale continui ad andare alla deriva? Ma dice San paolo: chi vive per l'altare, deve vivere dell'altare. E l'altare di Emilio  è Il comune!
Del resto, lo sappiamo, tutti i moralisti del niente soldi agli amministratori comunali sono i falliti nella vita e nel commercio o nella professione che sono invidiosi che qualcuno possa prendere quello cui loro aspiravano e per loro inettitudine non hanno potuto arraffare.
Per Emilio però una grosso bivio si apre: o disonesto o la fame (anche a lasciargli l'appannaggio sindacale). Lui non ha impiego tale da disertare mantenendosi il guiderdone, lui non è tipo da promuovere la gente a condizione di spartirsi l'incremento retributivo né mi pare tipo da dire ad un creditore del comune per incarichi espletati: o facciamo a metà o niente.
Ed allora?
Sono il primo a scatenarmi contro quelli che vogliono azzerare i compensi a chi a vario titolo lavora per il comune cioè per tutti noi. Per di più mi auguro he il potente partito di 0'Alema con i codicilli  cooperativistici rossi che tutti conosciamo un incarico professionale, come avvocato cassazionista e per giunta bravo, glielo dia, a due trecento mila euro all'anno.  Queste sono le tariffe professionali, a onta degli invidiosi della Casta. Ce l'hanno con i fratelli di 'Ngilino. Si vede che ignorano le "leggi di mercato". Questa è una società opulenta cari signori, non è la meschinella società francescana di Papa Cicciu, e quello che pretendereste o cui agognereste voi perché lo volete negare a chi ne è all'altezza ed è anche bravo, ad alta produttività diremmo noi economisti

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