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venerdì 14 novembre 2014

Un vecchio discorso che mi pare tanto attuale (mutatis mutadis, ovviamente)


Miei quattro radi lettori,

vi ho già tediato con le mie querule osservazioni politiche. Non so su quali basi FB mi dice che la mia popolarità nel suo marchingegno  segna “scarsa”. E’ benevola, dovrebbe segnare: nulla. E guarda caso ne sono fiero. Leggo che ieri sera presenti a quel comizio piazzaiolo non erano più di quattrocento (a dire poi degli organizzatori che si sa devono enfiare le cifre) contro oltre mille e cinquecento firme di assenso. Che è successo? Se ne sono pentiti i firmatari per oltre due terzi? Non avevano fiducia negli oratori? Hanno preferito starsene a casa comodamente? Comincio a pensare che hanno capito bene (LORO) la messa cantata della mattina della signora commissaria capa e dei suoi due spilungoni che l’amica Cancellieri le ha messo accanto, a lei che così BREVIS una imponente figura finisce col non farla.

Già: in mattinata i commissari l’han detto chiaro e tondo: non c’è trippa per gatti. Mi pare che da tempo lo predico ma vox clamantis in deserto. Purtroppo lor signori hanno motivo per sostenerlo ma solo  sino a quando non tentano dei sillogismi vacui e falsi come se gli intelligentissimi racalmutesi (che di sale disponibile ne hanno miniere intere) fossero davvero allocchi. E si arriva ad un volgare ricatto: o vi cuccate il raddoppio della sedicente TARSU (ma è tassa o è divenuta ILLEGITTIMAMENTE tariffa?) oppure vi licenziamo in blocco gli esuberi del personale. Noi non potremmo pagare più di sessanta cinque dipendenti (a vario titolo) ed invece i vostri amministratori ce ne fanno trovare 240 (due o tre mesi fa io ne contavo solo 222; che è successo nel frattempo?).

Dove casca l’asino? Se tu pubblico amministratore paghi oltre misura commetti a dir poco peculato e a dir molto ne rispondi alla corte dei conti. Saranno atti dolorosi ma restano sempre ATTI DOVUTI. I politici pur di avere voti se ne fregano e rischiano forte in prima persona. Tu pubblico amministratore siffatte dispersioni di pubblico denaro non puoi permetterteli. Non te la senti? Dimettiti e te ne vai (a Roma dove tutto è tollerato). Purtroppo noi racalmutesi ti paghiamo fior di euro (tra indennità, missioni, rimborso spese e poi dici anche che non ci sono soldi in bilancio – ma per te fai subito eccezione) e ti paghiamo perché Roma pensa (magari dopo una notte insonne) che devi venire, pur indesiderat,) a Racalmuto a fare pulizia.

I tuoi sillogismi poi sono alquanto beceri: mi dici che raddoppi la Tarsu perché altrimenti devi licenziare. E che c’entra? C’entra soggiungi perché negli anni scorsi metà della Tarsu ad una spa privata la pagava il Comune mentre ora la vuoi far pagare tutta ai residenti, in quanto non puoi più tollerare il gravame  della donazione dei precedenti  amministratori. L’unica scappatoia sarebbe quella di operare una bella falcidia dei costi per il personale. Va là: se quel munifico dono è illegittimo, illegittimo era e illegittimo resta. Se costi superflui si registrano nelle remunerazioni della compagine impiegatizia, questi vanno eliminati a prescindere dal regalare mezza tarsu o dal pretenderla intera.

Non mi interessa qui il peso delle responsabilità: se la dovrà vedere chi di dovere specie verso chi si è reso colpevole nel passato pur essendo un pluriremunerato pubblico ufficiale, affibbiatoci dalla Regione come commissario straordinario (e voglio vedere cosa ha scritto in proposito la Triade di Diomede. Cosa ha capito. Cosa ha perdonato).

Miei cari signori che per volontà della Cancellieri occupate gli scranni delle monache volute da donna Aldonza del Carretto, guardate che Racalmuto non è il paese di Leonardo Sciascia (uno scrittore con la testa fra le nuvole), non è la favoletta delle regalpetre bloggiste; “MALGRADO TUTTO” è il paese di fior di ex ispettori BANKITALIA secit aIma, di signori procuratori generali, di scienziati, di studiosi profondi ed agguerriti. Questi ne hanno le palle piene di ministresse assessoresse regionali prefettesse e gonnelline varie che considerano questa gloriosissima terra di Racalmuto (che noi archeologi dell’ultima ora datiamo fondatamente a otto mila anni fa quanto a sviluppo civile) una terra da western americano (con il supporto magari di qualche incauto scrittorello locale).

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