Miei quattro radi lettori,
vi ho già tediato con le mie
querule osservazioni politiche. Non so su quali basi FB mi dice che la mia
popolarità nel suo marchingegno segna
“scarsa”. E’ benevola, dovrebbe segnare: nulla. E guarda caso ne sono fiero.
Leggo che ieri sera presenti a quel comizio piazzaiolo non erano più di
quattrocento (a dire poi degli organizzatori che si sa devono enfiare le cifre)
contro oltre mille e cinquecento firme di assenso. Che è successo? Se ne sono
pentiti i firmatari per oltre due terzi? Non avevano fiducia negli oratori?
Hanno preferito starsene a casa comodamente? Comincio a pensare che hanno
capito bene (LORO) la messa cantata della mattina della signora commissaria
capa e dei suoi due spilungoni che l’amica Cancellieri le ha messo accanto, a
lei che così BREVIS una imponente figura finisce col non farla.
Già: in mattinata i commissari
l’han detto chiaro e tondo: non c’è trippa per gatti. Mi pare che da tempo lo
predico ma vox clamantis in deserto. Purtroppo lor signori hanno motivo per
sostenerlo ma solo sino a quando non
tentano dei sillogismi vacui e falsi come se gli intelligentissimi racalmutesi
(che di sale disponibile ne hanno miniere intere) fossero davvero allocchi. E
si arriva ad un volgare ricatto: o vi cuccate il raddoppio della sedicente
TARSU (ma è tassa o è divenuta ILLEGITTIMAMENTE tariffa?) oppure vi licenziamo
in blocco gli esuberi del personale. Noi non potremmo pagare più di sessanta
cinque dipendenti (a vario titolo) ed invece i vostri amministratori ce ne fanno
trovare 240 (due o tre mesi fa io ne contavo solo 222; che è successo nel
frattempo?).
Dove casca l’asino? Se tu
pubblico amministratore paghi oltre misura commetti a dir poco peculato e a dir
molto ne rispondi alla corte dei conti. Saranno atti dolorosi ma restano sempre
ATTI DOVUTI. I politici pur di avere voti se ne fregano e rischiano forte in
prima persona. Tu pubblico amministratore siffatte dispersioni di pubblico
denaro non puoi permetterteli. Non te la senti? Dimettiti e te ne vai (a Roma
dove tutto è tollerato). Purtroppo noi racalmutesi ti paghiamo fior di euro
(tra indennità, missioni, rimborso spese e poi dici anche che non ci sono soldi
in bilancio – ma per te fai subito eccezione) e ti paghiamo perché Roma pensa
(magari dopo una notte insonne) che devi venire, pur indesiderat,) a Racalmuto
a fare pulizia.
I tuoi sillogismi poi sono
alquanto beceri: mi dici che raddoppi la Tarsu perché altrimenti devi
licenziare. E che c’entra? C’entra soggiungi perché negli anni scorsi metà
della Tarsu ad una spa privata la pagava il Comune mentre ora la vuoi far
pagare tutta ai residenti, in quanto non puoi più tollerare il gravame della donazione dei precedenti amministratori. L’unica scappatoia sarebbe
quella di operare una bella falcidia dei costi per il personale. Va là: se quel
munifico dono è illegittimo, illegittimo era e illegittimo resta. Se costi
superflui si registrano nelle remunerazioni della compagine impiegatizia,
questi vanno eliminati a prescindere dal regalare mezza tarsu o dal pretenderla
intera.
Non mi interessa qui il peso
delle responsabilità: se la dovrà vedere chi di dovere specie verso chi si è
reso colpevole nel passato pur essendo un pluriremunerato pubblico ufficiale, affibbiatoci
dalla Regione come commissario straordinario (e voglio vedere cosa ha scritto
in proposito la Triade di Diomede. Cosa ha capito. Cosa ha perdonato).
Miei cari signori che per volontà
della Cancellieri occupate gli scranni delle monache volute da donna Aldonza
del Carretto, guardate che Racalmuto non è il paese di Leonardo Sciascia (uno
scrittore con la testa fra le nuvole), non è la favoletta delle regalpetre
bloggiste; “MALGRADO TUTTO” è il paese di fior di ex ispettori BANKITALIA secit
aIma, di signori procuratori generali, di scienziati, di studiosi profondi ed
agguerriti. Questi ne hanno le palle piene di ministresse assessoresse
regionali prefettesse e gonnelline varie che considerano questa gloriosissima
terra di Racalmuto (che noi archeologi dell’ultima ora datiamo fondatamente a
otto mila anni fa quanto a sviluppo civile) una terra da western americano (con
il supporto magari di qualche incauto scrittorello locale).
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