giovedì 31 dicembre 2015

i prischi arcipreti (e preti) di Racalmuto(senza velami congetturali).

mercoledì 30 gennaio 2013


ARCIPRETI E SACERDOTI NELLA SECONDA META' DEL CINQUECENTO


ARCIPRETI E SACERDOTI NELLA SECONDA META’ DEL CINQUECENTO

 

Don Aloysio (Lisi) Provenzano

 
Questo sacerdote traspare dai registri di battesimo e di matrimonio della Matrice. Il suo ministero sembra discontinuo. Nel biennio 1575-1576 dovette avere funzioni di cappellano ed il suo nome si alterna con quello di don Vincenzo d’Averna negli atti di battesimo. Ancora nel 1581 è uno degli officianti della Matrice ed il 19 settembre 1581 battezza Paolino d’Asaro, fratello del pittore e futuro sacerdote racalmutese.
In tale veste compare sino al 1584, dopo subentrano altri cappellani come don Paolino Paladino e don Francesco Nicastro. Don Lisi Provenzano riappare successivamente nei documenti della Matrice, ma come teste nella celebrazione di matrimoni (ad es. il 28 settembre 1586) o come semplice padrino in battesimi (come quello di Francesco Castellana del 3.10.1587 ).
La sua presenza a Racalmuto è attestata sino al 1593 come da un atto di matrimonio, da cui però risulta che il Provenzano non è più cappellano della Matrice.
La figura di d. Lisi Provinzano emerge invero da un documento dell’Archivio Vescovile di Agrigento che risale al 31 ottobre 1556. Se ne ricavano alcuni tratti biografici. Ma soprattutto è la vita paesana a metà del XVI secolo che traspare. Val quindi la pena di riportarne alcuni brani.
Siamo stati supplicati da parte del Rev. presti Aloysio Crapanzano del tenor seguente: .. da parte del rev. presti Aloisio Provenzano della terra di Racalmuto, subdito della giurisdizione di V.S.  ... In tempi passati venendo a morte lo condam ... di Salvo della ditta terra, fece il suo testamento agli atti dell’egregio condam notaro Vito Jandardoni et per quello inter alia capitula legao all’esponente pro Deo et eius anima et in satisfatione de suoi peccati tarì dudici anno quolibet sopra tutti li soi beni hereditari durante la vita di esso esponente per una missa da dovirisi diri in die lunae cuiusvis hebdomadis .. in ecclesia Sancti Francisci dictae terrae per ipse esponente. Et mancando, che tali  tarì dudici li havissero li frati di ditto convento durante la vita di esso esponente, si como per ditto legato appare in ditto testamento fatto ni li atti de ditto notaro Vito 21 novembre iiij ind. 1545. Et perché lo esponente si trovao absenti da ditta terra alla morte del ditto testatore, che havea stato in Palermo et ad altri parti per soi negotij et non habbi mai notitia di tale legato et li frati di ditto convento quello si exigero con diri che ipsi voleano dire tali missa.
Appena saputa la faccenda del legato, il sacerdote si dichiara disponibile alla celebrazione della messa per l’anima del di Salvo. Ma i frati sono riluttanti e non consentono al Provenzano di celebrare quella messa nella chiesa del loro convento. Quindi il sacerdote si trova nell’impossibilità di adempiere all’obbligo nelle modalità volute dal testatore. Egli non può celebrare
ditta missa per la repugnantia di ditti frati in la loro ecclesia; pertanto supplica V.S. sia servita provvedere et comandare che ipso exponente possa satisfare la volontà di ditto defunto in diri la missa ogni lune cuiusvis hebdomadis in alcuna altra ecclesia in ditta terra di Racalmuto ben vista a V.S. Rev.da et comandare alli heredi di ditto defunto che di ditti tarì dudici anno quolibet  staiono de rispondere et quelli dari allo esponente con la conditione ordinata e fatta per lo defunto che quando mancasse per sua colpa e defetto recada al ditto convento di santo Francesco. Et ita petit et supplicat. ..
Il vicario generale dell’epoca don Rainaldo dei Rainallis dà quindi disposizioni al vicario del luogo perché faccia un’inchiesta e ragguagli il vescovado.
Quel che emerge con chiarezza è dunque la vita piuttosto girovaga di questo nostro prete del Cinquecento che per affari si reca a Palermo ed in altre località ed è tanto affaccendato da non sapere neppure di un legato in suo favore. Non meraviglia certo che il di Salvo s’induca a lasciare a favore di questo sacerdote, durante vita, un legato di dodici tarì per una messa la settimana, il giorno di Lunedì, da celebrarsi nella chiesa di S. Francesco. Le disposizioni testamentarie pro Deo et anima in remissione dei propri peccati investivano i vari strati della popolazione. Non sorprende che i frati siano riluttanti a concedere il permesso di celebrare nella loro chiesa a sacerdoti secolari. Se messe di suffragio sono da dire, possono benissimo essere loro ad adempiere ogni volontà testamentaria al riguardo. Ovviamente percependone le elemosine. A chi abbia dato ragione il Vicario Generale, se ai frati o a d. Lisi Provenzano non sappiamo, ma propendiamo a credere che sia stato quest’ultimo a venire favorito. Non per nulla, qualche anno dopo il sacerdote si stabilisce a Racalmuto e qui svolge funzioni da cappellano.
Il documento è comunque importante perché ci fornisce qualche dato sul convento e sulla chiesa di S. Francesco. L’uno e l’altra erano dunque operanti da prima del 1545. Stanziano a Racalmuto padri francescani che dispongono della chiesa ed erano sottratti alla giurisdizione del vescovo agrigentino. Nella visita pastorale del 1540-43, il vescovo Tagliavia omette ogni riferimento ai francescani. Eppure abbiamo motivo di ritenere  che essi fossero già insediati. Nel 1548 il convento possedeva una bottega in piazza e ciò risulta dalla bolla di riconoscimento della confraternita di S. Maria di Juso  datata 21 maggio 1548 ( A.C.V.A. - Registro Vescovi 1547-48, p. 142).
Con i padri dell’Ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco, ebbe dunque a confliggere don Lisi Provenzano attorno al 1556 per un legato del 1545. Il convento francescano precede quindi di almeno 15 anni il 1560, data ritenuta di fondazione dal Tossiniano. Al 1560 risale, invero, il testamento di Giovanni del Carretto che accenna alla chiesa di S. Francesco ed al convento ma in questi termini:
Del pari lo stesso spettabile Testatore volle e diede mandato al predetto d. Girolamo del Carretto, suo figlio primogenito ed erede particolare, di far celebrare delle messe nel convento di S. Francesco di detta terra. Inoltre dispone che sia costruita una cappella in un luogo da scegliersi in detta chiesa dal suddetto erede particolare ed a tal fine saranno da spendere 100 onze entro due anni dalla morte del testatore. La Cappella è da fabbricarsi per l’anima del predetto testatore e dei suoi predecessori.
Inoltre decide di venire sepolto nella chiesa di S. Francesco con l’abito francescano:
Item elegit eius corpus sepelliri in Ecclesia Sancti Francisci dictae Terrae indutus ordinis ditti Sancti Francisci et ita voluit, et mandavit.
Anche da qui emerge che S. Francesco esisteva da tempo.
Il Sac. Lisi Provenzano visse, dunque, gli anni del suo sacerdozio tra Palermo, altri luoghi e Racalmuto. Ordinato già nel 1545, all’epoca cioè del testamento del di Salvo, nacque a Racalmuto qualche tempo prima del 1520. Morì attorno al 1597.
Nel 1584 fa una donazione alla chiesa di S. Maria Inferiore (di Gesù) di tt. 6 annui, cedendo un censo annuo su una casa una volta appartenuta a Violante Petruzzella:
Actus donationis o. - 6.
Pro ven: Eccl. Sanctae Marie inferioris - cum p.ro Aloisio Provenzano.
Die xxiiij° septembris xiij^ ind. 1584
Reverendus presbiter Aloisius Provenzano de Racalmuto coram nobis mihi notario cognitus pro anima sua titulo donationis et omni alio meliori modo sponte cessit et cedit ven: Eccl. Sanctae  Mariae Inferioris dictae terrae per eum Mattheo La Paxuta rettore mihi cognito omnia jura quae et quas habuit et habet in et super tt. 6 census quolibet anno solvendi contra magistrum Joseph Cachiatore super domo olim Violantis Petrocella virtute contractus  facti in actis meis die etc.
Testes m.j Joseph Lomia et Jacobus de Poma.
 
 
 

Arciprete Gerlando D’Averna

 
Con bolla pontificia del 13 novembre 1561 ( Archivio Segreto Vaticano - Registri Vaticano - Bolla n.° 1911 -  f. 211 e ss.), Pio IV nomina arciprete di Racalmuto don Gerlando D’Averna (chiamato nel documento Giurlando de Averna). La bolla viene indirizzata al diletto figlio, arciprete e rettore della chiesa di S. Antonio di Racalmuto, diocesi di Agrigento.
Pius episcopus servus servorum Dei. Dilecto filio Giurlando de Averna rectori archipresbitero nuncupato parrochialis ecclesiae archipresbiteratus nuncupatae Sancti Antonij terrae Rachalmuti Agrigentinae diocesis, salutem et apostolicam benedictionem.
E’ del tutto rituale l’apprezzamento che giustifica la concessione papale del lontano beneficio dell’arcipretura racalmutese, ma è pur sempre un riconoscimento di meriti:
Vitae ac morum honestas aliaque laudabilia probitatis et virtutum merita, super quibus apud nos fide digno commendaris testimonio, nos inducunt ut tibi reddamur ad gratiam liberalem.
Ci appare oggi strano come una prebenda così striminzita fosse di concessione pontificia. All’epoca era invece una consuetudine ed il papa mostra di esserne un custode geloso et attento. Ne fa accenno nel corpo della stessa bolla, dichiarando illegittima ogni usurpazione da parte di qualsiasi autorità:
Dudum siquidem omnia beneficia ecclesiastica cum cura et sine cura apud Sedem apostolicam tunc vacantia et in antea vacatura collationi et dispositioni nostrae reservavimus, decernentes ex tunc irritum et inane si secus super hijs a quacumque quavis auctoritate scienter vel ingnoranter contingeret attemptari.
In un siffatto quadro giuridico si colloca, dunque, il beneficio di Racalmuto, un beneficio che, comunque, tal Sallustio - già rettore ed arciprete di Racalmuto - non ha reputato utile mantenere e l’ha restituito nelle mani del Papa.
 Et de inde parrochiali ecclesia archipresbiteratus nuncupata Sancti Antonij terrae Rachalmuti Agrigentinae diocesis per liberam resignationem dilecti filij Salustij humilissimi nuper ipsius ecclesiae rectoris archipresbiteri nuncupati, de illa quam tunc obtinebat in manibus nostris sponte factam  et per nos admissam apud Sedem predictam vacantem.
L’arcipretura di Racalmuto, cui rinuncia anche il chierico Cesare, viene alla fine assegnata al D’Averna per i suoi meriti:.
Noi, quindi vogliamo concederti una speciale grazia per i tuoi premessi meriti, e assolvendoti da ogni eventuale censura, disponiamo che tu ottenga tutti i singoli  benefici ecclesiastici con cura e senza cura (d’anime) e tutto quanto ti compete in qualsiasi modo, comunque e per qualsiasi quantità; ed in particolare gli annessi frutti, redditi e proventi che costituiscono una pensione annua di 24 scudi d’oro italiani secondo la ricognizione fatta dalla Santa Sede quando ebbe ad accordarla al predetto Sallustio, pensione che in ogni caso non supera i sessanta ducati d’oro  come tu stesso affermi.
 E vogliamo ciò  anche se sussiste una qualche riforma insita nel corpo delle leggi visto che la predetta chiesa è riservata alla disponibilità apostolica in forma speciale e generale.
Pertanto ti conferiamo il beneficio con l’autorità apostolica che ci compete, giudicando irrituale ed inefficace ogni altra contraria decisione di qualsiasi autorità che abbia ritenuto di poterne disporre, scientemente o per ignoranza. E ciò vale anche verso chi tenterà in futuro di arrogarsi poteri dispositivi.
 
Intorno a quanto precede, diamo mandato per iscritto ai venerabili fratelli nostri, i vescovi Amerin/ e Muran/ nonché al diletto Vicario del venerabile fratello nostro, il vescovo di Agrigento, affinché loro due o uno di loro, direttamente o per il tramite di qualcuno introducano Te o un tuo procuratore nel materiale possesso della chiesa parrocchiale e degli annessi diritti e pertinenze e lo facciano per la nostra autorità. Non manchino, altresì, di difenderti, dopo avere rimosso qualsiasi altro detentore, facendoti dare integro il resoconto della chiesa parrocchiale e degli annessi frutti, redditi, proventi e doti. A ciò non osti qualsiasi contraria costituzione di papa Bonifacio Ottavo, di pia memoria, nostro predecessore, né ogni altra decisione apostolica. Del pari, nessuno può richiedere per sé o per il proprio legato un qualche diritto di omaggio o un qualunque beneficio ecclesiastico in base a lettere o in forma speciale o generale, anche nel caso in cui vi sia stato un processo e sia stato emesso decreto riformatore.
 
Vogliamo che tu comunque entri in possesso di detta chiesa parrocchiale, senza pregiudizio alcuno degli annessi benefici. Se qualcuno dovesse tentare presso il venerabile fratello nostro, il vescovo di Agrigento o presso chiunque altro che sia stato dalla Sede apostolica dotato in comunione o frazionatamente nei beni della chiesa, non gli si accordi costrizione o interdetto o sospensione o scomunica. Resta ribadito che quanto ad omaggi, benefici ecclesiastici, relativa collazione, provvisione, presentazione e qualsivoglia altra disposizione, sia congiuntamente che separatamente, non può provvedersi per lettera apostolica che non faccia piena ed espressa menzione, parola per parola, alla presente, la quale ha forza di annullare qualsiasi altra indulgenza, generale e speciale, di qualsiasi tenore della Sede apostolica.
 
 
La complessità della bolla invero illumina poco sulle peculiarità parrocchiali della Matrice del tempo. V’è un rigonfiamento di formule curiali, del tutto sproporzionato alla esiguità dell’affare.
L’arc. D’Averna non pare essere racalmutese. Sembra venire da Agrigento. E’ un po' nepotista. Con lui si sistema a Racalmuto il sac. d. Vincenzo d’Averna che è anche cappellano. Appare un vicario a nome don Giuseppe d’Averna. Fa capolino un chierico: Orlando d’Averna.
Come arciprete, lo riscontriamo con una certa assiduità negli atti di battesimo dal 12.11.1570 sino al 5.7.1571; poi appare sporadicamente. Non abbiamo, però, serie complete di atti di battesimo: il primo quinterno è incerto se si riferisce al 1554 o al 1564. Si salta, poi al 1570-71-72 e quindi al 1575-1576. Quindi il vuoto sino al 1584.
L’arc. Gerlando d’Averna figura ancora il 24 di maggio 1576 in questo atto di battesimo - ed è l’ultima testimonianza di cui disponiamo:
24 5 1576 Joannella figlia di Barbarino Vella (di)e diPalma;
madrina:                        Juannella di Rotulu;officiante: Don Gerlando di Averna.
 

E osa avvetarmisi contro. L’ho subito ammansito con il classico: “voi non sapete chi sono io. Dammi i documenti. Si rigirò e così ripresi a discendere per il Ponte del Carmelo non so se stizzito o divertito.


Quando l’Edrisi licenziò la sua Geografia (nome cognome  e titolo sono troppo reboanti  per trascriverli qui)?  Direi tra il 1132 1e il 1154, attorno al 1150 insomma. Si era in Sicilia sotto Ruggero il Normanno. Verso la vecchiaia  avrebbe ordinato a questo colto arabo  quella che chiamiamo la Geografia dell'Edrisi.

Chi ama l'erudizione avrebbe di che scrivere e correggerci. Ma il nostro è intento è ben altro: cercare notizie ghiotte su Racalmuto.

A prima vista sembra che in quella geografia Racalmuto vi sia e succulentemente rappresentata. Vi abbiamo abboccato un tempo a nostra volta. Ora ci andiamo molto più dissuasi sino a pensare che in Edrisi l'attuale Racalmuto e dintorni non ci stanno manco alla lontana.

Attorno all'anno mille, il miglio a quanto corrispondeva in metri odierni oggi attestatisi su 1.609 circa? Poco più poco meno diremmo.

Dunque  trascriviamo da Michele Amari che trascrive l’ Edrisi dall’arabo e da chi l’ha tradotto in italiano: "Il Fiume Platano vi scorre a levante.

“ Da Platano a   'g a r d u t a h ' è  's u t i r' (comune di Sutera), casale circondato d'ogni banda da montagne, popoloso, iindustre, frequentato di passaggio da chi va e viene [tra Palermo e Girgenti?] Da Sutera a 

'g a r d u t a h' [contansi] nove miglia e da Sutera al castel di Cammarata, del quale abbiam detto di sopra, diciotto miglia per tramontana.

"Similmente da Girgenti ad ‘a l  m i n s a r (la sega) diciotto miglia  tra levante e tramontana. Questo è castello  in cima di un monte scosceso;  castello  è abitato e coltivato da naturali, ha molte terre da seminare e ridonda di produzione (agraria). Da   'a l   m i n s a r  ad  'a l  q a t t a'  (il tagliar di pietre, comune di Canicattì) verso mezzogiorno , dieci miglia.

" Canicattì, luogo elevato sta proprio] in vetta ad un monte; produce delle civaie e molti altri frutti della terra, (gode) grande ubertà e [gli abitanti hanno] non pochi mezzi di guadagnare e avvantaggiarsi. Di qui a Girgenti (corrono) dodici miglia per ponente; ed al [fiume] Platani venti per tramontana.

"Da Girgenti a   n a r u   (comune di Naro) dodici miglia per levante.  Naro casale importante e grosso villaggio., ha mercati frequentati, industrie attive: tienvisi anco una fiera a giorno fisso. Ha di più dei campi da seminare non interrotti e de' colti in gran copia.

Da Naro  a Canicattì per settentrione dieci miglia, e ad  'a s  s a b u q a h  (Sabuci) undici miglia tra mezzogiorno e levante".

 

Noi ci fermiamo qui tralasciando il territorio di Caltanissetta ove peraltro dovrebbe trovarsi questo SABUCI che come avverte lo stessi traduttore non può essere Sambuca Zabuth.

Certo a noi ci fa molto pensare questa nota che può anche apparire un mettere le mani avanti. Il traduttore in italiano di Michele Amari si cautela affermando che: "Nella trascrizione dei nomi si è tenuto il sistema di far corrispondere ad ogni lettera araba una sola del nostro alfabeto, modificando con punti ed altro segni quelle che devono rappresentare lettere diverse alle nostre nella pronunzia. E' con leggera variante , il sistema adottato comunemente in Germania, soprattutto da questa benemerita Società Orientale."

 

 Quindi nel passaggio da una lettura del testo arabo alla pubblicazione di quel testo alla traduzione in italiano molti vi metton mano e a me sorge il dubbio che tra un passaggio all'altro la traduzione diventa trasfigurazione. E a me interessa un solo passo e un solo nome: Gardutah era scritto proprio così e si deve leggere proprio così? Cerrto se Gardutah dovesse riguardare l'ampio territorio di Racalmuto avrebbe ragione padre Salvo ad attribuire quel toponimo a GARGILATA. Oltretutto se un miglio anche per Edrisi equivaleva a 1.609 ml. i conti tornerebbero. Ma una cosa osta siffatta lettura. Poso affermare senza tema di smentita che nel 1150 Gargilata, pur con qualche abitazione (ma sporadica), non poteva  essere "grosso casale e luogo popolato” (anche se vi potevano essere "orti ed alberi molti e terreni da seminare [ben] coltivati”. 

 

 

Ma se tanto mi dà tanto neppure ci si può riferire a Racalmuto che - non ho dubbi di sotta - quale è adesso sorge all'inizio del 1.200 da un certo nobile (conte o barone o altro che fosse) Muscia di Modica; e aggiungasi che il toponimo non è del tempo della dominazione araba  o a ridosso quando subentrarono i Villani e gli arabi per sopravvivenza divennero Marrani perché così imponeva il vescovo borgognone di Girgenti, il santificato Gerlando. Il toponimo viene da Petralia Sottana o Soprana che sia, stando al Cusa e, non togliendomi manco  io il piacere di congetturare, quel toponimo venne importato da noi da certi padri benedettini quando si piazzarono a lu Chiuppu con quel convento ove sfruttarono tanta roccia da costruire chiese e palazzi come la nostra Matrice ( per non parlare di altre piccole chiese racalmutesi) e persino certi "puntoni" dei pretenziosi palazzotti degli usurai arricchitisi del tipo di quelli che dicono esserci a Regalpetra.

 

 

Quanto a Grotte e a Montefìdono, presi di mira daMichele Amari e alcune sue ricognixzionigeogragrai, siano peggio di rima.Gardutah , se cosè i lege il topnimo dell'Edrisi, non 'erntra proprio nente, E Montedoro e Grotte. ad onta di chi mi ci vuole inciuciare, nscono molto più tardi, diciamo a epoca Moerna bella e iniziata.

 

 

Ma mi disorienta il chilometraggio dell'Edrisi. Gardutah, se dovesse essere la nostra Racalmuto sarebbe a nove miglia da Sutera, come dire 14,482 km. da Sutera che poi sarebbe diciotto miglia lontana da Cammarata , diciamo 28,962 km- da Cammarata. Se poi Al Minsar è Sant'Angelo Muxaro per come discetta il nostro avvocato Picone. abbiamo che tra Sant'Angelo Muxaro e Agrigento ci sarebbero lo stesso 28,962 Km. Cosa che andrebbe a contrastare col fatto che Al Minsar sembra più essere il nostro Castelluccio  (Gibillini) che quel S. Angelo là. E ciò si desume dal fatto che poi Al Minsar sarebbe a 10 miglia da Canicattì,  16 chilometri

Certo il nostro valente ing. Cutaia adottando brillantemente il criterio di sovrapporvi il sistema delle regie trazzere  mi pare che in un  bel libro ottimamente fotografato afferma di avere fatto quadrare il cerchio.

Francamente non lo crediamo. Quello che mi interessa di più in quel valido testo è il richiamo alla rete borbonica delle trazzere. Questo Comune distratto dovrebbe prendere di là l’abbrivio e sfruttare magari il novello piano Comunitario di finanziamenti e procedere ad un recupero e ad una attivazione della rete delle trazzere che son da trama per tutto il territorio racalmutese. Lavoro, indotto, turismo, risanamento del paesaggio e soluzione della transitabilità invernale per il nostro agro coltivabile.  tutto in uno. Certo si potrebbero andare a toccare strane appropriazioni indebite o certe occupazioni molto discutibili di semi carreggiate. Un po’ di moral suasion e il problema sarebbe risolto in modo indolore. L’altra estate attraversavo una di queste smunte trazzere in quel del Serrone. Stavo addirittura in quella che ora è pubblica mulattiera sia pure interpoderale. Un truce vecchio attorniato d cani queruli e minacciosi finse di non accorgersi ch quei cani mi si stavano avventando contro. Ma  avevo il mio bastone e potei passare oltre indenne. Mi ecco inseguirmi quel vecchio con un triciclo quanto in regola Dio solo lo sa. E osa avvetarmisi contro. L’ho subito ammansito con il classico: “voi non sapete chi sono io. Dammi i documenti.  Si rigirò  e così ripresi a discendere per il Ponte del Carmelo non so se stizzito o divertito.

Calogero Taverna

 

 

Quando lìEdrisilicenzio la sua Geografia(nome cogo e titolosono troppo reboanti  per trascriverli qui)?  Direi tra il 11132 1 il 1154, attorno al 1159 insomma. Si era in Sicilia sotto Ruggero il Normanno, verso la vecciaia  avrenbbe ordinato a questo colto arabo  quella che chiamiamo la geografia dell'Edrisi.

Chi ama l'erdizione avrebbe di che scrivere e correggerci. Ma il nostro è intentoè bel amtro. Cercare notizie ghiotte su Racalmuto.
A pria vista sembra che in qquella geografia racalmuto vi sia e succulentemte rappresentata. Vi abbiamo abboccato un tempo a nostra volta. Ora ci andiamo molto più ausi sino pgare a dire che in Esdrisi l'attuale Racalmuto e dintorni non istanno manco alla lontana.
Attorno all'anno mille, il miglio a quanto corrispondeva imetri odierni a 1.6099 virca. Poco più poco meno diremmo.

Dunque  trascriviamo da Michele Amari che da Edrici trescive in arab e traduce in italiano: "Il Fiume Platano vi scorre a levante, Da Platano a   'g a r d u t a h ' è  's u t i r' (comune di Sutera), casale circondato d'ogni banda da montgne, popoloso, iindustre, frquentato di passaggio a chi va e viene [tra Palermo e Girgenti?] Da Sutera a  'g a r d u t a h' [contansi] nove miglia e da Sutera al castel di Cammarata, del quale abbiam detto di sopra, diciotto miglia tramontana.
"Similmente da Girgenti ag al  m i n s a r(la sega) diciotto miglia  tra levante e tramontana. Questo è  in cima di un monte scosceso; castello  èabitato e coltivato da naturali, ha molte terre da seminaree ridinda di produzione (agraria). Da   'a l   m i n s a r ad 'a l  q a t t a'  (il tagliar di pietre, comune di Canicattì) verso mezzogiorno , dieci miglia.
" Canicattì, luogo elevatosta proprio] in vetta ad un monte; produce delle civaiee molti altri frutti della terra, (gode) grande ubertà e [gliabitanti hanno] non pochi mzzi di guadagnaree avvantaggiarsi. Di qui a Girgenti(corrono dodici mfglia per ponente; ed al [fiume] Platani venti per tramontana.

"Da Girgenti a  n a r u  (comune di Naro) dodici miglia per levnte.  Naro casale importnte e grosso villahggio., ha mercati frequentati, industrie attive: tienvisi anco una fiera a giorno fisso.Ha di più dei campoi da seminare non interrotti e de' colti in gran copia.
Da Naro  a Canicatt+per settentrione dieci miglia, e a d  'a s  s a b u q a h  s(Sabuci) undic migliatra meggiorno e levante".

Noi ci fermiamo qui tralasciano il territorio di Caltnisseta ove peraltro dovrebbe trovarso questo SABUCI che come avverte lo stessi Michele amarin non puo essere Sambuca Zabuth.

Certo a noi ci fa molto pensare questa nota dell'Amari he può anche apparire un mettere le mani avanti. Il traduttore in italiano di Michele aamaru si cautela affermando che: "Nella trascrixzione dei nomi si è tenuto il sistemadi far corrispondere ad ogni lettera araba un sola del nostro alfaberto, modificando conpuntiedaltrosegni quelle che devono rappresentare lettere diverse alle nostre nella pronunnzia.E' con leggera variante , il seistema adottato comunemente in Germania, soprttutto da questa benemerita Società Orientale."
 Quindi nel passaggio da una lettura del testo arabo alla punbblicazioe di qqul esto alla tarduzione in italiano molti vi metto man e a me sorge il dubbio che tra un passagglio al'altro la trduxioe diventa Trasfifurazioe. E  me interess un so passo e un do nome: Gardutah era scritto proprio così e si deve leggere proprio così.Ceto se Gardutà doverre riguardare l'ampio territorio di Racalmuto avrebbe ragione padre Salvo a attribire uel toponimo a GARGILATA. Oltretutto seun miglio anche per Edrsi equivaleva a 1,609 ml. i conti tornerebbero- Ma una cosa osta a dìsiffarta lettura. Poso affermare senza tema di smeia che nel 1150 Gardilapa, cìpur con qualche abitazione (ma sporadica) potesse essere "grossocasaleeluogo popolato= anche se vi potevano essere"orti ed aberimolti e tererni da seminare]ben] coltivati. 

Ma se tanto mi dà tanto neppure ci sipuò riferire a Racalmtut che -non ho dubbi di sotta - Racalmuto qale è adesso sorge all'iniziodel 1.200 da un certo nobile (conte o barone o altro che fosse) Muscia di Modica; e agiungasi che il oponimo non è del tempo della dominazione raba ao risìossoquando suventrarono i Villani e gli arabai mar per sopravvivenza di venne Marrani perché cos' imponebva ilvescgbo nrnanno di Girgenti,il santificato Gerlando. I toponmo viene da Petralia Sottana o Soprana che h sia, stno al Cusa e aio avvco, no togliendomi manc io i piacere di congettura, quel toponimo venne in importato da noi da certi padre benedettini qundo si piazzarono a lu Chuppu con quel convent ch produssetant roccia  concui tfgluata da bravi maesti scaplelini si eressesse alnche la Matrice ( per no rlar di atre piccle chiese racalmutesi e persin certi "puntoni" dei pretnziosi paazzotti delgli usarai arricchirìti d quelli che chiamano Regalpetra.

Quanto a Grotte e a Montefìdono, presi di mira daMichele Amari e alcune sue ricognixzionigeogragrai, siano peggio di rima.Gardutah , se cosè i lege il topnimo dell'Edrisi, non 'erntra proprio nente, E Montedoro e Grotte. ad onta di chi mi ci vuole inciuciare, nscono molto più tardi, diciamo a epoca Moerna bella e iniziata.

Ma mi disorienta ilchilemtraggio diell'Edrisi. Gardutah, se dovessere essere la nostra Rcalmuto sarebbe a nove miglia da Sutera, come dire 14 ì, 482 km. da Sutera che poi sarebbe dicotto miglia lintana da Cammaata , dicamo 28,962 da Cammarata. Se poi Al Minsar èSant'Angelo Muxaro per come discetta il nostro avvocato Piciìe. abbiamo che Tra Sant'Angelo Muzìxaro e Agrigento cisarebbero lo stesso 28,962Km.Cosa che andrebbe a contrastare col fatto che Al Minsa sembra più essere la nostra ibillini  ce quel S,. Angeo là.E ciò si desume da d fatto che poi A Minsar sarebbe a 10 miglia da Canicattì,  16 chilometri

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ALLA FACCIA DI CHI, SENZA CONOSCERMI, MI DA' DEL SUPPONENTE AUTOREFERENTE LOGORROICO ED ALTRO. MA IO GLI AUGURO LO STESSO: BUON ANNO.

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Lotta Continua a fine 1979 pubblica questa serie di fissati bollati. Dirigeva Lotta Continua il grande giornalista Enrico De Aglio. Quasi assistente ecclesiasti...co Marco Boato. Maliziosissima la foto di La Malfa junior. Intriganti quei fissati bollati: dimostravano fra l'altro che l'odiato e perseguitato don Michele Sindona, con le sue banche aveva fatto pervenire un certo foraggiamento monetario anche al conclamato sacrario dell'onestà politica che allora si diceva essere il PRI, quello dell'edera insomma. Questa pagina è storica. Venne disseminata sugli scranni di Montecitorio. Vi fu reazione - ovvio - ma molto blanda. Contra cartas non valet argumentum. Ma come diavolo aveva fatto lotta continua ad avere, capire, pubblicare, documenti e arcani moduli bancari? Pareva che tutto venisse da Romano Gattoni allora rivoluzionario di sinistra. Per quanto geniale era quel barbone alla Marx costui non aveva grado, competenza, accessi privilegiati a queste carte che erano finite alla magistratura di Milano ma erano ancora top secret e soprattutto furono, rimasero e sono ancora incomprese dalla supponente albagia magistratuale meneghina. Gli addetti ai lavori capirono subito chi era stata la talpa ma temendola, perché ce ne aveva pure per loro, lasciarono in pace quella talpa dell'ispettorato vigilanza sulle aziende di credito della Banca d'Italia.
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  • ALLA FACCIA DI CHI, SENZA CONOSCERMI, MI DA' DEL SUPPONENTE AUTOREFERENTE LOGORROICO ED ALTRO. MA IO GLI AUGURO LO STESSO: BUON ANNO
    Lillo Taverna ha condiviso un ricordo datato 31 dicembre 2013.
    1 min
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    Lillo Taverna OVVIO QUELLA TALPA ERA L'ISPETTORE CAPOMISSIONE DELLA ISPEZIONE ALLA BANCA PRIVATA FINANZIARIA, DOTTOR CALOGERO TAVERNA, CLASSE 1934!
IO, IL CECCO ANGIOLIERI DEL DUEMILA
Ieri sul primo meriggio, d'improvviso, mi si psicanalizza: sarei il Cecco Angiolieri del Duemila. A qualificami o a squalificarmi è un genio dannato del paese mio, il paese della corda pazza, il paese secondo Sciascia , ove "la vita [sarebbe] lontana dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione".
Forse a dire il vero la Racalmuto del 1954, la Racalmuto dei miei 20 anni era cos'ì, il Circolo della Concordia di allora era così, i giov...
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Lillo Taverna
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Jerry Russo ha condiviso la foto di L'ANTIFASCISTA nel gruppo: Casa del Popolo.
5 h
il cazzaro di Rignano ha iniziato col propagandare l'eliminazione del Senato per ridurre i costi per poi rifilarci un Senato non elettivo. Dobbiamo mobilitarci per abrogare anche, Jobs Act, Buona Scuola, trivellazioni e Italicum
L'ANTIFASCISTA
17 h
Dobbiamo impedire al governo renzi di uccidere la nostra Costituzione
La nostra sfida dell' anno 2016 e' : vincere il referendum per salvarla
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Lillo Taverna MA COSA HA DA CIARLARE QUESTO "CAZZARO" DELLA SINISTRA DISFATTISTA DA CONTUMELIARE CHI OGGI SA REGGERE LA SETTIMA POTENZA DEL MONDO? CHI NULLA SA DI BANCHE, DI ECONOMIA DI BILANCIA DEI PGAMENTI E CHI RUBA DA PRECARIO NULLA FACENTE I SOLDI DELLE NOSTRE TASSE SI TACCIA.

Sarò tutto direi ma "maledetto toscano" mai, Cecco Angiolieri no; se io fossi fuoco correrei subito a spegnermi , se vento e tempesta mi acquatterei nella mia bella casa di Roma. E siccome sono quel che sono me la rido delle imitatrici del Cavalier Marino che ci cimentano ancora nel poetare per destare solo meraviglia.

Ieri sul primo meriggio, d'improvviso, mi si psicanalizza: sarei il Cecco Angiolieri del Duemila. A qualificami o a squalificarmi è un genio dannato del paese mio, il paese della corda pazza, il paese secondo Sciascia , ove "la vita [sarebbe] lontana dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione".
Forse a dire il vero la Racalmuto del 1954, la Racalmuto dei miei 20 anni era cos'ì, il Circolo della Concordia di allora era così, i giovani "diversi" che finivano suicidi erano così, lo zolfo che con l'antimonio essiccava mortalmente i polmoni era, così. Gibillini era così, il 'dito nella piaga dei salinai' era così, i residui sfollati alla fame erano così, l'arciprete Casuccio era così, padre Arrigo era così. Noi eravamo così. Io col cappellaccio da seminarista ero così e così lo scrittore Sciascia, soprattutto lui, maestro indolente e agente del consorzio agrario infastidito da don Pino quello a cui Sciascia rimbrottava: "tu vivi soltanto per questo:/ che ad un momento - io distratto -/ tu possa nel mio piatto povero/ metter lo schifo di una morta mosca."
 
Gia! Racalmuto il paese ove son nato, il paese regalato a Sciascia, che COSI' ce lo tramanda:
AD UN PAESE LASCIATO
mi è riposo il ricordo dei tuoi giorni grigi,
delle tue vecchie case che strozzano strade,
della piazza grande piena di silenziosi uomini neri.
 
Tra questi uomini ho appreso grevi leggende
di terra e di zolfo, oscure storie squarciate
dalla tragica luce bianca dell'acetilene.
 
E l'acetilene della luna nelle tue notti calme,
nella piazza le chiese ingramagliate d'ombra;
e cupo il passo degli zolfatari, come se le strade
coprissero cavi sepolcri, profondi luoghi di morte.
 
Nell'alba, il cielo come un freddo timpano d'argento
a lungo vibrante delle prime voci: le case assiderate;
ad ogni luogo che appassiva come un rosso geranio
nelle donne affacciate alla prova aerea del viale.
 
Una nave d malinconia apriva per me vele d'oro,
pietà ed amore trovavano antiche parole.
 
 
Sciascia rondista poi passato ad altro! Dire oggi che qesta è Racalmuto è maniaco sproloquio. Oggi Racalmuto ha case linde, fa persino le polveri sottili per lo sfrecciare continuo di macchine novelle. Le fanciulle oggi vezzose sciamano al BLOB e già quattordicenni mi dicono tenere mutandine sexy ché consunta la fastidiosa verginità dell'imene fanno e gioiscono d'amore fisico e orgiastico. Non più "silenziosi uomini neri": tra l'Agorà e il BS pensionati a modo loro d'oro ciarlanti come riddilii senza quiete. L'ISTAT mi dice che il reddito medio pro capite non esonderebbe i mille euro annui, l'Università di Lucca mi conforta  rivelandomi che invero il reddito medio pro capite annuo è di 13 mila e cinquecento euro. E biddrizzi e dinari non si ponnu ammucciari. Andate non prevenuti in questo piccolo lembo di Paradiso e mi darete ragione.
 
E se dico questo sarei il Cecco Angiolieri del Duemila? Non mi ci ritrovo. Dadaista che cerca di coprire la menzogna di stato  di ridicolo, sì; come Horatius, parvus atque obesus, qui castgat ridendo more, forse, qualche volta, quasi sempre. Maldestro imitatore dell'ALSO SPRACH ZARATHUSTRA, senza dubbio. Ma soprattutto vecchione delle Porte Scee che avendo combattuto la propria guerra sta come cicale d'estate sull'albero a parlar fiorito. Posso essere e mi vanto di essere il Mafioso Confeso col tasco stuortu che ha scandalizzato la Cernigoi;  e, sì, nella fanciullezza mi chiamavano LILLO e con tale diminutivo, dice sempre la Cernogoi, non posso tenere un blog che si dichiara CONTRA OMNIA.
 
Sarò tutto direi ma "maledetto toscano" mai, Cecco Angiolieri no; se  io fossi fuoco correrei subito a spegnermi,  se vento e tempesta mi acquatterei nella mia bella casa di Roma.  E siccome sono quel che sono me la rido delle imitatrici del Cavalier Marino che ci cimentano ancora nel poetare per destare solo meraviglia.
 
 
 
Cecco Angiolieri "S'i fossi foco"

 




S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;
s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.
Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

mercoledì 30 dicembre 2015

SVETTA ANCORA NICOLO’ GIANGRECO CON IL SUO TRS98


SVETTA ANCORA NICOLO’ GIANGRECO CON IL SUO TRS98

Le feste natalizie, per i cinque siti  racalmutesi che tutti quanti entrano di prepotenza  tra i dieci siti dell’agrigentino secondo ALEXA , non hanno portato molta fortuna.

Certo le posizioni vengono mantenute ma si registra un cedimento seppur lieve direi generalizzato ove si eccettui qualche minuscolo miglioramento in siti come CONTRAOMNIA RACALMUTO che pur regredito rispetto ai rank generali dell’estate scorsa si mantiene ancora sotto la fascia del mezzo milione.

Eppure notiamo che nei rank Italia la classifica vede questo sito passare dal 18.634° posto al 17.642° posto dell'altra settimana per migliorare ancora sia pur di poco il suo piazzamento di fine anno al 17.496° posto dei rank Italia.

Oppure come  regalpetralibera che migliora il suo piazzamento dalla scorsa settimana ad oggi passando nei rank generali dal 284.928°posto al 284.403° posto e nei rank Italia dai 9.358.posto al 9.194 posto.

 

Nello specchietto si possono seguire le parabole dei cinque siti racalmutesi dall’estate scorsa alla settimana prima di natale per finire a questo fine anno 2015, sia per quanto riguarda i rank generali sia per ciò che ha riguardo ai rank Italia.

Non cesserò mai di meravigliarmi positivamente del imperioso successo di Nicolò Giangreco con il suo sito TRS98: in men di mezzo anno passato dallo sprofondo travalicante la griglia del milione di piazzati nei rank globali di Alexa per collocarsi saldamente entro i primi 140.000 posti e conseguenzialmente nei rank Italia stare addirittura tra i primi 4.200 posti.

Un rampante ammirevole giornalista questo massiccio Nicolò Giangreco, racalmutese di antica schiatta, che dà punti a tutta quell’altra schiera di racalmutesi plurilaureati e intellettuali di spocchiosa selettività, i quali  però hanno il merito di imporre i propri siti informatici nella comunicazione agrigentina  mantenendosi tutti tra i primi dieci notiziari  online.  Complimenti a tutti e buon anno. Ad maiora nell’ambito di questi arcani novelli mass-media.

Calogero Taverna

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malgradotutto
 
 
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143.945
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9.485
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9.358
284.403
9.194
regalpetralibera