a che cosa devo essere favorevole? all'intolleranza dei marrani? NO!!! Che si registri o non si registri un atto privato che comporta la cosiddetta libertà negoziale costituzionalmente protetta diviene una questione di così irrilevante portata che solo gli imbecilli possono enfatizzare. 'Ngilinu pensi ai suoceri di suo fratello o a questa lurida faccenda di Racalmare. E lo Stato moderno grazie a Dio se ne fotte di bigotti e marrani. Siamo nel terzo millennio. Se poi vuol saperlo io nel mio intimo sono un omofobo. Ma è mia mania intellettualistica. Se incontro una degna persona che magari ancheggia la giudico per quello che è come essere umano. Non ho difficoltà alcuna a contrarre anche amicizia. Ne ho conosciuti di frosci nella mia lunga vita e quasi tutti erano delle eccellenti persone. Viceversa .. lasciamo perdere. Ora abbiamo persino i marrani del terzo millennio che ci vogliono insegnare a noi la civiltà giuridica che coltiviamo dal grande diritto romano. Lei è favorevole o contrario al diritto romano o si prona alla intolleranza ei moderni marrani?
sabato 18 ottobre 2014
a che cosa devo essere favorevole? all'intolleranza dei marrani? NO!!! Che si registri o non si registri un atto privato che comporta la cosiddetta libertà negoziale costituzionalmente protetta diviene una questione di così irrilevante portata che solo gli imbecilli possono enfatizzare. 'Ngilinu pensi ai suoceri di suo fratello o a questa lurida faccenda di Racalmare. E lo Stato moderno grazie a Dio se ne fotte di bigotti e marrani. Siamo nel terzo millennio. Se poi vuol saperlo io nel mio intimo sono un omofobo. Ma è mia mania intellettualistica. Se incontro una degna persona che magari ancheggia la giudico per quello che è come essere umano. Non ho difficoltà alcuna a contrarre anche amicizia. Ne ho conosciuti di frosci nella mia lunga vita e quasi tutti erano delle eccellenti persone. Viceversa .. lasciamo perdere. Ora abbiamo persino i marrani del terzo millennio che ci vogliono insegnare a noi la civiltà giuridica che coltiviamo dal grande diritto romano. Lei è favorevole o contrario al diritto romano o si prona alla intolleranza ei moderni marrani?
Sapessi che è successo nel 1599 ad Agrigento a Porta di Ponte: bruciarono vivo un bardassu (il nostro TRANS) mentre il canonico Babilonia di Cammarata che se lo godeva sodomizzandolo nelle grotte sotto la Bibirria poté continuare a spassarsela liberamente. Vi è un processo tutto in siciliano negli archivi segreti vaticani cui ho potuto accedere.
Sapessi che è successo nel 1599 ad Agrigento a Porta di Ponte: bruciarono vivo un bardassu (il nostro TRANS) mentre il canonico Babilonia di Cammarata che se lo godeva sodomizzandolo nelle grotte sotto la Bibirria poté continuare a spassarsela liberamente. Vi è un processo tutto in siciliano negli archivi segreti vaticani cui ho potuto accedere.
Mai lette tante scemenze messe insieme. La legge si evolve, persino la costituzione da formale diviene materiale (si ammeta o no). Citerei un articolo del codice di diritto canonico sul crimine di "nefando". Ma lasciamo perdere. L’intolleranza dei marrani è stata sempre tanta gravida di soprusi. I marrani hanno sempre fracassato la civiltà. Ad Agrigento abbiamo avuto un tremendo vescovo marrano. L'hanno fatto santo. Le ignominie che ha commesso! E ciarlava e ciarlava. Pagarono cara quella conversione soprattutto gli ebrei dei bassi di Agrigento.
Mai lette tante scemenze messe insieme. La legge si evolve, persino
la costituzione da formale diviene materiale (si ammeta o no). Citerei un articolo
del codice di diritto canonico sul crimine di "nefando". Ma lasciamo
perdere. L’intolleranza dei marrani è stata sempre tanta gravida di soprusi. I
marrani hanno sempre fracassato la civiltà. Ad Agrigento abbiamo avuto un
tremendo vescovo marrano. L'hanno fatto santo. Le ignominie che ha commesso! E
ciarlava e ciarlava. Pagarono cara quella conversione soprattutto gli ebrei dei
bassi di Agrigento.
Magdi
Cristiano Allam ha aggiunto 7 nuove foto.
Le foto che ritraggono il sindaco della capitale d’Italia
che legittima, tramite la trascrizione nei registri comunali, il matrimonio di
16 coppie omosessuali, ...nonostante la legge lo vieti, il ministro
dell’Interno che con una circolare ha ingiunto ai sindaci di non farlo e il
prefetto che l’ha diffidato, sono il ritratto della decadenza di uno Stato che
ormai non ha più alcun riferimento di certezza né sul piano istituzionale né
sul piano valoriale, facendoci toccare con mano il tracollo della nostra
civiltà.
Il problema non è l’omofobia, come in automatico ribattono i fautori delle nozze omosessuali, nessuno di noi discrimina il prossimo mettendo in discussione i diritti inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà di scelta di tutti i cittadini a prescindere da qualsivoglia fede, ideologia o dal sesso. Nessuno di noi nega dei diritti individuali che sono ampiamente garantiti dalla Costituzione e dalle leggi.
Il problema si pone quando si vuole codificare come leggi dello Stato, che s’impongono sull’insieme della collettività accreditando una realtà oggettiva, assoluta e universale, delle scelte e degli orientamenti sessuali individuali, facendo venir meno il riferimento di certezza giuridica, naturale e culturale insito nella famiglia naturale eterosessuale.
Il problema si pone quando, mettendo sullo stesso piano la famiglia naturale, formata da un uomo e da una donna, con la coppia omosessuale formata da due persone dello stesso sesso, si scardina la certezza della famiglia naturale come fulcro della costruzione sociale, non solo sul piano naturale della rigenerazione della vita, ma anche sul piano educativo, culturale, economico e legale.
Il problema si pone quando si calpestano i diritti dei bambini che naturalmente hanno bisogno di una madre e di un padre per poter crescere in modo sano e maturo, e che si ritrovano invece a vivere in un contesto dove sono portati a considerare come un fatto naturale che due uomini o due donne facciano l’amore e siano equiparati ai genitori.
Il problema si pone quando l’Italia, che già ora trascura la famiglia naturale e ha tra i più bassi tassi di natalità al mondo, procederà in un contesto giuridico e culturale dove i giovani, sia per cause economiche sia per la cultura relativista vigente, saranno sempre più indotti a non avere delle proprie famiglie e a non mettere al mondo dei figli.
È un dato storico che la denatalità ha rappresentato l’inizio del tracollo delle civiltà, proprio perché i valori che la sostanziano e le regole che la sorreggono si tramandano attraverso la famiglia naturale e le generazioni dei figli. È successo con l’impero romano e inevitabilmente accadrà alla nostra civiltà europea contagiata pesantemente dal male assoluto del relativismo che ci porta a non avere più la certezza di chi siamo sul piano delle radici, della fede, dell’identità, dei valori, delle regole, delle leggi e complessivamente della civiltà.
Una volta relativizzata la realtà della famiglia naturale e del matrimonio eterosessuale e monogamico, è inevitabile che il passo successivo alla legalizzazione del matrimonio omosessuale sarà la legalizzazione di qualsiasi tipo di unione a prescindere dall'orientamento sessuale che, stando alle risoluzioni già approvate dall'Unione Europea, può essere eterosessuale, bisessuale, omosessuale, lesbico, transessuale, intersessuale. Presto, in ottemperanza all'islam, si dovrà aggiungere il rapporto poligamico e perché no zooerastico (rapporti sessuali con gli animali ammessi in alcuni paesi europei).
Di fronte a questa deriva e per scongiurare il tracollo della nostra civiltà, noi difendiamo la famiglia naturale e il matrimonio eterosessuale e monogamico, che è il contesto in cui un uomo e una donna che si amano scelgono di mettere al mondo dei figli e di farli crescere in modo naturale.
Il problema non è l’omofobia, come in automatico ribattono i fautori delle nozze omosessuali, nessuno di noi discrimina il prossimo mettendo in discussione i diritti inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà di scelta di tutti i cittadini a prescindere da qualsivoglia fede, ideologia o dal sesso. Nessuno di noi nega dei diritti individuali che sono ampiamente garantiti dalla Costituzione e dalle leggi.
Il problema si pone quando si vuole codificare come leggi dello Stato, che s’impongono sull’insieme della collettività accreditando una realtà oggettiva, assoluta e universale, delle scelte e degli orientamenti sessuali individuali, facendo venir meno il riferimento di certezza giuridica, naturale e culturale insito nella famiglia naturale eterosessuale.
Il problema si pone quando, mettendo sullo stesso piano la famiglia naturale, formata da un uomo e da una donna, con la coppia omosessuale formata da due persone dello stesso sesso, si scardina la certezza della famiglia naturale come fulcro della costruzione sociale, non solo sul piano naturale della rigenerazione della vita, ma anche sul piano educativo, culturale, economico e legale.
Il problema si pone quando si calpestano i diritti dei bambini che naturalmente hanno bisogno di una madre e di un padre per poter crescere in modo sano e maturo, e che si ritrovano invece a vivere in un contesto dove sono portati a considerare come un fatto naturale che due uomini o due donne facciano l’amore e siano equiparati ai genitori.
Il problema si pone quando l’Italia, che già ora trascura la famiglia naturale e ha tra i più bassi tassi di natalità al mondo, procederà in un contesto giuridico e culturale dove i giovani, sia per cause economiche sia per la cultura relativista vigente, saranno sempre più indotti a non avere delle proprie famiglie e a non mettere al mondo dei figli.
È un dato storico che la denatalità ha rappresentato l’inizio del tracollo delle civiltà, proprio perché i valori che la sostanziano e le regole che la sorreggono si tramandano attraverso la famiglia naturale e le generazioni dei figli. È successo con l’impero romano e inevitabilmente accadrà alla nostra civiltà europea contagiata pesantemente dal male assoluto del relativismo che ci porta a non avere più la certezza di chi siamo sul piano delle radici, della fede, dell’identità, dei valori, delle regole, delle leggi e complessivamente della civiltà.
Una volta relativizzata la realtà della famiglia naturale e del matrimonio eterosessuale e monogamico, è inevitabile che il passo successivo alla legalizzazione del matrimonio omosessuale sarà la legalizzazione di qualsiasi tipo di unione a prescindere dall'orientamento sessuale che, stando alle risoluzioni già approvate dall'Unione Europea, può essere eterosessuale, bisessuale, omosessuale, lesbico, transessuale, intersessuale. Presto, in ottemperanza all'islam, si dovrà aggiungere il rapporto poligamico e perché no zooerastico (rapporti sessuali con gli animali ammessi in alcuni paesi europei).
Di fronte a questa deriva e per scongiurare il tracollo della nostra civiltà, noi difendiamo la famiglia naturale e il matrimonio eterosessuale e monogamico, che è il contesto in cui un uomo e una donna che si amano scelgono di mettere al mondo dei figli e di farli crescere in modo naturale.
Lampedusa per me è l'isola accanto all'Isola Sicilia, che cinge l’intero mondo ma subito scendendo per li rami diviene persino essere singolo come canta l’amara prosa del mio Sciascia senza amicali cantori. La vecchia Sciascia, la vecchia Nalone e la vecchia Taverna stavano prossime ma ormai dannatamente sterili darrieri la Matrice di allora quando era la contorta cupola dell'Annunziatella della Racalmuto del ‘600. Né donne né nonne del grottese Vinti vi stavano. Ecco quello che mi divide dal ciclopico Accursio, il pittore del colore espanso dei giorni nostri.
LA LAMPEDUA DI ACCURSIO, i perlacei versi di Loredana, la mia cupa naca dal blasfemo dire.
Lillo Taverna:
Lampedusa, cosa è mai Lampedusa? Ho voglia
di dire Isola accanto all’Isola. E l’isola
discosta accanto all’Isola madre. Ma accanto a chi? Ma alla Trinacria, questa
isola a tre cosce, divaricate, aperte e pronte ad accogliere tutti i peripatetici
vogliosi di sesso, tutti i falli erti di ogni policroma sporgenza.
Lillo Taverna.
- Ora le femministe dicono: no! Ci
dicono che se mi permetto di spingerle a fare quello che a loro è tanto gradito
e di cui sono ghiotte, ci castrano.
Lillo Taverna:
- Guardate questo groviglio immaginifico
di questo grande e non ancora debitamente compreso Accursio Vinti e se siete intelligenti, se non
ebeti, se non di oscuro intelletto, come fate a non fulminarvi a non
rintracciare la trama che prima vi tracciai?
Lillo Taverna:
- Accursio Vinti, il pittore bizzoso
maschile e maschilista ecco come vi traccia questo strambo filo di Arianna della
nostra atavica tessitura dell’assurdo, dell’inconscio, della vita e della morte.
Trama diabolica ed al contempo angelica: eppure né angelica né mefistofelica:
solo istanti del guazzabuglio del cuore umano.
Tranquilla di giorno,
agitata di notte.
Sei vento tra le mani
e culle di sorrisi
lasciate al tempo.
Non importa quante
navi, hanno toccato
le tue sponde,
le tue scogliere
sono speranze.
Di notte il cielo chiude
gli occhi, non ha più
senso il tempo, quando
è il silenzio a parlare.
E quando appare il giorno,
una lacrima cade giù,
è l'alba che si affaccia
al domani!.....
agitata di notte.
Sei vento tra le mani
e culle di sorrisi
lasciate al tempo.
Non importa quante
navi, hanno toccato
le tue sponde,
le tue scogliere
sono speranze.
Di notte il cielo chiude
gli occhi, non ha più
senso il tempo, quando
è il silenzio a parlare.
E quando appare il giorno,
una lacrima cade giù,
è l'alba che si affaccia
al domani!.....
Lillo Taverna:
- Cara Loredana Cioffi, certo versi lucidi, perlacei i tuoi ma io li
sovvertirei, li graffierei, li sfracellerei in una notte di luna sopra un giaciglio
osceno. Accursio è altro, io sono altro. E soprattutto Lampedusa è altro. Qualche
volta la farò emergere dai mei incupiti sogni, dalle mie memorie per farvela
vedere per quella che è. E' stata nuda e glabra per millenni, è stata violata
come colonia penale, il giallo Giudice cercò di farvi un porticciolo ascoso per fughe anzi tempo.
Berlusconi non sapendo o sapendo cercò di comprarla per un qualche suo furtivo
esodo; così come Pippo Baudo vi visse scomposti amori con la sua rissosa Alida:
proprio là ove poi Modugno amava immergersi violando amori e uova di carrette a
tartaruga quasi imponenti. Ed ora funge da approdo di predaci carrette del mare
per una ipocrita transizione di esodi biblici. E non vedere tutto questo in tale
trama insensa ma folle di Accursio è folle ed insenso. Io vedo e intelligo. Ma
la mia intelligenza vetusta e satirica e repulsiva vede anime angeliche, donne dal
petto procace, fanciulle dalle cosce accessibili, cantare inni di umana pietà.
Lampedusa per me è l'isola accanto all'Isola Sicilia, che cinge l’intero mondo
ma subito scendendo per li rami diviene persino essere singolo come canta l’amara
prosa del mio Sciascia senza amicali cantori. La vecchia Sciascia, la vecchia
Nalone e la vecchia Taverna stavano prossime ma ormai dannatamente sterili
darrieri la Matrice di allora quando era la contorta cupola dell'Annunziatella
della Racalmuto del ‘600. Né donne né nonne del grottese Vinti vi stavano. Ecco
quello che mi divide dal ciclopico Accursio, il pittore del colore espanso dei
giorni nostri.
Fallace il Li Causi nel volere i questore Messana CRIMINALE DI GUERRA
«Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"»
Da qui la martellante stampa specializzata volta a colpire il Messana quale CRIMNALE DI GUERRA. Il Li Causi, ovvio, è abile, gioca con le parole, dice e non dice. Non per nulla è siciliano e l’omertà noi siciliani ce l’abbiamo nel sangue.
Soffermiamoci su particolari, sugli scivolamenti da verità che se vere si possono esplicare semplicemente. No. Il Li Causi esordisce con un ”lasciamo stare”. Lui lasciò stare. Gli epigoni a iniziare da Danilo Dolci sino a finire ad una ex goriziana improvvisatasi storica, non lasciano stare; affermano, martellano, propinano, impongono. Il Messana. dicono - senza nulla sapere rispetto a quello che invece Li Causi ben conosceva - fu con assoluta a certezza un CRIMINALE DI GUERRA.
Non è senza ragione che l’avvocato onorevole Li Causi, siccome sa bene che si tratta soltanto di un elenco buttato giù da “una nazione vicina” - non aggiunge che si tratta di Jugoslavia, di nazione, cioè, addirittura nemica e siccome è vincitrice è assetata di vendetta.
Ma soprattutto sa che fine ha fatto presso il SIS di Roma cioè presso il VIMINALE quell’elenco “nemico”. Tra 50 nominativi di “ricercati” vi era stato incluso così senza specifica alcuna un “MESSANA”, “questore”.
E c’era poco da ricercare: il Messana stava appunto a Palermo come terribile capo della polizia siciliana di Stato dell’Italia ormai repubblicana e democratica. E stava lottando contro un pernicioso banditismo, quello di Giuliano, che veniva foraggiato dagli americani. Quegli americani che ora chissà perché lo vorrebbero sine causa CRIMINALE DI GUERRA. Già, varie volte il Messana aveva relazionato che purtroppo armi moneta ed altro all’EVIS, a Finocchiaro Aprile, agli Agrari venivano appunto forniti dagli Americani. Abbiamo ben tre relazioni del Messana al suo Ministero in
proposito.
I denigratori del Messana sembrano non accorgersene, non percepirne l’importanza. Il più onesto, il Mangiameli, di codeste schiere di storici si limita a scrivere che sì il Messana aveva “prodotto continui rastrellamenti” ma si illudeva che questi rastrellamenti potessero mettere “in crisi i traffici illegali e alienare a Guliano le simpatie della popolazione che lo considerava suo protettare”. Per Mangiameli insomma il Messana, responsabile della pubblica sicurezza in Siciia in quel terribile biennio 1945-1947 era un miope funzionario di polizia incapsulatosi nel “mito della contrapposizione tra mafia come strumento tradizionale del mantenimento dell’ordine nelle campagne, e banditi come ribelli primitivi”. Giudizio di valore dunque superficiale e gratutito che uno storico non dovrebbe mai permettersi se vuole fare scienze sociali avalutative. Ma diciamo: opinioni. E democraticamente va riconosciuta a tutti libertà di opinione. Sempre che non leda l’onorabilità della gente. Cosa invece che non fa la Cernigoi che abbiamo visto come si spinge in denigrazioni infamanti senza alcuna cognizione di causa.
Ma restiamo sbalorditi quando inopinatamente ci imbattiamo in questo passo del professore Casarrubea, quando a pag. 29 del suo ultimo libro a stampa (STORIA SEGRETA DELLA SICILIA, dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra, Tascabili Bompiani) si lascia scappare che “ci sono i rapporti dello stesso ispettore di Pubblica Sicurezza Ettore Messana, che danno Giulino in contatto con agenti americani”.
Noi di quei rapporti ne abbiamo trovati ben tre nell’archivio centrale dello Stato e francamente ci meravigliamo come acuti storici non ne avevano notata la rilevanza e la delicatezza di quelle accuse nientemeno che agli americani che a nostro avviso hanno nel giugno del 1947 chiesto la testa dell’autore. Altro che tutta quella congerie di calunnie, insinuazioni, denigrazioni, diffamazioni contro il Messana.
Il Li Causi è ben consapevole di questo e non per nulla si lascia andare ad una banalità, quasi ad una battuta di spirito del tutto fuori posto in quel contesto permettendosi di celiare: “questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!". C’era del marcio in Danimarca e Li Causi ben lo conosceva. Anzi a nostro avviso vi era coinvolto. Ma di questo a suo tempo.
Chiediamo allora subito: perché mai un CIVILE potesse divenire un criminale di guerra.
Messana nel giugno del 1941 era stato inviato a Lubiana come normale questore di una sedicente provincia italiana.
Solo la Cernigoi può affermare: «Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.»
Cosa fu Lubiana, la costituzione della provincia di Lubiana, come iniziò e come purtroppo degenerò è materia che gli storici seri non sanno ancora come sceverare.
Ettore Messana onoriamolo come integerrimo servitore dello Stato
«Ma è possibile
che il Ministro Scelba si possa fidare di un uomo di cui si presume che conosca
anche il passato? Lasciamo stare che Messana è nell'elenco dei criminali di
guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera,
la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"»
Da qui la martellante stampa specializzata volta a colpire il
Messana quale CRIMNALE DI GUERRA. Il Li Causi,
ovvio, è abile, gioca con le parole, dice e non dice. Non per nulla è siciliano e l’omertà noi siciliani ce l’abbiamo nel sangue.
Soffermiamoci su particolari, sugli scivolamenti da verità
che se vere si possono esplicare semplicemente. No. Il Li Causi esordisce con
un ”lasciamo stare”. Lui lasciò stare.
Gli epigoni a iniziare da Danilo Dolci sino a finire ad una ex goriziana
improvvisatasi storica, non lasciano stare; affermano, martellano, propinano,
impongono. Il Messana. dicono - senza nulla sapere rispetto a quello che invece Li
Causi ben conosceva - fu con assoluta a certezza un CRIMINALE DI GUERRA.
Non è senza ragione che l’avvocato onorevole Li Causi, siccome
sa bene che si tratta soltanto di un elenco
buttato giù da “una nazione vicina” - non aggiunge che si tratta di Jugoslavia, di
nazione, cioè, addirittura nemica e siccome è vincitrice è assetata di vendetta.
Ma soprattutto sa che fine ha fatto presso il SIS di Roma
cioè presso il VIMINALE quell’elenco “nemico”. Tra 50 nominativi di “ricercati”
vi era stato incluso così senza specifica alcuna un “MESSANA”, “questore”.
E c’era poco da
ricercare: il Messana stava appunto a Palermo come terribile capo della polizia siciliana
di Stato dell’Italia ormai repubblicana e democratica. E stava lottando contro
un pernicioso banditismo, quello di Giuliano, che veniva foraggiato dagli americani.
Quegli americani che ora chissà perché lo vorrebbero sine causa CRIMINALE DI
GUERRA. Già, varie volte il Messana aveva relazionato che purtroppo armi moneta
ed altro all’EVIS, a Finocchiaro Aprile, agli Agrari venivano appunto forniti dagli
Americani. Abbiamo ben tre relazioni del Messana al suo Ministero in proposito.
I denigratori del Messana sembrano non accorgersene, non
percepirne l’importanza. Il più onesto, il
Mangiameli, di codeste schiere di
storici si limita a scrivere che sì il Messana aveva “prodotto continui
rastrellamenti” ma si illudeva che questi rastrellamenti potessero mettere “in
crisi i traffici illegali e alienare a Guliano le simpatie della popolazione
che lo considerava suo protettare”. Per Mangiameli insomma il Messana,
responsabile della pubblica sicurezza in Siciia in quel terribile biennio
1945-1947 era un miope funzionario di polizia incapsulatosi nel “mito della
contrapposizione tra mafia come
strumento tradizionale del mantenimento dell’ordine nelle campagne, e banditi
come ribelli primitivi”. Giudizio di valore dunque superficiale e gratutito che
uno storico non dovrebbe mai permettersi se vuole fare scienze sociali
avalutative. Ma diciamo: opinioni. E democraticamente va riconosciuta a tutti libertà
di opinione. Sempre che non leda l’onorabilità della gente. Cosa invece che non
fa la Cernigoi che abbiamo visto come si spinge in denigrazioni infamanti senza alcuna cognizione di causa.
Ma restiamo sbalorditi quando inopinatamente ci imbattiamo
in questo passo del professore Casarrubea, quando a pag. 29 del suo ultimo
libro a stampa (STORIA SEGRETA DELLA SICILIA, dallo sbarco alleato a Portella della
Ginestra, Tascabili Bompiani) si lascia scappare che “ci sono i rapporti dello
stesso ispettore di Pubblica Sicurezza Ettore Messana, che danno Giulino in contatto con agenti americani”.
Noi di quei rapporti ne abbiamo trovati ben tre nell’archivio
centrale dello Stato e francamente ci meravigliamo come acuti storici non ne
avevano notata la rilevanza e la delicatezza di quelle accuse nientemeno che
agli americani che a nostro avviso hanno nel giugno del 1947 chiesto la testa
dell’autore. Altro che tutta quella congerie di calunnie, insinuazioni, denigrazioni,
diffamazioni contro il Messana.
Il Li Causi è ben consapevole
di questo e non per nulla si lascia andare ad una banalità, quasi ad una
battuta di spirito del tutto fuori posto in quel contesto permettendosi di
celiare: “questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa:
"Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!". C’era del marcio
in Danimarca e Li Causi ben lo conosceva. Anzi a nostro avviso vi era
coinvolto. Ma di questo a suo tempo.
Chiediamo allora subito: perché mai un CIVILE potesse divenire un criminale di guerra.
Messana nel giugno del 1941 era stato inviato a Lubiana come
normale questore di una sedicente provincia italiana.
Solo la Cernigoi può affermare: «Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.»
Cosa fu Lubiana, la costituzione
della provincia di Lubiana, come iniziò e come purtroppo degenerò è materia che
gli storici seri non sanno ancora come sceverare.
[continua]
venerdì 17 ottobre 2014
la malerba del 104
ed anche carcerato e deve pure rifondere al valore attuale i danni procurati. Mi pare che esista l'istituto della provvisionale- La si applichi. Per una indagine che mi dicono che si sia protratta da almeno sette anni, non vi sono responsabilità degli inquirenti, dilazioni, accidie, compiacenze? Questi giudici sono troppo pagati per non venire a loro volta inquisiti.
contrappunto ad un discepolo ammodino di una professoressa di Sicilia
Sono un ottuagenario. Sono entrato qui di straforo. Conosco ed apprezzo la professoressa. Non si offenderà se le dico che quel Marco o non esiste o bara. Vissi i miei vent'anni tra Racalmuto ed Agrigento. I riti dell'amore siculo erano glabri. Vigeva la "taliata". Lei dietro la persiana socchiusa. Tu la guardavi, lei ti guardavi? successo amoroso. Grande spreco insomma di coito oculare. Per la ragazza arrivare intacta virgo la notte terribile delle nozze era ossessione inibente. Se il panno rosso non si sventolava, lo si mostrava tra preoccupati parenti stretti. Venne poi l'albergo. Il viaggio di nozze. Oh, che liberazione!- Molte divennero maestre a Messina e i legittimi mariti spesso ebbero tragiche sorprese. Matrimoni flaccidi. Se la vicina coniugata si prestava, si doveva. I figli si impressionavano? Era giusto, equo e livellatore. I figli si adontavano? Non penso. O meglio, v'era molto complesso di Edipo. Il ragazzo sai quanto se ne fregava se il padre faceva il maschio. Era geloso della mamma. Crederla senza sesso era liberatorio. Se invece era la genitrice che sgarrava, scattava il complesso del cocu e bruciava. Di solito lo si perpetuava sposando la fanciulla che si sapeva iniziata dall'amico di infanzia. Strane poi certe coppie incrociate. Forse ci si scambiava i favori. Per le ragazze non so. Non ne praticai. Emigrai. A Modena questi meridionalismi suonavano medievali tabù. Certo che l'emigrante non colto aveva tanto successo nelle balere ove caschetto d'oro spingeva all'abbraccio lubrico. Ma quello scendeva poi al paese per farsi una moglie.
Torno quaggiù dopo diecine di lustri e trovo tutto mutato. Dietro il mio cancello in campagna, rimasto chiuso per anni, trovo di tutto: Vi avevano parcheggiato le auto delle coppiette come a Roma o a Cento o a Rimini d'inverno. E per quel che vedo, anche le quattordicenni non hanno - o sembra che non abbiano - ritegno- Oggi a Roma se sali su un bus all'ora del ritorno da scuola, vedi che le parti si sono invertite: aggressive, sfacciate esperte se le guardi negli occhi le fanciulline anche di tenera età. Infrosciati, remissivi, distratti i giovincelli dalle mesce dorate, dall'orecchino equivoco e dalla mosceria impressionante. E in Sicilia? Non so! Leggendo quel che ho letto qui sopra mi disoriento: mi pare che nulla sia cambiato dai tempi miei. Il ragazzo che ha voglia di suicidarsi perché il padre talora cavalca la cavallina mi sembra improbabile. Ma confesso la mia ignoranza.
--------
QUESTA LA LETTERA CHE ANNOTO:
Torno quaggiù dopo diecine di lustri e trovo tutto mutato. Dietro il mio cancello in campagna, rimasto chiuso per anni, trovo di tutto: Vi avevano parcheggiato le auto delle coppiette come a Roma o a Cento o a Rimini d'inverno. E per quel che vedo, anche le quattordicenni non hanno - o sembra che non abbiano - ritegno- Oggi a Roma se sali su un bus all'ora del ritorno da scuola, vedi che le parti si sono invertite: aggressive, sfacciate esperte se le guardi negli occhi le fanciulline anche di tenera età. Infrosciati, remissivi, distratti i giovincelli dalle mesce dorate, dall'orecchino equivoco e dalla mosceria impressionante. E in Sicilia? Non so! Leggendo quel che ho letto qui sopra mi disoriento: mi pare che nulla sia cambiato dai tempi miei. Il ragazzo che ha voglia di suicidarsi perché il padre talora cavalca la cavallina mi sembra improbabile. Ma confesso la mia ignoranza.
--------
QUESTA LA LETTERA CHE ANNOTO:
Marco, 22 anni, ultimo anno di Scienze della
comunicazione. Abbiamo appena concordato l’argomento della tesi, la
metodologia, i libri da studiare e di solito finisce qua. Invece esita, sembra
che non voglia andarsene. Ha la faccia imbarazzata, guarda per terra. Poi
finalmente:
«Volevo ringraziarla, prof.»
«Per la tesi? Non ce n’è bisogno. Comincia a lavorare, mi ringrazierai alla fine.»
«No no, – sorride, – mica per la tesi. Per il blog. Per le cose che scrive sul blog.»
«Ne scrivo tante… quali?»
«Quelle sulle donne, – Marco arrossisce, – no, ma che dico: sulle donne e sugli uomini, sul fatto che i problemi delle donne sono anche nostri. È una cosa che mi ha colpito molto, la prima volta che l’ho sentita. Cioè no, in realtà non l’ho sentita, l’ho letta. Sul suo blog, appunto.»
«Ah. Ma perché dici questo?»
«Perché grazie a quello che scrive ho capito tante cose.»
Si appoggia sullo schienale e distende i lineamenti. Sembra che la tensione si stia allentando.
«Vede prof, a un certo punto ho cominciato a pensarci. E c’è stato un momento che ci pensavo giorno e notte, era diventato una specie di chiodo fisso. Poi finalmente ho capito.»
«Cos’hai capito, Marco?»
«Che i problemi non ce li hanno solo le donne, anche noi uomini ne abbiamo un casino. Anche se guadagniamo di più, lavoriamo di più, abbiamo l’immagine vincente e balle varie. Sì, quelle cose che lei scrive sul blog e che a molti danno fastidio. A dire il vero anche a me davano fastidio all’inizio. Molto. Mi facevano proprio incazzare, sa. Ma da quando ho capito, non più. Anzi…»
«Hai capito… cosa?»
«I nostri problemi, quelli dei maschi. Ci penso un casino, sa? A me certe cose di noi maschi cominciano a darmi molto fastidio. No, ma che dico: certe cose mi fanno proprio schifo, prof.»
«Quali cose?»
«Che dobbiamo fingere che siamo forti a tutti i costi, che non riusciamo a piangere, che trattiamo le ragazze in quel modo schifoso…»
«Cioè cosa fate?»
«Ma sì, prendi e molla. La fissa che sei più figo se ci vai a letto e il giorno dopo te ne freghi. L’idea che uno sia più ganzo se non si coinvolge, se non s’innamora. Balle, sono tutte balle. E il peggio è che certe cose me le ha insegnate mio padre, le ho imparate in casa, prof. Perché vede, la mia è una famiglia normalissima e in apparenza mia madre è indipendente, ha il suo lavoro, guadagna, ma sono tutte balle, perché in realtà le cose stanno diversamente, mio padre la tradisce da sempre, lei è infelice e io e mio fratello lo sappiamo da quando eravamo piccoli…»
Abbassa gli occhi, è di nuovo paonazzo.
«Marco, non dirmi niente, dai. Mi pare che questa cosa ti faccia star male…»
«No, prof. Certe cose a un certo punto bisogna buttarle fuori. Ci metto due minuti ma voglio dirle una cosa. Posso?»
«Certo.»
«Ricordo sempre una frase che mio padre mi disse la prima volta che ho scoperto che faceva le corna a mia madre. Avevo dieci anni e forse… be’ forse lo stavo guardando male, doveva esserci qualcosa di storto nella mia faccia, perché mi disse: “Vedi Marco, gli uomini sono fatti così. Un uomo non si giudica da come tratta le donne. Un uomo si giudica dal lavoro, dalle cose che costruisce, da come tratta i figli. Le donne sono un’altra cosa”.»
«E tu?»
«Ci pensai un casino, mi convinsi che aveva ragione lui e che anche per me e mio fratello le cose sarebbero andate in questo modo.»
«Ne sei ancora convinto?»
«Per niente, anzi. È proprio per questo che l’ho ringraziata. Perché grazie al suo blog ho capito che in realtà a me questa cosa di mio padre mi ha sempre fatto schifo. Io non voglio essere così. Gli uomini si giudicano anche da come trattano le donne. No, ma che dico: soprattutto, non anche. E mio padre mi avrà anche dato i soldi per mangiare, per studiare e per andare fuori con gli amici la sera. Ma mi fa schifo lo stesso, ecco l’ho detto: mi fa schifo. E io non voglio essere come lui. Voglio essere diverso. Mi aiuta, prof?»
«Volevo ringraziarla, prof.»
«Per la tesi? Non ce n’è bisogno. Comincia a lavorare, mi ringrazierai alla fine.»
«No no, – sorride, – mica per la tesi. Per il blog. Per le cose che scrive sul blog.»
«Ne scrivo tante… quali?»
«Quelle sulle donne, – Marco arrossisce, – no, ma che dico: sulle donne e sugli uomini, sul fatto che i problemi delle donne sono anche nostri. È una cosa che mi ha colpito molto, la prima volta che l’ho sentita. Cioè no, in realtà non l’ho sentita, l’ho letta. Sul suo blog, appunto.»
«Ah. Ma perché dici questo?»
«Perché grazie a quello che scrive ho capito tante cose.»
Si appoggia sullo schienale e distende i lineamenti. Sembra che la tensione si stia allentando.
«Vede prof, a un certo punto ho cominciato a pensarci. E c’è stato un momento che ci pensavo giorno e notte, era diventato una specie di chiodo fisso. Poi finalmente ho capito.»
«Cos’hai capito, Marco?»
«Che i problemi non ce li hanno solo le donne, anche noi uomini ne abbiamo un casino. Anche se guadagniamo di più, lavoriamo di più, abbiamo l’immagine vincente e balle varie. Sì, quelle cose che lei scrive sul blog e che a molti danno fastidio. A dire il vero anche a me davano fastidio all’inizio. Molto. Mi facevano proprio incazzare, sa. Ma da quando ho capito, non più. Anzi…»
«Hai capito… cosa?»
«I nostri problemi, quelli dei maschi. Ci penso un casino, sa? A me certe cose di noi maschi cominciano a darmi molto fastidio. No, ma che dico: certe cose mi fanno proprio schifo, prof.»
«Quali cose?»
«Che dobbiamo fingere che siamo forti a tutti i costi, che non riusciamo a piangere, che trattiamo le ragazze in quel modo schifoso…»
«Cioè cosa fate?»
«Ma sì, prendi e molla. La fissa che sei più figo se ci vai a letto e il giorno dopo te ne freghi. L’idea che uno sia più ganzo se non si coinvolge, se non s’innamora. Balle, sono tutte balle. E il peggio è che certe cose me le ha insegnate mio padre, le ho imparate in casa, prof. Perché vede, la mia è una famiglia normalissima e in apparenza mia madre è indipendente, ha il suo lavoro, guadagna, ma sono tutte balle, perché in realtà le cose stanno diversamente, mio padre la tradisce da sempre, lei è infelice e io e mio fratello lo sappiamo da quando eravamo piccoli…»
Abbassa gli occhi, è di nuovo paonazzo.
«Marco, non dirmi niente, dai. Mi pare che questa cosa ti faccia star male…»
«No, prof. Certe cose a un certo punto bisogna buttarle fuori. Ci metto due minuti ma voglio dirle una cosa. Posso?»
«Certo.»
«Ricordo sempre una frase che mio padre mi disse la prima volta che ho scoperto che faceva le corna a mia madre. Avevo dieci anni e forse… be’ forse lo stavo guardando male, doveva esserci qualcosa di storto nella mia faccia, perché mi disse: “Vedi Marco, gli uomini sono fatti così. Un uomo non si giudica da come tratta le donne. Un uomo si giudica dal lavoro, dalle cose che costruisce, da come tratta i figli. Le donne sono un’altra cosa”.»
«E tu?»
«Ci pensai un casino, mi convinsi che aveva ragione lui e che anche per me e mio fratello le cose sarebbero andate in questo modo.»
«Ne sei ancora convinto?»
«Per niente, anzi. È proprio per questo che l’ho ringraziata. Perché grazie al suo blog ho capito che in realtà a me questa cosa di mio padre mi ha sempre fatto schifo. Io non voglio essere così. Gli uomini si giudicano anche da come trattano le donne. No, ma che dico: soprattutto, non anche. E mio padre mi avrà anche dato i soldi per mangiare, per studiare e per andare fuori con gli amici la sera. Ma mi fa schifo lo stesso, ecco l’ho detto: mi fa schifo. E io non voglio essere come lui. Voglio essere diverso. Mi aiuta, prof?»
venerdì 25 ottobre 2013 una mia vecchia rissa: abbasso le donne!
venerdì 25 ottobre 2013
Odio Montedoro
3 ore fa
·
Si dà il caso che scartabellando tra i mucchi di fotocopie
di casa mia a Roma trovo questa impresentabile riproduzione dell’ormai lady
Chatterley di Montedoro: il mondo di
Louise . L’originale resta a Racalmuto e quindi le foto che qui riproduco
non fanno giustizia alla indubbia abilità fotografica di questa fragile
creatura d’Inghilterra.
E’ inutile negarlo: scrive soavemente; ha periodo lucido, ha aggettivazione accattivante, la sua paratassi non è di fattura scolastica. Certo, l’animo è femmineo, esile, e l’immagine è talora sdolcinata. Ma i luoghi sono resi per la loro avvenenza. E quel che mi appassiona è una Racalmuto solare, mediterranea, persino possente con i suoi due torrioni di piazza Castello.
La Louise incontra un prete: padre Giuseppe. Saprà dopo (o crederà di sapere) che da giovane fu brigante e chiamava “crocifisso il suo coltello”. Ma sono due villici montedoresi a cimentarsi a chi la sparava più grossa contro l’invidiato e più evoluto paese contiguo, il mio Racalmuto. Uno si chiamava Alessandro che a Montedoro credo si dica Lisciannaru e l’altro Turiddu (l’inglesina non lo italianizza). Come vede Louise quei due rozzi montedoresi? con tocco di romantico travisamento, in un misto tra l’armonia dell’aprico monte Castelluccio ed il pittoresco dell’afrore contadino di questi due selvaggi compagni di viaggio.
A guardarli questi due villici accompagnatori della diafana Louise non saprei a chi dare lo scettro dello stalliere di lady Chatterley, ma nessuno dei due mi appare con le phisique du role di David Herbert Lawrence (1885-1930); e l’arditezza del peccaminoso “strusciamento” a chi toccasse credo che manco l’onnisciente Messana di Montedoro saprebbe dirlo.
Va anche aggiunto che Sciascia non è perspicuo nel sintetizzare queste pagine di Louise, l’inglesina sposatasi a Montedoro: la sua consecutio temporum (storica e logica) mi pare inquinata da un lapsus memoriae come anche la vedova non ebbe ritegno ad ammettere per una mia cosa. Anche Sciascia, quando andava a memoria, cadeva nei “lapsi mamoriae” come ogni comune mortale. E siccome questo è un mio difetto che con il passare degli anni si aggrava , non sarò io a contestarlo. Certo, dimentico quanto volete ma non credo che dopo attente consultazioni possa davvero cascare in scivoloni grotteschi come il motedorese Messana impudentemente mi rinfaccia.
Sciascia invero s’indusse in errore perché indusse in errore l’arciprete Casuccio con quel magro e fuorviante padre Giuseppe della Caico. Forse l’attenzione andava spostata dall’ex francescano all’altro tonacato a cognome Romano, che mi risulta piuttosto discolo. Ma comunque non tale da potere dire di lui (e men che meno di padre Giuseppe Bufalino Maranella): un prete molto “originale … perché nonostante la sua tonaca, viveva da feroce bandito. Chiamava crocifisso il suo coltello, ed era fedele amico e compagno di autentici briganti; arrestato più di una volta come ladro e assassino, è stato condannato a molti anni di esilio, e persino ora da vecchio, non se ne sta tranquillo come dovrebbe, dato che il vescovo gli ha ridato il permesso di dire messa”.
Ciarla di Alessandro da Montedoro, che il Messana mi pare cognomina come Augello. Lasciamolo stare come “grottesco microstorico ecclesiastico di Racalmuto”; ma neppure come loico mi pare che brilli. Se il vescovo a questo innominato padre Giuseppe “ridà il permesso di dire messa” (meglio leva la suspensio a divinis) vuol dire che il vecchio brigante si era ravveduto e che quindi da “vecchio se ne sta tranquillo come dovrebbe”. Il Messana lo “scivolone grottesco” dovrebbe appiopparlo al suo prediletto compaesano.
Ma dove casca ancor più l’asino è in questo passo della deliziosa Louise: “L’ho mandato a chiamare, rispose Alessandro (alias Lisciannaru), perché sapevo che ci voleva una persona intelligente per parlare con Voscenza, e padre Giuseppe è l’unica persona intelligente a Racalmuto!”.
Non è del tutto fedele Sciascia quando fa dire alla “guida: E’ il solo uomo intelligente che c’è a Racalmuto; purtuttavia cade in uno intenzionale scivolone grottesco il Messana di Montedoro quando vuol tutto attenuare trasformando l’apodittico anatema di Liscianaru Augello in un passabile “ padre Giuseppe è tra le persone PIU’ INTELLIGENTI di Racalmuto”. Et de hoc satis.
L’abbiamo scritto quando eravamo innamorati di Montedoro (e su via! Lo siamo ancora ed anzi ancor di più; se una persona degna, intelligente e positiva incappa in una cazzata, poco male: succede a tutti .. il grave sarebbe per qualche carnalivari ca ‘cci va appriessu) dichiaravamo di grande importanza archeologica lo scritto di Louise e soprattutto le foto di Louise. Ci ha tramandato squarci di Racalmuto unici e preziosissimi. Innanzi tutto, sul Castello: hanno avuto di che fracassare padre Cipolla e certi santoni della Soprintendenza (e persino il genio militare nella guerra del 40-43 – per noi di Racalmuto). Louise ci ha tramandato una serie di foto di lu Cannuni (Cannuni, perché i militari del ’40 avevano piazzato un cannone sopra la torre di Nord-est; così almeno noi la sappiamo e potremmo venire documentalmente smentiti - ma non per sentito dire), che mi consentiranno quando sarò sindaco di fare sagace e sapiente restitutio in integrum, depurando ogni tintura al ducotone, e recuperando i reperti archeologi del sotto-castello che so esservi a completamento del sarcofago romano di patri Cipudda e delle ceramiche che una ragazzuola protetta ha dichiarato del quattrocento saccense.
Louise incontra padre Giuseppe che ci appare molto agguerrito in microstoria Racalmutese (altro che incallito brigante in senescente ladroneria); dice all’inglesina cose di recente apprese e piuttosto corrette (qualche sbavatura è perdonabile). Si vede che codesto padre Giuseppe ha letto le memorie del Tinebra; e le ha lette per il verso giusto, senza bizzarrie fantasmatiche.
Padre Giuseppe affascina l’inglesina; Lisciannaru ne è geloso: non può competere sul piano dell’erudizione da ostentare a Voscenza. Si sbizzarrisce in “grottechi scivoloni” microstorici tanto da fare “inorridire” la lady e le donne son volubili ma non come le vorrebbe Verdi; sempre pronte a mutare “d’accento e di pensiero”.
Lisciannaru credo che tutto sommato confondesse e l’ex padre francescano e il non santo padre Giuseppe Romano con qualcuno che, non la condanna al carcere ebbe, ma processi civili sì e sospensioni a divinis tante: il padre Burruano.
E’ inutile negarlo: scrive soavemente; ha periodo lucido, ha aggettivazione accattivante, la sua paratassi non è di fattura scolastica. Certo, l’animo è femmineo, esile, e l’immagine è talora sdolcinata. Ma i luoghi sono resi per la loro avvenenza. E quel che mi appassiona è una Racalmuto solare, mediterranea, persino possente con i suoi due torrioni di piazza Castello.
La Louise incontra un prete: padre Giuseppe. Saprà dopo (o crederà di sapere) che da giovane fu brigante e chiamava “crocifisso il suo coltello”. Ma sono due villici montedoresi a cimentarsi a chi la sparava più grossa contro l’invidiato e più evoluto paese contiguo, il mio Racalmuto. Uno si chiamava Alessandro che a Montedoro credo si dica Lisciannaru e l’altro Turiddu (l’inglesina non lo italianizza). Come vede Louise quei due rozzi montedoresi? con tocco di romantico travisamento, in un misto tra l’armonia dell’aprico monte Castelluccio ed il pittoresco dell’afrore contadino di questi due selvaggi compagni di viaggio.
A guardarli questi due villici accompagnatori della diafana Louise non saprei a chi dare lo scettro dello stalliere di lady Chatterley, ma nessuno dei due mi appare con le phisique du role di David Herbert Lawrence (1885-1930); e l’arditezza del peccaminoso “strusciamento” a chi toccasse credo che manco l’onnisciente Messana di Montedoro saprebbe dirlo.
Va anche aggiunto che Sciascia non è perspicuo nel sintetizzare queste pagine di Louise, l’inglesina sposatasi a Montedoro: la sua consecutio temporum (storica e logica) mi pare inquinata da un lapsus memoriae come anche la vedova non ebbe ritegno ad ammettere per una mia cosa. Anche Sciascia, quando andava a memoria, cadeva nei “lapsi mamoriae” come ogni comune mortale. E siccome questo è un mio difetto che con il passare degli anni si aggrava , non sarò io a contestarlo. Certo, dimentico quanto volete ma non credo che dopo attente consultazioni possa davvero cascare in scivoloni grotteschi come il motedorese Messana impudentemente mi rinfaccia.
Sciascia invero s’indusse in errore perché indusse in errore l’arciprete Casuccio con quel magro e fuorviante padre Giuseppe della Caico. Forse l’attenzione andava spostata dall’ex francescano all’altro tonacato a cognome Romano, che mi risulta piuttosto discolo. Ma comunque non tale da potere dire di lui (e men che meno di padre Giuseppe Bufalino Maranella): un prete molto “originale … perché nonostante la sua tonaca, viveva da feroce bandito. Chiamava crocifisso il suo coltello, ed era fedele amico e compagno di autentici briganti; arrestato più di una volta come ladro e assassino, è stato condannato a molti anni di esilio, e persino ora da vecchio, non se ne sta tranquillo come dovrebbe, dato che il vescovo gli ha ridato il permesso di dire messa”.
Ciarla di Alessandro da Montedoro, che il Messana mi pare cognomina come Augello. Lasciamolo stare come “grottesco microstorico ecclesiastico di Racalmuto”; ma neppure come loico mi pare che brilli. Se il vescovo a questo innominato padre Giuseppe “ridà il permesso di dire messa” (meglio leva la suspensio a divinis) vuol dire che il vecchio brigante si era ravveduto e che quindi da “vecchio se ne sta tranquillo come dovrebbe”. Il Messana lo “scivolone grottesco” dovrebbe appiopparlo al suo prediletto compaesano.
Ma dove casca ancor più l’asino è in questo passo della deliziosa Louise: “L’ho mandato a chiamare, rispose Alessandro (alias Lisciannaru), perché sapevo che ci voleva una persona intelligente per parlare con Voscenza, e padre Giuseppe è l’unica persona intelligente a Racalmuto!”.
Non è del tutto fedele Sciascia quando fa dire alla “guida: E’ il solo uomo intelligente che c’è a Racalmuto; purtuttavia cade in uno intenzionale scivolone grottesco il Messana di Montedoro quando vuol tutto attenuare trasformando l’apodittico anatema di Liscianaru Augello in un passabile “ padre Giuseppe è tra le persone PIU’ INTELLIGENTI di Racalmuto”. Et de hoc satis.
L’abbiamo scritto quando eravamo innamorati di Montedoro (e su via! Lo siamo ancora ed anzi ancor di più; se una persona degna, intelligente e positiva incappa in una cazzata, poco male: succede a tutti .. il grave sarebbe per qualche carnalivari ca ‘cci va appriessu) dichiaravamo di grande importanza archeologica lo scritto di Louise e soprattutto le foto di Louise. Ci ha tramandato squarci di Racalmuto unici e preziosissimi. Innanzi tutto, sul Castello: hanno avuto di che fracassare padre Cipolla e certi santoni della Soprintendenza (e persino il genio militare nella guerra del 40-43 – per noi di Racalmuto). Louise ci ha tramandato una serie di foto di lu Cannuni (Cannuni, perché i militari del ’40 avevano piazzato un cannone sopra la torre di Nord-est; così almeno noi la sappiamo e potremmo venire documentalmente smentiti - ma non per sentito dire), che mi consentiranno quando sarò sindaco di fare sagace e sapiente restitutio in integrum, depurando ogni tintura al ducotone, e recuperando i reperti archeologi del sotto-castello che so esservi a completamento del sarcofago romano di patri Cipudda e delle ceramiche che una ragazzuola protetta ha dichiarato del quattrocento saccense.
Louise incontra padre Giuseppe che ci appare molto agguerrito in microstoria Racalmutese (altro che incallito brigante in senescente ladroneria); dice all’inglesina cose di recente apprese e piuttosto corrette (qualche sbavatura è perdonabile). Si vede che codesto padre Giuseppe ha letto le memorie del Tinebra; e le ha lette per il verso giusto, senza bizzarrie fantasmatiche.
Padre Giuseppe affascina l’inglesina; Lisciannaru ne è geloso: non può competere sul piano dell’erudizione da ostentare a Voscenza. Si sbizzarrisce in “grottechi scivoloni” microstorici tanto da fare “inorridire” la lady e le donne son volubili ma non come le vorrebbe Verdi; sempre pronte a mutare “d’accento e di pensiero”.
Lisciannaru credo che tutto sommato confondesse e l’ex padre francescano e il non santo padre Giuseppe Romano con qualcuno che, non la condanna al carcere ebbe, ma processi civili sì e sospensioni a divinis tante: il padre Burruano.
Questi però a tempo della gita a Racalmuto della lady
Chatterley di Montendoro era morto da una quindicina di anni. Ne ho scritto, su
codesto davvero singolare prete capostipite della gloriosa (almeno per tanti)
famiglia Burruano (quella del feci quod potui, faciant meliora potentes): mi si
è rotto il computer ed ho perso le ricerche. Ne ha una copia quasi integrale
l’avvocato Burruano: spero che ne faccia tesoro.
Interessante è soprattutto la descrizione del Castelluccio. Molto più veritiere delle notizie del Tinebra, quelle di carattere storico anche se non del tutto corrette; sono però, le foto, davvero di somma importanza. Quella chiesa là è cimelio storico da recuperare. Vi era un vero e proprio villaggio attorno a quel Castrum, fortezza militare comunque imprescrittibile, inalienabile, inusucapibile.
Non semplice “piccola
cappella ora abbandonata” che un tempo fu rifugio, non di “pacifici abitanti”
assaltati da” pirati , sbarcati nelle baie ridenti” (farneticazioni di
inglesine in fregola romantica) ma da veri e propri coloni dell’altro feudo
“quello di Gibillini” in mano a varie nobili famiglie sino alla decadenza dei
Tulumello; e questi coloni in quella chiesa, che piccola non era, andavano ogni
domenica a sentir messa. Erano i castidddruzzara
– ed un sopravvissuto diede uva e ristoro alla triade della lady – che in una
numerazione delle anime del 1828 sono in Matrice segnati per nome , cognome,
età e consistenza familiare.
Seguiamo con voluttà la ormai diruta conformazione archeologica: “ la vista di una misteriosa scala ricavata nello spessore delle mura, che conduceva chissà dove, evocava alla mia mente ogni sorta di romantiche avventure medioevali, e intanto gli uomini, che avevano condotto i cavalli nelle stesse stalle del castello, così ampie da poter accogliere ottanta cavalli, tornavano a disperdere crudelmente il mio fantasticare su quelle misteriose rampe di scale, domandandomi se non avessi fame, etc. etc.”
Seguiamo con voluttà la ormai diruta conformazione archeologica: “ la vista di una misteriosa scala ricavata nello spessore delle mura, che conduceva chissà dove, evocava alla mia mente ogni sorta di romantiche avventure medioevali, e intanto gli uomini, che avevano condotto i cavalli nelle stesse stalle del castello, così ampie da poter accogliere ottanta cavalli, tornavano a disperdere crudelmente il mio fantasticare su quelle misteriose rampe di scale, domandandomi se non avessi fame, etc. etc.”
Preziosità da potere persino sfruttare per un turismo d’élite, scomunicando i nostri contigui nemici architetti di Grotte che penserebbero invece a fare di quel romantico castello una bolgia peccaminosa per ruffianerie e gozzoviglie di depravato turismo.
Nicolò Falci
Lillo, mi pare che tu te la stia prendendo con il Messana, quasi ti avesse
offeso mortalmente, e non per aver scritto cose (addirittura riportato cose
scritte 100 anni fa da altri) che, può darsi a ragione, non da te condivise.
Dico questo a meno che mi siano sfuggite parole offensive nei tuoi confronti.
Se così fosse ti prego di segnalarmele. Se poi il tutto avesse avuto origine da
canzonature che paesi limitrofi erano e sono soliti scambiarsi
("muntidurisi panzuti" "safarchisi fanatici e fissa"
"sancatallisi foddri" "racarmutisi salinara"), nel nostro
caso l'intelligenza dei racalmutesi, mi pare che, a questo punto la polemica
sia superata e pertanto da chiudere.
Calogero
Taverna Premetto che mi ci sto divertendo un sacco. Chi manco mi
conosce dovrebbe essere un po’ più cauto ad insolentirmi, e ad insolentirmi in
sedi aliene approfittando della probabile invidiuzza
di qualche meschinello nei miei confronti. Se ci si sbilancia in derisioni
offensive, ci si attenda la replica e salace. Figurati poi da uno come me che
quanto a polemica scarnificante ci va a nozze.
Non capendo neppure quello che scrivevo mi si controbatte che sarei caduto più da babbeo che da microstorico in una esaltazione (appassionata) di un pretonzolo racalmutese (che invece sarebbe originario montedorese, ma per l’onore di entrambi i due paesi non era né brigante né il solo intelligente della Racalmuto del primo Novecento).
Non capendo neppure quello che scrivevo mi si controbatte che sarei caduto più da babbeo che da microstorico in una esaltazione (appassionata) di un pretonzolo racalmutese (che invece sarebbe originario montedorese, ma per l’onore di entrambi i due paesi non era né brigante né il solo intelligente della Racalmuto del primo Novecento).
Senza un minimo di accortezza Costui (montedorese e mi dispiace essendo Montedoro un paese che adoro e che continuo ad adorare) mi rimprovera “scivoloni” storici. Certo tutti scivoliamo; ma Costui non in scivoloni incappa ma in tonfi di intelligenza oltre che di informazione storica. E fin qui transeat. Solo che ha bisogno di aggettivare e scrive testualmente “scivoloni GROTTESCHI”. E qui siamo nell’offesa, nella denigrazione. Imperdonabile!
Dicevo che per di più ricorre all’ospitalità di chi non gliela doveva dare. Ora quest’altro fa il pentito.
Con te dico: de hoc satis. Non prendertela più di tanto. Ma lasciami a me intero il sardonico divertimento.
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