Infantino tenore ormai in declino si mette a comporre musica. Mette
sostanzialmente nel pentagramma serenate, canzoni e canti sacri racalmutesi. Li
vuol pubblicare: si fa rilasciare una presentazione dal suo amico e coetaneo
Leonardo Sciascia. Eccola: mirabile, una delle più belle pagine del grande
Racalmutese che mi sia capitato di leggere. Inoltre ottiene non si sa come
questa splendida composizione pittorica di Guttuso per la copertita dei suoi
spartiti. Sciascia e Infantino in sodalizio all'epoca con il grande Renato
Guttuso di Bagheria. Poi non sarà più così. Ma noi gustiamoci qui questo
sublime binomio: Guttuso-Sciascia, i figli di Bagheria e Racalmuto, due paesi
oggi tacciati di tante infamie mafiose.
mercoledì 12 dicembre 2012
Pagina fotografica di storia racalmutese - Natoli e Pedalino a Racalmuto
Siamo in piena epoca fascista: giunge a Racalmuto l'autore dei Beati
Paoli; un po' rinviene un po' si prefigura la storia di un uomo di "tenace
concetto": fra Diego La
Matina.
Messaggio a Ferdinando Imposimato
Ho osato scrivere questo messaggio all'ex giudice Ferdinando Imposimato:
non dico che mi aspettassi una esaustiva
udienza, ma almeno un cenno cortese che avrei tanto gradito. Nulla.
I grandi
uomini parlano e non ascoltano. Credono persino che così salvaguardino il loro
alato prestigio.
Calogero Taverna
E' un vero peccato che con Lei non si possa qui dialogare. Noblesse oblige! Certo a distanza di oltre trentadue anni mi piacerebbe avere un colloquio con Lei circa quell'interrogatorio - non troppo formale - che mi impose nei sotterranei dell'EUR. Riguardava il caso Sindona. Ella fu con me un gran signore. Non lo fu invece Falcone con Sciascia per identico episodio. Sciascia si spaventò troppo; la minaccia di imputazione non tanto di falsa testimonianza quanto di contiguità con la mafia, lo intimorì tanto da fargli scemare le difese immunitarie e morire quindi di leucemia (per quel che ne so). Sto oggi scrivendo e parlando in eccesso per dimostrare che la magistratura (Colombo in testa) nulla capì delle banche milanesi (io ne ispezionai una) che molto giornalisticamente si chiamarono le Banche di Sindona. Vicende come quella di Fazio ripropongono il problema sia pure a condanne rovesciate.
Calogero Taverna
E' un vero peccato che con Lei non si possa qui dialogare. Noblesse oblige! Certo a distanza di oltre trentadue anni mi piacerebbe avere un colloquio con Lei circa quell'interrogatorio - non troppo formale - che mi impose nei sotterranei dell'EUR. Riguardava il caso Sindona. Ella fu con me un gran signore. Non lo fu invece Falcone con Sciascia per identico episodio. Sciascia si spaventò troppo; la minaccia di imputazione non tanto di falsa testimonianza quanto di contiguità con la mafia, lo intimorì tanto da fargli scemare le difese immunitarie e morire quindi di leucemia (per quel che ne so). Sto oggi scrivendo e parlando in eccesso per dimostrare che la magistratura (Colombo in testa) nulla capì delle banche milanesi (io ne ispezionai una) che molto giornalisticamente si chiamarono le Banche di Sindona. Vicende come quella di Fazio ripropongono il problema sia pure a condanne rovesciate.
lunedì 10 dicembre 2012
Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO
di Calogero Taverna
Il grande banchiere Geronzi (o meglio
mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per
incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività
nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di
pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per
risanare la BNA la Banca di Roma vende
Interbanca "e lascia il ricavato alla controllata", che il bischero
che compra è il defunto Pontello (quello che viene dalla Banca Privata
Finanziaria) "padre-padrone -- molto rispettato non solo nelle Tre Venezie"
(chi ha da tremare, tremi).
Pontello non si ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di
lire".
Il banchiere realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In
meno di quattro anni”. Il povero mortale, quello che voi dite che non riesce a
sbarcare il lunario, si fa il segno della croce (ammesso che abbia voglia di
leggere queste cose di altissima finanza): ma quel Pontello lì i soldi li
stampava? Ma quel banchiere come faceva a fare tutti quei marchingegni che
manco Tanu Bamminu ci riusciva con le carte?
Sì c’è Basilea, BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che
vorrebbero addirittura – almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò
si sa è come non commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e
normali. Roba da preti insomma. Qui a Roma, rigidi revisori pagati come società
di certificazione dei bilanci sono
costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si ovatta una
perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con una
ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire” atta
ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della
Mediterranea.
Perché siffatto bailamme? Chiaro: per consentire lo SBARCO IN SICILIA
(vedi pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiatemi ad ottant’anni il pedante ed
ozioso compito di far sintesi giornalistiche).
Sono sornione: lo ammetto. Ma qui ho voglia di chiedere
spiegazioni all’illustre facoltà di economia dell’Università del tempo perso di
Racalmuto. Perché mai quel putiferio? C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto
una INTERFINANZA ove allocchi depositarono centinaia di milioni di loro
risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma sia anche per
infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica? Già, dopo
finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatesi America e Russia magari per il
provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed io di sinistra
l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato nati a
Grotte); squagliatasi l’iniziativa edilizia “americana”del pingue Joe
racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi (e non solo) corsero davvero il
rischio di perdere i soldi; e i loro figli, i posti che credevano bancari ma
tali non erano. Sovvennero il Banco di Sicilia, La Cassa di Risparmio Vittorio
Emanuele e “salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi,
appunto).
Sovvenne
Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti soldi (in
tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani che quei
“derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche quelli che
non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene pilotare
‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma di
grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.
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