mercoledì 19 luglio 2023
ARS Cicoli
4 luglio 2016
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UN MESE FA CIRCA LANCIAVO QUESTA IDEA CHE POTEVA ESSERE L'INIZIO DI UNA SVOLTA PER LA DIGNITOSA E REMUNRATA OCCUPAZIONE GIOVANILE. NOVITA' NELLA TRADIZIONE. CULTURA PERSINO NELLA SCIASCIANA "PAMPILONIA" DELLA FESTA DEL MONTE. INTELLIGENTI RICHIAMI TURISTICI. REPUCERO DELLA NOSTRA GRANDE CIVILTA' ANCESTRALE.
NIENTE NIENTE NIENTE
PAROLE AL VENTO LE MIE.!!!!!
Calogero Taverna
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Tre Giorni nella Terra dei Sicani con l'agenzia viaggi Regapetra di Enzo guarda CONTRA OMNIA RACALMUTOMacaluso
Voi che bene o male mi leggete, voi che bene o male siete costretti ad interrogarvi cosa sarà mai Racalmuto, voi che non siete locali (ma anche voi se lo siete) perché non passate un fine settimana a Racalmuto.
Rivolgetevi all'Agenzia di Viaggi del mio amico Enzo Macaluso. Sa organizzarvi ua indimenticabile originale tre giorni. Vi può venire a prendere dove volete. Se preferite l'aereo verrebbe a prelevarvi vuoi all'eroporto di Catania,vuoi a quello di Palermo e figursi dagli altri aerporti minori. Vi sistemerebbe ove preferiti dall'albergo a 5 stelle a quello molto lindo piacevole e molto ecomomico, o in stanza in famiglia (Racalmuto è paese albergo) o in intriganti B&B locali.
Per un giorno vi farebbe toccare con mano e deliziare con gli occhi con una istruttiva peregrinatio i luoghi più arcani dell'ancora non del tutto investigata Civiltà Sicana (o meglio presica secondo mie esclusive ricerche che Enzo ben conosce) .
E lungo il percorso vi additerebbe lo Zubbio di Sant'Anna, le collegate miniere di caciummo, le fughe d'amore nel bosco di Aglianni al Castelluccio, il Castelluccio, la fontana del Vozzaro, i ruderi di colossali miniere di potassio abbandonate.
E il clou dei clou le fantastiche mecropoli sicane di Fra Diego, la grotta del frate agostiniamo giustiziato a Sant'Elmo per la nota Morte dell'Inquisitore di Sciascia.
Ritornando non mancherebbe uno sguardo alla spettrale necropoli bizantina a Vriccico tra calanche e mincciose statue rocciose scolpite da i venti preistorici.
In appendice una vista lungo il "gattano" detto del Pantano per vedere i luoghi del ritrovamento dei Tegulae Sulfuris del Mommsen e quindil'arcano di una incipiente tomba a Tholos rastremata in alto da un palmento Cinquecentesco come cinquecenteschi sono i mulini ad acqua dei dintorni, capolavori dell'ingegneria di quei tempi.
L'indomani ad Agrigento a godere gli splendori della Valle dei Templi, e il pomerggio un puntata a quel capolavoro unico della natura che è la SCALA DEI TURCHI.
Il terzo giorno escursione a Milena per ammirare le tombe micenee, celeberrime per i ritovamenti archelogici e da lì visita alle mastodontiche tombe di Sant'Angelo Muxaro dove si colloca il mito di Icaro.
Quanto ai prezzi, Enzo è mbattibile per andare incontro alle esigenze dell'oculato risparmio dei graditi ospiti.
Vi saranno oggertre grati le mie pubblicazioni archeologiche e storiche su Racalmuto e vi sarà messa a disposizone studi specialisici er una vanca divertente ma anche erudita.
Visualizzato: 13 giugno
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[<'Pampilonia, nel dialetto racalmutese vol dire confusione infernale chiasso panico smisurata allegria; a chi ha letto 'Fiesta? di Hemingway più suggestiva sembrerà l'ipotesi che la parola scaturisca dalla festa di Pamplona invcece che dalla Babilonia 'civitate infernali' dei predicatori; e all'potesi si accompagna una 'pampilonia' di festa che nell'ultima settimana di maggio qui esplode insonne e violenta.
Con questa festa rissosa, che certo piacerebbe a Hemingway, i regalpetresi celebrano un miraolo della Madonna di cui fanno fede antiche cronache. Correva l'anno 1503, ed era signore di Regalpetra Ercole del Carretto quando in un pomeriggio pieno di sole e polvere fece sosta davanti alla chiesa di santa Lucia, dove era una fontana. il nobile castronovese Eugenio Gioeni ......ma più di ogni altra è inquietante la considerazione sulla scelta della Madonna tra il Gioeni e il del CARRETTO, TRA I CASTRONOVESI E I RAGALPETRESI ... PERHe' TRA I REGALPETRESI LA MADONNA HA VOLUTO FERMARSI, LA POPOLAZIONE DI CASTRONOVO ESSENDO IN EGUAL MISURA FATTA DI UOMINI ONESTI E DI DELINQUENTI, DI INTELLIGENTI E DI IMBECILLI. -->]
Leonardo Sciascia: Le parrocchie di Regalpetra.
martedì 18 luglio 2023
Calogero Taverna
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“STORIA RELIGIOSA DI RACALMUTO”
Studi e ricerche
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PRIMA DELLA STORIA
Racalmuto si affaccia sulla ribalta della storia - quella almeno documentata - molto tardi: bisogna attendere il 1271 per imbattersi in un diploma angioino ove il casale della diocesi di Agrigento è segnato in termini tali da non lasciare troppi dubbi sulla esistenza del paese. Prima, affiorano solo cenni o spunti che soltanto in via congetturale possono portare a questo centro dall’incerto nome arabo di Racalmuto.
Il toponimo “Racel ...”, ad evidenza corrotto ed incompleto, che trovasi nelle cronache del Malaterra, è da riferire secondo alcuni a questo entro dell’agrigentino: di conseguenza esso sarebbe uno dei dodici borghi arabi soggiogati, violati e ricristianizzati dai lancieri di Ruggero il Normanno, nell’aggiramento per la conquista della Ghirgent di Kamuth. E Racalmuto nient’altro sarebbe che “Racal-Kamut”, Borgo o Fortezza di Kamuth - come del resto lascia trapelare la grafia del toponimo nel diploma del XIII secolo che si custodiva a Napoli, negli archivi angioini.
Altri si ostina a collegare una delle località descritte dal geografo Edrisi, GARDUTAH, con Racalmuto (come se si trattasse di una corrotta trascrizione del fonema dialettale “Racarmutu”). Altri come Eugenio Messana, invece, reputa che il toponimo Al Minshar sempre dell’Edrisi non sia nient’altro che il Castelluccio.
Non manca certo l’erudizione, ma ci troviamo di fronte solo a vaghe congetture.
Noi, invece, restiamo presi da quanto afferma un archeologo del valore di Biagio Pace che, forse un po’ troppo avvalorando il nostro Tinebra Martorana, propende per la tesi secondo la quale le Grotticelle, sotto la contrada del Giudeo, sarebbero state adattate, nei tempi bizantini prossimi al papa Gregorio Magno, ad ipogeo cristiano.
E sulle ali dell’entusiasmo archeologico, avremmo voglia di ritenere che quella crocetta che è marcata in una Tegula Sulphuris, di cui parla qualche archeologo, stia ad indicare una presenza cristiana a Racalmuto addirittura sotto l’imperatore Commodo. Quelle Tegule - così approssimativamente denominate dal Mommsen - venivano fabbricate e vendute nel quartiere ellenico di Agrigento, ma il loro uso riguardava di sicuro le miniere di zolfo di Racalmuto - quelle della zona di Quattro Finaiti e dintorni. Secondo studi attendibili, questo avvenne sotto l’imperatore Commodo. Forse un liberto cristiano fu inviato nelle officine zolfifere imperiali della nostra terra e nelle sue Tegulae - le antenate delle moderne ‘gavite’ - fece incidere il segno della sua fede: la piccola croce che non è sfuggita agli archeologi della nostra epoca. Se è così, la presenza cristiana a Racalmuto è antichissima, quasi una predestinazione, un pionierismo i cui meriti si sono protratti nei millenni. Racalmuto è stata una chiesa salda nella fede: giammai vi ha attecchito la mala pianta dell’eresia: qualche presenza massone alla fine dell’Ottocento ha rappresentato semplicemente lo snobismo di qualche ex seminarista alla ricerca di intime rivincite o di moti liberatori da psicoanalitici complessi. Diversamente che da Grotte, qui da noi mai si sono avuti fomiti scismatici e giammai si sono espanse sette eretiche. La vicenda emblematica di Fra’ Diego La Matina ci appare un fervido parto letterario del pur grande Leonardo Sciascia. Lo scrittore diede enfasi alle dubbie affermazioni di un cronista secentesco e prese alla lettera accuse palesemente rigonfiate. Un Fra’ Diego La Matina autore di libelli eretici è ipotesi infondata e comunque non potuta documentare dallo Sciascia. A noi risulta, invece, che un chierico di tal nome dimorasse nel 1660 e rigorosamente assolvesse al precetto pasquale. Lo attesta la più
ALBA SCHEMBRI scusami se ti importuno ma non riesco a capacitarmi, essendo tu nelle amicizie di un certo Lillo Taverna che non conosco e non ho mai letto tramite altri, come tu faccia a sostenerlo un patologico anziano affetto da gravi forme di arteriosclerosi in un cuore che alberga cattiveria è volgarità, io ripeto non lo conosco ma pochi giorni fa ricevo una richiesta d’amicizia con una serie di complimenti che mi misero in guardia e scrutando nel suo profilo feci attenzione nell accettare l amicizia, ho fatto bene perché l’abominevole bestia che alberga in lui vedendosi ignorato mi ha scaricato veleno e volgarità e l ho subito bloccato, però do con certezza che sta continuando… ma tu come fai a seguire una persona così.. non ho mai avuto modo di interagire e si sta sfuriando contro di me ma specialmente contro le persone che io seguo ed amo!! fai attenzione
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addolcire il veleno che scaglia? mi stanno riportando quello che pubblica contro Alessio veleno e invidia ma segnalatelo !!!
N.B. Chi era quella che riportava e faceva la talpa? Ma la PERNACCHIA, che ora vorrebbe comicamente vestire' i panni della critica letteraria per difendersi offendendomi.
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Soggiunge la beghina del lercio
personalmente non so da che cosa provenga questo suo livore so solo che mi passano in posta scritti che sta pubblicando contro di me e Alessio, sono basita non ho parole non ho mai conosciuto questa persona è la sua richiesta d amicizia mi ha subito messo in guardia da un folle … non ho voluto proprio conoscerlo e nonostante mi sta aggredendo pubblicamente senza conoscermi minimamente.. minaccia… che Dio li dia pace
ignorarlo è quello che ho fatto subito dal primo momento, ma il mio punto interrogativo era rivotò a te, perché ho visto qui un tuo messaggio inviatomi e poi cancellato .. notte notte
Lillo Taverna
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ALBA SCHEMBRI scusami se ti importuno ma non riesco a capacitarmi, essendo tu nelle amicizie di un certo Lillo Taverna che non conosco e non ho mai letto tramite altri, come tu faccia a sostenerlo un patologico anziano affetto da gravi forme di arteriosclerosi in un cuore che alberga cattiveria è volgarità, io ripeto non lo conosco ma pochi giorni fa ricevo una richiesta d’amicizia con una serie di complimenti che mi misero in guardia e scrutando nel suo profilo feci attenzio… Altro...
Lillo Taverna
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ALBA SCHEMBRI Ecco che la parola si manifesta e spesso cade nella nostra vita tra un avvenimento e un altro in nostro sostegno o per aprirci a nuove riflessioni, questa parola cade proprio a pennello su una tela dipinta da chi della parola fa un uso improprio, malvagio, impuro, da chi scaglia le proprie frustrazioni la propria rabbia contro il fratello contro gli innocenti, ne fa un arma per recidere quelli che sono i sentimenti veri, leggendo si è aperto il cuore ad una prof… Altro...
Lillo Taverna
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Lillo Taverna
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Tradire non è solo andare con un' altra donna o un altro uomo ma deporre chi si ama nel ripostiglio degli affetti in disuso.
Sabato 26 dicembre 2015
LA NOVELLA CHIESA DI S. ROSALIA.
Efficace il Pirri nel parlare del fervore della confraternita delle Anime del Purgatorio nel costruire o riedificare la Chiesa di Santa Rosalia. L’anno è il 1628, qualche tempo dopo la tremenda peste che a Racalmuto infierì nel 1624 , anno del rinvenimento del corpo di S. Rosalia nella grotta di Monte Pellegrino, giusta appunto il giorno dell’Ascensione.
Nel manoscritto attribuibile al Genco è significativo il presente passo: «Poi a pag. 373 [il Cascini] narra che Racalmuto fu devoto di S. Rosalia tanto che narra: “Ne si mostrò poco divota verso S. Rosalia la terra di Rahalmuto, la quale come si è detto nel primo libro, fin dal suo principio, nacque sotto la protettione di questa Santa e vi dedicò la sua prima chiesa, havendola hora rifatta di nuovo; è incredibile la divotione, con che viene visitata a piè scalzo ogni sera non da pochi, ma d’una moltitudine grande. Però con molto maggior mostra di pietà, e humiltà ciò fecero il giorno quando accompagnarono la sua Santa reliquia, che fù l’ultimo di Agosto 1625, erano andati a portarla da Palermo, ben 80. a cavallo, e quella mattina, che fù Domenica, si cantò prima [pag. 375] la Messa nella Chiesa dei Padri Minori Osservanti colla solennità solita; e si liberò una spiritata; dopo il Vespro pur solenne si fece la processione, nella quale, benché vi fosse molta pompa d’apparato con tre archi trionfali, di luminarie per tre giorni, di concerto di Musiche, e salve di schioppi, nondimeno superava ogni cosa la devotione, che s’udia delle voci, e sospiri, e pianti, e si vedea della moltitudine tutta a piè scalzo.
Accettò la Santa la pietà loro, e gli mostrò a chiari segni, che la sua protettione l’havea liberati dalla pestilenza; imperoché havendo la terra delle Grotte presso à due miglia molto mal menata da quel morbo, colla quale così infetta per un buon pezzo, prima che fosse dichiarata, vi fù pratica stretta, per essere in buona parte parenti fra loro e haver molta communicatione, non si attaccò però male veruno; anzi entrandoci dentro appestati diversi, si di questa terra, come d’altre, i medesimi che la portavano poi in altri luoghi, quivi non vi lasciarono vestigio alcuno.»
Facendo la collazione con il testo originale, sono sate necessarie alcune rettifiche. ( Si è consultata l’edizione del 1651 del volume del p. Giordano Cascini «S. Rosalia, Vergine Romita palermitana, palesata con libri tre dal M. R. P. Giordano Cascini della Compagnia di Giesù»). Il manoscritto racalmutese (ed anche p. Morreale) attinge a questa pubblicazione palermitana del 1651. Il p. G. Cascini era morto sin dal 1635 quando fu pubblicato questo volume. E’ stato il p. Pietro Salerno S.J. a riprendere gli appunti del Cascini ed a rimaneggiare altri due testi già pubblicati tra il 1627 ed il 1635 per fare questo ponderoso tomo. Per di più rettifica ed immette notizie posteriori, ragion per cui non si sa quali notizie siano originali del Cascini e quali interpolate successivamente dal Salerno. Nell’analisi critica dei padri autori degli «acta sanctorum» del 1748 queste anomalie sono puntigliosamente messe in rilievo. Certo, anche per la storia di Racalmuto, alcune interpolazioni del Salerno - tipo, secondo me, quella del riferimento al Monocolo - disorientano. [1]
Notizie interessanti sulla Chiesa di S. Rosalia di Racalmuto - anche se forse non proprio fondate - si scoprono nel “saggio storico-apologetico sulla vera patria del celebre medico D. Marc’Antonio Alaimo di Racalmuto dell’Abate d. s. acquista” Napoli 1852 (cfr. copia fornitaci da P. Biagio Alessi). «... Andrea Vetrano - scrive Acquisto a pag. 7 -, discepolo di Marco Antonio Alaimo, recitò nel novembre del 1662 le lodi funebri del dotto Maestro [...e] proseguendo [..] in conferma dell’assunto, e della pietà, che sempre più gelosamente si coltivò nella famiglia Alaimo, il medesimo scrive; che Aloisia Alaimo, dalla quale Marc’Antonio trasse sua origine, gettò in Racalmuto le fondamenta della Chiesa di S. Rosalia , unicamente a di lei spese, circa il 1200. [2]
* * *
Nelle varie fonti prima citate si rinvengono briciole della storia locale di Racalmuto. Non vanno disperse. A parte qualche tocco di satanismo secentesco (la vicenda della spiritata), il vivere paesano, la sua religiosità, la sua organizzazione vi trovano riscontro sinora non adeguatamente messo in risalto. Le reliquie di S. Rosalia, comprate in Palermo e traslate in pompa magna nella chiesa di S. Maria dei frati minori osservanti, da ottanta cavalieri, assurgono a momento di grande rilevanza storica. Una conferma la ritrovo nel Diploma custodito in Matrice (che però è parziale e non mi consente di leggere l’ultima parte di destra.)
Ecco quelli che riesco a decifrare:
In alto, nello svolazzante nastro:
IOANNETTINUS DORIA ET C [/]
Nel rosone, attorno ad un’interessante immagine di S. Rosalia,
Sancta Rosalia Virgo eremitica panormitana
Sotto l’aquila nobiliare
NOS D: FRANCISCUS DELLA RIBA S. T [/]
Prothonotarius Apostolicus, Archidiaconus Maioris Panormitanæ E [/]
D.ni Nostri Utriusque signaturæ Referendarius .. & Reverend.mi D [/]
IOANNETTINI DORIA S.R.E. Titoli Sancti Petri in Monte Aureo [/]
& Archiepiscopi Panormitani [......] V [icarius] Generalis.
Omnibus ad quos hæ litteræ pervenerint fidem facimus, & testamur
fragmenta Ossis Costæ, quæ funi penes Fratrem IOANNEN BATTISTA [/]
Montis Carmelis esse ex Reliquiis SANCTÆ ROSALIÆ V[...] [/]
Urbis Patronæ; cuius Corpus nuper est inventum in Antro Montis [/]
mirabiliter inclusum ut autem duo fragmenta, ut supra, liceat universis [/]
[..] ac religiose venerari; in huius rei testimonium presentes dedimus nostra fut [/]
præfati Ill.mi Dni Cardinalis obsignatas. Panormi Die X.. Augusti VIII Ind. [quindi 1625] MDCXX[/]
Firme illeggibili
e in basso, nell’ovale sotto gli angeli
Lilia præstanis encedunt alma rosetis,
Ignea pestis adest, hac rutilante Rosa
O felix, faustumque solum cui sacra [...]
Pignora, tabificum despicit [..]
L’altro diploma in caratteri gotici, sempre custodito in Matrice, non dovrebbe riguardare proprio S. Rosalia, anche se la santa vi è citata: al 17° e 18° rigo leggerei “in Sancte Anne et Sancti Joachini ac Annuntiantionis Beate Marie Virginis nec non Sancte Rosalie festivitatibus et devote visitaverint ..”. Lo stato dell’originale e le ampie abrasioni impediscono una più precisa lettura. Dovrebbe però riguardare una bolla pontificia di concessione di indulgenze connesse ad una confraternita che credo quella di S. Francesco. Reca infine la data del 1630 [Anno incarnationis dominici Millesimo Sexcentesimo tricesimo Januarij], se non erro. E’ postuma la visita fatta «in hac terra Regalmuti sub die 26 novembris 1726” da parte di un canonico.
Facendo una digressione nella digressione, l’episodio degli 80 cavalieri che portano in piena peste le reliquie di S. Rosalia da Palermo nella chiesa di S. Maria nell’agosto del 1625, dovette restare ben impresso nella memoria dei racalmutesi. Qualcuno, però, si avvalse di quel ricordo per l’esaltazione della propria famiglia. Riporto a tal proposito il seguente passo di Eugenio Napoleone Messana (op. cit. pag. 104)
«Giovanni IV del Carretto, marito di donna Beatrice Ventimiglia, figlia unica del principe di Castelbuono, quando ascese alla contea [di Racalmuto] aveva tre figli, Girolamo Aldonza e Porzia. Girolamo per la legge del maggiorasco vigente era destinato alla successione della contea. Le figlie erano entrambi (sic) ospiti della zia Marzia del Carretto, figlia di Giovanni III, abbatessa di Santa Caterina in Palermo fino al 1598, data della sua morte e vi sarebbero forse rimaste se non fossero state riportate in paese nel 1600, per volontà del padre, allarmato dell’insurrezione contro il nuovo pretore. In quell’occasione Giovanni IV promise le figlie in moglie a quei cavalieri che gliele avessero ricondotte al castello sane e salve. La sorte arrise al milite Scipione Savatteri che sposò Maria ed ebbe in dote il feudo di Gibillini. Questo matrimonio diede inizio alla famiglia dei Savatteri di Racalmuto, che risulta essere la più nobile di tutte le altre. I Savatteri infatti discendono da Pable Zavatier, nobile francese al seguito del conte Ruggero [...] Non si hanno notizie dei motivi per cui Aldonza non contrasse mai nozze, si sa soltanto che lei nel 1605 a proprie spese fece costruire l’Abbazia di Santa Chiara ...»
L’inattendibilità storica, specie sui del Carretto, è fin troppo vistosa. Quanto a donna Aldonza, questa non ebbe mai a maritarsi e fu ospitata, zitella invecchiata, nel monastero di S. Caterina in Palermo. Eugenio Messana non ebbe modo di studiare i documenti che si rinvengono nell’Archivio di Stato di Agrigento per conoscere la vicenda della terribile virago secentesca donna Aldonza del Carretto. In Pirri, ad esempio, vi è qualche spunto per la storia di questa nobildonna. (cfr. pag. 758, op. cit.)
Sul nobile Savatteri, gli archivi parrocchiali smentiscono purtroppo impietosamente. Ma la digressione prova come anche nelle fantasie nobiliari locali vi sia un barlume di storia: il caso citato può a mio avviso collegarsi allo sfilare di cavalieri con le reliquie di S. Rosalia nell’estate del 1625.[3]
La chiesa di S. Rosalia resta funzionante per circa un secolo e mezzo. Nel 1758 essa è ormai quasi cadente: nel libro delle visite pastorali (Archivio Vescovile di Agrigento - Visita del 1758 di Andrea Lucchesi Palli - f. 735) si annota:
«Eodem [giugno 1758] - S.ta Rosalia - Predictus Ill.mus et rev.mus U.J.d. D. Gerlandus Brunone accessit ad visitandam Ecclesiam S.tæ Rosaliæ et dixit:
‘che fosse interdetta fin tanto, che gli altari fossero provveduti delle necessarie suppellettili giusta la forma prescritta dal nostro Ecc.mo Monsig. nelle sue istruzioni della Sagra Visita date in stampa.
La melanconica fine della gloriosa chiesa di S. Rosalia emerge burocraticamente dal Registro dei Vescovi 1792-1793, ff. 570-571, giusta i seguenti termini:
[la parte della pag. 570 che riguarda S. Rosalia reca a fianco annotato: Non abuit effectum e risulta tagliata con un’ampia X, ma la lettura è del pari interessante:] «Rev.do Archip.tero terræ Racalmuti salutem. Restiamo intesi dalle vostre lettere segnate sotto li 21. del mese cadente di Maggio in risposta al nostro ordine colle quali ci rappresentavate, che avendo fatto bandire (bandiare) la Chiesa quasi diruta sotto titolo di S.ta Rosalia, non vi è stata alcuna offerta; solamente codesto Sacerdote Don Salvatore Maria Grillo per sua devozione vuole erigere l’altare a d.a Santa entro codesta Venerabile Chiesa Madre a sue proprie spese una con tutti quelli paramenti per decoro di d.o Altare conservandosi della cessione della medesima Chiesa di S.ta Rosalia, e perciò avete a Noi ricorso per l’ordine opportuno. Dietro il quale fu da Noi fatta ‘provvista] quod fiat ordo Rev. Paroco prout conveni. In seguito di che vi diciamo ed ordiniamo che obligandosi il Rev. di Grillo ad erigere il dovuto Altare con tutte le necessarie decorazioni a proprie spese, ed al mantenimento del medesimo, passerete a stipulare il contratto »
«Rev. Archip.ro Terræ Racalmuti Salutem - Restiamo intesi delle vostre lettere [...] sotto li 21: del p.p. Mese di Maggio colle quali ci partecipate di aver d’ordine nostro fatto subastare per il corso di anni due la ven.le Chiesa di S. Rosalia quasi diruta, e non è stato possibile rinvenire dicitore, che volesse far la sua offerta, solamente codesto Rev.do Salvadore Grillo pella sua pietà e devozione verso d.a gloriosa Santa , ed a preghiere anche dei devoti s’indusse ad acconsentire di erigere d.o Altare e Cappella condecente e congrua in codesta Venerabile Chiesa madre in onore di detta Santa uniformemente di ornato della stessa Chiesa una [f. 571] ... con tutte le decorazioni necessarie a d.o Altare e Cappella, conservandosi della cessione della suddetta Chiesa di S.a Rosaria e Sagrestia annessa, quale offerta fu da voi annunziata, dopo averla fatta mettere all’asta [ subastare?] non
Lillo Taverna
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Lillo Taverna
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