sabato 11 marzo 2017

Concordo (e laddove non concordo ha scarsa importanza). Mi premerebbe sapere se questo "essere o non essere" della Buzzi abbia portata esistenziale o significhi moderazione nelle scelte che si riverberano su chi le scelte l'ha gia fatte e vuol sapere se ha già una compagna di viaggio oppure un rispettabilissimo Amleto. Nello specifico Rieti e provincia è PD, è PD dissidente o è in pectore 'secessinista'? Vorrei saperlo essendo animato di spirito contestativo e volendo fare una lista 'secessionista' per la prossima competizione elettorale di Pescorocchiamo (elezione nella prossima primavera).  Calogero Taverna

venerdì 10 marzo 2017

mi sbuca sul mio sito una singolare lagnanza contro il Fatto Quotidiano e il dott. Flor. Leggo parole arìdite e pesantucce: "sciocchezze" "bufale" "stupidaggini" "gola profonda che foraggia" "fatto quotidiano=fango quotidiano" "offendere e mortificare una qualificata compagine".
Visto che in chiusura dei lonini ruggiti "si chiede la rettifiva degli articoli ... a firma di Paolo Flor, ai sensi dell'art. 42 della Legge 416/81" va a finire che davvero il graffiante "Fatto" e... il bocconiano Flor si cacano addosso e non so che diranno o faranno.
Temo che data la gialla petulanza di un notorio sindcatino giallo vorranno andare giù nel profondo e voglia Iddio che non mi chiedano consulenza gratuita. Credo che saprei fare vedere qualche sorcio verde. Non per nulla sono stato superispettore del fisco e ispettore capomissione di quando la Vigilanza era Vigilanza di risalto costituzionale vigendo la dizione dell'art. 1 della invero fascista L.B: e niente aveva a che fare con l'attuale equivoca Vigilanza Prudenziale di inverosimile sapore capitalistico targato BCE.
Quanto alla CSR aspetto solo che questi rignori plenipotenziari del Gruppo Chiuso (mi hanno subitio buttato fuori) BANKIATALIA arraffino la gestione di codesta sedicente cassa sovvenzione della BI per dimostrare che di tutto si può parlare meno meno che di "perfomance di buon livello".
Calogero Taverna

Lettera aperta ai dirigenti ed agli iscritti del PD

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Cari amici e cari compagni,
dieci anni fa abbiamo deciso di mettere insieme le nostre diverse esperienze per dare vita ad un partito del centro sinistra con l’obiettivo di riuscire a governare il Paese e spostare, da quella postazione, l’asse delle scelte economiche, sociali e politiche in difesa delle fasce meno tutelate della società e per ridurre gli squilibri territoriali e le distanze tra ricchezza e povertà.
Aver avuto quest’occasione nel pieno di una crisi devastante e in un paese con un indebitamento tra i più alti al mondo non ha certo facilitato il compito e se la consapevolezza di ciò non ha generato aspettative impossibili, in molti c’era comunque la speranza che si riuscisse ad avviare un reale cambiamento. Quelle speranze, però, sono venute presto meno e tanti hanno cominciato ad estraniarsi dal PD o a cercare nuovi approdi quando sono arrivati i segnali che il governo stava guardando altrove.
La riforma elettorale, quella sulla scuola, il job act, per non parlare della riforma costituzionale, sono state scelte del governo ed è su di esse che si è cominciato a lacerare il rapporto al nostro interno. Una lacerazione accentuata dall’insofferenza del segretario e dei suoi più vicini sostenitori verso chi criticava o dissentiva.
Si può obiettare che quelle scelte sono state decise nelle sedi preposte da una maggioranza larga, ma non si può negare che il partito non ha mai avuto la possibilità di discuterne seriamente al suo interno. Tutti sappiamo che quelle riunioni della direzione sono state solo occasioni di ratifica di quanto proposto dal segretario del partito e capo del governo.
Certo teoricamente erano tutti liberi di approvare o respingere i vari provvedimenti, ma sappiamo anche come al conformismo, indotto da un capo che mal tollera le critiche e il dissenso, si siano aggiunti i voti di fiducia che hanno privato anche il parlamento dall’essere istanza utile per correggere quanto di sbagliato poteva esserci nelle proposte.
Non intendiamo continuare a far polemica, ma registriamo che oggi è il Ministro della Giustizia Orlando, candidato alla segreteria del PD, a condannare una conduzione che ha di fatto usurpato i poteri che sono propri del partito quale intellettuale collettivo. Il fatto stesso che Orlando dica solo oggi queste cose è indicativo del clima instaurato da chi aveva la responsabilità di guidare il PD.
C’è da domandarsi perché il PD, che poteva fare della diversità la sua ragion d’essere rispetto alla lunga stagnazione berlusconiana e all’instaurarsi di partiti comandati da un capo, si sia ridotto a percorrere una strada che avrebbe finito per risolversi nel partito dell’uomo solo al comando. Dove erano allora i tanti Orlando che avrebbero potuto contribuire ad evitare questa deriva e che hanno preferito tacere?
Se quelle scelte, indipendentemente dalle forzature che le hanno imposte, fossero riuscite a far fare qualche passo avanti al paese correggendone l’asse nel senso da noi auspicato, così come se avessero raccolto un consenso diffuso, non sarebbero venute meno le osservazioni sul metodo, ma ci saremmo interrogati autocriticamente per capire se c’erano limiti nelle nostre critiche ed avremmo evitato rotture ma, se è vero che quelle scelte non hanno soddisfatto le attese e non hanno raccolto il consenso sperato nel paese ci saremmo aspettati che se ne prendesse atto da chi le ha imposte traendone le conseguenze evitando cosi una rottura tanto traumatica per tutti o così dannosa per il partito ed il paese.
Siamo coscienti del fatto che, in questo momento, il paese avrebbe bisogno di un forte partito di centro sinistra unito e in grado di raccogliere un vasto consenso, ma l’aver voluto a tutti i costi imporre scelte mal digerite dal paese e una riforma costituzionale sbagliata nel metodo e nel merito, cercando addirittura di farne un plebiscito per il Presidente del Consiglio, ha innescato una reazione che ha colpito in pieno il PD.
Quel risultato doveva imporre una severa autocritica per coglierne fino in fondo il significato e trarne le dovute conseguenze. Esso ha sancito che il divorzio tra il PD e componenti significative di quello che avrebbe dovuto essere il suo insediamento sociale si era ormai consumato e che ad esso si era sommata la scarsissima capacità di attrazione tra le nuove generazioni.
La nostra scelta prende le mosse da quel divorzio con la speranza che possa contribuire a recuperare una parte di quei nostri elettori che si sono estraniati o che hanno cercato altri approdi; ma anche perché riteniamo decisivo operare per intercettare le aspirazioni di quei tanti giovani che con il loro compatto no al referendum hanno gridata la loro insofferenza.
Un’operazione tutt’altro che facile, ma che intendiamo avviare con il necessario entusiasmo per dare vita ad una nuova formazione che sappia mettere al centro i valori di una sinistra capace di interpretare le complessità dell’oggi e ne persegua il superamento. Una forza tesa a costruire le alleanze sociali e politiche necessarie puntando l’ago della bussola su valori ispirati alla difesa della Costituzione Repubblicana nata dalla resistenza e dei principi in essa contenuti, della libertà e della democrazia, alla tutela dei lavoratori e dei diritti economici, sociali, politici, culturali, alla lotta per ridurre le intollerabili distanze tra ricchezza e povertà e per assicurare la pace in un mondo nel quale l’Europa unita svolga un ruolo attivo per garantire l’equilibrio tra le diverse grandi potenze.
Su questi contenuti riteniamo di poter ricercare il minimo comun denominatore per tenere insieme, in un’eventuale prima aggregazione federativa, il diffuso arcipelago nel quale si continuano ad esprimere le diverse sinistre italiane compresa quella in formazione del “campo largo” di Pisapia. Conosciamo le difficoltà che saremo chiamati a fronteggiare e sappiamo anche che il risultato non sarà scontato, ma sentiamo che è nostro dovere provarci.
Con questa nostra lettera non pretendiamo di ottenere la vostra approvazione per la scelta che abbiamo fatto, né chiedere la condivisione di quanto abbiamo sottoscritto ma di accoglierla comunque quale contributo che auspica per il futuro un comportamento di reciproco rispetto avendo coscienza che i nostri percorsi sono destinati ad incrociarsi sia nella realtà locale che in quella nazionale.
Amici Luciano
Moretti Mabel
Bianchi Armando
Palluzzi Dante
Brenci Loris
Pasquali Dino
Buzzi Ombretta
Proietti Franco
Cardi Edmondo
Renzi Costantino
Cavalli Giorgio
Rosati Domenico
Confessore Giuseppe
Passacantando Anna Maria
D’Angeli Maria Passacantando
Sandro Remo
De Rossi Ercole
Pietripaoli Antonio
Dantonio Luigi
Sacco Nicola
Dionisi Quarto
Scacchi Domenico
Faraglia Francesca
Smordoni Emanuela
Ferroni Sabatino
Spaziani Valter
Galli Sergio
Troiano Maurizio
Galluzzi Alberto
Gasperini Augusta
Gatti Giordano
Gentile Elide
Giocondi Roberto
Gunnella Giocondo
Manzini Alberto
Meschini Giovanni

giovedì 9 marzo 2017

Nel 2008 il Casarrubea sferrava nel suo blog un irrefrenabile dileggio del grande racalmutese Ettore Giuseppe Tancredi MESSANA. In un primo tempo nessuno ebbe voglia o interesse a controbatterlo. Solo un singolare personaggio della variegata famiglia Messana Racalmutese cercò di tenergli testa; pur essendo professore e uomo di cultura non aveva elementi di base per far controstoria. Si limitò a questa difesa patetica sentimentale familistica. Noi abbiamo impiegato tre anni di ricerche e crediamo di avere inconfutabilmente dimostrato che il Casarrubea è un rimestatore di tre grosse calunnie di un  Li Causi che non si dimostra in buona fede.
Ripubblichiamo qui quel che scrive Giuseppe Bellavia Messana.

Giuseppe Bellavia Messana ha detto:

16 marzo 2010 alle 04:25


Il mio è di certo un commento di parte essendo io, per parte di madre, un pronipote dell’ Ispettore Messana.
Sono anche io un Messana della terra di Racalmuto dove la mia famiglia ha sempre contrasto le opere e gli intenti della Mafia. Io stesso mi trovo in “esilio” nella terra Piemontese per avere puntato il dito contro i mafiosi del Paese dove con la mia famiglia ho abitato. Sono un “comunista” convinto, ma questo non mi fa dimenticare le mie origini e la tradizione della mia famiglia.
Nel lontano ‘800 i miei avi, Don Luigi e i suoi due fratelli Don Serafino e Don Biaggio, diedero un forte freno al Banditismo. A tal proposito legga l’opera di Don Serafino Messana sull’ argomento o i bellissimi racconti che ne fanno Eugenio Napoleone Messana e Leonardo Sciascia.
E’ vero i Messana nel ‘900 furono fascisti, ma tutti i notabili dell’ epoca lo furono. Quindi ,mi faccia capire, dov’ è la colpa ?
La Professoressa Elettra Messana, cugina in primo grado dell’ Ispettore Messana, fu Fiduciaria dei Fasci e neanche lei venne epurata, infatti continuò indisturbata la sua opera di insegnante nell’ Istituto Magistrale Politi di Agrigento. Per i suoi meriti e cultura è stata anche isignita dell’ onorificenza della Medglia d’argento per la Cultura in piena Repubblica.
Mio nonno Don Luigi Messana Cavallaro, il Don Ferdinando delle “Parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia, fu fascista, anche se non volle mai ricoprire mai cariche pubbliche.
Ma è anche vero che all’ Ispettore Messana fu messo il bavaglio del silenzio e la sua esistenza si è conclusa nell’ anonimato e nell’ indifferenza.
La sua stessa Racalmuto oggi non se ne ricorda più.
Ma dargli del criminale di guerra, supporre una sua presunta responsabilità sulla strage di Portella delle Ginestre, additarlo come una sorta di mostro mi pare eccessivo.
Come si può giudicare l’ opera e l’ operato di un uomo dopo che il contesto in cui egli si è mosso non esiste più ? Come si può comprenderne l’ opera senza conescere l’ uomo e il contesto in cui questo ha operato ?
Con le mie parole non voglio giustificare gli errori e gli orrori del mio prozio, sempre che le fonti siano corrette e attendibili. Ma voglio, pretendo ed esigo che si dia all’ uomo uno spazio che è dovuto.
Nella settecentesca casa dei Messana dove io ho vissuto gli anni felici della mia infanzia, lo zio Ettorino, come lo si chiamava in famigli, era un mito, una persona detta giusta e dedita al servizio con dedizione, stima, coraggio.
Sul caso Giuliano, sulla storia di frà Diavolo, su tutte le vicende dello zio si è sempre parlato e in modo diverso da come Lei ha scritto sul suo saggio.
Una foto di lui con De Gasperi è stata sempre esposta nel salotto buono della casa.
Già il Messana ritratto insieme al De Gasperi.
Ed è anche su questo fronte che dovrebbero muoversi le sue ricerche e i suoi studi. Sulla istituzionalizzazione del connubio tra mafie e poteri di cui il Messana rappresenta forse uno degli aspetti più eclatanti, da quello che si evince dalla sua opera, ma non di certo il solo o la triste eccezione.
E comunque mi permetta di sottolinearglielo, il Messana non è stato un mafioso .
Sui presunti arricchimenti, Le sottolineo che i Messana hanno goduto di ingenti ricchezze legate allo sfruttamento delle miniere e alle rendite di feudi che la famiglia ha sempre avuto fin dal lontano 1700.
Risultano imparentati con gli Spinola e i Del Carretto, con i Savatteri, i Nalbone, i Salvo, i Cavallaro, i Baroni Tulumello. Hanno avuto rapporti di amicizia con Crispi, Zanardelli, Imborgone.
I censi, le gabelle, le rendite e l’ ingente patrimonio di famiglia che proviene da una storia plurisecolare di Nobiltà e cultura, dalla antichissima tradizione di medici e aromatari, cioè farmacisti. Infatti la famiglia risulta iscritta anche nel “Libro d’ oro della nobiltà siciliana” .
Il potentato Messana e Matrona, legga per favore l’ opera di Leonardo Sciascia, ha fatto di Racalmuto, nel passato, uno dei Paesi di più grande lustro dell’ Agrigentino.
I Messana hanno dato poeti, storiografi, persone di lustro e di cultura, mai mafiosi.
Dette queste cose La saluto e mi aguro si possa creare tra noi due un rapporto di studi, ricerche, di informazioni che forse non cambieranno la sua visine della storia dell’ Ispettore Messana, ma di certo faranno emergere l’ uomo di cui Lei si è totalmente dimenticato.

Giuseppe Bellavia Messana

Ancora, nella sua opera non trovo riferimenti alla terza occulta presenza, la Chiesa ed i suoi Prelati. Molte delle terre che i contadini tentarono di prendere erano di proprietà degli antichissimi Vescovati di Sicilia. Lei non parla dell’ appoggio della Chiesa alla Mafia. Come mai ?
Parla della strage di Riesi.
---------------------

In una apodittica sintesi noi controbattiamo a Casarrubea:

- falso e calunnioso reimpastare l'insinuazione del Li Causi del 15 Luglio del 1947 secondo cui Messana sarebbe stato l'autore della strage di Riesi del 1919. Il Rapporto Trani appura che il giovane vice commissario Messana di stanza a Mussomeli non aveva né ordinato né propiziato la sparatoria dei militari agli ordini del sottotenente dell'esercito, ferocemente trucidato da facinorosi neppure di Riesi ma di Mazzarino. Relaziona al ministero l'Ispettore generale di P.S. Comm. Trani inviato per una inchiesta a Riesi dal Governo Nitti: " Vice Commissario (Messana) visto che la forza stava per essere accerchiata, dispose venisse ritirata ma intanto dalla folla partivano sassi che contunsero due soldati e quattro colpi di rivoltella uno dei quali ferì soldato Jannanone che alla sua volta cominciò a sparare contro gli assemblati, seguito in ciò dagli altri soldati. Intanto soldati incominciarono a sbandarsi per una via che dava alla campagna abbandonando due mitragliatrici alcuni fucili dandosi tutta fuga affidandosi ognuno iniziativa individuale." Lampante che le responsabilità del Messana furono nulle come confermato dal Ministero.

- Messana non fu "fascista della prima ora". Prima era stato di idee socialiste (cfr. E. N. Messana).

- Non fu contiguo ad alcuna mafia (che anzi lottò per tutta la vita).

- Peraltro la carriera la fece nella lontanissima Bolzano ( E.N. Messana).

- Non fu agente dell'OVRA: protesse e fece clandestinamente espatriare in Austria un suo amico d'infanzia socialista (Picone Chiodo).

- Non poté andare a afre il Questore a Palermo a metà degli anni Trenta in quanto non gradito alla cosca fascista del senatore Mormino (V. Difrancesco).

- Per colmo dei colmi i guai al Messana vennero "per non avere l'Animo del Fascista" (Senise).

- Il Messina Questore a Lubiana non fu certo "criminale di guerra". Entrato in contrasto con Grazioli e con le autorità militari fu subito sbolognato. Già nel giugno 1942 visse la sua non fortunata parentesi come questore di Trieste. La Cernigoi una giornalista triestina che credette di trovare chissà quale documentazione accusatoria, purtroppo supervalutata da Casarrubea, alle mie contestazioni non ha saputo controdedurre null'altro che insolenze e minacce, Ma le sue tesi reboanti se le rimise
nel cassetto rifugiandosi in un ostinato silenzio.

Già, "Messana Capo del Banditismo politico Siciliano', avrebbe voluto Li Causi, ma ecco questo stralcio del processo Montalbano: Il Procuratore della Repubblica Barone il 2 ottobre 1947,dichiara e "assurda la pretesa di Messana correo nei delitti commessi dal bandito Ferreri" ridicolizzando l'assunto del Li Causi secondo cui il Ferreri (Fra Diavolo) sarebbe stato l'artefice della strage di
Portella della Ginestra e non il bandito Giuliano, sospintovi dal Messana per lottare i comunisti. Ecco perché lo aveva tacciato alla Costituente quale "capo del banditismo politico siciliano". Assurda pretesa" scrive dopo, il 2 ottobre, il Procuratore della Repubblica di Palermo, Barone.

Ergo, come mi sono prodigato in migliaia di post anche nel mio blog CONTRA OMBNIA RACALMUTO, il Messana è incontrovertibilmente INCOPEVOLE quanto alle calunniose insinuazioni del Li Causi.

Allora è un santo? Io non faccio parte della Sacra Congregazione dei Riti e non faccio processi di canonizzazione.

Andava a donne? Beato lui! Fu certo un integerrimo capo della polizia e un fedele servitore dello Stato come da foto con De Gasperi.

Ci dispiace per Bellavia Messana, ma noi non crediamo ai nobili lombi dei discendenti del settecentesco mastru Caloiru Missana, campiere ed esattore di gabelle.

Quindi se un virgulto di quella ampia famiglia racalmutese assurge ai massimi livelli della Polizia dello Stato, tanto da venire sepolto con pubblici onori al Verano, per me trattasi di  una gloria racalmutese da rispettare onorare e commemorare. Gli si intitoli o non gli si intitoli una strada poca importa, ad onta dei pruriti colpevolisti di un foglio che pur si dice sciasciano, ovverossia MALGRADOTUTTO.

Calogero Taverna
Taverna
1 min


Gruppi chiusi (BANKITALIA) e pensionati aperti (CGIL FISAC FALBI sigle gialle) della collabente BI.
Da ridere se non fosse da piangere: mentre Bisanzio brucia (una banca centrale è finita male), ecco sindacatini vetero comunisti, aggregati cattolici sommersi di giallo, stranissimi loghi agitarsi ed agitarci per quisquilie loro.
Beghe ormai senza alcun senso, prive di dignità purtroppo. ...
Le notevi provvidenze alal compagine impiegatizia e pensionistica della banca di via nazionale 91 profuse erogati a iosa dal rinascimentale Carli e amputate dal socialista Finocchiaro ormai sono al lumicino; gli eterni pensionati a doppia ganascia (INPS e FONDO PENSIONI) strillano gridano protestano contestano e minacciano persino il mariolo FATTO QUOTIDIANO di chissà qiali denunce: invero aveva spifferrato che la strana banchetta (CSR) senza spese per il personale, albergata gratis nei lussuosi stabili della Banca d'Italia, distribuisce utili per il rispriomio nei costi di amministrazione.

Strano poi che qualla CSR possa dichiarare di essere in utile pur ostentando pateticamente un rapporto impieghi depositi classici al di sotto del 15%.
Ci sorprende come una sifatta bizzarria non preoccupi il vigilante ispettivo Barbagallo.
Mi pare che se non altro vien meno l'accigliata superiorità morale di quella che un tempo aveva un ruolo costituzionale sol peché banca delle banche.
Calogero Taverna
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martedì 7 marzo 2017

Taverna
1 min
Gruppi chiusi (BANKITALIA) e pensionati aperti (CGIL FISAC FALBI sigle gialle) della collabente BI.
Da ridere se non fosse da piangere: mentre Bisanzio brucia (una banca centrale è finita male), ecco sindacatini vetero comunisti, aggregati cattolici sommersi di giallo, stranissimi loghi agitarsi ed agitarci per quisquilie loro.
Beghe ormai senza alcun senso, prive di dignità purtroppo. ...
Le notevi provvidenze alal compagine impiegatizia e pensionistica della banca di via nazionale 91 profuse erogati a iosa dal rinascimentale Carli e amputate dal socialista Finocchiaro ormai sono al lumicino; gli eterni pensionati a doppia ganascia (INPS e FONDO PENSIONI) strillano gridano protestano contestano e minacciano persino il mariolo FATTO QUOTIDIANO di chissà qiali denunce: invero aveva spifferrato che la strana banchetta (CSR) senza spese per il personale, albergata gratis nei lussuosi stabili della Banca d'Italia, distribuisce utili per il rispriomio nei costi di amministrazione.

Strano poi che qualla CSR possa dichiarare di essere in utile pur ostentando pateticamente un rapporto impieghi depositi classici al di sotto del 15%.
Ci sorprende come una sifatta bizzarria non preoccupi il vigilante ispettivo Barbagallo.
Mi pare che se non altro vien meno l'accigliata superiorità morale di quella che un tempo aveva un ruolo costituzionale sol peché banca delle banche.
Calogero Taverna
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Messana? INCOLPEVOLE

Nel 2008 il Casarrubea sferrava nel suo blog un irrefrenabile dileggio del grande racalmutese Ettore Giuseppe Tancredi MESSANA. In un primo tempo nessuno ebbe voglia o interesse a controbatterlo. Solo un singolare personaggio della variegata famiglia Messana Racalmutese cercò di tenergli testa; pur essendo professore e uomo di cultura non aveva elementi di base per far controstoria. Si limitò a questa difesa patetica sentimentale familistica. Noi abbiamo impiegato tre anni di ricerche e crediamo di avere inconfutabilmente dimostrato che il Casarrubea è un rimestatore di tre grosse calunnie di un  Li Causi che non si dimostra in buona fede.
Ripubblichiamo qui quel che scrive Giuseppe Bellavia Messana.

Giuseppe Bellavia Messana ha detto:

16 marzo 2010 alle 04:25


Il mio è di certo un commento di parte essendo io, per parte di madre, un pronipote dell’ Ispettore Messana.
Sono anche io un Messana della terra di Racalmuto dove la mia famiglia ha sempre contrasto le opere e gli intenti della Mafia. Io stesso mi trovo in “esilio” nella terra Piemontese per avere puntato il dito contro i mafiosi del Paese dove con la mia famiglia ho abitato. Sono un “comunista” convinto, ma questo non mi fa dimenticare le mie origini e la tradizione della mia famiglia.
Nel lontano ‘800 i miei avi, Don Luigi e i suoi due fratelli Don Serafino e Don Biaggio, diedero un forte freno al Banditismo. A tal proposito legga l’opera di Don Serafino Messana sull’ argomento o i bellissimi racconti che ne fanno Eugenio Napoleone Messana e Leonardo Sciascia.
E’ vero i Messana nel ‘900 furono fascisti, ma tutti i notabili dell’ epoca lo furono. Quindi ,mi faccia capire, dov’ è la colpa ?
La Professoressa Elettra Messana, cugina in primo grado dell’ Ispettore Messana, fu Fiduciaria dei Fasci e neanche lei venne epurata, infatti continuò indisturbata la sua opera di insegnante nell’ Istituto Magistrale Politi di Agrigento. Per i suoi meriti e cultura è stata anche isignita dell’ onorificenza della Medglia d’argento per la Cultura in piena Repubblica.
Mio nonno Don Luigi Messana Cavallaro, il Don Ferdinando delle “Parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia, fu fascista, anche se non volle mai ricoprire mai cariche pubbliche.
Ma è anche vero che all’ Ispettore Messana fu messo il bavaglio del silenzio e la sua esistenza si è conclusa nell’ anonimato e nell’ indifferenza.
La sua stessa Racalmuto oggi non se ne ricorda più.
Ma dargli del criminale di guerra, supporre una sua presunta responsabilità sulla strage di Portella delle Ginestre, additarlo come una sorta di mostro mi pare eccessivo.
Come si può giudicare l’ opera e l’ operato di un uomo dopo che il contesto in cui egli si è mosso non esiste più ? Come si può comprenderne l’ opera senza conescere l’ uomo e il contesto in cui questo ha operato ?
Con le mie parole non voglio giustificare gli errori e gli orrori del mio prozio, sempre che le fonti siano corrette e attendibili. Ma voglio, pretendo ed esigo che si dia all’ uomo uno spazio che è dovuto.
Nella settecentesca casa dei Messana dove io ho vissuto gli anni felici della mia infanzia, lo zio Ettorino, come lo si chiamava in famigli, era un mito, una persona detta giusta e dedita al servizio con dedizione, stima, coraggio.
Sul caso Giuliano, sulla storia di frà Diavolo, su tutte le vicende dello zio si è sempre parlato e in modo diverso da come Lei ha scritto sul suo saggio.
Una foto di lui con De Gasperi è stata sempre esposta nel salotto buono della casa.
Già il Messana ritratto insieme al De Gasperi.
Ed è anche su questo fronte che dovrebbero muoversi le sue ricerche e i suoi studi. Sulla istituzionalizzazione del connubio tra mafie e poteri di cui il Messana rappresenta forse uno degli aspetti più eclatanti, da quello che si evince dalla sua opera, ma non di certo il solo o la triste eccezione.
E comunque mi permetta di sottolinearglielo, il Messana non è stato un mafioso .
Sui presunti arricchimenti, Le sottolineo che i Messana hanno goduto di ingenti ricchezze legate allo sfruttamento delle miniere e alle rendite di feudi che la famiglia ha sempre avuto fin dal lontano 1700.
Risultano imparentati con gli Spinola e i Del Carretto, con i Savatteri, i Nalbone, i Salvo, i Cavallaro, i Baroni Tulumello. Hanno avuto rapporti di amicizia con Crispi, Zanardelli, Imborgone.
I censi, le gabelle, le rendite e l’ ingente patrimonio di famiglia che proviene da una storia plurisecolare di Nobiltà e cultura, dalla antichissima tradizione di medici e aromatari, cioè farmacisti. Infatti la famiglia risulta iscritta anche nel “Libro d’ oro della nobiltà siciliana” .
Il potentato Messana e Matrona, legga per favore l’ opera di Leonardo Sciascia, ha fatto di Racalmuto, nel passato, uno dei Paesi di più grande lustro dell’ Agrigentino.
I Messana hanno dato poeti, storiografi, persone di lustro e di cultura, mai mafiosi.
Dette queste cose La saluto e mi aguro si possa creare tra noi due un rapporto di studi, ricerche, di informazioni che forse non cambieranno la sua visine della storia dell’ Ispettore Messana, ma di certo faranno emergere l’ uomo di cui Lei si è totalmente dimenticato.

Giuseppe Bellavia Messana

Ancora, nella sua opera non trovo riferimenti alla terza occulta presenza, la Chiesa ed i suoi Prelati. Molte delle terre che i contadini tentarono di prendere erano di proprietà degli antichissimi Vescovati di Sicilia. Lei non parla dell’ appoggio della Chiesa alla Mafia. Come mai ?
Parla della strage di Riesi.
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In una apodittica sintesi noi controbattiamo a Casarrubea:

- falso e calunnioso reimpastare l'insinuazione del Li Causi del 15 Luglio del 1947 secondo cui Messana sarebbe stato l'autore della strage di Riesi del 1919. Il Rapporto Trani appura che il giovane vice commissario Messana di stanza a Mussomeli non aveva né ordinato né propiziato la sparatoria dei militari agli ordini del sottotenente dell'esercito, ferocemente trucidato da facinorosi neppure di Riesi ma di Mazzarino. Relaziona al ministero l'Ispettore generale di P.S. Comm. Trani inviato per una inchiesta a Riesi dal Governo Nitti: " Vice Commissario (Messana) visto che la forza stava per essere accerchiata, dispose venisse ritirata ma intanto dalla folla partivano sassi che contunsero due soldati e quattro colpi di rivoltella uno dei quali ferì soldato Jannanone che alla sua volta cominciò a sparare contro gli assemblati, seguito in ciò dagli altri soldati. Intanto soldati incominciarono a sbandarsi per una via che dava alla campagna abbandonando due mitragliatrici alcuni fucili dandosi tutta fuga affidandosi ognuno iniziativa individuale." Lampante che le responsabilità del Messana furono nulle come confermato dal Ministero.

- Messana non fu "fascista della prima ora". Prima era stato di idee socialiste (cfr. E. N. Messana).

- Non fu contiguo ad alcuna mafia (che anzi lottò per tutta la vita).

- Peraltro la carriera la fece nella lontanissima Bolzano ( E.N. Messana).

- Non fu agente dell'OVRA: protesse e fece clandestinamente espatriare in Austria un suo amico d'infanzia socialista (Picone Chiodo).

- Non poté andare a afre il Questore a Palermo a metà degli anni Trenta in quanto non gradito alla cosca fascista del senatore Mormino (V. Difrancesco).

- Per colmo dei colmi i guai al Messana vennero "per non avere l'Animo del Fascista" (Senise).

- Il Messina Questore a Lubiana non fu certo "criminale di guerra". Entrato in contrasto con Grazioli e con le autorità militari fu subito sbolognato. Già nel giugno 1942 visse la sua non fortunata parentesi come questore di Trieste. La Cernigoi una giornalista triestina che credette di trovare chissà quale documentazione accusatoria, purtroppo supervalutata da Casarrubea, alle mie contestazioni non ha saputo controdedurre null'altro che insolenze e minacce, Ma le sue tesi reboanti se le rimise
nel cassetto rifugiandosi in un ostinato silenzio.

Già, "Messana Capo del Banditismo politico Siciliano', avrebbe voluto Li Causi, ma ecco questo stralcio del processo Montalbano: Il Procuratore della Repubblica Barone il 2 ottobre 1947,dichiara e "assurda la pretesa di Messana correo nei delitti commessi dal bandito Ferreri" ridicolizzando l'assunto del Li Causi secondo cui il Ferreri (Fra Diavolo) sarebbe stato l'artefice della strage di
Portella della Ginestra e non il bandito Giuliano, sospintovi dal Messana per lottare i comunisti. Ecco perché lo aveva tacciato alla Costituente quale "capo del banditismo politico siciliano". Assurda pretesa" scrive dopo, il 2 ottobre, il Procuratore della Repubblica di Palermo, Barone.

Ergo, come mi sono prodigato in migliaia di post anche nel mio blog CONTRA OMBNIA RACALMUTO, il Messana è incontrovertibilmente INCOPEVOLE quanto alle calunniose insinuazioni del Li Causi.

Allora è un santo? Io non faccio parte della Sacra Congregazione dei Riti e non faccio processi di canonizzazione.

Andava a donne? Beato lui! Fu certo un integerrimo capo della polizia e un fedele servitore dello Stato come da foto con De Gasperi.

Ci dispiace per Bellavia Messana, ma noi non crediamo ai nobili lombi dei discendenti del settecentesco mastru Caloiru Missana, campiere ed esattore di gabelle.

Quindi se un virgulto di quella ampia famiglia racalmutese assurge ai massimi livelli della Polizia dello Stato, tanto da venire sepolto con pubblici onori al Verano, per me trattasi di  una gloria racalmutese da rispettare onorare e commemorare. Gli si intitoli o non gli si intitoli una strada poca importa, ad onta dei pruriti colpevolisti di un foglio che pur si dice sciasciano, ovverossia MALGRADOTUTTO.

Calogero Taverna