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giovedì 7 maggio 2015

Siamo tutti colpevoli a Racalmuto, specie se ci proclamiamo intellettuali o amministratori pubblici.

 
solo ora scopro nel tuo elegantissimo blog  Archivio e.... questo link che invero mi pare interessarsi più di Mozia che dello Zaccanello romano.
 
Lo pubbico qui per intero e lascio ai miei quattro lettori non racalmutesi di deliziarsi.
 
Ma io ce l'ho con tutta la intellighenzia racalmutese (ad iniziare da me) per la ignavia culturale e per l'accidia verso il nostro grandissimo patrimonio archeologico: negletto, vilipeso, forse persino manipolato per rigonfiamenti delle cosiddette sorprese geologiche.
 
Scoprono sotto le Grotticelle un insediamento d'epoca romana. Che fanno? Quelli dei BB.CC.LL
di Agrigento con alla testa la famosa signora Fiorentini decidono di ricoprire il tutto nella totale indifferenza di tutti noi intellettuali di paese e delle stesse autorità consiliari di palazzo Matrona. Naturalmente i picconi dei tombabaroli - che a Racalmuto ci stanno e tanti e abili - riscoprono tesori inestimabili che naturalmente  prendono la via della remunerativa Svizzera. Nessuno di noi intellettuali, nessun paludato sito web e manco qualcuno dei tantissimi bei blog locali vi dedica un minimo di attenzione. Siamo tutti colpevoli. Non accampiamo scuse ed alibi per favore.
 
Peggio per il sito della Grotta di Fra Diego. Veniva ogni autunno da Barcellona Pozzo di Gotto l'ex maresciallo Calderone; andava dietro i trattori e là e nel sito di San Bartolomeo;  trovava il ben di Dio quanto a reperti archeologici. Ne fece inventario e accompagnato dal sig. Mulé si recò a consegnare il tutto prima alla Soprintendenza e poi ai Carabinieri. Non siamo riusciti dopo  a trovare un bel nulla. Tutto disperso. Ho elevato un grido di dolore in un convegno a Racalmuto. Tutto finito nel dimenticatoio, nel silenzio, nell'indifferenza, nell'ignavia araba che ci attanaglia tutti. A cominciare da me. Siamo tutti colpevoli.
 
Peggio ancora per le necropoli bizantine sparse, ma  neppure inventariate, sotto il Ferraro, a Vriccico.
 
Quanto a questa conclamata strada dei quattro scrittori, si sa non si sa quel che hanno combinato ditte sub-appaltatrici in intesa con la indifferente soprintendenza agrigentina. Trovano, circoscrivono, dicono di aggirare, seppelliscono(?) ... non so altro. Silenzio assordante. Tutti i nostri queruli blog e siti web zitti e mosca. Siamo collusi? Non mi pare. Siamo indolenti? Cribbio se lo siamo. Capisco Malgrado Tutto che con tutta quella speculazione letteraria deve guadarsi il pane (e il companatico) quotidiano. ma gli altri organi di stampa, gli altri bravissimi fotografi, gli altri cultori delle nostre patrie storie che ci siamo a fare? Colpevoli tutti.
 
Manieri militari non usucapibili, non alienabili, non manipolabili. Bene: si fa scempio non solo della loro storia ma di ogni vincolo giuridico e catastale e tutto buonu e binidittu. Io non vorrei danneggiare nessuno. I soldi ci stanno e come. Tarsu Tari, Tasi, Imu e via discorrendo in asfissiante sovrabbondanza.15 milioni di crediti certi liquidi ed esigibili persino cartolarizzabili: hai voglia tu di rimborsare tutti quelli che hanno speso soldi loro in buona fede. Ma i beni della collettività devono tornare alla collettività. E non basta una manifestazione culturale per legittimare l'illecito. Anche qui indolenza e indulgenza da parte di tutti. Siamo tutti colpevoli. Calogero Taverna
lunedì 10 settembre 2012

RACALMUTO COME MOZIA?!


La recente notizia di alcuni ritrovamenti archeologici, durante i lavori per l’autostrada Agrigento-Caltanissetta, mi ha fatto ricordare di essermi occupato di simili notizie in un vecchio articolo pubblicato nel 2005 sulla rivista fiorentina “Lumìe di Sicilia”. Riproporlo sul blog ora non mi pare inopportuno né “fuori tema”, rafforza semmai ipotesi antiche e rammarichi moderni.

 
Un giorno un contadino andò a trovare il signor Joseph al baglio di Marsala con alcuni oggetti trovati nell’isola di San Pantaleo mentre dissodava il terreno per impiantarvi un vigneto. Il signor Joseph riconobbe lo stile punico e li comprò.
Del Commendatore Joseph Whitaker, detto Pip, inizia così l’avventura archeologica a cui si dedicherà anima e corpo, specialmente dopo la nascita della seconda figlia quando ritornerà pressoché scapolo dal momento in cui la suocera aveva deciso che la propria figlia, dopo la seconda gravidanza, non poteva continuare ad assolvere i doveri di moglie.

Quello che rappresenterà l’isola di San Pantaleo, ridivenuta Mozia dopo gli studi e gli scavi del Commendatore archeologo, è noto in tutto il mondo. Oggi Mozia è incessante meta di visitatori. L’impero economico dei Whitaker è tramontato ma Mozia è più viva che mai. Sappiamo come i letterati e i pittori la dipingono: poco distante dalla terraferma, collegata da un carro che procede in mezzo al mare. “Un carro? Fino a quest’isola?” chiede un personaggio consoliano, a cui viene risposto: “Nessuna meraviglia. Là a levante corre sott’acqua, ch’è alta qualche spanna, una strada lastricata di basole bianche che porta dritta giusto fino a Birgi”.
Rivivono oggi la strada lastricata sotto il mare, le mura con le torri, i leoni di pietra, la necropoli. Rivive la città filocartaginese com’era prima di essere espugnata e bruciata dai greci, sepolta, dimenticata.

Chissà quale sarebbe stato il destino archeologico e turistico di Racalmuto se i contadini racalmutesi, invece di ridurre in frantumi gli antichi vasi di creta rinvenuti e altre cianfrusaglie, li avessero offerti al Commendatore Whitaker. Di oggetti antichi, monete, sepolcreti, in tutto il territorio racalmutese ne sono stati sempre trovati,inabbondanza,cometestimonia Nicolò Tenebra Martorana fino al 1897:
“In contrada Cometi, lungi tre chilometri da Racalmuto, in occasione di scavi, si rinvennero sepolcreti d’argilla rossa, resti d’ossa, lumiere antiche, cocci di vasi [...].
“In contrada Culmitella (ex feudo Culmitella) furono rinvenuti due grandi vasi di creta rossa a mo’ di giarre. [...]
“In contrada Ferraro, furono trovati piccoli vasi di creta, con disegno molto ben fatto e delicato, vernice nera e leggierissimi. Erano dei lacrimatoi. Graziosissimi a vedersi, furono ridotti in frantumi dagli ignoranti contadini, che dentro quei piccolissimi vasi sognavano un tesoro!
“In contrada Cometi furono rinvenuti vasi antichi. [...]
“Infine a Casalvecchio, a poco meno di un chilometro dall’odierno Comune, in occasione di scavi eseguiti per istabilire una strada carreggiabile, si rinvennero sepolcreti, ruderi d’antichi edifizi ed altri oggetti.”
Tutto questo nell’Ottocento.

Ma anche per tutto il Novecento si sono inseguite voci di favolosi ritrovamenti o di allarmati interramenti per paura che le autorità ponessero vincoli ai terreni o li acquisissero forzosamente.
Oliveti e vigneti, forse, prosperano su ignorate necropoli piene di corredi funerari? Da accertare. Sta di fatto che qualche reperto si trova esposto al museo archeologico della Valle dei Templi. Esposto per modo di dire, da qualche tempo inchiavardato e sepolto negli scantinati.
Alla richiesta di notizie sul materiale archeologico racalmutese conservato o esposto al Museo, la risposta dal personale addetto non poteva essere che pirandelliana:essoconsisterebbeinquindici pezzi non esposti, poiché di nessun valore espositivo, e in una imprecisata raccolta di monete, non esposte ugualmente perché molto preziose. C’è da consolarsi: il monetario, “in fase di riordinamento”, sarà esposto quanto prima. “Forse, l’anno prossimo,” è stato il pronostico del personale addetto, allungando i piedi sotto la scrivania e rinculando sulla spalliera della poltrona direzionale.

Se il Commendatore Whitaker fosse venuto in possesso o a conoscenza di questi e di altri reperti, oggi a Racalmuto ci sarebbe almeno un museo, come a Mozia, e non staremmo a sentire di sparsi e incontrollati rinvenimenti, di mura ciclopiche prima portate alla luce in contrada Grutticeddi, vigilate per un paio di mesi da un pubblico custode inviato dalla Soprintendenza di Agrigento e, infine, sotterrati un’altra volta.
Un assessore, in carica negli Anni Ottanta, ricorda di avere visto solo una volta alcune casse con 114 straordinari reperti (punte di frecce, suppellettili, monili...) di età preistorica. “Centoquattordici!” ricorda benissimo, e si rammarica el loro inventario mai pervenuto.
Al Serrone, al Babbalùci, alla Menta e in tante altre contrade chissadove, si dice che i contadini smuovessero la terra furtivi: di notte si sentivano i cadenzati rintocchi dei picconi alternarsi al singulto dei gufi.

Un luminoso giorno del luglio 2004, durante i lavori di sbancamento per ricavare verdi parchi e rotabili parcheggi, nei quartieri Bastione, Stazione e nel terreno di Padre Arrigo, vengono scoperte strane cavità somiglianti a grotte. “Tombe sicane” dice qualcuno; “bizantine” ipotizza un altro, bizantine come le monete non esposte al museo “San Nicola”, e si azzarda ad enumerarle, “forse una, due, tre.” Il giovane assessore che mi accompagna al sopralluogo nicchia e annuisce, annuisce e nicchia. Gesticola. Cincischia. L’augurio è che vengano appurate le “voci” e ne conseguano “scelte politiche conseguenti”. La ditta appaltatrice nel frattempo, di quelle grotte, ne  avrebbe tompagnate alcune. “Con tutto il cordolo funerario,” si mormora in giro. Si teme sia vero.
Speriamo di no,” dice l’assessore.
“Speriamo di sì,” dico io; chiudo gli occhi e penso: “Se il Commendatore Whitaker fosse venuto a Racalmuto, altra sorte sarebbe toccata al ‘cordolo’ funerario, alle tombe, alle mura interrate, alle monete inesposte”.

L’ipotesi non è peregrina. I Whitaker avevano proprietà a Racalmuto.
Se, nel 1898, come altrove ho documentato, invece di mandare due “incaricati speciali” a ispezionare la suddetta proprietà, fosse andato Pip, il cultore a tempo pieno delle cose antiche, l’archeologo appassionato, lo scopritore di Mozia, forse...


Piero Carbone




 
 

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