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martedì 7 luglio 2015

Racalmuto preistorica

[Articoletto n.° 15]
RACALMUTO: UNA PREISTORIA DURATA 3271 ANNI
di Calogero Taverna
Giunti a questo punto del nostro excursus, uno sguardo retroattivo, una pausa di riflessione si rende indispensabile per fare il punto su ciò che fu la società, la vita, la religione, gli usi, i costumi che in questa landa dell’altipiano racalmutese, nel corso di circa 3271 anni, quanto dura la preistoria di Racalmuto. Il documento angioino del 1271, sbarra finalmente le porte alla storia, quella documentata, non inventata, più o meno fantasiosamente.
Prima, affiorano solo cenni o spunti che soltanto in via congetturale possono portare a questo centro dall’incerto nome arabo che è la nostra terra di Racalmuto.
Sul nostro altipiano - che, a ben vedere, altipiano non è - l’uomo ha lasciato, da quasi quattro millenni, tracce del suo dimorarvi ora rado, ora intenso, qualche volta prospero, ma di solito stentato. Un popolo preistorico, quello cosiddetto sicano, fu presente per oltre sei secoli nel secondo millennio a. C. Ma a partire dal XIV sec. a.C., mentre nella vicina Milena ebbe a prosperare una popolazione che, come attestano le ancor visibili tombe a tholos, seppe avvalersi degli influssi micenei, il territorio di Racalmuto pare divenuto del tutto inospitale e la civiltà sicana scompare del tutto (o non fu in grado di lasciare testimonianze che superassero l’onta del tempo).
Contraddistingue il popolo sicano un sentimento religioso tanto profondo da spingerlo ad opere che scavalcano l’obliterazione dei millenni per giungere sino a noi. Sono quelle tombe sicane che si affacciano grandiose e impressionanti dalla parete della grotta di Fra  Diego. Il culto dei morti - una costante racalmutese che diventa una mania al di là di ogni temperanza, dai tempi remoti sino ai nostri giorni - affonda le radici in quel sentimento religioso, nel senso dell’al di là che connota ed ossessiona persino l’uomo preistorico racalmutese. Certo, a quel tempo è più il terrore superstizioso della morte, che non una liberatrice fede nell’immortalità dell’anima, ad avere il sopravvento. Ma è pur aspetto nobile e qualificante di un popolo che se crede in una vita ultraterrena, crede anche nell’esistenza di Dio. In tal senso anche il popolo sicano racalmutese è stato il popolo di Dio.

Sparita quella civiltà attorno al XIII secolo a.C., saranno i sicilioti greci di Akragas a rifrequentare quelle plaghe. Continua il culto dei morti, sorge una religione politeista, vi ispira sentimenti nuovi di pietà e di fede operosa. Dio continua ad essere presente a Racalmuto. Così come avviene quando il territorio viene annesso dalla predace Roma ed assoggettato a decime in natura ed in denaro. Una epigrafe sul timbro apposto nell’interno del manico di una diota testimonia la tassazione romana delle terre di Racalmuto al tempo di Cicerone. Reperti archeologici di tombe attestano riti e culti religiosi.
Con Sparita quella civiltà attorno al XIII secolo a.C., saranno i sicilioti greci di Akragas a rifrequentare quelle plaghe. Continua il culto dei morti, sorge una religione politeista, vi ispira sentimenti nuovi di pietà e di fede operosa. Dio continua ad essere presente a Racalmuto.
  In Sicilia quindi subentrò il periodo delle immigrazioni greche. Racalmuto appare completamente estraneo al processo iniziale della colonizzazione: solo, quando si consolida l’egemonia greca di Agrigento, qualche colono ebbe l’ardire di addentrarsi nelle parti più interne dell’altipiano racalmutese. Di documentato, però, non abbia nulla e dobbiamo accontentarci delle acritiche descrizioni di ritrovamenti archeologici che ci fornisce Nicolò Tinebra Martorana nella sua «Racalmuto, memorie e tradizioni». Non solo le contrade di Cometi e Culmitella ma anche quelle del Ferraro sarebbero state frequentate da Sicilioti.


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