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mercoledì 18 gennaio 2017

Bersani e la ricerca del candidato premier della sinistra

ANSA


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Pubblicato il 18/01/2017
Pierluigi Bersani candidato premier? Un ritorno impossibile, a sentire lui. Una possibilità non così campata per aria invece, a sentire i suoi. Perché - se non si andasse a votare a giugno e le elezioni politiche fossero dunque precedute dalla sfida congressuale del Pd - il vero nervo scoperto e punto debole della sinistra ribelle è proprio quello del candidato premier.

Senza questa figura, ogni strategia si sgonfia e ogni ambizione di contendere a Renzi il timone perde credibilità. Non a caso ultimamente Bersani parla di «un nuovo Prodi più che di un giovane Prodi», quasi a voler indicare il bisogno di trovare una figura di sintesi per allargare il campo oltre il Pd. Anzi, stuzzicato ieri in Transatlantico da un cronista d’agenzia, Bersani lo ha proprio detto chiaro e tondo. La sua uscita non è un’uccisione in culla della candidatura Speranza, che deve restare candidato alla segreteria del partito. Ma un modo per far capire che il congresso deve operare «una scelta di campo», ovvero allargare il perimetro del partito: oltrepassando gli steccati dentro cui orbitano i vari Pisapia o Emiliano, tanto per intenderci. Il leader della coalizione - che va costruita con le forze di sinistra, con forze civiche e tutto «un mondo» che si muove fuori dai partiti -, non deve appartenere per forza al Pd. E dunque via alla ricerca di un «nuovo Prodi», un identikit che si attaglia a tre possibili nomi che Bersani dice di avere in testa, «prima, seconda e terza scelta», senza svelarli per non bruciarli. Lo schema sembra una fotocopia di quello usato da Massimo D’Alema proprio con Prodi nel ’95, quando venne scelto il professore per la sfida - risultata poi vincente - contro Berlusconi. Ma in questa nuova era non è riproponibile usando la vecchia carta carbone.

A sentire gli uomini di Bersani più «sbottonati» oggi la questione è molto complessa. Enrico Letta potrebbe avere il profilo giusto per il ruolo di candidato premier degli anti-Renzi, ma con l’ex premier i rapporti si sono raffreddati, «perché noi senza dubbio abbiamo radicalizzato le nostre posizioni, spostandoci più a sinistra e lui no». E poi perché, dato non secondario, Letta pare non abbia voglia di farsi tirare dentro questa operazione. Il governatore di Bari, Michele Emiliano, indicato a più riprese come possibile candidato anti renziano al congresso, a cui si riconoscono diverse qualità come quella non secondaria di essere in grado di drenare consenso e popolarità, non viene considerato però dai bersaniani spendibile per il ruolo più istituzionale al vertice del governo, perché troppo marcato e poco in grado di allargare il campo.

Quindi pure questa carta viene accantonata. E nelle varie riflessioni, a questo punto il discorso torna alla radice. E Pierluigi? Certo, per Palazzo Chigi «ci vuole uno che sa fare questo mestiere e che saprebbe cosa fare». Ma se fosse lui il prescelto, coram populo, non potrebbe sottrarsi a svolgere un ruolo da front man. E a quel punto la sfida tornerebbe quella del 2012, Bersani versus Renzi.  

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