lunedì 18 febbraio 2013

IN LAUDEM TERRAE RAHALMUTI


Torno a riproporre questo vecchio post in laudem Terrae Rahalmuti, di questo  geniale paese, di questa terra fertile e ridente, di queste donne e di questi uomini che sprizzano intelligenza da tutti pori.

E ad infamia di chi per qualche piatto di lenticchie montedoresi plaude a transfughi racalmutesi di stanza a Montedoro che vorrebbe far diventare vangelo le augelliane stronzate intese a far credere alla sua lady Chatterley cornificante un montedorese che a Racalmuto all’inizio del secolo ventesimo c’era un solo intelligente, che portava la tonaca, che in gioventù usava il crocifisso per pugnale omicida e guarda caso era nato a Montedoro.

Invece di spernacchiarlo c’è anche chi ospita e plaude a siffatti riesumatori di imbecillità insense.

Dunque, visto che l’unico intelligente era di Montedoro, noi racalmutesi saremmo tutti discendenti da ebeti. Parola augello-hamiltoniana! Anche ma zzi Nico Falci, in quel tempo nato e dimorante a Racalmuto? Sono d’accordo anche i nipoti omonimi diretti? Niente duello! Ma una pernacchia dovrebbero mandarla a codesti rifacitori di neghittosità femminee.
E chi non spernacchia con me ... peste lo colga!


Così, a mio sollazzo (ma qualche tono dovrei moderarlo, perché Sciascia è grande, e piccolini sono solo i nocini e gli aspianti nocini) torno a riproporre questo vecchio post in laudem Terrae Rahalmuti.

 

Sciascia è sublime, perfetto, inattingibile, irraggiungibile, genio di incomparabile intelligenza, sapidissimo prosatore: solo che è inestricabilmente schiacciato al suo tempo. Non è neppure profeta: cosa ha previsto in ordine al fenomeno Berlusconi; e cosa sull'attuale congiuntura del tecnocrate Monti (che è cosa seria molto più seria e complessa di quello che certi miei amici di FB vogliono talora accreditare); e cosa poi sulle contemporanee vicende di quella che lui chiamava Regalpetra, a partire dal ruolo di un Petrotto a quello dell'interludio di mio cugino Restivo Pantalone, per non parlare  del succedersi di poco gloriose triadi, di cripto sindacalesse al Tramonto e di tanti loro repentiti laudatores); e che  dire dei novelli poetastri di casa nostra o dei loro cugini scrittorelli che anonimamente si mettono a insolentire calunniando con la compiacenza di sussiegosi blog di paesana scrittura? Lasciamo Sciascia al suo tempo; gloriamocene (sempreché ci guadagniamo). Lui ci ha descritto come un paese di folli, di facinorosi, di gente iniqua: noi invece lo esaltiamo come la nostra più grande gloria, come il genio dei geni, come l'inventore di una fondazione cui nulla ha fornito oltre al nome e carte stracce e qualche acquatinta, acquaforte o che so io. Se il vangelo mi dice: lascia che i morti seppelliscano i  morti, divento ultraevangelico. Ai miei stimati amici della locale intellighenzia dico: affidiamo Racalmuto alle nuove leve, aiutiamoli a far risorgere questa strana araba fenice che è Racalmuto a proiettarsi in un nuovo ciclo di  glorie non solo letterarie, ma culturali, di grande avvedutezza, di sapienza  nelle cosiddette professioni liberali. Ne sono certo, fra qualche anno si avrà una meravigliosa cittadina gelosa del suo storico nome: RACALMUTO, senza orpelli di sorta, senza  pseudonimi letterari, non più insulsa pietra regale ma civilissima STATIO pluriculturale: araba, normanna, bizantina, greco-romana, sicana e soprattutto pre-sicana. L'archeologia ci aiuta; la storia va corretta; i microstorici redarguiti. I blog ossequienti, negletti.

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