venerdì 27 giugno 2014

I DEL CARRETTO di Racalmuto



Anagrafe di Giovanni V del Carretto – Contestuali vicende feudali racalmutesi



 


Sarà il figlio a confermarci i dati anagrafici di questo conte.


Ex dicto don Hieronymo natus fuit illustris don Joannes de Carretto et de Viginti Milijs filius primogenitus qui duxit in uxorem illustrem donnam Mariam Branciforte filiam legitimam et naturalem quondam illustris don Nicolai Placidi Branciforte, principis Leonfortis, et Catharinae Branciforte, Barresi et Santapau.


 


Nella lontana Racalmuto,  la vita scorre come può.  Sotto l’arciprete Filippo Sconduto inizia la controversia per sottrarre la contea all’indesiderata giurisdizione dell’ingordo vescovo Traina e passarla a quella del Metropolita di Palermo. Ci informa il Pirri:


dopo il maggio del 1631, «paucos post menses litterae Romae 13 Decembr. , 14 ind. exaratae mandato Marci Antonii Franciotti Apostol. Camarae Auditoris advenere, quibus decretum erat, ut oppida Ducatus Sancti Joannis et comitatus Camaratae, item et Juliana, Burgium, Clusa et postea Rahyalumutum dioecesis Agrigentinae in criminalibus, et civilibus causis ab ordinaria jurisditione subtraherentur  et Panormitano Metropolitae subijcerentur.»


Il nocciolo della questione era dunque che San Giovanni Gemini, Cammarata, Giuliana, Chiusa e Racalmuto ne avevano le scatole piene delle pretese del vescovo Traina. Un delatore, canonico, ebbe a scrivere in Vaticano che il prelato era talmente sordido ed avaro, da avere accumulato montagne di denaro contante che deteneva in cassapanche sotto il letto. La notte, preso da raptus estraeva le casse, le apriva, e ci si curcava sopra. Questi paesi si erano consorziati ed avevano adito le vie legali della corte pontificia, chiedendo di passare da sottoposti di Agrigento a sottoposti di Palermo. L’uditore della Camera Apostolica, Marco Antonio Franciotto comunicava l’esito positivo in data 14 dicembre 1631, quando lo Sconduto, sicuramente ispiratore della lite, era già deceduto. Noi abbiamo cercato di rintracciare in Vaticano questa importante documentazione; ci siamo riusciti solo di recente, come sopra si è visto Sappiamo dal Pirri che copia di esse si trova presso l’Archivio Metropolitano della curia palermitana “in registr....13 januar. [1632].”  Tanto per chi avrà voglia di cercarle. Inoltre, qualcosa abbiamo trovato nel Fondo Palagonia, ma quei diplomi ci dicono poco. Disponiamo solo di una scrittura del 4 gennaio 1632 (A.S.P. Fondo Palagonia - atti privati - n.° 631 - anni 1502-1706). Il seguito della faccenda, così ce la racconta il Pirri:


«Quod Philippo IV, summopere displicuisse, datis ad proregem litteris, quibus animi sui acerbitatem, ac facinoris indignitatem ostendit, ipsemet aperte testatur. Romae tandem causa agitata, inataque pace inter Episcopum et oppidorum dominos, ad pristinum rediere locum omnia.»


Filippo IV, dunque, appena saputa la notizia, andò su tutte le furie: se ne dispiacque proprio summopere, forte ma tanto forte che più forte non si può, investì in malo modo il viceré a Palermo scaricandogli la rabbia per quell’impertinenza dei paesi agrigentini, caduti in un indegno crimine (indignitas facinoris). Di fronte all’ira del re spagnolo, al viceré toccò prendere penna e carta e supplicare la corte papale per una revisione della causa. Forse il vescovo Traina - sicuramente non ignaro di tutti questi maneggi - avrà profuso anche a Roma il suo copioso denaro (e già perché anche allora Roma era ...  Roma ladrona). Fatto sta che immediatamente si ridiscute la causa presso la Camera Apostolica ed ecco che Roma si rimangia tutto: impone la pace tra il vescovo Traina ed i padroni oppidorum, dei paesi agrigentini: tutto deve tornare come prima: ad pristinum rediere locum omnia.


Ma chi erano i domini terrae Racalmuti? Sulla carta Giovanni V del Carretto. Ma costui - come vedesi nella foto della copertina della pubblicazione racalmutese su Pietro d’Asaro «il Monocolo di Racalmuto», ove vi appare con la sorella Dorotea - era soltanto un fanciullo tredicenne, peraltro trasferitosi a Palermo. Le carte del fondo Palagonia ci vengono in soccorso. Furono i giurati - espressione del potere feudale - a volere l’eversione dal vescovo Traina: basta scorrere l’atto notarile riportato infra per desumere gli artefici dell’incauta iniziativa: è l’intera Universitas ma rappresentata e coartata dai seguenti notabili:


Universitas terrae et comitatus Racalmuti Agrigentine dioecesis ex statu temporalis dominis comitis dittae terrae Racalmuti legitime congregata et pro ea Nicolaus Capilli, Benedictus Troianus, Petrus de Alfano, et ar: me: dott. Joseph Amella uti jurati dittae terrae Racalmuti


E’ stata l’intera Universitas Racalmuti, ritualmente congregata, e rappresentata dai giurati, al tempo Nicolò Capilli, Benedetto Troiano, Pietro Alfano ed il medico dott. Giuseppe Amella. Su costoro comunque non si abbatté l’ira del re di Spagna. Anzi, nel 1639, anno di grande miseria, un provvidenziale decreto viceregio impose sgravi fiscali ed accordò altre agevolazioni ai borgesi racalmutesi che si cercava di mettere in condizione di seminare senza le espoliazioni feudali: ([12])


 


Il Viceré comunica ai Giurati delle terre di Bivona, Adernò, Termini, RACALMUTO, Bisacquino, Castrogiovanni, Taormina, Caltavuturo, Mazzara e Lentini le istruzioni emanate sul modo di dare i soccorsi ai borgesi e massari.


(Trib. del R. Patrimonio. Lettere viceregie e dispacci patrimoniali, di Particolari, dell'anno indizionale 1639-1640, f. 48 e s.)  - Il margine si legge che la stessa lettera fu spedita ai Giurati di Adernò, di Termini, di RACALMUTO, Bisacquino, Castrogiovanni, Taormina, Caltavuturo, Mazzara. - A pag. 64 del medesimo registro trovasi riportato la stessa lettera diretta ai giurati di Lentini.


 


Philippus etc.


Locumtenens et capitaneus generalis in hoc Siciliae Regno nobilibus Juratis terre Bibone Racalmuti fidelibus regi dilectis salutem.


Siamo stati informati che per la povertà di borgesi, massari et arbitrarianti della [contea di Racalmuto] non ponno attendere al seminerio nè quello coltivare nè fare maysi per l'anno futuro essendo detrimento al regno et convinendo che un tanto beneficio universale habbia essecutione habbiamo commesso a voi il negotio acciò con la diligentia necessaria compliate al dovere conforme sarrà di giustizia osserbando quanto vi si ordina per l'infrascritti istrutioni sopra ciò fatti del tenor seguente Videlicet.


Panormi die  octobris 4^ inditioni 1636.


Instructioni fatti in detto anno sopra il seminerio attorno di far dar soccorso alli borgisi. Si dovereranno con ogni diligenza informare delli borgesi che sono in detta [contea di Racalmuto] dell'apparecchio che habbiano di terre così per seminare come per ammaisare e della bestiame che hanno per il seminerio presentato per li maysi futuri e per il governo delli seminati e terre  et si sono persone che, essendo soccorsi, si serviranno veramente del soccorso per seminare e governare li seminati et a quelli che saranno tali et haviranno bisogno li farrete soccorrere dalli padroni et affittatori degli feghi et terri delli quali essi borgesi hanno di apparecchio et in caso che detti padroni et affittatori non siano abili a soccorrere essendo habili di denari, farrete che coprino [comprino] li formenti per dare li soccorsi et in caso chi padroni o affittatori siano affatto inhabili a dar soccorso ne di formento ne di denari per comprarli, farrete dar soccorso da persone facultuse habili a darlo promettendo loro che se li terrà memoria del servito che in ciò faranno nelle occorrenze et occasioni et che per la restitutione se li daranno cautele bastanze preferendoli ad ogni altra gravezza etiamdio delli terraggi [[13]] et che per la restitutione non se li concederà per il pagamento di detti soccorsi dilatione alcuna, declarandosi che essendovi borgesi che avessero apparecchio o terre di ammaisare baronie, feghi, o terre disabitate, questi ancora verranno esser soccorsi o di padroni o di affittatori, o di facultosi del più vicino loco habitato con le medesime prelationi nel pagamento di soccorso. Li borgesi che si soccorrino per seminare doveranno dare pleggeria [malleveria] di seminare quel soccorso che per tal effecto se li da sotto pena di haver a restituire il soccorso datogli passato il tempo del seminerio. E Voi passato il tempo suddetto, essendovene fatta instantia, procedirete alla esecutione delle pene inremissibilmente, nel tempo del raccolto haverete cura che il primo sia pagato il soccorso preferendoli ad ogni altro debito quantunque privilegiato, etiamdio a terraggi o a debiti di bolle che la recuperatione si facci in prontezza e senza lite. Perciò vi ordiniamo che attorno il dar soccorso alli borgesi et massari della [contea di Racalmuto] osserverete et essequirete tutto quello et quanto nelle preinserte instructioni del seminerio si dichiarando in ciò la diligenza possibile a cui sortisca e passi innanti il servizio essendo di tanto benefitio universale al regno e servitio di sua Maiestà che Voi circa le cose premisse ve ni danno la potestà bastante et cossì essequirete per quanto la gratia di S. Maestà tenete cara.


Datum Panormi 6 octobris, 8 inditionis, 1639. El Cardinal IOAN DORIA. Dominus locumtenens mandavit, etc.


 


Erano vane promesse, qualcosa di simile alle grida di manzoniana memoria? Vox clamantis in deserto? Sia quel che sia il cardinale Doria sembra più commendevole come luogotenente che come dispensatore delle reliquie di Santa Rosalia. Nell’ottobre del 1639, i borgesi racalmutesi erano davvero in condizioni tali da non avere più la semente per le loro chiuse? O era un piangere miseria, veniale peccato ricorrente nel costume contadino di un tempo? Per avere alleggerite le onnivore tasse?


 


 




[1] ) Archivio Vescovile di Agrigento - Registri Vescovi 1622-1623 - f. 230r-231 - die 24 januarii 1623.
[2] ) Archivio Vescovile di Agrigento - Registri Vescovi 1622-1623 - f. 412v - die 3 settembre VII ind. 1622.
[3] ) Archivio di Stato di Palermo - Protonotaro del Regno - Processi investiture - busta n.° 1560 - proc. N.° 4074 - anno 1621-
[4]) Archivio di Stato di Agrigento - Fondo 46 - Vol. 508 - f. 35,
[5] ) Leonardo Sciascia, Morte dell’inquisitore, op. cit. pag. 182 e segg.
[6] ) Gio. Battista Caruso, Storia di Sicilia, pubblicata con la continuazione sino al presente secolo per cura di Gioacchino di MARZO Palermo 1878 - Vol. IV - LIBRO XIV [p. 116]
[7] ) Leonardo Sciascia, Morte dell’inquisitore, op. cit. pag. 177.
[8] ) Dal Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel regno di Sicilia dal 19 agosto 1631 al 16 dicembre 1652, composto dal dottor D. Vincenzo Auria palermitano, dai manoscritti della Biblioteca Comunale a’ segni Qq C64a  e Qq A 6, 7 e O - pubblicato a Palermo nel 1869 da Gioacchino di Marzo (pagine citate nel testo).
[9]) vedi testamento reperibile in Archivio di Stato di Agrigento - Fondo 46 - vol. 501.
[10]) Archivio di stato di Palermo - Fondo archivistico Palagonia - Serie Fondi Privati - UNITA’ n.° 636 ff. da 372r a 390r
[11]) Da Giuseppe Nalbone: Santa Rosalia (dattiloscritto 1994): pag.  8: «Che i del Carretto fossero devoti a S. Rosalia è anche dimostrato dal fatto che le figlie del Conte di Racalmuto Girolamo, Margherita e poi Diana, Ippolita, Giovanna, Emilia, fondarono in Palermo, intorno al 1643, un Monastero intitolato alla Santa, sotto le regole di S. Benedetto, eretto di fronte alla Chiesa Parrocchiale S. Giovanni dei Tartari, e completato poi dal fratello Aleramo, nella sede dove don Giovanni Bonfante sacerdote palermitano, nel 1625, aveva già istituito sotto lo stesso titolo un conservatorio di donzelle (Gioacchino di Marzo. Biblioteca Storica Letteraria vol. XIII pag. 287)..
[12]) Documenti per servire alla storia di Sicilia - SECONDA SERIE - FONTI DEL DIRITTO SICULO VOL VII - PA 1911 - PAG. 129 XIII - Palermo 6 ottobre 1639, VIII Ind.
[13]) terratico: la somma per l'affitto di un terreno. In Sicilia, il terratico si corrispondeva in natura, con parte del raccolto del grano.

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