lunedì 30 giugno 2014

Dicevamo: Superior stabat lupus, inferior agnus : Cernigoi ed Ettore Messana

SUPERIOR STABAT LUPUS INFERIOR AGNUS: CERNIGOI ED ETTORE MESSANA

Malgrado Tutto, in via riservata, ha voglia di farmi sapere che la signorina Cernigoi non è vero che non mi aveva risposto: mi aveva anzi replicato e in malo modo. Ora qualcuna ha voglia di farmi sapere che la poverina è stata vittima di chissà quale aggressione mafiosa. Comincio a temere per me. Porto il tasco torto, infilzo la Cernigoi e il suo pigmalione siciliano Casarrubea. Per me sono artefici di una indegna campagna di stampa infondatamente calunniosa contro il Gr. Uff. dottore  Ettore Messana, ispettore generale di PS, da Racalmuto. morto da oltre sessant'anni e quindi assolutamente non in grado di difendersi.

Una concertazione cche reputo indecorosa.

 Un esempio: nel celebre processo di Viterbo il Messana, fiero, integro, rispettabile e ripettato, depone come teste e incisivamente, documentatissimo, ripercorre tutta la sua vicenda diciamo della sua meritevole lotta al banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo bandito Giuliano. Nessun'ombra, nessun sospetto macchia questa fulgida figura cui si inchina il Tribunale. Quella deposizione noi l'abbiamo pubblicata nei giorni scorsi: sono atti pubblici consultabili stando persino seduti dietro un comodo computer. Noi la ripubblichiamo qui.

Ed invece no! La signorina Cernigoi devia, si lancia in giudizi di valore gravemente lesivi dell'onore di questo grande servitore dello Stato di diritto e sciorina una serie di valutazioni contro "l’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani".

Noi non sappiamo chi sia questo alto funzionario dello Stato Ciro Verdiani; pensiamo che venga qui anche lui calunniato, ma non ne sappiamo nulla. Sappiamo solo che è perverso diffamare Ettore Messana quasi fosse corresponsabile dell'operato del Verdiani sol perché ne era stato una diecina di anni prima - ma è poi vero? - 'dipendente' .

A noi ad esempio questo non risulta ma anche se vero mi richiama la Cernigoni la favola di Fedro superior stabat lupus ....._- sei mesi fa mi hai lordato l'acqua. - ma se non ero manco nato - e allora è stato tuo padre.

La figura di Messana è scolpita nel testo della sua deposizione al processo Viterbo. Controllate. La Cernigoi se ne fotte ed ecco  come dileggia il Messana. Può avere tutta la solidarietà del congrega della carta stampata e di Casarrubea, ma l'indegna denigrazione risulta qui inoppugnabile.
 

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Malgrado Tutto: Le riportiamo, per sua informazione, la replica di Claudia Cernigoi.APPUNTI SU ETTORE MESSANA.

Claudia Cernigoi: Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.

In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona.

[omissis]
 



 


 

A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno "epurato" dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un "Ispettorato generale di PS per la Sicilia", un "organo creato per la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il "bandito" Salvatore Giuliano, n.d.a.)" (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte altre.
 

"L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia", già "uomo di fiducia personale di Mussolini", come scrive Giuseppe Casarrubea in "Storia segreta della Sicilia", Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano".
 

 

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Quanto alle altre infamie ribadite dalla giornalista triestina, filoslava, non certo affetta da fervido patriottismo verso questa nostra patria Italia, ho già proceduto a sbriciolarla e ancora meglio farò quanto pubblicherò gli altri risultati delle mie ricerche archivistiche.

Qui accenno alla mia corrispondenza con Malgrado Tutto.
 

 

 

 

Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto, la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono "cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni giudiziarie.

 

 

 

 

 

 

Malgrado Tutto: Le abbiamo girato quanto sopra solo per sua informazione, non deve ringraziare nessuno. Cordiali saluti

 

 

 

 

 

 

Dottore Calogero Taverna, ottuagenario: Bene, meglio così. Ma il problerma resta: obiettivamente Malgradotutto ha diffamato Messana: Poco importa se si è limitato a riportare un testo altrui. Non devo insegnare niente a nessuno. Sia chiaro la diplomatica lettera della signora Giovanna l'ho stilata io. L'ho fatto per farvi prendere le debite iniziative riparatrici. Vi sono amico e spero che non persistiate in questo atteggiamento quasi di scaricabarile. Comunque, la faccenda mi riguarda molto relativamente e così riparo alla mia precedente sparata, vi ringrazio e spero nella vostra stima. Cordialità.

 

 

 

 

 

Domenica 09:11

 
Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo meschinello detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Riportiamo giù locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose, quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia, nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca.

lunedì 12 settembre 2011

Ricciardelli, l'amico e collega di Palatucci che finì a Dachau


 


 

 
 

 











 

 

Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:

"Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che promettevaloro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.

Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.

Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad affettuare operazionidi polizia politica degne di particolare rilievo.

Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito, si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo:

In una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.)

Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]

gli italiani uccidono 15 uomini e donne a Brdo presso Lubiana. Le vittimesi trovano al cimitero di Vic

Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio". [4]

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Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia














 
Carissimo cugino Gigi Restivo

credo che debbo alla tua cortesia se Malgrado Tutto mi ha "passato" i contrappunti avversi di tal Carnigoi triestina, filoslava e con scarso amore patriottico per questa nostra Italia. Ti riporto quanto oggi per il canale riservato di cui dispongo le ho inviato:

"lei persiste nella sua ricostruzione storica rimarcando la sua responsabilità quanto agli infamanti giudizi di valore contro il Messana. Se lei è persona civile perché non dice che fine ha fatto quella congerie di fallaci accuse titine? Non può credere che l'Italia degasperiana abbia conferito l'alta onorificenza al Messana ignara o peggio correa di quella caterva di accuse infamanti titina contro chi avesse avuto dallo Stato Italiano incarichi in quella tragica storia della costituzione della provincia di Lubiana che lei non può antipatriotticamente ridurre ad un crimine di guerra. Storicizzi, si legga letteratura seria quale quella del prof. Sala e poi giudichi. Io l'ho fatto e le dico che lei fa solo indegno scoop giornalistico. Quanto a quello che scrive sulla base del Casarrubea, se la sente di confermarlo?"

 

 

Ti faccio presente che la Cernigoi si basa su un fascicolo postumo di gente titina che ha cercato invano di ricattare l'Italia. Non mette in conto neppure che quelle accuse finirono cestinate perché infondate o ininfluenti. L'Italia degasperiana - mica quella fascista o provvisoria o bonomiana - non diede peso alcuno alle infondate accuse titine pur conoscendole. Credo che addirittura esista nell'archivio del Ministero degli Esteri un dossier in proposito. L'ho individuato ma per il momento ho lasciato correre. Tu che sei in cerca spasmodica di documenti potresti sopperire. Ti darei gli estremi.

 

 

Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e civile" ma non potè fare molto perché "esautorato dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che naruralmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera.

 

 

Per il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli.

 

 

Le altre due pagine che il Casarrubea &C si ostinano a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano, mi dicevi ieri che anche a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto maggiormente confermato in favore del Messana
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Il bandito Giuliano
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La strage di Portella della Ginestra


Documenti sulla strage
Documento 13

VERBALE INTERROGATORIO

DELL’ISPETTORE VITO MESSANA [rectius ETTORE]

Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951
[cartella 4, vol. V, n. 5]

D’ordine del Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a
Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps.
Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:

«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi
rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale
organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in
genere della delinquenza associata in Sicilia».
D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le
province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei
centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province
di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila
si erano poste al servizio dell’Evis».
D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una
riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi
recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro
persone ad opera di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in
libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità».
D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i quattro
arrestati».
D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere
affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui».
D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un
campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in
un fossato da un nucleo alle mie dipendenze».
D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche».
D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la
scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla
banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo
che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella».
D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di Portella era da
attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere
del Busellini».

Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello
rinvenuto sul suo cadavere, risponde:

«Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di ricordare così».
D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo
centrale comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse».
D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo stato
sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori».
D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per giorno,
venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati».
D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni elementi che ci
ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore».
D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui tramite i suddetti
elementi di collegamento».
D. R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione
di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello Paolantonio oppure ad un
altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu
ucciso a Borgetto in un agguato».
D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda Giuliano fu
maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella
mattina del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che
ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati».
D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno
ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri».
D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato
un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe».

Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui
che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde:

«Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».

Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore
Messana a proposito del tesserino, risponde:

«Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu
strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà».
D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta
che fu stracciato».

Il teste Messana:

D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche
sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto».
D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa».

A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde:

«Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso
possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire
per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del
tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio
nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri
confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori».
D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente- senza indicarne le
generalità».
D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver
saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del Partito
Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il
colonnello Paolantonio che avvisò direttamente il Li Causi».
D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire
all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del
Ferreri, ma ciò non constatai personalmente».
D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte della banda Giuliano».
D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone
insospettabili».
D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani»
D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate, rapporto
redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze».
D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto
rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita
e qualcosa sopraggiungere».
D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato
interrogato dal colonnello Denti».

A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:

«Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero, come di solito avviene
quando succedono fatti di una certa rilevanza».
D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni organo comunicò i
risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza
esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere
comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda i fatti di Portella».
D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di appendicite».

A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde:

«Non mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio».

A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:

«Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo Bianco
relativo ai fatti di Portella»

A domanda del Pisciotta Gaspare, risponde:

«Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi risulta che ciò sia stato fatto da
qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca avevamo penuria di armi».

Il Pisciotta aggiunge:

«I cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri».

Dopo di che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30.





 

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