mercoledì 30 marzo 2016


Grazie signora Masi, grazie di cuore. Stamani leggere le sue parole sui miei modesti excursus critico-letterari  è stato come quando liceale prendevo un bel nove in italiano. Ora vecchio, in disuso non son più abituato ai riconoscimenti scolastici. Ma stavolta persino mia moglie,  tanto scettica verso le mie cose preterintenzionali, mi ha sorriso compiaciuta.

Non è da tutti, ma credo mai da un 'bancario' in ormai trentennale quiescenza, attirarsi l'attenzione di una magistrale artista, ammaliante nel dire  sapientissima nella scrittura. Parlo, ovvio, di questa PATRIZIA MASI questa  eccezionalissima autrice, attrice, regista, sceneggiatrice, grande donna di spettacolo ma soprattutto raffinatissima mente pensante, maceratasi negli studi e fiorita nei cieli della superiore cultura.

Oggi non è certo più il tempo in Italia della fame, quella fame rievocata opportunamente dalla signora Masi nei bagliori del suo iltrasofisticato avanspesttacolo.

Ma un tempo, c’era davvero anche qui in questa ormai Roma opulenta.

Vi riflettevo quando domenica scorsa in un pretenzioso ristorante ad alta cifra per cranio eravamo assiepati senza alcun posto libero. E come in un avanspettacolo della Masi me la ridevo dello sciapito mago in bianco che lavando piedi di superprofumati baldi fusti foresti, attirando persino le  ire ipocrite e razziste del marrano Magdi,  ha successo tentando invano di spingere la sua corrotta e pedofila chiesa indietro nei secoli ai tempi del macilento e insalubre pauperismo di colui che visionario predicava agli uccelli.

E come scenetta comica da intelligente avanspettacolo alla Masi ci potrebbe star bene.

Ma come lettura civile e morale dovremmo pure da un lato essere soddisfatti del superamento epocale di carattere economico, economicistico, e d’altra parte, però, registrare paurosi deficit di cultura di poesia di umanesimo. E gli inviti a pensare a ricordare che promano da spettacoli intelligenti sofferti rievocativi alla Masi, non cloroformio, non oppianti camminamenti alla Montalbano, l’attore dalle gambe storte,  su oleografici spiagge sotto una volta ben triste Ragusa mi costringono ad anelare al cinquecentesco rinascimento, alla pittura geniale creativa al cromatico sposalizio di natura e figura  umana all'acostamento dell'amor sacro con l'amore profano alla procreazione della Voluptas dalla bella e ingenua Psyche.

 E gradisco persino lo scoppiettante cavalier Marino magari nel puzzle ardimentosissimo dello scrivere della nostra bella Ornella.

Richiami sottili  ma irresistibili che i bagliori della Masi scoccano vitali salvifici.

Dobbiamo redimerci da questo dilagante materialismo dell‘incultura che ci sommerge in lotte infami contro i migranti miei fratelli arabi, contro la necrosi ideale che rendeva euforico l’obliato Craxi in politica, contro questa civiltà odierna dell’invidia astiosa di chi rubando pensioni senza averle scontate si scalmana  i capelli contro padri della patria che pur hanno astutamente imposto negli agoni delle agguerrite consorterie mondiali della finanza e della liquidità valutaria quel miracolo economico italiano  che ha seppellito la fame che magari con un pizzico di irriguardosa ironia la colta Masi ci rammentava.

Ma non voglio essere parruccone. Consentitemi solo di ammirare codesta Msi che alle volte mi suonava come una Medea della tragedia greca,  come inquietante voce ancestrale della mia origine culturale la Magna Grecia quando si parlava greco quel greco che per l’incultura di tanti derelitti precari ha sepolto il mio vecchio liceo  classico. E senza cultura fingeremo di auspicare pauperismi francescani mentre sperperiamo soldi e salute visiva con gli i/pad della nostra accidia esistenziale, e senza cultura ci dissolveremo irritando madre natura che provvida sterilizza le nostre donne affusolandone i bacini ed effemina nostri uomini impauperendone il loro sperma ormai infecondo.

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