venerdì 12 agosto 2016

CALOGERO RESTIVO POETA TREPIDO
 
 
AFFABILE NOVELLATORE
 

 
*****
 
Racalmuto terra aprica a Sud, sterile e stepposa a Nord- Ferace a mezzogiorno sepolta per rapaci miniere a Settentrione-
 
Vi esplodono  intelligenza e onirico vagheggiare ma per i tanti solo accidioso nulla in un abitudinario deambulare nel mediocre vivere.
 
Sciascia ci fece e per lui restammo orbi di libertà e di giustizia, privi di salute mentale (seconda chiosa del 1967 del suo fortunato Regalpetra). 
 
Nego però che in questo paese bivacchi "povera gente con grande fede nella scrittura"- A molti di noi, a quasi tutti noi "non basta un colpo di penna".
 
Tanti hanno avuto in questo paese del sale dello zolfo e del caciummo una sapidissima penna. 
 
E da ultimo mi sono incontrato con Calogero Restivo, poeta trepido e novellatore dalle lievi rimembranze locali, di questa Racalmuto appunto. 
 
Iniziai ad incuriosirmi quindi a mirare ed infine ad ammirare quanto ora si può sorbire in una sua triade poetica.
 
Scorro le poesie dell'Erba Maligna, o quelle che luccicano senza un fil rouge oppure - infine - le ultime che sciabordano "dal mare che non c'è"- Pubblicate nel 2011 o nel 2014 nonché nel 2015,  son della lontana prima giovinezza di questo ora composto e riguardoso professore di lettere in pensione. 
 
E' un mondo immaginifico che vi si riverbera: nitido ma occiduo, patetico con scisti di malinconia senza rimpianti. Forse mai gioioso, mai ilare eppure esistenzialisticamente  impulsivo, emotivo, intimo, garrulo,  affabulante,  sapidamente erotico, persino con accenti di sensuale richiamo.
 
Cespuglio di rose
Vieni a trovarmi di tanto in tanto
discuteremo dei tanti sogni
andati al macero come robivecchi
e del tempo che verrà
guardando le stelle che luccicano sempre
sembrano vicine e sono lontanissime
compagne silenziose di solitudine   
 
Ma in fondo è l'agra terra del Serrone o della Culma che ispirano memorie e sensi agresti e giovanili. Già! perché
 
sordo a lusinghe il contadino  
s'avvia verso i campi
ove l'erba maligna
complici le ultime piogge
cresce ed insidia la vigna.
 
La normalità si scompone e "la luce del viale langue/ nel buio della notte".

Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte

La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
 
 E quest'amore, questo amore del  poeta: 
immenso
come gli orizzonti 
riempiva le notti
e le stagioni.   

Alla fine il poeta sta

sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato

come naufrago  al relitto-

Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"

Sì, perché

"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"



 
 
 
 
------------------------
 
Qualche appunto ora su Calogero Rsstivo narratore. Moderno, essenziale. circospetto eppure sempre illuminante e coinvolgente. Ci riporta in mondi che pure sono i nostri mondi ma ce li fa rivivire avvolti dalla pellicola di una sottilissima ironia, con il debito distacco che uno scrittore deve pur sempre avere. E se non concordiamo con lui, lui lo stesso concorda con noi. Sapido sapiente colto e raffinato ha giuste parole per veri fatti. E spesso sono i fatti del nostro paese, di questo Racalmuto contadino e solfataio. Vigile e se usa la corda pazza, la usa con saggezza. non vituperando. Abbiamo avuto a suo tempo di ammirare un racconto  di Calogero Restivo. Si intitola: LA PARTENZA. Queste furono le nostre brevi note a commento.


Ed ecco che possiamo ammirare un racconto di nostro ammirevole compaesano. Restivo, di questo immalinconito signore, aduso ormai al nulla, a quel che non c'è, a quello da fare, a quello da non fare. Nella notte, nel silenzio, nel caldo: in agosto. Prepararsi per un viaggio, con paratattica meticolosità, ormai prono alla estranea società dei consumi anche se non molto opulenta. Lezioni antiche ma rivisitazione tutta nuova , toccante, coinvolgente. Chi quelle notti di solitudine le ha trascorse capisce, si commuove, partecipe. Tutto pronto per partire domani. Ma domani non arriverà mai. Noia, languore, accidia, ormai disincantato esistere impongono un giaciglio, sul letto, per il salutare salvifico ritorno nel nulla.
 ------------
Chi è Calogero Restivo? Un poeta e un gran poeta possiamo dire subito. Ora però accomuna alla soavità del suo immaginismo poetico di vago sapore ermetico, un sapere raccontare, rievocare, restituire una palpabilità persino realistica al fascino della memoria della sua memoria che è poi il rimembrare la sua infanzia e prima giovinezza in quel di Racalmuto, terra aspra crudele patetica dimessa impietosa.

La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.

Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere  nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.

Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta:  ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.

Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.

E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.

Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
 "La camicia nera".

Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.


Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.

Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.

Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.

La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratura intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce narrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo.
 

CALOGERO RESTIVO POETA TREPIDO
 
 
AFFABILE NOVELLATORE
 

 
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Racalmuto terra aprica a Sud, sterile e stepposa a Nord- Ferace a mezzogiorno sepolta per rapaci miniere a Settentrione-
 
Vi esplodono  intelligenza e onirico vagheggiare ma per i tanti solo accidioso nulla in un abitudinario deambulare nel mediocre vivere.
 
Sciascia ci fece e per lui restammo orbi di libertà e di giustizia, privi di salute mentale (seconda chiosa del 1967 del suo fortunato Regalpetra). 
 
Nego però che in questo paese bivacchi "povera gente con grande fede nella scrittura"- A molti di noi, a quasi tutti noi "non basta un colpo di penna".
 
Tanti hanno avuto in questo paese del sale dello zolfo e del caciummo una sapidissima penna. 
 
E da ultimo mi sono incontrato con Calogero Restivo, poeta trepido e novellatore dalle lievi rimembranze locali, di questa Racalmuto appunto. 
 
Iniziai ad incuriosirmi quindi a mirare ed infine ad ammirare quanto ora si può sorbire in una sua triade poetica.
 
Scorro le poesie dell'Erba Maligna, o quelle che luccicano senza un fil rouge oppure - infine - le ultime che sciabordano "dal mare che non c'è"- Pubblicate nel 2011 o nel 2014 nonché nel 2015,  son della lontana prima giovinezza di questo ora composto e riguardoso professore di lettere in pensione. 
 
E' un mondo immaginifico che vi si riverbera: nitido ma occiduo, patetico con scisti di malinconia senza rimpianti. Forse mai gioioso, mai ilare eppure esistenzialisticamente  impulsivo, emotivo, intimo, garrulo,  affabulante,  sapidamente erotico, persino con accenti di sensuale richiamo.
 
Cespuglio di rose
Vieni a trovarmi di tanto in tanto
discuteremo dei tanti sogni
andati al macero come robivecchi
e del tempo che verrà
guardando le stelle che luccicano sempre
sembrano vicine e sono lontanissime
compagne silenziose di solitudine   
 
Ma in fondo è l'agra terra del Serrone o della Culma che ispirano memorie e sensi agresti e giovanili. Già! perché
 
sordo a lusinghe il contadino  
s'avvia verso i campi
ove l'erba maligna
complici le ultime piogge
cresce ed insidia la vigna.
 
La normalità si scompone e "la luce del viale langue/ nel buio della notte".

Il poeta ci immerge nella logica dell'illogica:
il presente ha corse e ostacoli
vicoli chiusi
anche se spingi con i pugni i muri
inutilmente per uscire
il futuro
lo deve ancora inventare la notte

La gabbia del sogno, la gabbia della vita, la gabbia dell'amore. Ma dentro i "muri" della morte.
 
 E quest'amore, questo amore del  poeta: 
immenso
come gli orizzonti 
riempiva le notti
e le stagioni.   

Alla fine il poeta sta

sotto un cielo
azzurro
e senza velo aggrappato

come naufrago  al relitto-

Gli resta da invocare:
"che non mi travolgano/ i silenzi!"

Sì, perché

"Se il silenzio ha una lingua
e una voce
un tutt'uno
con le pareti di questa stanza
che chiude il mondo fuori
vorrei sentire le parole
che le pareti hanno imparato
dai lunghi dialoghi ed attese-"



 
 
 
 
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Qualche appunto ora su Calogero Rsstivo narratore. Moderno, essenziale. circospetto eppure sempre illuminante e coinvolgente. Ci riporta in mondi che pure sono i nostri mondi ma ce li fa rivivire avvolti dalla pellicola di una sottilissima ironia, con il debito distacco che uno scrittore deve pur sempre avere. E se non concordiamo con lui, lui lo stesso concorda con noi. Sapido sapiente colto e raffinato ha giuste parole per veri fatti. E spesso sono i fatti del nostro paese, di questo Racalmuto contadino e solfataio. Vigile e se usa la corda pazza, la usa con saggezza. non vituperando. Abbiamo avuto a suo tempo di ammirare un racconto  di Calogero Restivo. Si intitola: LA PARTENZA. Queste furono le nostre brevi note a commento.


Ed ecco che possiamo ammirare un racconto di nostro ammirevole compaesano. Restivo, di questo immalinconito signore, aduso ormai al nulla, a quel che non c'è, a quello da fare, a quello da non fare. Nella notte, nel silenzio, nel caldo: in agosto. Prepararsi per un viaggio, con paratattica meticolosità, ormai prono alla estranea società dei consumi anche se non molto opulenta. Lezioni antiche ma rivisitazione tutta nuova , toccante, coinvolgente. Chi quelle notti di solitudine le ha trascorse capisce, si commuove, partecipe. Tutto pronto per partire domani. Ma domani non arriverà mai. Noia, languore, accidia, ormai disincantato esistere impongono un giaciglio, sul letto, per il salutare salvifico ritorno nel nulla.
 ------------
Chi è Calogero Restivo? Un poeta e un gran poeta possiamo dire subito. Ora però accomuna alla soavità del suo immaginismo poetico di vago sapore ermetico, un sapere raccontare, rievocare, restituire una palpabilità persino realistica al fascino della memoria della sua memoria che è poi il rimembrare la sua infanzia e prima giovinezza in quel di Racalmuto, terra aspra crudele patetica dimessa impietosa.

La Racalmuto contadina dunque, insomma la Racalmuto paradigmatica, senza Sciascia, oltre Sciascia. soggiungiamo noi, a nostro rischio e pericolo.

Ché Racalmuto non è solo Sciascia, anzi c'è di meglio, e per noi il meglio potrebbe avere  nome e cognome: Calogero Restivo poeta narratore e scrittore di Racalmuto.

Lo dimostra una sua gogoliana pagina. In una novella capolavoro che si pubblica in questa raccolta:  ecco un inno alla semplicità, al paratattico ordire di un racconto lieve toccante - E Dio sa quanto è complessa la semplicità! Una tragedia, tragedia per un piccolo uomo senza la camicia nera in tempi di cupo vestire eternamente in lutto, che inopinatamente perde il lavoro per avere inconsapevolmente disubbidito alla estemporanea bizzarria del Potere di una ben specifica Era. E ciò in un piccolo per noi noto ed amato paese: Racalmuto.

Applaudita la bella grafia del Restivo, ammirato il sommesso musicalissimo tono del racconto, noi pensiamo a quei tempi, a quel nostro paesino digradante tra i calanchi dell'altipiano Sicano, ai gerarchetti tronfi e panciuti che di nostro rammentiamo, al giummo aborrito da Leonardo Sciascia, alla Racalmuto fascistissima sino al midollo, come allora si soleva dire.

E date le nostre manie scorriamo nelle fluenti musicali pagine del Restivo mirabili pagine di storia, di veridica microstoria locale, della nostra Racalmuto insomma, anche qui paradigmatica senza Sciascia, oltre Sciascia.

Ci riferiamo al racconto di Calogero Restivo
 "La camicia nera".

Calogero Restivo è un uomo di scuola EMIGRATO a 14 anni sia pure nel nisseno o nel catanese e comunque non inquinato da quella falsa cultura, arrogante. saccente, ripetitiva, insulsa, localistica che oggi tanto ci angustia, ci indispettisce, ci annoia, ci frastorna. Una cultura - quella - epigonale secreta dalla figliolina selvatica del melanconico nichilista albero nocino.


Vi si contrappone questo autentico figlio della trepida civiltà contadina racalmutese che è il professore Calogero Restivo, docente emerito nelle terre del Verga, sicilianissimo dunque, senza germaniche intrusioni pirandelliane o toscanismi rondisti, lasciando da parte gli ipotattici inquinamenti dei locali della terra della ragione che svolazzano nel nulla credendosi persino poeti sommi o narratori d'avanguardia.

Adamantino, virilmente romantico Calogero Restivo ha stile, musicalità, ispirazione, tattilità da sapido narratore, da ammaliante rievocatore di tempi modi uomini miserie e gioie di un piccolo non dimenticato mondo antico. Ci avvince senza violentarci, ci trasporta lieve, melodicamente nei nostri ancestrali meandri della memoria, forse quella preistorica, non ancora inquinata da questo nuovo mondo millenario che rigurgita corrotti valori del millennio scorso rifiutati dall'incipiente novello millennio brancolante nel nulla creativo, sulle macerie del tutto antico, rinnegato.

Calogero Restivo è forse un conservatore, non rinnega quanto del passato donnette cerebrali dichiarano magari retrogrado. Vi è la vivifica malinconia del ricordo che trasla l'antico nel nuovo con continuità che sa di miracolo.

La Racalmuto di oggi, turbolenta, occidua, dall'avvenire isterilito, dall'orizzonte fugato, dalle miniere chiuse, dalle guerre neglette, dalle case collabenti, dalle dicerie frastornanti, dalla letteratura intristita, dal premio a Grassonelli, dalla cinematografia esausta, ha una sua voce narrante solo in questo esule dal nome e cognome priscamente indigeno: Calogero Restivo. Apprezziamolo, riscopriamolo, applaudiamolo, ringraziamolo.
 

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