lunedì 16 gennaio 2017

Bisogna dare atto ad Eugenio Napoleone Messa di avere bene inquadrato l’avvicendarsi dei sindaci di Racalmuto dopo l’Unità d’Italia. La successione dei sindaci nel ventennio successivo alla venuta di Garibaldi l’abbiamo vista prima. Oltre ai dati di cronaca del Messana, noi disponiamo di queste risultanze d’archivio.

Maggio del 1860



Al convento dei Minori sotto titolo di S. Francesco di Assisi di Racalmuto (convento di S. Francesco), dimorano questi frati: 1° fra Michele Antonio Garafalo, guardiano; 2° fra Salvatore Mirisola; 3° padre Luigi Scibetta.



1864



Nel convento di S. Francesco ora l’organico dei monaci era composto dal solito fra Scibetta, da fra Pietro Calamera, dal p. Fracesco Mulé, da fra Giuseppe Scimè detto Cicolino, tìlaico terziario e da fra Antonio Chiodo:



1866



Il 24 agosto 1866 abbiamo l’ultima registrazione del convento di S. Francesco. Poi tutto passa in mano laica per le note leggi eversive. Fra Francesco Mulè sottoscrive ricevuta “a buon conto del mio vestiario della somma di onze 16, dico 16). Si chiude la gloriosa storia del convento di S. Francesco di Racalmuto: l’eremo dei Minori di S. Francesco chiude i battenti per volontà degli estranei piemontesi. Le terre - appetibilissime - passano in mano ai furbi e fedifraghi notabili locali.



1869



27 giugno 1869 “Mene mazziniane (lettera da Firenze): «il partito mazziniano a tentato, tenta , ed in ogni modo studia per avere degli affigliati nelle vie ferrate e negli uffici telegrafici». [18]



11 agosto 1869 «Avendo con la massima riservatezza e circospezione indagato sulla condotta di questo Ufficiale telegrafico sig. Tulumello Salvatore di Luigi non ho osservato sinora dal suo contegno alcun indizio da cui desumere che fosse un affigliato o cooperatore del partito Mazziniano», Il delegato Morra (?) al Prefetto [dall’Ufficio di Pubblica Sicurezza di Racalmuto]. [19]



1870



Racalmuto 14 giugno 1870 «...Venendo agli uffici pubblici, incominciando dalla Pretura diretta da qualche mese dal vice pretore, procede regolarmente, però sarebbe desiderabile che venisse al più presto possibile il nuovo Pretore titolare sig. Ripollina, che si attende, per dare maggiormente spinta ed attività al regolare andamento dell’amministrazione della giustizia. Sui Reali Carabinieri non v’è cosa di proposito da osservare in contrario; sarebbe però utile che il comandante della stazione sig. Bertelli, bravo giovane, spiegasse maggiore energia per disciplina sui propri dipendenti, i quali profittandosi della bontà del loro capo sono un po’ rilassati nel servizio, non prestando con quella attività che si richiede; attività indispensabile per potere alla meglio sorvegliare il territorio, e l’abitato che sono vasti, mentre la forza è ristrettissima, per cui si dovrebbe aumentare la Stazione almeno di altri due Carabinieri non essendocene che quattro, con altrettanti soldati: forza la quale rimane quasi esclusivamente in continuazione per la scorta delle due corriere postali che transitano in questo stradale ogni giorno.



«Il servizio delle due guardie campestri esistenti Deleo e Vinci, è del tutto trascurato da poiché il Municipio invece di farli disimpegnare il proprio incarico li lascia praticamente addetti ai propri particolari e di scorta al sig. Sindaco, sig. Matrona, Giunta, parenti e amici. Si dice pure che i suaccennati agenti spalleggiati dall’Autorità Comunale commettono scrocchi, ma nulla si può accertare di positivo.



«Gli Uffici del registro, telegrafico e poste non danno motivo a lagnanza nel pubblico, però ci vorrebbe un poco più di attività in quest’ultimo servizio, e che il capo dell’Ufficio sig. Borsellino non fosse trascurato nel prescritto orario di tenere aperta la Posta, e non abbandonasse quasi totalmente il servizio al suo commesso sig. Grillo Calogero buon giovane, ma piuttosto inesperto e distratto. L Delegato [firma illeggibile].»



Il sindaco che nel 1870 si serviva di quella guardia campestre, che poi vedremo sinistra protagonista in casa Matrona, era il notaio Michele Angelo Alaimo che precede don Gasparino che sindaco lo diventa nel 1872: frattanto quel Matrona era consigliere provinciale (dal 1868 al 1871): tanto bastava per dirottare la non proprio pacifica guardia Vinci a seguire ed avere in custodia l’intera famiglia dei già arroganti Matrona. Borsellino aveva in mano la Posta ma l’affidava ad un giovane definito «inespero e distratto»: Calogero Grillo. Uno spaccato dellA Racalmuto del 1870 non proprio esaltante.



Ma vi era maretta in Municipio. «...l’assessore sig. Matrona Paolino ha dichiarato alla Presidenza lo stsesso non volere far più parte della Giunta Municipale, manifestando essere stato fin oggi in carica, perché il dovere lo chiamava di sentire prima cerziorata la gestione, onde potere al caso rispondere contro ogni insidia e scandaloso mendacio. Il consigliere Gaspare Matrona presa indi la parola, come nel paese vaghe e insidiose calunnie spinte da spirito di parte siano circolate ad appuntarel’integrità del Sindaco e del Corpo Municipale. Per quanto calunniosi ed insensati siano gli appunti, lo provano al Consiglio i presentati conti; la reputazione delle individualità che hanno fin oggi composto la giunta municipale e quando parlo di individualità, egli dice, io non scendo a determinare quella del sig. Matrona Paolino, mentre lo stesso all’oggi dà sicura del nome, unisce solo a scuola dei maldicenti, l’aversi trovato una sola famiglia componente la giunta municipale, essere stato il solo estranei fra tre fratelli cognati sindaco ed assessore. Signori, egli dice, non è mia arte, né bisogno l’assegnare la nostra famiglia Matrona a promotore di ogni bene del paese. L’invidia, la reazione, il regressismo, sono stati questi spettri dell’avvilito stato di questo Comune, che bene spesso ci han gettato il guanto della sfida; e noi l’abbiamo sempre accettato. Al regresso abbiamo risposto, collo spingere per quanto in noi è stata la forza, il progresso; alla reazione coll’arme alla mano del 6 settembre 1862 abbiamo risposto colle armi; alle invidie e calunnie che circolansi nel paese contro l’onestà, risponderemo nella possibilità di provare, colla traduzione innanzi ai tribunali dei colpevoli. Solo mi è dolorosotanta mia opera essere difficile, perché i vili in questo sono astuti e circospetti per scoprirsi; la loro voce [non attacca]; loro non si mostrano di fronte all’onestà ed il loro rantolo d’infamia come cupo e sepolcrale rombo priva anche i più ... attenti a poterne diffinitivamente discercare il movente e segnarne il calunniatore.



«Il consigliere Cavallaro sig. Felice presa la parola ha significato al sig. Matrona che nella difficile arena municipale non si è mai risparmiato d’insidiosamente attentare l’onestà dei rappresentati: e che chi si ha avuto la rappresentanza municipale  in qualunque epoca, è stato sempre segno di calunnia.



«Conto dell’entrata e dell’uscita del comune di Racalmuto - per l’esercizio reso dal suo esattore e tesoriere il signor Leopoldo Muratori - [popolazione abitanti n.° 12.500]: dai licenzi dei dazi appaltati al sig. Agrò Alfano Baldassare L. 1.118; da Pietro Buscemi fu Vincenzo appaltatore dei dazi sopra le tegole, mattoni, gesso, calce, tavole, legname e ferro L. 1.238; da Petrotto Giuseppe fu Nicolò appaltatore del dazio sopra la paglia L. 98.»



Ironia della storia: chi avrebbe mai detto che il più circospetto e sagace figlio di Racalmuto, Leonardo Sciascia, avrebbe fatte sue quelle sgangherate parole apologetiche di don Gasparino Matrona, parole che ma celano uno stato di disagio per accuse infamanti contro il congiunto don Paolino Matrona. Nel circolo dei civili, per chi si parteggiava?



Intanto le asettiche carte degli archivi agrigentini ci sciorinano questi dati:



Prefettura di Girgenti - Racalmuto - Consuntivo del 1870



Conto 1871 = Manutenzione Cimiteri: al sig. Lupi cav. Carlo per piantagione cipressi, per cancello di ferro, tavolo mortuario e croci impiantate L. 600.



Conto 1872: al sig. cav. Lupi Carlo, appaltatore dell’illuminazione notturna; al sig. Picone Salvatore per trasporto prostitute L. 10.



 



 



1873



19 marzo: fibrillazione in Sicilia per l’onomastico di Garibaldi e di Mazzini. Il 26 marzo il delegato sig. De Benedectis può assicurare il prefetto: non risulta che qui «il partito avanzato avesse inteso promuovere qualche dimostrazione per il giorno 19 corrente.» Calogero Savatteri sarà stato un mazziniano, ma se ne sta buono a curarsi i suoi cospicui interessi. Ancora non poteva permettersi neppure una qualche strampalata concione al Mutuo Soccorso, per il momento feudo incontrastato dei Matrona, liberali sì ma antimazziniani.



2 giugno 1873: « Ieri celebravasi in questa la Festa dello Statuto Nazionale. Il Municipio con tanto lodevole zelo, impegnavasi che tal festa riuscisse con solennità; infatti appena fatto giorno il suono della musica e taluni colpi di mortaretti annunciavano la fausta ricorrenza. Tutte le botteghe lungo il corso, pavesate del tricolor vessillo. Alle 11 il sottoscritto, insieme a tutte le locali Autorità, Consiglieri, e ceto civile, dietro invito di questo signor Sindaco, sono convenuti nel Palazzo di Città, ove riunitesi al Municipio, e tutta la scolareca, seguiti dalle bandiere, e musica, sono andati al Duomo, ove il Clero ha cantato l’Inno Ambrosiano, assistendovi anche il Parroco, e finita tal sacra Cerimonia, si è nuovamente recato nel Palazzo di Città, ove fatti i soliti evviva, e felicitazioni, si è sciolto il convegno. Nelle ore pomeridiane la musica ha continuato ad allettare i Cittadini, fino alle ore 10 ch’ebbe fine la festa. Intanto il suddetto giorno non deplorossi alcun reato, essendo l’ordine pubblico tranquillo. L’Ufficiale di P.S. in missione Luigi Macaluso.» Che motivo avesse l’arciprete Tirone di cantare il Te Deum in lode degli scomunicati sabaudi, quelli della breccia di Porta Pia del 1870, è di ardua ricognizione ma di pesante sospetto. Il ceto civile - quello del circolo unione - è ovviamente del tutto ossequioso: magari la sera, qualche frecciatina verso i nuovi opportunisti (assenti) non sarà stata risparmiata - allora come ora.



Il Messana (op. cit. pag. 495) pubblica un interessante manifesto politico del Tulumello del 1873. «La consorteria - vi si dice e si parla ovviamente di quella del Matrona - vi chiamerà all’urna colle solite promesse, minacce e mostrandovi alle occorrenze anco la carabina!» La congrega del barone Luigi Tulumello era composta da Ignazio Picone Alfano, da Ignazio Alfano Vinci, da Felice Cavallaro Salvo e dal farmacista Lo Presti, nonché da un maltrattato (dal delegato di S.P.) Giuseppe Romano Alessi che definivasi presidente della società operaia. A parte quest’ultimo, si trattava di galantuomini dissidenti che amavano definirsi “cittadini onesti, intelligenti e liberali a tutta prova”. Cercava di far breccia tra i Messana (per i fatti del  60), tra i Picone (per le minacce e le offese personali patite), tra i Mantia (per gli spudorati attentati alla loro proprietà ed alla loro vita); ai Borsellino (per le infamie subite), ai Grillo (per gli orribili fatti del 60 e del 62), ai Picataggi (per gli arresti arbitrari subiti); ai Lo Presti (per un asserito furto ai loro danni); agli Alfano, ai Farrauto; ai Mantione (per imputazioni, oltraggi .. ed il carcere a San Vito). I Tulumello comunque in quella tornata elettorale non vinsero. Si consolida anzi la saga del mecenate don Gasparino Matrona. Per poco, però. Il crollo del 1875 incombe.



1874



Gioacchino Savatteri viene eletto membro del consiglio provinciale per il mandamento di Racalmuto con voti 143 per l’anno 1874



1875



«Prefettura di Girgenti - Duello fra don Gaspare Matrona e Barone Tulumello. 3 settembre 1875 - Si vuol per certo un duello fra Matrona don Gaspare e B.ne Tulumello da Racalmuto, ove forse avverrà, essendo ieri partito da Girgenti per quella volta il sig. Picone d. Nicolò, per fare forse da Padrino al Matrona. Si dice ancora, che ne avverrà un altro tra Matrona Napoleone e certo Cavallaro. Ma il Matrona trovasi attualmente in Girgenti in unione al fratello Paolino, il quale ieri ricevè un telegramma che alla lettura fu visto turbarsi; dietro di che partì il sig. Picone. »



«Telegramma decifrato del 4/9/1875 - Oggi questo Segretario Comunale ritornato. Dicesi duello sospeso da riprendere in 4 giorni. Qui sinora calma. Se avvenisse duello se ne faranno altri. F.to Macaluso Delegato.»



«Segretario Comunale Lauricella è uno dei secondi. Duello per attacchi personali con opposizione municipale. Dicesi di altri duelli. F.to Macaluso.»



«Finora conoscesi solamente barone Tulumello con due secondi fatti venire da Naro sia partito per costà (Girgenti) alle sei. Ignorasi terreno. F.to Macaluso.»



Il 4/9/1875 il prefetto convoca a Girgenti il segretario comunale Lauricella.



Nella sessione del 1875 il cav. Giuseppe matrona viene eletto membro del consiglio provinciale per il mandamento di Racalmuto per l’anno 1875.



Nel n.° 6 dell’8 maggio 1875 del “Don Bucefalo” vi è una “nostra corrispondenza” da Racalmuto. «2 maggio [...] vogliamo tenere parola dello stato anormale del comune di Racalmuto. Sotto crudele ed improba passione, giace questo deplorevole comune affidato al reggime (sic) di un sindaco ambizioso ... Sin dalla di lui promozione al potere, Racalmuto non ha altro segnalato che una amministrazione elevata al più vero assolutismo, ad una colluvie di irregolarità, meri capricci, ed infrazioni alle leggi rispetto a taluni atti della comune azienda [...]» Si parla di un “favoloso mutuo”; di una strada che appena appaltata “si dirupa”; alle enormi spese per il teatro e per le scuole femminili. «Briga per la costruzione di una strada rotabile tra i comuni Racalmuto-Favara, opera grandemente vessatoria e capricciosa che per fornire a questi magnati caporioni facile accesso alle rispettive casine, si condannano e proprietà ed interessi pubblici e privati.»



Eugenio Napoleone Messana fornisce una versione tutta sua alla vicenda del duello Matrona-Tulumello. [20] Vi innesta una faccenda d’alcova che avrebbe visto coinvolto Luigi Lauricella. Costui, segretario comunale, sarebbe stato gratificato dal Matrona con l’incarico ed un lauto stipendio in cambio dei favori della moglie, secondo quel che avrebbe sussurrato in un articolo di stampa il barone Tulumello. Soggiunge il Messana: «Sta di fatto che la moglie del Segretario si è suicidata e don Gasparino si è eclissato per molto tempo.» «Il segretario Lauricella lasciò Racalmuto meditando nel cuore vendetta. Non passò molto tempo e vide ad Agrigento il Matrona. Lo seguì a distanza pazientemente. Don Gasperino entrò nel negozio Scibetta in Via Atenea. All’uscita fu raggiunto da un colpo di pistola. Il segretario mirò al cuore ma sfiorando il gomito sinistro colpì il femore e si dileguò nella folla. L’assenza da comune indusse la giunta, indignata per le ingiuste accuse contro il suo sindaco, a protestare presso l’autorità tutoria, indi a dimettersi. Nel 1876 fu nominato sindaco l’avv. Gioacchino Savatteri, amico e dello stesso partito del Matrona.» Si sa: Eugenio Napoleone Messana è un immaginifico. Inventata o meno tutta codesta bardatura, a noi non resta che attendere incontri fortunati con carte d’archivio per una ricognizione critica della (salace) vicenda.



 



28 giugno 1875 [21] «Racalmuto - Miniere Pernici e Frappaolo - Quesiti - Dalle diverse indagini che segretamente e con qualche studio da me operate risulta 1) che circa duemila operai attualmente lavorano nel gruppo di miniere Pernice e Frappaolo di proprietà del Pr.pe di Aragona. 2) La produzione approssimativa dell’anno 1874 di queste miniere potrebbe ascendere a duecentomila quintali, ogni quintale composto di cento rotoli ed in quest’anno sono suscettibili di aumento. 3) Una sorta di minerale grezzo e poi messa in fusione produce in media  .. 20 (venti) balate ed ogni due balate, che si chiama carico, portano il peso di quintali uno, e rotoli cinquanta circa. 4) Da poco tempo e nei vari discorsi sulle miniere della Pernice si è usato il titolo di Nuova California per le immense speculazioni di escavamento che ogni giorno si operano per trovare il minerale. Però questa voce non si è ancora generalizzata, per il fatto che la montagna Pernice è gravida di suoi rappresentanti del minerale sulfureo ed un buon agente delle tasse potrebbe arrecare dei vantaggi alla Finanza dello Stato. Tutto questo ho potuto raccogliere con la massima avvedutezza per non destare degli allarmi ai proprietari delle miniere che per lo più sono tutti civili e di alta levatura, amici e conoscenti dell’attuale agente delle tasse; e ciò in esecuzione degli ordini della S.V.I. contenuti nella riservata nota qui riguardata. Il delegato di S.P. - Macaluso.» Macaluso fu dunque sbirro accorto: non amò infastidire i “civili” - uomini di “alta levatura, amici e conoscenti dell’attuale agente delle tasse”. I civili parcheggiavano nei loro due circoli: gli interessi solfiferi venivano tenuti nascosti, non tanto per paura dell’agente delle tasse - diversamente da quel che avverrà nel dopo guerra con i contributi unificati su cui sarcasticamente si sofferma Sciascia - ma per timore di quello sbirro, che pur dovevano ospitare nelle loro sale sociali.

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