domenica 6 gennaio 2013

Provocazioni due per una per Piero Carbone


Provocazione Alfa

A Piero Carbone

Questa vuol essere una provocazione solo per te, bella e buona. Attendo risposta (pubblica) e che sia sapida, sincera, salace.

Una volta tu parlavi del “tuo Sciascia”, metafora non so di che. Altra volta avesti a redarguirmi sul carcere del vernacolo Veneziano.

Ora leggo e stralcio da «Giacinto Spagnoletti – Storia della letteratura italiana del Novecento – grandi tascabili economici Newton, pag. 737.»

«Sciascia … da scrittore problematico, che desidera certezze da fatti controversi .. si impegna a costruire figure esprimenti la “sicilianità”, che assume carattere talvolta di “sicilitudine”, come sinonimo di solitudine. Il gioco è davvero vertiginoso in certi personaggi evocati.  Di uno di essi, Antonio Veneziano, in un racconto di venticinque pagine, ci viene narrata la vita d’avventuriero, sulla scorta di documenti non tutti sicuri: scialbo rimatore petrarchista in lingua, ma focoso poeta in vernacolo, vissuto nella seconda metà del Cinquecento, amatore intrepido e difensore di cause patrimoniali sempre in piedi nella sua natia Monreale, il Veneziano passò dalla Compagnia di Gesù a turbinosi viaggi che lo ridussero ad Algeri, prigioniero dei corsari, compagno di sventura di Cervantes, prima di perire in un incendio che avvolse le carceri di Palermo dominate da don Luis de Paramo, grande Inquisitore della Sicilia. Una vicenda paragonabile , sul piano umano, a quella del Cellini o di Casanova (autore del resto caro a Sciascia) ove tutta la ‘sicilianità’ esulta nell’amore della donna e nei puntigli personali di famiglia e di ‘cosca’.»

 Sul Veneziano credevo o possedere io solo una chicca: l’avevo trovata sfurniciandomi di tradurre il latino medico del nostro Marco Antonio Alajmo: ecco nel bel mezzo del testo scientifico due quartine del Veneziano con lemmi inconsueti. Le ripeto ancora una vola qui:

«Lio si ripeté i versi del Veneziano che quello strambo di suo paesano, il medico Marco Antonio Alaimo, dimentico delle sue frequentazioni con il padre La Nuza, il santo gesuita nato da fedifraga copula, include maliziosamente nel suo medico trattato:

Per la quartana, ch'è sua malatia

Si cuverna di signi lu Liuni,

E per lu mal suttili, ed Ethicia

Cimici vivi s'agghiuttinu alcuni;

Lu mentri lu bisognu mi primia

Per longu spatiu di tridici Luni

Contra l'humuri miu gustai di tia

Cimicia in modi, e Signa alli fazzuni.

 

Lio, nel suo animo, ebbe talmente a vomitare di donne e di sesso con donne, che da quel dì  non si congiunse più con femmina alcuna, sino alla sua morte violenta. Non violentò più donne, … fu violentato da donna?

E qui rientro nei panni di improvvisato e letterario detective.»

(da la Donna del Mossad di Calogero Taverna)

 

Ed oggi è per me domenica di svaghi letterari. Stralcio da un mio posi.

«Dice Pasolini: “queste favole hanno la chiusura di brevi liriche, e richiamiamoci pure al quadretto di genere alessandrino, alla maiolica orientale, o alla lirica popolare (e magari proprio siciliana), tanto per dare al lettore un’idea di questo linguaggio”. “Troppo garante di non volgare attualità è questa lingua così ferma e tersa”. Comunque “questi improvvisi bagliori, queste gocce di sangue rappreso, sono assorbiti nel contesto di questo linguaggio, così puro che il lettore si chiede se per caso il suo stesso contenuto, la dittatura, non sia stata una favola”.

L’alato scrivere è fuori discussione, ma il concetto non dovette essere “tenace” duraturo, se Sciascia a quasi un decennio dopo sente il bisogno di puntualizzare, gradire eppure contrapporsi, specificare in un commento al suo riuscitissimo pamphlet  “ La Parrocchie di Regalpetra” e scrivere note come queste: “debbo confessare che proprio sugli scrittori ‘rondisti’  - Savarese, Cecchi, Barilli – ho imparato a scrivere”; “tengo a dichiarare che avendo cominciato a pubblicare dopo i trent’anni, cioè dopo avere scontato in privato tutti i possibili latinucci che si imponevano a quelli della mia generazione, da allora non ho avuto problemi di espressione, di forma se non subordinati all’esigenza di ordinare razionalmente il conosciuto più che il conoscibile e di documentare e raccontare con buona tecnica”. Lode a Pasolini dunque ma per sola buona educazione (e i malevoli direbbero per convenienza) ma Sciascia non poteva accettare stilemi non congeniali; non accettabile, dunque, che “la sua ricerca documentaria e addirittura la sua denuncia”, potessero concretarsi “ in forme ipotattiche, -  a dire di Pier Paolo – sia pure semplici e lucide: forme che non soltanto ordinano il conoscibile razionalmente (e fino a questo punto la richiesta marxistad el nazional-popolare è osservata) ma anche squisitamente: sopravvivendo in tale saggismo il tipo stilistico della prosa d’arte, del capitolo”. In questo tirar di fioretto tra due antitetici “intelletti” quel che di sicuro emerge è che Sciascia non era ”marxista”, v’è persino stizza in lui ed i sofismi tra il conoscibile (che è poi fantasia) e il conosciuto (la galassia della memoria)  sfumano nel “saper raccontare con buona tecnica”. Con sapiente sintesi, con brevità, canoni cui mi pare Leonardo Sciascia si adedeguò con crescente e mirabile puntiglio.»

 

A dire il vero questa storia del rondismo di Sciascia non mi convince tanto: chi l’ha studiata? Eccoti allora la seconda provocazione che poi è il seguito della prima: ma perché non trasformare la Fondazione da museo delle ceneri (anche di qualche matrimonio) in scuola d’alta specializzazione letteraria? Per me vi siete quattro nuove belle penne (ed anche Angelo Campanella comincia a piacermi). Parlo di Piero Carbone (sopra tutti) di Gaetano Savatteri, di Felice Cavallaro e di Macaluso. Che apporti di originalità saprebbero dare? Come potrebbero e dovrebbero far da fucina di intelletti anche con vezzo scrittorio, quale attestato di prestigio (atto a far titolo in concorso per cattedre, in assunzioni presso TV, giornali, stampa e via discorrendo)?. Dicono che a Racalmuto non c’è lavoro. Ma se non si crea (dal basso) non vi sarà mai. E prima o poi dovremmo scordarcelo di sgraffignare sistemazioni plurifamiliari presso LSU e CO.CO,CO comunali.

1 commento:

Piero Carbone ha detto...

Non fuggo dalla risposta. La rinvio solo un po'. Intanto ringrazio per gli apprezzamenti, che mi fanno arrossire.