giovedì 2 giugno 2016

Secondo noi, il Catalanotto raccoglie la versione della leggenda popolare quale si era formata sino a quel tempo senza interferenze "dotte e pie". Una sorta di "vox populi". Tutte le superfetazioni comitali postume sono di là da venire ed ancora non abbiamo gli inquinamenti canonici che sboccano in quella LEZIONE del Vescovo Lo Jacono su cui tesse la sua arrogante tela quel supponente frate di Lucca Sicula, il francescano Caruselli.
E' nell'Ottocento dunque che la saga mariana racalmutese si inquina con tutti quegli intrugli feudali saturi di strafalcioni storici come quell'indefinibile Eugenio Gioieni che diventa poi addirittura "PRINCIPE di Castronovo" da semplice Signore o peggio come quel pasticciato "ERCOLE TERZO CONTE DEL CARRETTO Signore di RACALMUTO"-
Noi ci siam dannati l'anima per trovare traccia di un Gioieni Signore di Castronovo nel 1503 e nulla siamo riusciti a trovare. Quanto alla contea di un Ercole III del Carretto siamo davvero alla follia storica.
La versione popolare quale si era raggrumata in quella terribile prima metà del Settecento e che qui con accettabili ili versi in vernacolo il CATALANOTTO ci attesta quasi notarilmente spazza via dunque tutte quelle infiorettature ottocentesche o peggio novecentesche di precedenti chiesette intitolate a Santa Lucia, o di improbabili abbeveratoi lassù al Monte sopraelevando le acque della Fontana di un centinaio di metri e retrocedendole di un chilometro.
Qualcuno mi accusa di spingermi per spirito di contraddizione ad una vacua chiosa critica, a me pare di far dire schiettamente a carte e documenti quello che veramente dicono. Certo retrocedere i toscanismi del Caruselli di Lucca Siculo al tradizionale vernacolo racalmutese, al vernacolo se non del Catalanotto che s'ignorava e che invero genuinamente racalmutese non è, ad un dignitoso dialetto locale non fu cosa riprovevole. Noi invece stigmatizziamo tutti quegli inquinamenti persino irriguardosi di assurdi personaggi, di nomi apocrifi quali Arsenio o Ambrogio, di petulanti contesse damigelle e che so io. Fare di un dramma sacro una pièce teatrale non eccelsa con duelli sacrileghi e con tocchi narrativi di cappa e speda mi dà ai nervi. Una santa Vergine Maria madre di tutte le genti propensa a divenir faziosa prescegliendo come suoi figli prediletti i racalmutesi e quindi apostatando gli innocenti castronovesi oltre che storicamente assurda è cosa religiosamente vitanda da scomunica ipso facto.
Nulla di tanto eretico e deviante troviamo nelle scorrevoli versificazioni dialettali del padre Catalanotto. Altro che mia vacua chiosa critica.

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