martedì 19 settembre 2017


Il XV secolo Racalmuto lo trascorre sotto l’egida dei Del Carretto. Matteo del Carretto muore nel 1400; gli succede il figlio Giovanni che deve vedersela con gli esosi Martino. E’ costretto ad esibire una nutrita documentazione e pagare tante once per avere confermato il titolo di barone di Racalmuto. Vi riesce. E buon per noi perché possiamo ora consultare presso l’archivio di stato di Palermo quella documentazione ed avere preziose notizie sul nostro paese. Giovanni I del Carretto a noi sembra un barone oculato, laborioso e in definitiva attaccato al paese che sotto di lui cresce e si consolida. Ma lo storico francese Henri Bresc la pensa diversamente ed è sicuro che il figlio di Matteo finì male e dovette cedere la baronia agli Isfar di Siculiana. A conferma della sua tesi, cita documenti spagnoli. Li cita in termini talmente evasivi da impedirci, per il momento, riscontri convincenti. Siamo dunque costretti a lasciare in sospeso la questione.

La baronia ritorna, in ogni caso, ai Del Carretto: Federico, figlio di Giovanni I, riceve l’investitura da Alfonso d’Aragona l’11 febbraio 1451; viene salassato, deve corrispondere 20 once ogni anno, deve rendere omaggio nelle forme solenni, deve rispettare i diritti di “legnatico” dei cittadini racalmutesi, non è proprietario delle miniere, delle saline e delle antiche difese del luogo, deve salvaguardare la libertà di pascolo dei paesani e degli equipaggiamenti regi. In compenso ha il dominio assoluto sul feudo racalmutese che si estende però alla parte nord-ovest del paese. La parte sud-ovest (Gibillini ed il Castelluccio) costituisce un altro feudo (si diceva allora “stato”) ed apparteneva per due terzi alla famiglia De Marinis di Favara. Il restante terzo non si è mai saputo a chi appartenesse: solo nell’Ottocento vi è stata un’annessione da parte della famiglia Tulumello.

Federico Del Carretto fu un grande affarista: nel 1451 si associò con Mariano Agliata per un’operazione speculativa sul grano simile a certi contratti a termine dei nostri tempi (outright): i due consegnavano al Lomellina il vecchio frumento delle annate 1449 e 1450 e si assicuravano il raccolto dell’anno in corso, consegna a luglio prossimo presso il caricatoio di Siculiana.

Federico del Carretto dovette essere molto esoso con i suoi vassalli racalmutesi se questi nel 1454 si ribellarono violentemente. Il Del Carretto, intanto, procedeva ad acquistare un altro feudo, quello di Rabiuni di Mussomeli, preso da Pietro del Campo. Altri notabili racalmutesi erano diventati anche loro facoltosi: uno di loro, Mazzullo Alongi, teneva in affitto il feudo di San Biagio sempre a Mussomeli.per 14 onze annue, un castrato, un quintale di formaggio ed una “quartara” di burro.

Verso la fine del secolo Federico muore e gli succede il figlio Giovanni II. Forse visse poco, forse il contesto politico era molto agitato, forse era propenso ad evadere, fatto sta che non si sobbarcò alla procedura dell’investitura feudale e non corrispose i balzelli alla corte reale. Qualche anno dopo il Barberi, un ispettore regio particolarmente rigoroso, bolla i Del Carretto per questa evasione fiscale. Intanto era succeduto il figlio di Federico, il celebre Ercole Del Carretto ed anche lui incappa nelle censure dell’inquisitore: si era ben guardato dall’ottemperare agli obblighi feudali dell’investitura. Ed  eravamo già nel XVI secolo.

Racalmuto nel XV secolo passa da 800 a 2500 abitanti circa: più che triplicata, dunque, la popolazione. Non sarà stato tutto merito dei Del Carretto ma tale crescita non è stata almeno impedita; depone a merito dei locali baroni. Non potè trattarsi di mera crescita demografica: condizioni politiche, sociali ed economiche attraevano, di sicuro, gente dai dintorni che trovavano migliori possibilità di vita nella baronia dei Del Carretto.

Vi fu però un fatto gravissimo che palesa una mentalità antisemita. Un ebreo fu barbaramente trucidato a scopo di rapina. Era il 7 luglio 1474 VII Indizione, l’efferato crimine era già avvenuto. Ma Palermo vigila e non consente crimini dal vago sapore razziale. Il vicerè Lop Ximen Durrea dà allora commissione ad Oliverio RAFFA  di recarsi  a  Racalmuto per punire coloro che  uccisero  il giudeo Sadia  di  Palermo, e di pubblicare un bando a  Girgenti  per  la protezione di quei giudei. Nei giorni precedenti il giudeo Sadia di Palermo, abitante nel casale di Racalmuto, attendendo ad alcune sue faccende fu ferito mortalmente da un tal Leone, figlio di mastro Raneri. Altri facinorosi del luogo, congregatisi come in un branco, mi misero ad infierire contro il povero giudeo. Lo colpirono varie volte alla testa, gli tagliarono la lingua, gli ruppero costole mani e gambe, gli fracassarono i denti ed infine lo gettarono in una fossa. Lo ricoprirono quindi di paglia e vi diedero fuoco. Mentre bruciava gli tirarono pietre e terra. Gli ordini all’algozino (ufficiale di polizia) furono precisi e perentori. Soprattutto, però, bisognava tentare di recuperare “ uno gippuni  in lu quali si dichi erano cosuti chentochinquanta pezi d’oro” (una giacca nella quale si dice che erano cuciti dentro 150 pezzi d’oro). Non sappiamo sei soldi furono recuperati, pensiamo di no. Possiamo essere certi che davvero i responsabili, almeno i caporioni, furono tutti individuati ed insieme a Liuni figliastro di mastro Raneri finirono nelle carceri di Agrigento.

Passeranno meno di vent’anni e nel 1492 la regina Isabella la spunta nel cacciare via dalla Sicilia gli ebrei. Noi, in ogni caso, siamo convinti che solo gli ebrei ricchi emigrarono (soprattutto a Napoli, pare): i poveracci non sapevano dove andare. Cambiarono nome, cambiarono paese, non si circoncisero, divennero marrani e continuarono a vivere in Sicilia. Tanti ne vennero a Racalmuto come i tanti La Licata, Lintini, D’Asaro, Aiduni, Caltabiano, Caltavuturi, Camastra, Castronovo, Castrogiovanni, Chiazza, Madonia, Milazzo, Modica, Monreale, Montilioni, Nicastro, Noto, Petralia, Ragusa, Randazzo, Sicilia, Siragusa, Termini, Terranova, Vicari e simili -  che costellano la nomenclatura dell’anagrafe del ‘500 - fanno trasparire, sia pure con tutte le riserve e cautele del caso.

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