di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 01/12/2017

Si sta diffondendo un’idea che forse è il caso di mettere in discussione: per uscire dall’euro è necessario ridiscutere i trattati europei. L’altro ieri, su questo giornale, abbiamo richiamato l’attenzione su un punto importante messo a fuoco dal programma politico di “Rinascimento” (il nuovo Movimento fondato da Sgarbi, che si avvale della competenza di Tremonti) che consente di aggirare questo ostacolo. Oggi vogliamo insistere su un altro punto che si potrebbe ritenere complementare.
Occorre anzitutto fare un po’ di chiarezza sull’euro e su come è stato introdotto. Noi crediamo che per il bene del nostro Paese sia fondamentale ripristinare la sovranità monetaria, ma per far questo non occorre in realtà riscrivere o modificare alcun Trattato. Cerchiamo di chiarire perché. La moneta unica europea, benché la previsione relativa alla sua introduzione sia in effetti contenuta nel Trattato di Maastricht, fu adottata attraverso un semplice regolamento comunitario ( il n.1466/1997), il quale, in frode ai Trattato istitutivo dell’Unione, ha accelerato l’introduzione della moneta unica non rispettando neppure quanto disposto proprio dal Trattato medesimo. Il regolamento in questione, infatti,introduceva l’accordo dei cambi fissi e il perseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio,in aperto contrasto con la possibilità di spendere a deficit nella misura del 3% sul Pil, possibilità prevista da Maastricht.
Per queste ragioni, da tempo, Giuseppe Guarino afferma, in libri, articoli e interviste, che l’euro è stato introdotto in Europa con un “colpo di stato”: ci hanno dato un euro falso,un euro diverso da quello progettato dal Trattato di Maastricht, Trattato che all’art. 3 prevede inoltre la piena occupazione, il progresso sociale e la crescita economica, seppur nella del tutto discutibile cornice della stabilità dei prezzi e di un’economia sociale di mercato fortemente competitiva.
Tutti i parametri e le finalità di Maastricht -il punto merita di essere sottolineato – sono stati in seguito confermati anche dal Trattato di Lisbona. Nessun regolamento può modificare o essere in contrasto con un Trattato, e dunque da un punto di vista giuridico l’euro introdotto dal regolamento comunitario del 1997 non è valido, in quanto non conforme ad una fonte del diritto – il Trattato – gerarchicamente superiore. Solo con un altro Trattato si può modificare un Trattato precedente.
Per uscire dall’euro, quindi, non occorre né ridiscutere né riscrivere i Trattati. Sarebbe semmai preferibile che il nuovo governo italiano, richiamando l’interesse nazionale dopo anni di servilismo all’UE, avviasse quanto prima la procedura che dichiari la nullità di quel regolamento davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). E per farlo, il nostro governo dovrebbe invocare il mancato rispetto – da parte del regolamento del ’97 – delle finalità e dei parametri prescritti dagli stessi Trattati europei. Ci hanno dato un euro falso, un euro-truffa, che non è conforme neppure ai Trattati europei, per quale motivo dovremmo continuare a tenercelo?
Si dirà che una tale iniziativa servirà poco o nulla. Quando mai la Corte riconoscerà l’imbroglio da cui è nato l’euro? È probabile che sia così, ma l’iniziativa, coordinata con la richiesta di un protocollo ad hoc per l’uscita dall’euro, sotto il profilo formale simile a quello che l’Unione Europea aveva discusso con Cameron per evitare l’uscita del Regno Unito dall’Unione, potrebbe avere esiti dirompenti. Dimostrare che l’euro è stato introdotto in modo ingannevole, e che anche per questo è del tutto legittima la richiesta di un paese di uscire dall’eurozona, avrebbe un forte impatto mediatico non solo in Italia ma in tutta l’Europa.